Il saggio Vyasa e le Gopi

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Il saggio Vyasa e le Gopi

(di Paramhansa Yogananda)

Una volta, molti secoli fa, il Saggio Vyasa era seduto nella posizione
del loto in profonda contemplazione vicino alle acque grigie
ondeggianti del sacro fiume Jamuna. Delle nuvole di pioggia avevano
giocato nel cielo, riversando molta acqua nel Jamuna che di solito
scorreva pacificamente. La pioggia pesante lo rese agitato come un
cavallo eccitato. Si scosse e minacciò di affondare ogni barca che si
avventurasse nelle sue acque.

Quando infine le miriadi di dita della pioggia ebbero cessato di
picchiettare sul letto acquoso del fiume, si udiva ancora il ruggito
arrabbiato dell’acqua. In quel momento le voci melodiose di alcune
donne pie, le angeliche gopi, distrassero il saggio dalle sue
meditazioni.

Deponendo i loro cesti pieni di dolci di latte, le gopi si sedettero
attorno al saggio guardando impotenti il fiume tempestoso che volevano
attraversare. Vyasa si rivolse a loro con voce gentile, dicendo:
“Anime sante, che cosa posso fare per voi? Vi prego, comandate.”

Le gopi risposero: “Onorato Saggio di forza onnipotente, per favore
fate qualcosa affinché possiamo raggiungere l’altra riva del
turbolento fiume Jamuna. Nessuna barca oserà portarci”

“Perché avete tanta fretta di raggiungere l’altra parte del Jamuna,
mentre è ancora sballottato dalla tempesta?” chiese Vyasa. ”Non
potete aspettare e andare domani quando il fiume può mostrarsi un po’
calmo?”

“Ah, no, dobbiamo assolutamente andare. Il flauto magico di Krishna
dalla divina compassione, ci sta chiamando. Dobbiamo andarci in
qualche modo perché gli stiamo portando dei dolci appena fatti,”
replicarono le gopi.

Sul viso del saggio apparve un piccolo sorriso misterioso, malizioso
quando ribattè: “Ah ! bene! Vedo che pensate tutte solo a Krishna e
non a me. Non farò nulla finche non mi avrete permesso di mangiare
alcuni di quei dolci.”

Come una cosa sola Ie gopi esclamarono: “Come osate chiedere in modo
irriverente di assaggiare i dolci ora, quando devono prima essere
benedetti dalle labbra sacre del nostro guru, il Signore Krishna?”

Ma Vyasa ostinatamente continuò a ripetere: ”Non farò nulla per
aiutarvi se non mi fate assaggiare quei dolci delicati.”

Non vedendo altra soluzione e possedute da un desiderio irresistibile
di rendere omaggio a Krishna, le sacre gopi offrirono infine alcuni
dei dolci al saggio che continuò a mangiare fino a non poterne più!
Alcune gopi criticarono fra sè e sè l’ appetito fin troppo vigoroso
del saggio e il suo atto irriverente di mangiare i dolci prima che il
guru, il Signore Krishna, li avesse assaggiati.

Alla fine Vyasa, rimpinzato di cibo, in qualche modo si trascinò sui
greto del fiume tumultuoso ed esclamò ad alta voce: “Oh Fiume Jamuna,
santificato dai sacri piedi del mio onnipresente Krishna, se non ho
mangiato nulla dividiti in due!” Ed ecco! il Jamuna si divise,
lasciando aperta una striscia sabbiosa verso l’altra sponda fra due
muri d’acqua.

Le gopi furono stupefatte per il miracolo e sconcertate per le parole
contraddittorie di Vyasa: “Se non ho mangiato…” dopo essersi appena
ingozzato di dolci. E furono ancora più meravigliate a vedere che il
fiume ubbidiva alla richiesta del saggio, basata in apparenza su
un’affermazione non veritiera. Però, senza sprecare il tempo con le
loro perplessità, corsero sparpagliate attraverso il sentiero cintato
d’acqua verso l’altro lato del fiume. Sembravano come i seguaci di
Mosè quando passarono sulla strada creata da un miracolo, fra le due
alte pareti di mare quando erano inseguiti dal Faraone irato.

Quando raggiunsero l’altra sponda sane e salve, le gopi guardarono
indietro e videro il fiume Jamuna che scorreva nuovamente fra i suoi
banchi argentei di sabbia. Espressero la loro gratitudine con un cenno
di mano al Saggio Vyasa già immerso nella meditazione.

Quando le gopi raggiunsero infine il luogo dov’era Krishna lo
trovarono pigramente sonnecchiante, come dopo un lauto pasto.
Lentamente egli si alzò e diede loro il benvenuto, senza pronunciare
una parola di gratitudine per i dolci deliziosi che gli vennero
presentati. Le gopi furono sorprese e intimamente offese perche
Krishna non esibì nemmeno vagamente il solito interesse per i suoi
dolci preferiti. Dopo molto tempo, guardando il Guru mezzo
addormentato con i dolci ancora intatti, le gopi infine dissero: “Che
strano, Signore. Dopo che ci siamo date tanto da fare per prepararvi
questi dolci e per portarveli, sapendo quanto vi piacciono, non
v’interessano neanche un po’?”

Con un sorriso ed uno sguardo annuente negli occhi, Krishna replicò
con calma: ”Sinceramente ho già mangiato molti dolci.” “Come?
Quando?” domandarono le gopi.
‘Ebbene, quel tipo con i capelli bianchi dall’altra parte del fiume mi
ha già nutrito con quei dolci che gli avete dato. Sono state io a
mangiarli attraverso la sua bocca. Egli è un gran burlone! Ha fatto
finta di assaggiare i dolci, ma in realtà ha trasferito la mia
coscienza onnipresente nel sapore della sua bocca! Cosi ho mangiato io
quei dolci e non lui. Mangerò il resto domani. Al momento sono molto
sazio.”

Allora le gopi compresero che cosa il saggio Vyasa aveva inteso
dicendo: “Oh Jamuna, se non ho mangiato, dividiti in due!” e perché il
fiume aveva obbedito. Il fiume Jamuna aveva risposto all’ordine di
Dio, poiché la mente onnipresente del Signore era diventata
consapevole all’istante della richiesta implicita nelle parole del suo
devoto Vyasa.

Nello stato di estasi divina il devoto trova l’unione completa con
Dio. Poi si rende conto che Dio sta vedendo, odorando, toccando,
udendo e gustando attraverso di lui. In quello stato egli non ha più
la sensazione, come nella comune coscienza umana, che lui (l’ego)
piuttosto che Dio, è responsabile per le azioni.
Così Gesù sapeva di essere tutt’uno con il Padre. Per questo, ogni
volta che faceva delle dichiarazioni come: “Il Padre Celeste ti renda
sano” o “io ti dico, alzati”, egli non sentiva nessuna differenza fra
le due dichiarazioni. Poiché l’io a cui si riferiva non era un ego
limitato, bensì l’io reale, o anima, che è tutt’uno con il Padre (“Io
e mio Padre siamo uno” – Giovanni 10:30). Nello stato di unione divina
ha poca importanza se un maestro dice: ”Possa il Padre Celeste in me
renderti sano” oppure “l’io (che è tutt’uno con il Padre) comanda a te
di essere sano.”

La storia di Vyasa contiene la morale che le persone che amano Dio
veramente dovrebbero meditare su di Lui in modo tale da essere in
comunione estatica con Lui. E che solo così Lui sarà considerato
responsabile per tutte le loro azioni. Prima che sia raggiunta questa
unione divina è naturalmente sbagliato dire: “Dio sta facendo tutto,
non io.” Poiché con questa scusa uno potrebbe ritenere giuste tutte le
proprie azioni sbagliate, con la pretesa poi che sono di Dio. Non
bisogna rendere ottusa la propria coscienza. Quando la vostra
coscienza vi dice che un’azione è sbagliata, è sbagliata. Se sarete
veramente tutt’uno con Dio, vedrete Dio operare attraverso voi in ogni
cosa.

Nel frattempo va bene pregare nel modo seguente:

Oh Dio, conosco le sacre leggi che producono la beatitudine della
virtù; ma non mi riesco sempre ad attenere, sebbene sia estremamente
desideroso e pronto a farlo. Conosco l’effetto terribile del vizio; ma
non riesco sempre ad evitare di esserne influenzato, anche se lo
detesto.

Padre Celeste e Signore di tutti i miei sensi, raccomando a Te tutte
le mie azioni buone e cattive. Cercherò di agire soltanto come Tu
m’ispiri. Compirò delle buone azioni con il pensiero di Te, e anche
quando sono sotto l’incantesimo della tentazione e del fascino
irresistibile del male che paralizza la volontà, farò tuttavia appello
al Tuo Nome.

”Pensando a Te ugualmente in tutte le attività, le mie azioni cattive
si trasformeranno in azioni buone, e le mie cattive abitudini si
trasformeranno in buone abitudini. Allora, quando vedrò, udirò,
odorerò, gusterò, toccherò, penserò, ragionerò, vorrò e sentirò
soltanto con il pensiero irremovibile di Te, saprò finalmente di
essere per sempre protetto dalla Tua bontà onnipresente. Ti vedrò
regnare per sempre nel mio cuore. Ricevi le mie perenni preghiere di
gratitudine.”

(Tratto dal periodico “Verità spirituali” [gennaio-marzo 2011]- con
l’autorizzazione di swami Nirvanananda)

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