Il Segreto del Nome
(dalla Kabala)
“Ho posto Dio di fronte a me sempre”
Quanto è dunque necessario temere l’Onnipotente, se si vuole che Egli ci
ammetta nei luoghi superni ove si studia la Torà del Messia, ove i suoi
segreti cabalistici fluiscono chiari e nutrienti come le acque di una fonte
scoperta alla fine di un lungo deserto arido!
Temere Dio significa cercare di vederLo, o sapere che Egli ci vede sempre.
Infatti, ir’ah, “temere” in ebraico, ha le stesse lettere di reià, “vista”.
Dunque occorre rettificare la vista, quella esterna, che ancora indugia su
luoghi che dovrebbero essere nascosti, o sulle cose inutili e violente. Ma
occorre migliorare anche quella interna. Ciò significa l’immaginazione;
guidare ciò che pensiamo, le cose che ci immaginiamo nei momenti di
pigrizia, quando la fantasia è libera di correre verso i confini dell’
insolito, mostrando quale sia veramente la predisposizione del nostro
carattere.
“Ho posto Dio di fronte a me sempre”, dice un verso dei Salmi. E questo “ho
posto”, “shiviti”, è il nome di quel grande quadro con sopra scritte le
quattro lettere del Nome santo, che salta subito agli occhi entrando in ogni
sinagoga. “Ho posto davanti a me il Nome, sempre”, questa è la giusta
traduzione del verso precedente.
Immaginiamolo, scolpiamolo nei nostri cuori, menti e corpi, e il Nome ci
guiderà verso le vette più lontane, verso le realizzazioni più agognate,
verso l’unione di ogni opposto.
Immaginiamo le sue quattro lettere sante in vari modi, a tre dimensioni, a
vari colori, e il loro caleidoscopio miracoloso guarirà la nostra fantasia e
immaginazione, malate dalla troppa esposizione ai piccoli e grandi schermi
della insulsaggine e della ridondanza forniteci dai mass-media.
“Lo innalzerò poiché conosce il Mio Nome”, dice un altro verso di un Salmo,
uno dei versi prediletti del grande Abulafia, vero padre spirituale di tutti
coloro che si sentono attratti, in spirito e in verità, dalla Cabalà dei
Nomi e delle Lettere.
La conoscenza del Nome!
Traguardo agognato, al quale siamo pronti a sacrificare tutto!
Ma sia chiaro, non si tratta di una conoscenza teorica o intellettuale,
ottenibile da libri e da formule! Essa è piuttosto l’esperienza del contatto
diretto, profonda quanto vaga, simile alla conoscenza trepidante e
speranzosa che il fidanzato ha della sua promessa sposa. Una conoscenza
fatta di intuizione timide e coraggiose allo stesso tempo, di visioni dei
futuri beni e piaceri, ma anche di piccole inconfessate paure, di
inspiegabili tremori dell’anima.
Ci guidi il Cantico dei Cantici in questa ricerca. La sua prima lettera è
una Shin, l’ultima è una Mem. Insieme essi formano il termine Shem, Nome,
scritto al contrario. Occorre dunque sapere leggere il Cantico al contrario,
cioè nei suoi significati esoterici, segreti, misteriosi. Ed esso ci
inizierà all’Amore del Nome, o al Nome dell’Amore, a quel Nome che è tutto
Amore e a quell’Amore che è tutto un Nome.
Nella famosa ascesa al Giardino dell’Eden, il giorno di Rosh ha-Shannà,
(Capodanno) il santo Baal Shem Tov, il Maestro del Buon Nome (di Dio),
arrivò fino al luogo dove risiede l’anima del Messia, in attesa da millenni
di potere incarnarsi. Chiese il Baal Shem Tov al Messia: “Signore, quando
verrai?” Gli rispose il Messia: “…quando i tuoi discepoli sapranno fare
yichudim e aliot come quelle che fai tu”:
Yichudim significa: “unificazioni”, aliot “ascese spirituali”. Yichud,
(unificazione) è lo stesso termine usato per descrivere l’unione maritale,
compiuta nel più assoluto riserbo e segreto. Ma nel contesto presente
yichudim sono le unificazioni dei vari Nomi di Dio.
Ecco una delle più belle meditazioni legate agli Yechudim: il Nome scritto e
il Nome pronunciato, unione di lettere e di suoni, unione di Torà scritta e
Torà orale, di maschile e di femminile.
Cantiamo insieme:
YUUUDD — AALLEFF — HEEEYYY — DDAAALLEETT —
VVVAAAVVV — NNNUUUUNNN — HEEEYYY — YYUUUDDD.
Otto lettere, otto perle e gemme preziose, le più splendenti, le più care,
gocce di luce infinita che si combinano e si innestano l’una nell’altra
creando un diadema sempre nuovo eppure sempre fedele a se stesso. L’unione
di Y-H-V-H e di ADONAI, come possiamo ardire di pronunciare quei nomi
eccelsi? Non tremiamo forse di timore soltanto nel pensarli? Eppure, se il
cuore è puro e le intenzioni sono rivolte all’amore, Dio stesso ci darà la
voce e la forza di non svenire, mentre intoniamo i Suoi Nomi benedetti!
Benedetto il Nome sempre!!!
Ma facciamo bene l’esercizio. In piedi, rivolti ad oriente, l’origine della
luce, cantiamo la Yud. Poi giriamoci verso destra, verso il meridione, la
sede della sapienza, e cantiamo a lungo la Alef. Indi ancora a destra,
volgiamoci ad ovest, il luogo dal quale la Shekhinà deve ritornare dal suo
lungo esilio. Aiutiamola a rialzarsi, mentre intoniamo la Hey, la lettere
del Femminile superiore. Altri novanta gradi, sempre a destra, siamo
affacciati a nord, la direzione della forza, e cantiamo la Dalet, la porta,
la povertà che diventerà ricchezza e beatitudine.
Ormai conosciamo il giro da fare, e facciamo il secondo: Est – Vav; Sud –
Nun; Ovest – Hey; Nord – Yud.
Meditiamo a lungo, siamo partiti dalla Yud e ritorniamo alla Yud, “Io sono
il primo e io sono l’Ultimo”, dice il Signore Dio.
Respiriamo profondamente, a lungo. Indi ripetiamo i due giri completi,
cantando ogni lettera per ben tre volte. Sentiamo la preghiera che sale,
sulla scala dei Nomi di Dio uniti. Ad ogni giro fermiamoci e preghiamo,
chiediamogli ciò di cui abbiamo bisogno, amore, pace, salute, serenità,
successo, prosperità! Potrebbero forse un padre, una madre, un’amante e un’
amata rifiutare ciò che gli viene chiesto con tutto il cuore? Con un tale
canto d’amore sulle labbra?
Quando capiremo il segreto delle lettere, e il perché delle direzioni,
quando capiremo il perché del come si susseguono, del come si integrino, del
come la loro forma, suono, nome e numero siano i canali che rivelano la
Divinità, saremo pronti a prendere posto sulla Merkavà (Cocchio Celeste), e
gli stessi angeli celesti ci faranno da guida.
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