Il senso emotivo profondo delle carezze altrui

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Il senso emotivo profondo delle carezze altrui

Nel nostro cervello, nulla è veramente oggettivo: perfino la nostra percezione del tocco di un’altra
persona è plasmata da ciò che proviamo verso di essa. Lo ha dimostrato una ricerca che, analizzando
le vie di elaborazione cerebrale dell’informazione tattile e dei suoi aspetti nella comunicazione
sociale, ha scoperto che non ci sono due vie distinte per elaborare gli aspetti fisici ed emotivi
del tatto. Una possibile ricaduta pratica della ricerca riguarda gli interventi di aiuto per le
persone con autismo e le vittime di abusi sessuali e fisici.

(red)

Almeno per quanto riguarda le carezze, fatti e opinioni sono una cosa sola. Si potrebbe risassumere
così il risultato di una ricerca publicata sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” che
ha analizzato le vie di elaborazione cerebrale dell’informazione tattile e dei suoi aspetti nella
comunicazione sociale. La carezza è infatti uno dei segnali sociali più potenti dal punto di vista
emozionale.

“Intuitivamente, tutti noi crediamo che quando siamo toccati da qualcuno, per prima cosa percepiamo
oggettivamente le proprietà fisiche del tocco: la sua velocità, la sua dolcezza, la rugosità della
pelle, e che solo dopo, in un secondo momento, apprezziamo più o meno questo tocco in base di chi ci
ha toccato”, dice Valeria Gazzola, ricercatrice italiana già allieva di Giacomo Rizzolatti,
attualmente all’University Medical Center di Groningen e prima firmataria del’articolo.

Invece le cose non stanno così. Gli esperimenti condotti dai ricercatori hanno infatti dimostrato
che questa concezione a due fasi non è corretta, almeno per quanto riguarda la separazione tra le
regioni cerebrali coinvolte: ciò che pensiamo di chi entra in contatto con noi distorce anche la
rappresentazione apparentemente oggettiva di com’è il tocco sulla pelle. “Niente nel nostro cervello
è veramente oggettivo”, aggiunge Christian Keysers, che ha partecipato alla ricerca. “La nostra
percezione è profondamente e pervasivamente plasmata da come sentiamo le cose che percepiamo”.

Anche se vi sono dati che indicano il ruolo dell’insula – una struttura cerebrale nota per essere
coinvolta nella gestione dell’emotività sociale – nell’elaborazione della componente affettiva della
sensazione tattile, la nuova ricerca mostra che è già la corteccia somatosensoriale primaria – la
regione cerebrale che decodifica le proprietà di base del tocco, per esempio la ruvidità di una
superficie – a elaborare la gradevolezza o meno di un contatto sociale tattile come una carezza.

Per dimostrarlo i ricercatori hanno misurato il livello di attivazione cerebrale in 18 volontari
eterosessuali maschi mentre venivano accarezzati su una gamba. I partecipanti non potevano vedere
chi li accarezzava, ma guardavano un video che mostrava una donna attraente o un uomo che si chinava
verso di loro per toccarli. In realtà, le carezze erano sempre date da una donna e con identiche
modalità. I volontari hanno poi riferito di aver trovato piacevole l’esperienza quando ad
accarezzarli era una donna e repulsiva quando pensavano che fosse stato un uomo. Il dato rilevante,
tuttavia, è che a questa differenza di valutazione dell’esperienza corrispondeva una maggiore
attività nella corteccia somatosensoriale primaria quando erano convinti di essere stati toccati da
una donna.

Una possibile ricaduta pratica della ricerca è l’elaborazione di protocolli per cercare di
rimodellare le risposte sociali al contatto fisico nelle persone con autismo, lavorando sui primi
percorsi sensoriali per aiutare i bambini autistici a rispondere più positivamente al tocco dei
genitori, o per ristabilire risposte positive al tocco nelle vittime di abusi sessuali e fisici.

www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1113211109

lescienze.it

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