IL SETTENARIO DELL’EVOLUZIONE COSMICA

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IL SETTENARIO DELL’EVOLUZIONE COSMICA

di Carlo Splendore

In natura osserviamo che tutti gli oggetti di una data classe hanno la tendenza a riunirsi in modo
da generare una nuova classe di ordine superiore.

Le particelle elementari si riuniscono per formare atomi, gli atomi formano molecole, le molecole
formano cellule e così via fino alle galassie e agli ammassi di galassie. Questa catena naturale non
conosce la distinzione fatta dall’uomo tra organismi viventi e corpi inanimati.

Il passaggio da una classe di oggetti a quella di ordine superiore richiede una certa quantità di
energia perché aumenta la complessità delle forme e delle funzioni.

Ora, nell’ Universo l’ energia è disponibile in modo discontinuo perché l’ Universo stesso è
strutturato secondo livelli di energia.
Noi abbiamo l’impressione che ogni processo evolutivo avvenga in natura con continuità, cioè in modo
uniforme, ma non è così.
Non solo nulla è affidato al caso e tutto progredisce secondo precise leggi cosmiche, ma il processo
di passaggio dal semplice al complesso, dall’indeterminato al determinato è scandito da un ritmo
che, analogamente a quanto avviene per la scala musicale, comprende sette intervalli e otto gradini.

Rappresentiamo lo schema della scala dell’evoluzione cosmica.

È una scala composta da 10 gradini: 7 + 3.

È singolare il fatto che se si parte dalla Cellula per arrivare all’ Universo, seguendo la legge
dell’aggregazione successiva, noi non possiamo che tracciare 10 gradini.

Ora, nella numerologia, cioè nella scienza che studia soprattutto il significato filosofico e
metafisico dei numeri, il numero 10 corrisponde al Tutto nella sua completezza, alla Totalità del
Mondo, quindi all’ Universo.

La figura geometrica che corrisponde al 10 è il cerchio nel quale la Totalità in movimento è anche
un ritorno all’Unità. Infatti il 10 con la sua riduzione teosofica ridiventa l’Assoluto perché 1 + 0
= 1.

Ne consegue che il fatto che lo schema evolutivo si articoli in dieci livelli non è casuale, ma
intrinseco nello stesso meccanismo del sistema.

AI 10 ritroviamo l’Assoluto, al 4 troviamo l’Uomo.

E questo è un altro fatto che ci fa meditare. Perché sappiamo che il 4 è un numero interessante dal
punto di vista simbolico.
La somma teosofica di 4 infatti, come sappiamo, torna a dare 10. 1 + 2 + 3 + 4 = 10. Quindi al
livello 4 troviamo l’Uomo il quale ha in sé l’ Universo e Dio.

Per meglio chiarire questo concetto possiamo ricorrere all’esempio del bicchiere il quale è un
duplice contenitore perché all’esterno, con la sua convessità, contiene il mondo che lo circonda.

L’Uomo è come un contenitore, un calice: al suo interno l’ universo microcosmico cellulare,
rappresentato nel settenario dalla terna inferiore, al suo esterno il macrocosmo che si proietta su
di lui.

Ma torniamo allo schema rappresentato in figura e vediamo un po’ più da vicino in che cosa consiste
la cosiddetta “legge dell’ottava”.

Per comprendere bene il significato di questa legge dobbiamo tenere presente che, secondo un’antica
dottrina e secondo le vedute più avanzate delle scienza odierna, tutto l’ Universo è pervaso da
vibrazioni che si propagano in ogni tipo di materia, dalla più sottile alla più grossolana, e in
tutte le direzioni. Possiamo anzi dire che l’ Universo stesso consiste in vibrazioni.

La scala di cinque toni e due semitoni è la formula di una legge cosmica conosciuta in tempi
antichissimi ed elaborata in antiche scuole, ma poi dimenticata. Successivamente riscoperta essa è
stata applicata alla musica con la ben nota scala musicale naturale, ma la sua validità non è
limitata all’acustica.

La luce, il calore, le vibrazioni chimiche e quelle elettromagnetiche sono regolate dalle stesse
leggi.

Per esempio, quando ordiniamo gli elementi chimici secondo il loro numero atomico crescente troviamo
che le caratteristiche proprietà di questi elementi si ripetono a determinati intervalli fissi e
precisamente ogni otto elementi. Nel sistema periodico degli elementi possiamo distinguere circa 12
di queste ottave e ad ogni ottava si manifestano tra gli elementi spiccate affinità chimiche.
Ritroviamo in qualche modo questa legge anche nella nostra divisione del tempo in sei giorni
lavorativi e uno di riposo e quindi anche il ritmo della nostra attività è regolato dalla stessa
legge cosmica.

Le cosmogonie dell’Antico Egitto, della Grecia, dell’Ebraismo, dell’Induismo e del Cristianesimo ci
presentano Dio come il creatore di mondi mediante la potenza creatrice del suono. Nel Cristianesimo
ci viene detto: “In principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. Poi Dio
parlò e per mezzo della Sua Voce, quindi di una vibrazione che per noi umani è paragonabile al suono
della voce, creò tutti i mondi e tutti i regni di natura e tutti gli esseri in sei ere o “giorni”
della creazione, seguite ognuna da un periodo di stasi o “notte”.

Il settimo “giorno” si riposò.

E qui è adombrato il principio che è alla base della scala musicale costituita da note (i giorni) e
da intervalli (le notti), da toni e da semitoni (il riposo del settimo giorno).

La dottrina del Logos che crea mediante la Parola trova un sostegno scientifico nella capacità del
suono fisico di produrre forme.
Un esempio è fornito dalle figure di Chladni.

Il fisico tedesco Ernst Lorenz Friedrich Chladni (1756-1827) produsse figure geometriche acustiche
formate sulla sabbia cosparsa su di una lastra posta in vibrazione mediante un archetto di violino.

Allorché la lastra di vetro o di metallo entra in vibrazione ed emette un suono, l’ energia sonora
agisce sulla sabbia e ne modifica l’assetto disegnando su di essa delle figure geometriche
caratterizzate dalla simmetria e dalla armonia delle linee.

Possiamo allora dire che la nota musicale plasma la materia, perché ad ogni nota corrisponde un
disegno.

Un altro esempio è dato dalle figure del Lissajous, fisico francese (1822-1880), formate da curve
ottenute dalla combinazione di due moti armonici.

Due diapason, uno orizzontale e l’altro verticale, quando vibrano simultaneamente producono figure
che si possono ottenere col successivo riflettersi di un raggio di luce dalle estremità dei due
diapason.

Ma tutto questo deve essere interpretato come un riflesso opaco, un pallido esempio su questo nostro
mondo fisico, caratterizzato dall’approssimazione e dall’errore, della possente azione delle energie
creative che hanno prodotto tutte le forme scaturite da una Sorgente centrale con l’emissione della
“Parola”.

Viene fatto di pensare a possenti accordi celesti creativi, attraverso tutti i livelli, dai mondi
spirituali più elevati al regno degli Archetipi eterni, collegati alle grandi forme-suono sulle
quali e dalle quali è modellato l’ Universo fisico. La “Parola” creatrice, il Logos divino, passa ai
mondi inferiori dove Schiere minori la echeggiano e riecheggiano così da plasmare tutte le svariate
forme di natura.

Poiché l’Artefice divino crea perennemente, la sinfonia creativa continua ad essere composta ed
eseguita.

Le Gerarchie Celesti e gli Uomini vivono in mezzo ad armonie celestiali, armonie che possono essere
udite solo dalle coscienze illuminate dalla luce dello Spirito, da pochi iniziati, armonie di cui ci
parla Platone come dell’eterna “musica delle sfere”.

La linea di sviluppo delle vibrazioni a partire da un dato numero di vibrazioni fino a quando questo
numero è raddoppiato, si definisce ottava, cioè l’insieme di otto parti. L’ottavo gradino è la
ripetizione del primo, ma con un numero doppio di vibrazioni.

L’ottava Cellula Galassia si potrebbe definire la scala evolutiva della materia vivente, secondo il
significato più ampio che gli antichi filosofi davano al termine “vita”.

In essa figurano le tappe più significative seguite dalla Natura per passare dalla forma più
semplice in cui si manifesta la Vita, alla Galassia, isola di materia cosmica con la quale inizia
l’ottava superiore.

Diamo ora un’occhiata alla struttura del settenario.

Esso si compone di una terna inferiore, di una fase centrale e di una terna superiore. La terna
inferiore si riferisce al microcosmo che ha origine con le cellule e si completa nell’uomo; la terna
superiore parte dall’uomo e termina nel macrocosmo del nostro sistema solare. Con la Galassia ci
troviamo proiettati nell’ universo stellare e qui comincia un nuovo ciclo evolutivo.

Le due terne sono simmetriche rispetto all’asse immaginario che passa per il centro dello schema.

La prima cosa che salta agli occhi nell’esame del settenario è la posizione centrale occupata
dall’Uomo. E questo non perché il valore numerico della dimensione da attribuire all’uomo, per es.
la sua altezza, sia equidistante da quello dei due oggetti situati ai livelli estremi. Infatti le
dimensioni delle cellule, pur essendo molto variabili, sono comprese entro valori medi dell’ordine
di qualche millesimo di millimetro, laddove il raggio del Sole misura circa 700.000 km e la nostra
Galassia ha un raggio di 50.000 anni luce! (2)

Tuttavia l’asse di simmetria del settenario passa per l’Uomo.

Questo vuol dire che con l’Uomo si ha un confine tra due mondi.

Al di sotto di questo livello un universo vive dentro di noi, a nostra insaputa, nel buio della
nostra incoscienza. In esso operano esseri invisibili, abitatori di pianeti microscopici, intere
popolazioni che vivono e muoiono e si avvicendano su mondi ordinati gerarchicamente. Essi non
conoscono il fine ultimo della loro esistenza, ciò nondimeno operano come se fossero pervasi
dall’aspirazione verso un unico fine, animati dalla volontà di collaborare tutti per l’ordine,
l’armonia e la massima efficienza del tutto cui essi appartengono: in una parola essi operano nel
rispetto della legge dell’Amore.

Al di sopra di questo piano, dalle distanze abissali del firmamento infiniti mondi ci guardano, ci
osservano e, forse, ci guidano, ma noi non ne siamo consapevoli. È un universo che si estende
all’infinito nello spazio a noi esterno, anch’esso gerarchicamente ordinato, anch’esso popolato, per
il principio della simmetria e di quello dell’analogia che governano il settenario, da esseri a noi
invisibili ma altrettanto reali, i quali operano a nostra insaputa nel rispetto della legge
dell’evoluzione che dalla materia, come vuole Aristotele, conduce alla forma e dalla forma alla
essenza delle cose, alle idee ( Platone). Al centro sta l’Uomo.

Atomi, molecole, cellule da una parte; pianeti, sistemi planetari, galassie dall’altra. Ma la serie
si annuncia infinita giacché il limite si sposta col graduale perfezionamento dei nostri mezzi
d’indagine. Quindi tutto fa supporre che la linea evolutiva si estenda all’infinito al di qua e al
di sotto del nucleo atomico e all’infinito al di là e al di sopra dell’ universo galattico, oltre lo
spazio e oltre il tempo. Secondo questa ipotesi l’Uomo verrebbe a trovarsi su di una linea della
quale qualunque punto può essere il centro perché non ha principio né fine.

Ma la mente umana si smarrisce e si ritrae sbigottita di fronte a questi infiniti con i quali non ha
familiarità.

Nel percorrere questa scala gerarchica dal basso verso l’alto notiamo la tendenza ad una graduale
specializzazione.

L’evoluzione ha interessato tutte le forme di vita comparse sulla Terra, vegetali e animali. Noi
tuttavia qui ci limiteremo a percorrere quel ramo che dagli animali più piccoli, fatti di una sola
cellula, i protozoi, conduce all’Uomo e prosegue oltre, nella direzione dell’aumento della varietà,
della molteplicità e della espansione, fino ai più vasti mondi messi a disposizione dell’Uomo dalla
Natura.

Altra caratteristica interessante di questa ottava è la corrispondenza tra Cellula e Galassia.

Sono sempre stato colpito dalla somiglianza tra le raffigurazioni degli oggetti celesti
extra-planetari, nebulose, galassie, ammassi di polveri e gas, e le immagini fotografate al
microscopio tra la forma di questi preparati delle più piccole particelle di materia vivente e le
configurazioni che assumono gli ammassi stellari e la materia interstellare osservati mediante
telescopi, onde radio, raggi infrarossi e raggi X.

Così abbiamo la nebulosa “Rosetta” a circa 4500 anni luce da noi che, fotografata al telescopio
potrebbe essere confusa con la foto, ottenuta al microscopio elettronico, di una cellula completa di
formazioni nucleari e protoplasmatiche, oppure un modello a nubi di gas interstellare che somiglia
ad una riproduzione di eritrociti, o, ancora, l’immagine della nostra Galassia, la quale contiene
circa cento miliardi di stelle che, vista di profilo così come ci viene restituita da un
radiotelescopio, è somigliantissima ad una cellula muscolare.

Al DO superiore la materia si trova ad uno stato aggregativo più rarefatto giacché qui troviamo gas
che in larga percentuale è costituito da idrogeno, polveri e materia radiante in luogo di proteine,
acidi organici e materia colloidale presenti nelle cellule, ma la forma si ripete a volte in maniera
impressionante.

Perché la forma che la Natura ha scelto per la prima manifestazione della Vita sul pianeta Terra si
ripete ad un’ottava più alta assai simile, sotto forma di ammassi stellari, nella scala della
evoluzione cosmica? Ma che cos’è la forma?

La similitudine della forma

La corrispondenza tra le fasi omologhe dell’ottava è essenzialmente fondata sulla similitudine della
forma.

Questa idea della forma come determinante evolutiva è stata presa in considerazione dal medico
Stephen Black, che l’ha derivata a sua volta dagli antichi Greci. (3)

Per Platone la materia accoglie in sé l’impronta dell’Intelligenza ordinatrice. Dal caos resistente
e ribelle l’Artefice divino (Demiurgo) trae il mondo sensibile, razionalmente ordinato, immagine del
mondo eterno e perfetto delle idee. Giova qui ricordare che per Platone le idee sono esseri dotati
di esistenza reale, esseri che noi oggi potremmo chiamare entità spirituali. Secondo questa
concezione le forme non sarebbero altro che l’impronta di gerarchie celesti sulla materia, con
l’intermediazione dei rapporti matematici e delle figure geometriche che sono da intendere come
imitazione delle idee nello spazio e nella materia. Il mondo intero è concepito come un organismo
vivente animato e intelligente.

È il pensiero dei pitagorici i quali, due secoli prima, affermavano in sintesi: ” Dio geometrizza!”

Per Aristotele la materia si distingue dalla forma come la potenza dall’atto. In natura tutto tende
a liberarsi dalla materia e conquistare la forma pura, l’Atto perfetto, Dio. E in questo consiste
l’evoluzione. La mancanza della forma costituisce per la materia la spinta ad evolvere.

A questo punto ci dobbiamo chiedere: che cosa si nasconde dietro due forme simili?

Ebbene, due forme legate da un rapporto di similitudine devono essere il riflesso, sul piano
sensibile, della stessa Forza cosmica che opera su scala diversa. Due forme simili appartenenti a
due diversi livelli dell’ottava, si possono pensare come la traccia della stessa Onda di Vita che si
ripete ad un’ottava più alta.

E siccome ogni forma contiene un ‘informazione, due forme simili hanno in comune e trasmettono lo
stesso tipo di messaggio.

La corrispondenza tra Cellula e Galassia

Vediamo ora un po’ più nei dettagli quali sono le caratteristiche strutturali e morfologiche che le
Cellule e le Galassie hanno in comune.

Le cellule possono assumere forme diversissime, ma esse sono sempre circondate da una membrana che
le delimita e le isola dal mondo esterno.

Anche le galassie si presentano alla nostra osservazione con notevoli differenze della loro forma,
che può essere sferica, ellittica, a spirale o irregolare. La nostra Galassia ha la forma di un
ellissoide molto appiattito, con un rigonfiamento in corrispondenza del nucleo galattico. Infatti
anche le galassie, come le cellule, presentano un nucleo, che però nella cellula non è sempre al
centro, ma spostato verso la periferia.

Anche i globuli rossi della maggior parte dei Vertebrati si presentano come cellule ellissoidali
piuttosto appiattite provviste di nucleo e, in corrispondenza di questo, biconvesse.

La membrana cellulare trova riscontro in un alone che circonda alcune galassie e che comprende molte
stelle isolate. È il caso della nostra Galassia il cui disco è circondato da una corona di stelle.

Un cenno a parte meritano le nebulose, che sono tra gli oggetti celesti più belli da vedere. Tra
queste è particolarmente significativo l’aspetto della nebulosa anulare della Lira, formata da gas
in continua espansione che circonda una piccola stella centrale. Anche qui si ripete lo schema di un
nucleo centrale, un nucleolo, e una fascia esterna che delimita la massa gassosa e che richiama la
membrana cellulare.

La raffigurazione di una galassia di tipo sferico potrebbe essere confusa con lo schema di una
cellula uovo o con la fotografia di un eliozoo, un protozoo denominato “animale solare” perché la
sua cellula raggiata richiama alla mente l’immagine del disco solare: la sua aura radiante è
costituita da vere e proprie estensioni di protoplasma vivente.

All’interno di ogni galassia, come all’interno di ogni cellula, esiste una vita che si manifesta,
nel caso delle galassie, col movimento del fluido stellare, che si muove lungo orbite circolari
intorno al centro galattico, ma che può subire perturbazioni tali da generare le braccia a spirale.

Anche le galassie hanno la tendenza ad associarsi. Alla nostra Galassia, per esempio, sono legate
una ventina di altre galassie le quali formano il cosiddetto “Gruppo Locale”. Altri ammassi di
galassie possono giungere a contenere anche migliaia di componenti. In modo analogo le cellule si
associano per formare i tessuti e gli organismi pluricellulari, formati da un numero di cellule che
spesso si contano a miliardi. Basti pensare che nel nostro cervello vi sono da 10 a 11 miliardi di
cellule.

A questo proposito cade opportuna un’altra interessante osservazione. Al livello 3 dell’ottava
corrisponde la fase Organo e nell’ottava superiore, sempre al livello 3, è situato l’ Universo
fisico, inteso come l’insieme di super ammassi di galassie. Per il principio della corrispondenza
delle fasi omologhe, alla fase Organo del corpo umano, corrisponde l’ Universo nell’ottava
superiore.

L’organo più rappresentativo per l’Uomo nei confronti delle altre specie, è senza dubbio il
cervello. Viene spontaneo allora fare un confronto tra il numero delle cellule del cervello umano e
il numero di galassie che si presume siano nell’ Universo a noi visibile. Ebbene, secondo le stime
più recenti nell’ Universo, con gli strumenti di cui oggi disponiamo, si possono vedere almeno dieci
miliardi di galassie.

E allora viene da pensare all’ Universo come ad un immane organo cerebrale nel cui interno noi
esistiamo, ci dibattiamo e ci riproduciamo come esseri cento milioni di volte più piccoli dei virus!

Ma questo Universo cerebrale che ci ospita sarebbe solo lo strumento fisico di una Mente Cosmica
della quale noi siamo forse i pensieri. E qui ritroviamo l’Essere divino di Platone e l’Iper-Uranio,
quella specie di regione extraspaziale in cui le idee sono generate dall’Intelligenza divina come
pensieri.

Cento anni prima Parmenide aveva proclamato: “Pensiero ed essere sono la stessa cosa”.

In tempi a noi più vicini, sir James Jeans, matematico, fisico e astronomo britannico, in un suo
libro pubblicato nel 1930 dal titolo, “L’ Universo misterioso”, così si esprime: “L’ Universo può
essere meglio raffigurato come consistente in pensiero puro, il pensiero di ciò che, in mancanza di
una parola più completa, dobbiamo descrivere come un pensatore matematico… Un pensiero o un’idea
non possono esistere senza una mente in cui esistere. Possiamo dire che un oggetto esiste nella
nostra mente mentre ne siamo consci, ma ciò non varrà a provarne l’esistenza nel tempo in cui non ne
siamo consci.

Considerazioni come queste portarono Berkeley a postulare un Essere Eterno nella cui mente
esistevano tutte le cose… Mi pare che la scienza moderna porti, per una strada molto diversa, ad
una conclusione in complesso non dissimile.”
Il pensiero di Einstein in proposito è noto: “Credo in un Dio che si rivela nell’ordinata armonia
dell’ universo. Credo che questa Intelligenza si manifesti in tutta la Natura.”

Secondo questa visione la mente dell’Uomo potrebbe essere concepita come un “terminale” della Mente
Universale di Dio.
Oggi un numero sempre crescente di scienziati e di filosofi concorda nel ritenere che la matrice
della realtà sensibile, la protomateria dell’ universo materiale, sia più simile ad una struttura
pensante che ad una macchina il cui funzionamento sia affidato al caso.

Le ricerche dello scienziato inglese D. Lawden, del matematico e filosofo Stephan Lupasco, del
chimico R. Tournaire, del fisico P. Dirac, di Roger GodeI, dei fisici Robert Oppenheimer, Jean
Charon, David Bohm, e, infine, le ipotesi formulate dagli eminenti fisici dell’università di
Princeton, hanno evidenziato che alcune capacità di memoria, intelligenza e coscienza non
appartengono solo alla materia vivente, ma sono proprie anche della materia inorganica, della
cosiddetta materia inerte. Perché niente di quanto è inanimato o irrigidito è realmente inerte,
perché tutto è movimento e tutto, quindi, vive se è vero che “in motu Vita consistit”.

Secondo Ruyer “le molecole e gli atomi sanno quel che fanno ancor meglio dei fisici. Poiché essi,
gli atomi, sanno già quel che i fisici ancora ignorano sul loro comportamento.”

Gli “Gnostici di Princeton”, cioè un gruppo di scienziati di fama mondiale, tra cui compaiono
diversi Premi Nobel, fisici, astronomi, medici e ricercatori appartenenti alle più svariate
discipline, sono giunti in proposito a conclusioni che potremmo definire sorprendenti. Per essi
l’intelligenza è una sorta di costante universale che risiede nel cuore stesso della materia,
giacché la materia si organizza in un modo che è analogo allo schema di un test psicologico, in modo
autonomo, dimostrando di conoscere la strada che dal disordine porta all’ordine, come in un giuoco
di pazienza nel quale i minuti frammenti, originariamente mescolati alla rinfusa, sappiano
incastrarsi l’uno nell’altro da soli.

È ciò che avviene per gli atomi i quali si costruiscono da soli a partire dalle particelle
subatomiche tenendo conto delle leggi di compatibilità e di esclusione.

Questa concezione rivoluzionaria capovolge completamente la nostra scala di valori. È infatti
opinione diffusa che l’intelligenza sia appannaggio esclusivo dell’uomo e che ogni attività
psichica, non si sa bene perché, debba diventare sempre più ridotta, vaga ed evanescente a mano a
mano che si scende nella scala biologica. È come se gli attributi spirituali potessero risentire in
qualche modo delle dimensioni e del peso dei soggetti.

Raymond Ruyer, interprete fedele ed esponente egli stesso di questa corrente filosofica, ritiene al
contrario che “nessuna convincente ragione può fare ritenere che la coscienza-intelligenza di un
infusorio o di una macro-molecola sia più incerta, più confusa dell’intelligenza di un tecnico alle
prese con un problema specifico. Avviene piuttosto il contrario: gli infusori o la molecola operano
su dati forniti dai propri edifici atomici o molecolari, sugli elementi presenti del proprio campo
autovisivo. Tale campo autovisivo nella sua unità porta a disporre intelligentemente i dati secondo
regole e bisogni ben definiti. Al contrario, spesso, il tecnico umano non ha davanti a sé un
problema ben posto e pasticcia, va fuori strada, tentando di applicare errati schemi cerebrali.”

Le particelle subnucleari costruiscono coscienziosamente le loro cittadelle atomiche e queste
ordinatamente si associano in quelle meravigliose quanto misteriose architetture che chiamiamo
reticoli cristallini del regno minerale. Ma là dove si manifesta la Vita appare un’intelligenza di
ordine superiore la quale provvede all’espletamento di tutti i processi dell’organizzazione
biologica che portano allo sviluppo della forma, quali il procedere dal germe alla pianta o
all’animale adulto.

“Geni e cromosomi controllano fino ad un certo punto lo sviluppo del processo nel momento e nel
posto giusto, ma la comparsa della forma di un corpo da un seme fecondato pare richieda l’opera di
una mente creatrice e coordinatrice”.
Come fa una pianta a rigenerare le radici quando un germoglio viene asportato? In virtù di quale
misterioso processo in un lombrico tagliato in due, lo spezzone che comprende la testa si
ricostruisce la coda che manca?

Sono fatti come questi che fanno pensare ad un’ energia intelligente, ad un’Intelligenza cosmica
immanente che produce, riproduce, genera e rigenera a tutti gli stadi evolutivi ed in ogni fase
dello sviluppo.

Il telescopio ci consente di osservare mondi sconfinati, resi invisibili dalle estreme lontananze;
al microscopio possiamo vedere mondi a noi vicinissimi ma resi invisibili dalla loro estrema
piccolezza. E come se una cellula, tanto a noi vicina da far parte di noi stessi, fosse una
lontanissima galassia e, viceversa, è come se un ammasso di stelle, lontano miliardi di chilometri
(la stella più vicina si trova alla distanza di 50 mila miliardi di chilometri) fosse ridotto a
dimensioni di qualche millesimo di millimetro. Tra cellula e galassia si viene a stabilire così una
sorta di corrispondenza biunivoca: l’immenso, situato a distanza di anni luce, si comporta come il
microscopio sito a distanza di qualche centimetro dalla nostra pelle.
In fondo è tutto un problema di distanze e di dimensioni che diventano immense e piccolissime in
relazione alla nostra limitata capacità visiva. Ne consegue che se prescindiamo dall’osservatore non
possiamo più parlare né di macrocosmo né di microcosmo.

È la presenza dell’Uomo che stabilisce l’unità di misura, il modulo al quale riferire le
proporzioni. Ed allora noi siamo di fronte ad un Universo fatto a misura d’uomo, nel senso che la
posizione centrale dell’Uomo nel settenario dell’evoluzione cosmica non è casuale. Il fatto che
l’uomo si trovi a metà strada nella scala evolutiva che va dalla Cellula al Sole ci dice come egli
occupi una posizione del tutto particolare sia nei riguardi della Cellula, sia nei confronti del
Sole. L’uomo in effetti è un microcosmo cellulare, un universo costituito da super-ammassi di
cellule. E questo è un rapporto che potremmo definire statico. Ma se vogliamo studiare in quale
relazione egli sta col Sole lo dobbiamo fare camminare e ci accorgeremo che un’analogia
significativa esiste tra l’uomo che cammina sul suo pianeta e il Sole che col suo moto apparente
ruota intorno alla Terra.

Nell’antica Babilonia esisteva il detto seguente: “Guarda l’uomo che cammina senza essere né vecchio
né bambino, che cammina da sano e non da malato, che non corre troppo né va troppo adagio, e tu
vedrai la misura del corso del Sole”.
Con questa loro massima gli antichi babilonesi volevano intendere che un uomo dal passo sano e
normale, se avesse potuto fare il giro della Terra avrebbe impiegato 365 giorni più un quarto di
giorno. Il che corrisponderebbe, se non ci si fermasse mai, né di giorno né di notte, ad un
ipotetico viaggio compiuto alla velocità media di 4,56 km/ora ( = 1,27 m/sec.).

E questa è una velocità verosimile per un pedone che cammina a passo di marcia, al ritmo normale di
55-65 passi al minuto (4).

Quindi il tempo richiesto da un uomo giovane e sano per fare a piedi il giro della Terra è uguale a
quello impiegato dal Sole nel suo moto apparente di rivoluzione intorno al nostro pianeta lungo
l’ellittica. L’uomo si muove intorno alla Terra come la Terra si muove intorno al Sole.

Ma c’è di più. L’uomo che marcia con andatura regolare e costante non solo entra a far parte del
tempo cosmico, ma egli stesso con il suo passo cadenzato è simile ad un pendolo che, durante
un’oscillazione completa di andata e ritorno, batte il secondo.

Infatti, alla velocità media di 1,27 m/sec. e con un passo (la cui lunghezza dipende dalla lunghezza
degli arti inferiori) che mediamente possiamo assumere di 1,26/1,35 metri, il tempo impiegato per
compiere un passo compIeto (5) è:

Così, in quell’aforisma tramandatoci dagli antichi astronomi babilonesi scorgiamo come un’eco di
quella scienza primordiale mutuata da antichissime civiltà rimaste esoteriche, civiltà di misteri
filtrati fino ai giorni nostri sotto forma di norme o di principi entrati poi nell’uso comune, di
ordinamenti umani modellati sulle grandi leggi eterne che regolano i fenomeni celesti. Ne è un
esempio il sistema sessagesimale.

“I babilonesi, nel contare, arrivavano solo fino al sessanta poi ricominciavano da capo”. Questo
numero fondamentale veniva loro fornito dal prodotto di 12 (le dodici costellazioni zodiacali) per 5
(i cinque pianeti visibili ad occhio nudo).

In tutte le numerazioni quotidiane essi si basavano sul dodici, numero facilmente divisibile, che
corrisponde alla dozzina, rimasta ancor oggi in uso, anche se con il significato di una
approssimativa unità di misura.

Abbiamo visto che la posizione centrale dell’Uomo nel settenario dell’evoluzione cosmica non è
casuale, così come del resto non è casuale la posizione della Terra nel sistema solare, dove trovasi
alla giusta distanza dal Sole, e la posizione del sistema solare nella Galassia, per cui tutto
appare finalizzato alla comparsa della Vita intelligente sul nostro pianeta e nel cosmo.

È il principio antropico già enunciato da B. Carter della Università di Cambridge così: “Cogito,
ergo mundus talis est”.
Non a caso il nostro sistema solare è situato verso il margine esterno di uno dei bracci della
spirale della nostra Galassia.
Infatti, se il nostro sistema solare fosse stato più vicino al nucleo della Galassia la vita sulla
Terra sarebbe stata in pericolo perché sarebbe stata maggiore la probabilità di collisione fra il
sistema solare e una nube oscura, il che avrebbe diminuito la quantità di luce ricevuta dalla Terra.
Inoltre, nella regione prossima al nucleo galattico è più probabile anche la collisione tra stelle e
questa evenienza avrebbe ridotto la vita del nostro sistema solare che non sarebbe giunto fino alla
comparsa della Vita.

L’ Universo si espande e la materia diminuisce di densità, ma non tanto da impedire la formazione
delle galassie, delle stelle e dei pianeti per attrazione gravitazionale.

Quindi la Vita nell’ Universo è stata resa possibile dal fatto che la velocità di espansione è tale
da rendere possibile l’aggregazione della materia. Se la velocità di espansione fosse stata minore
l’attrazione avrebbe prevalso provocando il collasso, se fosse stata maggiore tutta la materia si
sarebbe dispersa.

L’apparizione della Vita sul nostro pianeta è il risultato della speciale posizione che la Terra
occupa in seno al sistema solare.

È opinione diffusa tra gli scienziati che la comparsa della Vita sulla Terra, con la creazione della
biosfera, abbia prodotto una radicale trasformazione delle condizioni fisiche del nostro pianeta.

Con la Vita si sarebbe innescato un processo di autoregolazione finalizzato al mantenimento della
Vita stessa.

Il ciclo dell’ acqua che si trova alla giusta temperatura e pressione per poter evaporare dal mare e
ritornare sulla terra in quantità tali da assicurare la vita con regolarità, il ciclo del carbonio e
quello dell’azoto anch’essi in stretta connessione con fenomeni astronomici, l’esistenza di
un’atmosfera che protegge la Terra delle radiazioni nocive, ma lascia passare la luce e il calore
del Sole che riscalda il suolo alla giusta temperatura, la più adatta al manifestarsi della vita,
sono solo alcuni esempi delle condizioni necessarie per alimentare la Vita sulla Terra.

Dette condizioni sono però tante e così rigorose che la loro coesistenza non può essere il frutto
del caso. Né può esserlo l’apparizione dell’Uomo, massima espressione della Vita e quindi non può
essere indifferente la sua posizione nell’ Universo.
Oggi in seno alla scienza si va manifestando la tendenza ad una concezione che in qualche modo
richiama la visione antropocentrica del passato. È quanto è insito nell’affermazione del fisico
statunitense John Wheeler dell’Università di Princeton e cioè che “l’osservatore è altrettanto
essenziale alla creazione dell’ Universo, quanto l’ Universo lo è per la creazione
dell’osservatore”.

Ciò che noi ci accingiamo ad osservare nel Cosmo è subordinato alle stesse leggi che assicurano la
nostra presenza come osservatori.

Cade così la vecchia concezione meccanicistica e deterministica della formazione dell’ Universo che
tanta fortuna ebbe nel secolo scorso. Non solo la vita non può essere il frutto del caso, ma
l’intero Universo appare finalizzato alla comparsa della Vita e della autoscoscienza.

Per il principio antropico il divenire nell’ Universo conduce alla comparsa della vita intelligente
come forma perfetta di ciò che diviene e qui ritroviamo “l’entelechìa” di Aristotele, l’azione
perfetta che ha in sé il suo fine.

Se l’ Universo non è un aggregato caotico, ma un sistema ordinato, se esso ci appare sempre di più
come un organismo vivente in cui tutti gli eventi realizzano come unico fine quello della comparsa
della Vita autocosciente, ci sembrano in verità assai vicini i tempi in cui Platone parlava dell’
Anima del Mondo.

In fondo, nel principio antropico enunciato circa vent’anni or sono, sentiamo riecheggiare come
un’eco, espressa in chiave moderna, dell’antichissima dottrina della finalità della Natura.

Nella storia del pensiero troviamo questo filone continuo, che è come una costante che si ripete nel
tempo, sia pure con qualche variante. Da Anassagora (500 a.C.) a Bergson, il filosofo dello “slancio
vitale” dei giorni nostri, passando attraverso Aristotele, gli stoici, Leibniz e Kant, è presente la
dottrina di un intelletto divino ordinatore che compone gli elementi materiali in un Cosmo.

È presente il principio teleologico secondo il quale siamo indotti a ritenere che il mondo sia stato
creato proprio con lo scopo che esso si adatti alle esigenze del nostro spirito: la realtà sensibile
appare subordinata alla necessità di servire alla realizzazione dei fini morali e spirituali
dell’Uomo.

Il modello di Universo, che la scienza positivista del XIX secolo ci aveva trasmesso in eredità,
somigliava molto alla caverna di cui parla Platone nel VII libro de “La Repubblica”. Le ombre
proiettate sul fondo della caverna nella quale ci siamo rinchiusi, non sono la realtà e la luce del
fuoco che anima le ombre non è la luce del Sole. Ma i nostri occhi sono stati al buio per troppo
tempo e forse abbiamo paura della Verità.

Nel settenario dell’evoluzione cosmica il principio antropico è implicito nella posizione centrale
che l’Uomo vi occupa: una posizione che deve essere interpretata come posizione di privilegio.

L’ Universo esterno all’Uomo e quello interno si corrispondono e si completano perché senza l’uno
non si potrebbe avere l’altro.
La terna superiore è infatti in posizione speculare rispetto a quella inferiore.

È la dimensione spirituale dell’Uomo che ci aiuta a capire quale è la sua posizione nella scala
evolutiva e qual è la sua funzione.

Al centro, al di là di ogni apparenza, al di là di ogni illusione, c’è il vero Cosmo, quello che
costituisce il termine di paragone e che, come tale, non è né grande né piccolo, ma semplicemente è!

Perché l’Uomo è il compendio del perituro e dell’immortale, dell’immanente e del trascendente e con
esso e in esso si conciliano apparenza e realtà.

Note:
1. P.D. Ouspensky, “La quarta via”, Ed. Astrolabio 1974, Roma; “Frammenti di un insegnamento
sconosciuto”, Astrolabio 1976. J .H. Reyner, “Diario di un moderno alchimista”, Ed. MEB 1976,
Torino.
2. Un anno luce = 63,000 UA = 9,1012 km (9 bilioni di km).
3. Black S., “Mind and Body”, William Kimber, London 1969.
4. La velocità media sopra riportata è il risultato del rapporto tra lo spazio percorso, la
circonferenza di 40.000 km e il tempo impiegato a percorrerlo.
5. Il ciclo della deambulazione si compone di due passi semplici.

Carlo Splendore è nato a Velletri (Roma) nel 1922. Ingegnere industriale meccanico, ricercatore,
pubblicista e docente di materie tecniche, vive a Roma ove opera nel campo dello studio e della
ricerca dei fenomeni della “scienza di frontiera” e collabora con periodici specializzati, italiani
e stranieri.

Ha pubblicato i libri:
– “L’onda di Vita nell’Armonia del cosmo” – Tecnipress (Roma, 1988);
– “Come in basso, così in alto…” – Consultabile e prelevabile sia in .doc che .pdf il libro
descrive le analogie esoteriche tra l’uomo e il cosmo.
– “Il Bioradiometro” – Editrice Andromeda.

Per informazioni e richieste del volume “L’onda di Vita nell’Armonia del cosmo” contattare: Ing.
Carlo Splendore – Tel. 06-65746251 – splendorec©libero.it

da edicolaweb.net/arti110a.htm

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