Il silenzio e la vita spirituale 2
di Swami Ritajananda
IL SILENZIO E LA VITA SPIRITUALE
– Seconda parte –
Riedizione della conferenza di Swami Ritajananda, apparsa
nel n° 61 di Vedanta, del 1° trimestre 1981Swami Ritajananda (1906-1994)
è stato Presidente del Centro Vedantico Ramakrishna dal 1962 al 1994
Riceverete l’insegnamento quando lo richiederete.
Coloro che hanno ricevuto tali consigli lasciano, sovente,
il mondo e si rifugiano in un eremo, per viverci in solitudine;
così, infine, scoprono la pace di ogni gioia, scoprono
il significato di Dio e quali sono le sue parole.
Vorrei, ora, raccontarvi una piccola storia, che risale
a circa due, o trecento anni fa. Un economo era impiegato
in un palazzo, in India. Morì, ed il figlio, molto giovane,
dovette subentrare al suo lavoro. Era un giovane intelligente,
ben istruito, attratto dalla vita spirituale. Aveva studiato
la lingua del proprio paese – il tamil – ed anche il sanscrito.
Si era ben preparato per la ricerca spirituale. Pur obbligato
a lavorare nel palazzo, trascorreva ogni giorno al tempio,
vi pregava e, quindi, ritornava nella dimora. Erano nate,
nei suoi riguardi, delle difficoltà nel palazzo perchè la regina
si era innamorata di lui. Egli non cercava attaccamenti di quel
genere; ciò lo turbava e costituiva la ragione per la quale
egli trascorreva lunghe ore nel tempio.
Un giorno, scorse, nell’angolo del tempio, assiso
nella postura del padmasana, un maestro, assorbito
nella meditazione. Era la prima volta che notava quella
persona. Si sentì pieno di curiosità, mentre, tra l’altro,
provava un forte desiderio di ricevere un consiglio spirituale.
Si sedette, di conseguenza, davanti a quello. Le ore trascorsero:
mezzanotte, l’una, le due, le tre. Dopo circa quattro ore, il santo a
prì gli occhi. Vide un giovane seduto davanti a lui, e se ne stupì:
“Figlio mio, perchè ti trovi qui? – gli domandò.
“Maestro, vorrei ricevere un vostro consiglio spirituale.”
Resta tranquillo” – fu la sola risposta.
Non posso dirvi cosa il giovane comprese, ma, più tardi
egli scriverà un grande libro che, sfortunatamente, nessuno
tradusse, nè in inglese, nè in francese. Vi si legge questo
consiglio dato dal maestro di cui parliamo:” Stai tranquillo.”
Egli avrebbe potuto comprendere tutto attraverso tali
semplici parole. Eppure, domandò al maestro di aiutarlo
ancora. Costui lo guardò e gli disse: “Non è il momento.
Tu hai ancora qualche dovere da compiere.
Devi sposarti e dare un figlio alla tua famiglia. Ti verrò
a cercare allora.”
Il maestro arriva sempre, quando il discepolo è pronto.
E voi non chiedete da dove egli sia venuto, nè indagate le qualità che
possiede. Non ponete domande, e non cercate altro. Voi sentite c
he è il vostro maestro. Il giovane, di conseguenza, scelse
il suo maestro e costui lo accettò.
Sua moglie morì qualche tempo dopo e i parenti vennero
a cercare il bambino per allevarlo. Di conseguenza, il maestro tornò a lui:
“Vieni con me, figlio mio; hai finalmente assolto ogni tuo dovere nel
mondo.” E partirono assieme.
Non posso dirvi cosa gli accadde, nè quale fosse la natura
dell’insegnamento che egli ricevette; ma, posso assicurarvi
che trascorse parecchi anni nel silenzio. Nessuno scrisse
la biografia di questo grande santo, chiamato Tayu Manava.
Non conosciamo nulla della sua vita, ma ci rimane il suo grande libro,
nel quale ci dona un insegnamento straordinario. Egli cita una spiritualità
che trascende il mondo dei nomi e delle forme. Si esprime come faceva
Sri Ramakrishna: Brahman è saguna e nirguna; cioè, Brahman è Dio con
forma e Dio senza forma: l’Assoluto. Manava ha composto numerosi
poemi ben noti nel sud dell’India. E tutto è provenuto da un semplice
consiglio:” Sta tranquillo”.
Avete sentito parlare di Trailinga Swami, che visse a Benares.
Sri Ramakrishna lo incontrò, come pure la Santa Madre, e come
numerose altre persone. Era un grande yoghi; forse, unico. Si diceva
che avesse vissuto oltre i 250 anni. Era di una taglia fisica molto forte
Nessuno l’ha inteso parlare. Eppure, egli sapeva tutto, e la sua saggezza
era grande. La sua spiritualità impressionava. Praticava il silenzio.
Il silenzio può divenire un mezzo.
Nel libro di Tayu Manava si impara che il suo maestro
gli aveva detto soltanto:” Sta tranquillo “. Ogni insegnamento
è condensato in queste due parole. Noi amiamo parlare,
e la parola è la cosa più facile da frenare. Le Scritture ci richiedono
la gestione di noi stessi; il controllo del mentale. La prima disciplina
insegnata dai maestri come Tayu Manava per acquistare la padronanza
della mente è di controllare le parole. Spinti dall’ego, noi sentiamo
il desiderio di parlare. Parlare della nostra vita, parlare di ciò che
oggi stiamo facendo, e di ciò che faremo domani. Sempre “io”, “io”.
Oppure, ci occupiamo dei difetti altrui. Il ciarlare, lo stabilire la
propria superiorità: tutti questi pensieri sono nefasti per la vita spirituale.
Innanzitutto, bisogna apprendere a guidare le proprie parole.
Ecco, la ragione per cui il silenzio viene considerato come una
grande disciplina spirituale.
Sri Ramakrishna diceva spesso che i capi famiglia,
coloro che vivono nel mondo, era bene si discostassero
da ciò, di tanto in tanto. Quando non potrete parlare
con nessuno, il vostro cervello diverrà molto attivo;
voi riuscirete a pensare facilmente e troverete la
soluzione dei vostri problemi.
Vorrei aggiungere questo. Il Buddismo ha
assunto una grande influenza nel Tibet. La vita
di Milarepa mi ha fatto sempre una forte impressione.
Era un individuo straordinario. Parlava del silenzio.
Il maestro esamina accuratamente il ragazzo che ha scelto,
gli fa subire diverse prove e lo accetta se ne resta soddisfatto.
Gli chiede di costruire una piccola caverna, interamente sigillata,
da cui non può uscire. Il ragazzo non dispone che di una lampada.
E’ una disciplina molto dura. Certuni ne muoiono; altri divengono folli,
perchè non riescono a sopportare la solitudine.
Ma, coloro che sanno organizzare la propria vita, che riescono
a comprendere il proprio spirito, costoro possono riuscire.
Milarepa è divenuto un grande maestro spirituale. E parla della
sua esperienza e del valore del silenzio, che viene ad aiutarci.
Come dobbiamo comportarci, di conseguenza? Ecco, allora,
un esempio ben noto della vita del Mahatma Gandhi. Egli non era u
n maestro spirituale come possiamo comprenderlo. Era un maestro,
a modo suo. Ogni lunedì rappresentava, per lui, il giorno del silenzio.
In quella giornata egli non parlava affatto. “Lo faccio per il mio bene” –
diceva – ” perchè, durante tutto il tempo che utilizzo a parlare, rifletto poco.
Quando smetto di parlare, mi è più facile riflettere a quanto dico, a ciò
che intendo fare. E, quando prego, posso anche dimenticare il mondo”.
Se peniamo a meditare, gli è perchè parliamo troppo. Se io parlo
per l’intera giornata, con degli amici, su ogni sorta di argomentazioni,
quando mi siedo per meditare, tutto ciò che ho detto, tutto ciò che ho
ascoltato ritorna a scorrere davanti a me come il film in un cinematografo.
Ecco la ragione per cui il ricercatore spirituale deve andare a vivere
da solo, in una caverna, per ritrovarsi nel pieno silenzio.
All’inizio, sicuramente, incontrerà delle difficoltà; ma, poco a poco,
tutto si estingue, ed egli può cominciare a meditare.
Il silenzio che, allora, scopre è indispensabile per la sua ricerca.
E’ come per l’oceano, le cui tempeste sono prodotte dai venti.
Chi ricerca la spiritualità si distacca sempre più dalla vita esteriore.
Non giungo ad affermare che un simile individuo non parlerà più.
Parlerà ancora, come afferma Sri Aurobindo. Aurobindo ha trascorso
l’intera vita in silenzio. Non disse mai di avere tagliato le sue relazioni
con il mondo; diceva solo di non esserne coinvolto.
Se resto troppo identificato con il mondo, la mia ricerca spirituale
richiederà diversi anni – forse, diverse vite; difatti, devo essere
completamente distaccato per entrare nella via. Quando, però,
la mente diviene tranquilla si manifesta un’altra dimensione.
Non siamo più come eravamo prima. Raggiungiamo un altro livello.
Come diceva san Giovanni della Croce, noi giungiamo a sentire le parole
di Dio. Tutto diviene chiaro. Le nostre azioni assumono
una dimensione differente; non sono più nostre, le azioni.
Io parlo, e voi mi ascoltate. Lì, non esistono degli “io” che parlano
e degli “io” che ascoltano. I grandi maestri non affermano
mai:”Io faccio qualcosa”. E noi ritroviamo il medesimo
concetto nella Bhagavad Gita. Per i saggi le azioni sono
compiute attraverso i sensi; il legame tra il sè ed i sensi viene tagliato.
Il saggio non si riconosce come un testimone di ciò che accade attorno a
lui. E voi resterete sempre sorpresi di vederlo così felice, sempre contento,
mentre si esprime con una facilità del tutto straordinaria. Nulla riesce a
disturbarlo. Si produce un radicale cambiamento quando un individuo
raggiunge una diversa dimensione nella vita. Ecco, cosa noi intendiamo
come vita spirituale.Se noi conquistiamo questo silenzio, evitando
le conversazioni inutili, riflettendo molto, ricordandoci costantemente
dell’ideale scelto, la nostra vita cambierà. E per questo scopo possiamo
utilizzare tutto ciò che ci si presenta, qualunque sia il nostro modo di
vivere. A questo punto potrete domandarmi:” Debbo, dunque, abbandonare
il mio modo di vita attuale ed entrare in una caverna, divenendo
un eremita?” No, non intendo dire questo, poichè bisogna subire
una preparazione molto lunga prima di sopportare la vita eremitica.
dovete, semplicemente, praticare il silenzio nella vita ordinaria,
nell’ambiente che rappresenta la vostra attuale quotidianità;
tacere quando vi rendete conto che non avete nulla da dire.
Se vi viene il desiderio, prendetevi un attimo di riflessione.
Domandatevi se è veramente necessario farlo. Non parlerete,
allora, se non dopo avere riflettuto; ma, a quel punto, forse tacerete.
Ecco, un modo per cominciare a controllare la vostra mente.
Il primo passo verso il dominio della mente è di evitare ogni conversazione
inutile. Con il controllo della parola giunge quello della mente. Quando una persona
comincia a vivere da sola in una caverna, non cerca di sapere ciò che
succede fuori; non si incuriosce per i rumori della strada; non ha alcun desiderio di
gustare alimenti vari. Tutti i suoi sensi debbono venire dominati. Se riceve
un’esperienza spirituale, può ben pensare di essere benedetta.
Ed è benedetta perchè nulla può più attirarla.
Vive già in un’altra dimensione; l’attuale vostra realtà le sembra poca
cosa in paragone alla sua, ed essa può utilizzare l’intera propria energia senza dovere
ricercare i divertimenti, i piaceri. Essa è felice senza essere costretta a seguire i piaceri del
mondo.Con il controllo della parola giunge quello della mente. Tramite il
controllo della mente si raggiunge lo scopo. Ci viene raccomandato di associarci a persone che
vivono una vita spirituale. Vedendole, parlando con esse, la nostra aspirazione si
fa sempre più chiara; la vita spirituale ci attira di più in più, mentre diminuisce il
nostro attaccamento per la vita materiale.
Quando un uomo si è completamente distaccato, non sarà mai più imprigionato
da questa vita. Quando si è liberi dall’illusione la padronanza della
verità diviene più stabile. E quando si è ben saldi in essa, si raggiunge lo stato di jivan
mukta: lo stato di liberazione in questa medesima vita.
E’ l’ideale del silenzio, secondo Sri Aurobindo. Un mentale tranquillo non
significa che esso sia senza pensieri, che la sua attività risulti sospesa; ma, tutte
queste funzioni resteranno alla superficie. Percepirete sempre di essere lo spirito, e non
un individuo umano. Vi trasformate in testimone; la vita ordinaria cessa di avere qualunque
presa su di voi. Potete osservare, giudicare e respingere quanto vi sembra senza valore,
mentre conserverete quel che vi sembra buono. Ecco, la vera coscienza, e la vera esperienza
spirituale.
Sri Aurobindo parla anche del grande valore del silenzio. Non si tratta di
un mezzo negativo, e neppure di un ostacolo. Anche se il più alto ideale spirituale è la
comunione con Dio,il controllo delle parole e quello della mente sono molto utili nella vita
ordinaria. E se continuerete a persistere in questa pratica, raggiungendo una grande
maestria in essa,sarete capaci di controllare il mentale e di ottenere lo scopo della vita.
Ramana Maharshi non ha mai tenuto conferenze; ma, restava sempre
silenzioso come il grande maestro Dakshinamurti. Le persone si sentivano
sempre bene in sua presenza. Vi trovavano la pace dello spirito.
Ed egli non la faceva regnare con la parola, ma con la sua stessa
tranquillità. Era come l’oceano, nel quale si disperde il rapido fiume.
Questo, provavano tutti coloro che andavano a visitarlo.
CENTRO VEDANTICO RAMAKRISHNA – 1999
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