Il Sistema occulto (parte 2)

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Il Sistema occulto (parte 2)

di: Alessio Mannucci – ecplanet.net

SCIENZA, MAGIA E RIVOLUZIONE

“Phrushevsky ! I successi più alti della scienza renderanno questa capace di far risorgere i corpi
decomposti degli uomini ? No – disse Prushevsky. Stai mentendo – obbiettò Zhachev. Il marxismo può
fare tutto. Perché credi che Lenin giaccia a Mosca perfettamente intatto ? Attende la scienza, vuole
risorgere dai morti”.

Questo passo significativo tratto da “Kotlovan”, un romanzo dell’ingegnere e scrittore cosmista
Andrei Platonov (1899/1951), rivela uno dei nuclei programmatici principali del cosmismo:
l’abolizione della morte. Un progetto piuttosto ambizioso ma, tutto sommato, perfettamente coerente
con le ossessioni escatologiche del credo leninista che aveva incontrovertibilmente sentenziato: “La
dottrina di Marx è onnipotente perché è vera”.

Il termine “cosmismo”, come caratterizzazione di una tradizione nazionale di pensiero affine per
molti versi al movimento New Age americano, compare nei primi anni ’70, ma espressioni più generiche
come “pensiero cosmico”, “coscienza cosmica”, “storia cosmica”, “filosofia cosmica”, risalgono al
misticismo e all’occultismo russo del diciannovesimo secolo. Già con le riforme dello zar Pietro I,
furono introdotti, con l’Illuminismo, nuovi modelli filosofici e culturali di matrice occidentale.
Fra le nuove suggestioni importate da Ovest, si radica in Russia anche la Frammassoneria e,
all’interno di questa, si propagano le molte logge che praticano e diffondono l’occultismo. A questi
elementi “esogeni” si intreccia sempre più strettamente l’antica tradizione della Kabbala ebraica
che va a sostenere e rafforzare l’ideale cristiano ortodosso della “sobornost”, la molteplicità
nell’unità e l’unione fra micro e macrocosmo.

Dal regno di Caterina la Grande in poi, l’aristocrazia e l’intellighentsia russe vengono permeate
largamente da dottrine come il Rosicrucianesimo e il Martinismo. Massone sarà anche Aleksandr
Pushkin, il poeta nazionale romantico russo. Dal 1850, dopo il boom nei paesi anglosassoni, anche lo
spiritismo si diffonde rapidamente nell’Impero dello zar. Da prima limitato a piccoli gruppi legati
al salotto del conte Kushelev-Bezborodko – amico personale del medium Daniel Dunglas Home, che in
seguito sposerà la cognata dell’aristocratico (il matrimonio si celebrò a Pietroburgo, testimone del
medium era il celeberrimo scrittore francese Alexandre Dumas) – lo spiritismo coinvolse oltre a
molti membri della famiglia dello zar Alessandro II anche i fratelli Tolstoi e il teologo e filosofo
Vladimir Soloviev.

Proprio ispirandosi alle speculazioni di Soloviev, oltre che a innumerevoli altre influenze come il
buddismo, il neoplatonismo, le teorie di Boehme e di Swedemborg, l’eccentrica espatriata russa
Helena Petrovna Blavatsky fondò la Società Teosofica, uno dei più importanti movimenti occulti del
mondo moderno. La Teosofia non ebbe una sede ufficiale in Russia fino al 1908 (a Pietroburgo), ma
era ben nota e operante nel paese fino dal 1880, nonostante la forte opposizione della Chiesa.
Teosofi, almeno per un certo periodo della loro vita, furono, fra gli altri, gli scrittori e
filosofi P.D. Ouspensky – in seguito portavoce di un altro grande ierofante russo di origine
greco-armena, G.I. Gurdjieff – e Nicolai Berdiaev, seguace neognostico della Sophia; il compositore
Alexandr Scriabin e il pittore Vasily Kandinsky che, con il suo basilare testo “Lo Spirituale
nell’Arte”, ribadì l’innegabile relazione fra avanguardie artistiche e congreghe esoteriche.

Con l’assassinio dello zar Alessandro II nel 1881 e con la diffusione dell’ideologia rivoluzionaria
dei nichilisti, si allargò anche la fascinazione per la magia nera e il demoniaco, che si inserì nel
fiorente contesto del Simbolismo e del Decadentismo russo. Importando i modelli maledetti dei
decadenti francesi – dai “Fiori del Male” di Baudelaire a “Una Stagione allìInferno” di Rimbaud,
dalle “Diaboliche” di Barbey d’Aurevilly al “Là-Bas” di Huysmans – aggiungendovi le suggestioni dei
testi magici ed occultistici di Eliphas Levi, Papus e De Guaita, i Simbolisti russi produssero una
letteratura densa di suggestioni arcane e di motivi faustiani.

Fra i molti autori si sono distinti: Dmitry Merezhkovsky, membro del gruppo dei “Bogoiskateli”, o
“cercatori di Dio”, tra i fondatori della Società Religioso-Filosofica, la cui trilogia “Cristo e
Anticristo”, pervasa di manicheismo, è piena di riferimenti ai sistemi occulti e alla magia nera;
Aleksandr Blok, che attingeva ad elementi demoniaci per incitare una rivolta dell’ordine sociale;
Andrei Bely, che amava scandalizzare i borghesi con ostentazioni “porno-sataniche”; Vasily Rozanov,
affascinato dall’Egitto e dalla magia sessuale; Viacheslav Ivanov, sostenitore dell’ardita tesi che
“senza opposizione alla Divinità non può esistere alcuna vita mistica”;

Valery Briusov è l’autore de “L’Angelo di Fuoco”, grande romanzo sulla magia e la stregoneria,
ambientato nella Germania del ‘500, che nel tempestoso e tragico amore fra il lanzichenecco
Ruprecht, reduce dal Sacco di Roma, e la strega Renata, adombra il menage a trois condotto dallo
scrittore con la poetessa diciannovenne Nina Petrovskaia e con il già citato Andrei Bely, una
relazione fatta di rituali magici, fissazioni ossessive, dedizione alla morfina e patti suicidi. La
Petrovskaia, dopo sette anni lascerà Briusov fuggendo a Parigi, dove si convertirà al cattolicesimo,
prendendo il nome di Renata, e infine si suiciderà. Il fascino sulfureo dell’Angelo Nero ha ispirato
anche “La Notte sul Monte Calvo” di Musorgsky, “L’Angelo di Fuoco” di Prokofiev e la “Sonata n. 9”
(detta “La Messa Nera”) di Scriabin.

Tra le figure “nere” che contribuirono a diffondere il satanismo tra l’aristocrazia pietroburghese,
vi fu Maria de Naglowska, cresciuta in quell’ambiente culturale decadente che, dopo aver avuto
contatti con la setta dei chlisty (i flagellanti, da chlyst = frusta, gruppo mistico-messianico che
praticava riti sessuali orgiastici, ndr), avrebbe portato con sé nel suo esilio occidentale (prima a
Roma, dove frequentò Julius Evola, poi a Parigi) un culto luciferino basato sulla magia sessuale.

Negli stessi anni, la corte dello zar subì forti influssi da parte di personaggi legati al mondo
dell’occulto come Maitre Philippe de Lyon e Gerard Encausse, in arte Papus, che si stabilirono a
Pietroburgo dove fondarono logge martiniste ottenendo grande considerazione da parte di Nicola II e
della zarina.

Papus aprì la strada a colui che sarebbe divenuto per molti anni il vero e proprio consigliere della
famiglia reale: lo “staretz” (santone, monaco errante) siberiano Grigorij Efimovic Rasputin.
L’eccezionale influenza del “monaco nero” sull’isterica zarina e sull’irresoluto zar, gli derivava
dalla riconoscenza che i due regnanti gli serbavano per le effettive facoltà taumaturgiche
esercitate per curare le crisi di emofilia dello Zarevich Alessio. Nato in Siberia da una famiglia
di umilissimi contadini, nei vari ritratti fatti dagli storici viene indicato come avventuriero,
monaco, guaritore taumaturgico, ipnotizzatore, telepatia, crapulone. Una personalità definita dagli
scienziati “isterica, mistica, traboccante sensualità, dall’immaginazione sovreccitata, in balia
perenne di emozioni violente e bruschi cambiamenti d’umore”. Se Rasputin non fosse stato assassinato
da un gruppo di aristocratici invidiosi – questa è l’ardita ma non impossibile teoria di alcuni
storici – avrebbe probabilmente ottenuto il ritiro della Russia dall’impegno bellico a fianco delle
Potenze Alleate (esisteva un preciso progetto in proposito), evitando così le condizioni per lo
scoppio della Rivoluzione del 1917 e risparmiando ai Romanov il loro tragico destino.

Anche dopo la Rivoluzione Bolscevica, la Russia Sovietica non viene meno alle sue tradizioni
esoteriche e spiritualistiche, nonostante il preteso materialismo storico del marxismo ed il
dichiarato ateismo dei nuovi governanti. Molti uomini di cultura, artisti ed intellettuali
esteriormente bolscevichi nascondono in realtà altri interessi: il grande regista Sergei Eisenstein
era profondamente e attivamente coinvolto nello studio dell’alchimia e della tradizione rosicruciana
e gnostica; lo scrittore Vsevolod Ivanov, cantore della Guerra Civile in Siberia, sosteneva di
preferire alle sue opere militanti il suo romanzo semiautobiografico “Avventure di un Fakiro”,
infarcito di magia, ipnosi, misticismo orientale e sistemi di pensiero esoterici; il grande Michail
Bulgakov (1891/1940), che ne “La Guardia Bianca” si era permesso di guardare con affetto e nostalgia
agli uomini del vecchio regime, percorreva temi faustiani e demonologici – nel suo capolavoro “Il
Maestro e Margherita” e ne “La Diavoleide” – oltre a inserire in tutte le sue opere enigmatici
riferimenti ai codici numerologici e alla gematria cabalistica. Perfino il Realismo Socialista di
Maxim Gorky (1868/1936), era debitore per molti aspetti di una sorta di occultismo positivista
basato su studi moderni sul trasferimento del pensiero, sulla suggestione ipnotica, sulla teoria
delle emanazioni energetiche psicofisiche e sulla parapsicologia.

IL PROGETTO

Un pamphlet marxista scritto prima del 1917 e più tardi ristampato dal governo sovietico dichiarava
che “l’uomo è destinato a prendere possesso dell’universo ed estendere la sua specie fino alle più
distanti regioni cosmiche, e a diventare immortale” (James Webb, “The Occult System”). Su questa
linea di pensiero, il cosmismo, che il filosofo sovietico Vladimir Filatov descrisse come un esempio
di “scienza alternativa”, sottolinea la fede nell’onnipotenza della scienza e della tecnologia,
radicata nell’idea del potere magico della conoscenza (occulta). Non troppo lontane dalla tradizione
gnostica sono poi altre concezioni cosmiste, quali quelle dell’autoperfezionamento e
dell’autodeificazione, della realizzazione dell’immortalità e della resurrezione dei morti. La fede
e la pratica della scienza come mezzo per rivelare tutto ciò che è nascosto, governando le
onnipotenti energie psichiche, nervose e cosmiche, rappresenta per il cosmista una sorta di gnosi
secolarizzata, sintesi del positivismo evoluzionista e del messianismo escatologico occultista: una
visione olistica e antropocentrica dell’universo che vede l’uomo come fattore decisivo
nell’evoluzione del cosmo.

Anatoly Lunacharsky, il primo Commissario dell’Illuminazione del nuovo stato sovietico, si dedicò a
propagandare un marxismo mistico considerando la lotta per trasformare la natura attraverso il
lavoro in una forma di devozione religiosa verso lo spirito collettivo dell’umanità (l’Uomo Totale),
adorato una divinità. L’uomo, per i cosmisti, è autoconsapevolezza cosmica collettiva che deve
favorire la transizione del mondo dalla “biosfera” (la sfera della materia vivente) alla “noosfera”
(la sfera della ragione), sconfiggendo malattia e morte e dando origine finalmente ad una razza
umana immortale. Come sostiene Alexandr Dugin – ideologo dell’estrema destra russa e preteso
metafisico e cospirologo – nel suo saggio “Le Complot Idéologique du Cosmisme Russe” – la prima
apparizione delle dottrine cosmiste risale alla seconda metà del diciannovesimo secolo, quando lo
spiritismo e le dottrine neo-spiritualiste venute dai paesi anglosassoni si diffusero presso
l’intellighentsia russa influenzando soprattutto i pensatori positivisti.

Il vero e proprio padre del Cosmismo è Nikolai Fedorovic Fedorov, autore che influenzò profondamente
la filosofia sottesa alle grandi opere di Dostoevsky, Tolstoi, Soloviev ed a quelle meno grandi
dello scrittore “proletario” Gorky. Pensatore enigmatico, come lo definì Bulgakov, Fedorov lavorò
nella biblioteca di un importante museo moscovita, dove la sua eccentricità e la sua erudizione
erano leggendarie. Viveva asceticamente in una cameretta grande come una cella, dormendo su una
panca, indossando gli stessi abiti in inverno e in estate, mangiando pochissimo, rifiutando le
promozioni e donando il suo magro salario ai poveri. Venne soprannominato “il Socrate di Mosca”
perché non aveva voluto pubblicare quasi niente, in vita, preferendo la diffusione orale delle sue
idee presso ristrette ma devote cerchie di seguaci.

I tratti generali della dottrina di Fedorov si possono ricavare dalla sua opera principale, “La
Filosofia della Causa Comune”, pubblicata dopo la sua morte da due discepoli e distribuita
gratuitamente a chiunque ne facesse richiesta. I punti principali sono i seguenti: La Morte è il
Male Assoluto. Essa deve essere vinta per l’evoluzione generale dell’umanità. La resurrezione sarà
operata non da Dio ma dall’Uomo: l’ “Uomo Nuovo” teurgico. La resurrezione sarà compiuta per mezzo
di processi scientifici e psichici. Tutta l’Umanità dovrà partecipare a questo Atto Supremo. L’Uomo
Nuovo dovrà acquisire potere assoluto sulla Natura, controllando anche i fenomeni atmosferici. Il
Tempio come spazio del Sacro per eccellenza dovrà trasformarsi in Museo (ove Sacro e Scienza saranno
alleati). L’evoluzione dell’Umanità ha raggiunto il suo acme. Gli uomini dovranno iniziare l’opera
di resurrezione dei propri antenati qui e ora. La Cristianità dovrà allearsi con l’Arianità per
creare una Umanità Nuova, unita, teurgica, comunitaria. La Causa Comune è la lotta scientifica,
sociale, economica, culturale, psicologica, spirituale, industriale, cosmica contro la Morte, per la
Vita Assoluta e Infinita.

Fedorov chiama la strategia di questa lotta “Il Progetto” e se ne considera il profeta (ne avrebbe
ricevuto l’Illuminazione nel 1851). Dal suo posto di bibliotecario presso una delle istituzioni
culturali più importanti della Russia, Fedorov intrattenne contatti con tutti i maggiori
intellettuali del suo tempo: i socialdemocratici, i socialisti rivoluzionari e infine i bolscevichi
videro nel Progetto il sinonimo della Rivoluzione Mondiale. La forte tendenza dualistica che Fedorov
aveva ripreso dallo zoroastrismo – l’antica religione iranica da lui considerata l’anticipatrice del
cristianesimo ed ammirata per la netta contrapposizione fra bene e male, luce e tenebra, e
l’enfatizzazione dell’idea di immortalità e risurrezione – ben si sposava con la dialettica marxista
tra proletariato e borghesia. Fedorov insegnava che la conoscenza astratta, separata dall’azione,
trasforma «l’albero della conoscenza» in «albero della Croce»; essa ricrocifigge l’atto incarnato
che è il Cristo, perché l’Incarnazione — la Parola fatta carne — ristabilisce prima di tutto l’unità
del pensiero e dell’azione, dal momento che il Cristo dice: «Io sono la Vita, la Via e la Verità».
La separazione fra la coscienza e l’azione conduce la casta dei dotti, dei tecnici e dei politici a
separare l’essere dal dover-essere e dimentica lo scopo finale della vita. L’ordine sociale
condizionato dall’egoismo di fondo di tutti, dalla dimenticanza evidente del « fratello », si
perverte in ordine zoomorfo.

L’atteggiamento di Fedorov è aperto al massimo grado, attivo e creatore. Il Vangelo per lui non è
solo la Buona Novella, è anche un “progetto”, un programma d’azione che fa della Storia il campo
sterminato di un combattimento per la dignità ultima dell’uomo. Il suo tema è così escatologico: il
destino dell’umanità è condizionato dal se della sua libertà in un senso o nell’altro. La
comprensione fedoroviana dell’Apocalisse è assai originale: le profezie più cupe del Vangelo e
dell’Apocalisse si realizzeranno se l’uomo non collabora al progetto di Dio, alla venuta del suo
Regno sulla terra. “Se il terribile Giudizio si verifica, è proprio per il fatto che avrebbe potuto
non esserci” (Citazione da “Cristo nel pensiero russo” di Paul Evdokimov, Città Nuova Editrice).

Dugin segnala anche una singolare analogia fra il cosmismo di Fedorov e le concezioni di tipo
cosmista in Occidente: seguendo René Guénon, nota che il termine “dottrina cosmica” viene usato in
Occidente dalla Hermetic Brotherhood of Luxor – gruppo esoterico che sta alla base di tutti i
movimenti spiritualisti moderni, dalla Società Teosofica fino ai seguaci di Aurobindo (Joscelyn
Godwin, Christian Chanel, John P. Deveney, “The Hermetic Brotherhood of Luxor: Initiatic and
Historical Documents of an Order of Practical Occultism”, York Beach, Samuel Weiser, 1995) – e
rileva notevoli affinità filosofiche – il panteismo, l’evoluzionismo, lo scientismo, il paranormale
– tra le due concezioni. Esiste anche un luogo geografico di incontro tra le tendenze occultistiche
di scuola occidentale e quelle cosmiste: la città di Kaluga, contemporaneamente centro storico di
diffusione della Società Teosofica in Russia e capitale del pensiero cosmista. L’influenza di
Fedorov ha segnato profondamente anche importanti ideologi del bolscevismo come Aleksandr Bogdanov e
Anatoly Lunacharsky.

Bogdanov, autore dei “Saggi di Scienza dell’Organizzazione”, considerati un’anticipazione della
teoria dei sistemi, e de “La Scienza della Coscienza Sociale”, considerato da Lenin il “cervello
numero uno” del Partito Bolscevico, fondatore, già prima della Rivoluzione di Ottobre, del
Proletkult (Cultura Proletaria), organizzazione esterna al partito volta alla liberazione culturale
e spirituale del proletariato, era un membro del movimento intellettuale bolscevico dei
“bogostroitely”, o “costruttori di Dio” (un surrogato di religione marxista basato su
un’interpretazione para-occultista dell’empiriocriticismo e dell’energetismo). I costruttori di Dio
credevano nell’umanità collettivizzata, considerata un dio vivente; il loro energetismo, derivato da
una singolare interpretazione del dionisismo, attribuiva alle masse la capacità di canalizzare
energia e passione. Questa energia comune delle masse assicurava un’immortalità collettiva piuttosto
che personale, giustificando l’auto-sacrificio per il bene della Rivoluzione.

Bogdanov identifica nella società comunista quella Vita Cosmica Assoluta che avrebbe segnato la
vittoria sociale sulla morte. Il comunismo utopico, teurgico e magico di Bogdanov esalta la sostanza
vitale (per questo Lenin lo accusò di “approccio borghese e idealista”). Bogdanov era convinto che
la nuova scienza proletaria avrebbe vinto la morte poco dopo la realizzazione della Rivoluzione
Bolscevica; arriva a glorificare Satana come “dio del proletariato” e scrive vari romanzi
fantascientifici. Il più noto s’intitola “La Stella Rossa”: vi si descrive l’instaurazione del
comunismo su Marte – pianeta che cabalisti e gnostici hanno identificato con Samael, figura analoga
a Satana – e la ripartizione e condivisione in porzioni uguali fra tutti gli abitanti, del sangue di
tutta l’umanità, bene comune e sostanza della vita, essenza materiale dell’essere. Per mezzo di
questa continua comunione attraverso il sangue, i “marziani” hanno sconfitto la morte “la più grande
nemica del comunismo” (il racconto ricorda le storie di vampiri e quelle di Lovecraft). Lo stesso
Bogdanov, ossessionato dall’idea che il sangue potesse produrre la resurrezione dei morti, fondò e
diresse a Mosca un Istituto per la Trasfusione del Sangue, e morì in seguito ad un esperimento di
trasfusione sanguigna.

“Compagni e cittadini, non sprecate fiato seguendo il corso impoverito della noia universale. Il
potere della scienza si staglia come una torre e la Babilonia degli antichi con le sue lucertole e
siccità sarà distrutta dalla mano esperta dell’uomo. Non siamo stati noi ad aver creato l’infelice
mondo di Dio, ma noi finiremo di costruirlo…La ragione del comunista non dorme e nessuno
disimpegnerà la propria mano. Al contrario egli soggiogherà tutt’intera la terra all’influsso della
scienza” (“The Occult in Russian and Soviet Culture”).

Un altro cosmista bolscevico fu Andrei Platonov che, sviluppando le idee di Fedorov sul controllo
assoluto dell’uomo sulla Natura, proponeva di fare esplodere le montagne del Pamir per fare strada
ai venti del sud in modo che potessero sciogliere i ghiacci eterni della tundra del nord
trasformando quel territorio immenso in una terra fertile. Calcolò precisamente la quantità di
dinamite necessaria per realizzare l’opera, inoltre teorizzò la possibilità di una colonizzazione
comunista del sottosuolo terrestre e, non contento, elaborò una dottrina mistica del “vuoto
dell’anima proletaria” affine al sunnyata buddhista. Tracce del credo cosmista sono presenti anche
in Lev Trotsky, che in “Materialismo Dialettico e Scienza” (1925) diapana un’ellittica analisi
oroscopica della nascita del marxismo e delle rivoluzioni del 1848, collegandole entrambe alla
scoperta di Nettuno sull’orbita di Urano. Urano è il pianeta della rivoluzione e Nettuno è associato
con gli ideali e le ispirazioni nate dall’inconscio.

Tutti i tentativi pratici dei cosmisti per realizzare le loro teorie furono però fallimentari:
l’ambizioso progetto della resurrezione dei morti (se si deve prestare fede ad alcuni resoconti) non
andò mai oltre la rianimazione di pesci e anfibi congelati, anche se l’ottimismo fu abbastanza forte
da motivare l’imbalsamazione del corpo di Lenin per preservarlo in vista di un futuro ritorno alla
vita. “La tomba di Lenin ebbe forma di cubo piuttosto che di piramide perché il cubo significava la
quarta dimensione della vita, che, secondo i teosofi, sopravviveva alla disintegrazione del corpo.
Kazimir Malevich, l’artista che propose la forma cubica, riteneva che la quarta dimensione
permettesse di sfuggire alla morte. Lenin, dichiarò, era stato risuscitato dalla materia soggetta al
tempo e si trovava ora nel mondo dell’arte e della religione vere, il ‘regno super-materiale dello
spirito ideale’. Perciò Lenin doveva essere deposto in un cubo, il simbolo dell’eternità. Per
Malevich, il cubo, significando la metamorfosi, significava non solo l’immortalità di Lenin ma una
cultura interamente nuova. Davvero il cubo avrebbe creato questa cultura muovendo attraverso lo
spazio, perché possedeva proprietà teurgiche. Il cubo, possiamo aggiungere, esprimeva il prometeismo
e l’orientamento verso il futuro dei bolscevichi molto meglio della piramide, che rimandava alla
remota antichità ed era stata costruita grazie al lavoro di schiavi…La formula triadica di
Majakovskij ‘Lenin è vissuto ! Lenin vive ! Lenin vivrà ! “divenne un mantra del culto” (“The Occult
in Russian and Soviet Culture”).

Non si trattava di creare solo un culto di stato: anche Stalin e poi Dimitrov – capo del Partito
Comunista Bulgaro Gottwald – capo del Partito Comunista Ceco – e, in tempi più recenti, Ho Chi Minh
e perfino Neto, capo della Repubblica Popolare d’Angola, furono tutti mummificati nel Mausoleo
Lenin. Secondo le teorie di Nikolai Setnitsky, bisognava abbandonare la pratica moderna della
cremazione o della sepoltura fuori città e tornare a forme più tradizionali che preservassero il
cadavere in attesa della resurrezione. Setnitsky proponeva la creazione di un “cimitero mondiale”
(mirovoi nekropol) situato nelle regioni gelate dell’estremo nord. Ci si accontentò del solo
Mausoleo Lenin, presso il Kremlino, riservato alla nomenklatura del partito (Il’ja Zbarskij – Samuel
Hutchinson, “All’Ombra del Mausoleo: La Storia dell’Uomo che Imbalsamò Lenin”, Milano, Bompiani,
1999).
I maggiori scienziati cosmisti furono K. Ziolkovsky, padre dell’aereonautica e della cosmonautica
russe, e Vladimir Vernadsky, celebre geo-chimico. Ziolkovsky sfiorò i temi dell’ufologia e tentò di
elaborare apparecchi per comunicare con creature extraterresti; fondò l’ “hylosoismo” – una
disciplina che intendeva rivelare l’intelligenza innata della materia – e partecipò attivamente al
movimento spiritico, avendo visioni incessanti di “entità di mondi paralleli”. Molte sue idee
insolite, soprattutto quella che concepiva tutta la materia come vivente – concezione rigettata
dalla scienza sovietica ufficiale staliniana negli anni ’30 – si radicarono profondamente fra gli
studiosi che si occupavano di aereonautica e fra gli stessi cosmonauti. Perfino Yuri Gagarin – il
primo uomo lanciato nello spazio – nel corso del suo volo intorno alla terra, trasmise, con grande
scandalo, un saluto simbolico a Nikolai Kostantinovic Rerikh, pittore e occultista russo, le cui
opere erano strettamente proibite al pubblico sovietico e che risiedeva all’epoca presso l’Hymalaya
(Rerikh era teosofo e membro dell’A.M.O.R.C., un’organizzazione neorosicruciana, studioso di yoga e
vicino alla sensibilità cosmista).

È assai improbabile, conoscendo le dinamiche del sistema totalitario sovietico, che Gagarin avesse
compiuto quel gesto di omaggio di sua iniziativa: i suoi superiori, gli scienziati che si occupavano
della cosmonautica russa, erano ben coscienti della loro missione “cosmista”, escatologica e
mistica. Ancor oggi, nella città nativa di Gagarin, circola la voce che egli non sia mai morto e
molti aspettano il suo ritorno (da una prigione segreta o da un manicomio dove lo avrebbero
rinchiuso i suoi nemici), a conferma di come la figura dell’astronauta sia entrata a pieno titolo
nel mito cosmista.

Il geo-chimico Vernadsky, invece, è considerato uno dei più grandi scienziati sovietici: le sue idee
hanno influenzato la chimica, l’ingegneria, la filosofia e soprattutto la fisica atomica; il suo
concetto di “noosfera” è passato fra le nozioni degli ecologisti contemporanei oltre che nel
pensiero di importanti filosofi occidentali come il discepolo di Henri Bergson, Edouard Le Roy, e
soprattutto il gesuita “eretico” Theillard de Chardin. Anche Vernadsky condivise i miraggi di
Fedorov sul Progetto e sulla Causa Comune, fantasticò di prossimi contatti con entità cosmiche
extraterrestri nella futura epoca “noosferica” e, come molti altri cosmisti, morì pazzo.

Nell’apparente sistema ateo e materialista della Russia sovietica, il cosmismo è stato l’ideologia
semi-segreta della scienza comunista: la più o meno occulta dimestichezza con discipline eterodosse
come la parapsicologia, la radioestesia, l’ipnosi, l’ufologia, ecc. ha caratterizzato sempre le
ricerche di un gran numero di studiosi e intellettuali inseriti nelle strutture di partito e spesso
in precario equilibrio fra allucinazione e raziocinio.

“Nell’attualizzare l’antico mito di Prometeo, Marx non è forse stato l’officiante di un mito saturo
? Sebbene possa suonare stonato per i propugnatori del disincantamento del mondo ammettere che la
peculiarità di una dottrina risieda essenzialmente nel suo potenziale simbolico, può avere qualche
interesse domandarsi come mai l’edificio teorico marxiano abbia potuto, con qualche sorta di
irrazionalità, motivare le masse moltiplicando a profusione le pratiche parareligiose indotte dalla
teoria: pellegrinaggio a Mosca, culto della personalità di Stalin, riferimento incessante alle sacre
scritture di Marx, Engels, Lenin, e alle esegesi dei padri conciliari (Plechanov, Bucharin,
Riazanov, ecc.), sfilate grandiose, consegne di decorazioni, battesimi di città e di fabbriche,
protocollo ieratico dei grandi capi del Cremlino… Può sembrare a prima vista contraddittorio, ma
tutto sommato evidente, il fatto che una politica antireligiosa abbia potuto produrre un culto del
partito… L’entrata nel Partito suppone l’adozione di una visione del mondo totalizzante con una
speranza escatologica di trionfo del proletariato” (Claude Rivière, “Liturgie Politiche”, Como, Red
Edizioni, 1998).

Data articolo: febbraio 2007

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