16 marzo 2016
La meditazione mindfulness può ridurre il dolore ma senza coinvolgere la produzione naturale degli
oppioidi, che è invece alla base dell’effetto analgesico di ipnosi e agopuntura. La scoperta
potrebbe aprire nuove prospettive terapeutiche per il trattamento del dolore cronico, soprattutto
per i soggetti che hanno sviluppato un’assuefazione ai farmaci oppiacei (red)
da lescienze.it
Ipnosi, agopuntura e anche la somministrazione di un placebo possono essere efficaci nel ridurre il
dolore, agendo sulla capacità dell’organismo di produrre naturalmente oppioidi.
In un articolo pubblicato sul Journal of Neuroscience, un gruppo di ricercatori del Wake Forest
Baptist Medical Center guidato da Fadel Zeidan, dimostra che anche la meditazione mindfulness, una
pratica sviluppata alla fine degli anni settanta negli Stati Uniti sulla base degli insegnamenti del
buddismo zen, è efficace nel ridurre il dolore, ma senza coinvolgere gli oppioidi.
La nostra scoperta è sorprendente, e potrebbe essere importante per milioni di persone che soffrono
di dolore cronico e che stanno cercando una terapia analgesica di rapida azione e non basata sugli
oppioidi, ha spiegato Zeidan commentando il risultato.
Nello studio, 78 soggetti sani e non affetti da dolore cronico sono stati suddivisi in quattro
gruppi, che hanno poi seguito per alcuni giorni quattro diverse terapie: meditazione associata a
naloxone, un farmaco che blocca gli effetti analgesici degli oppioidi, solo naloxone, meditazione
più placebo e infine solo placebo. Gli stessi soggetti dovevano poi dare un punteggio al dolore
percepito quando gli autori riscaldavano un’area della loro pelle fino a 49 gradi centigradi
utilizzando una sonda termica.
Dall’analisi statistica delle risposte, Zeidan e colleghi hanno riscontrato che i punteggi
risultavano ridotti mediamente del 24 per cento nei pazienti trattati con naloxone che avevano
praticato anche la meditazione e del 21 per cento nei soggetti che avevano praticato la meditazione
in associazione con il placebo. Il risultato dimostra quindi che la meditazione è in grado ridurre
in modo significativo il dolore anche quando i recettori per gli oppioidi sono bloccati
chimicamente, agendo quindi con un meccanismo differente.
Il nostro gruppo ha dimostrato grazie a una serie di studi che la meditazione, dopo un breve
periodo di addestramento, può ridurre la percezione di un dolore prodotto sperimentalmente, ha
spiegato Zeidan. Ora questo risultato dimostra che la meditazione non agisce tramite il sistema
recettori per gli oppioidi; lo studio si aggiunge a un’ampia messe di risultati che dimostrano che
qualcosa di unico avviene quando la meditazione riduce il dolore, il che è particolarmente
significativo per tutti quei pazienti che hanno sviluppato una tolleranza ai farmaci a base di
oppioidi e stanno cercando una via per ridurre il dolore che non esponga al rischio di sviluppare
una dipendenza.
Il prossimo passo dei ricercatori sarà determinare se e come la meditazione possa influenzare
diverse patologie che procurano dolore.
La prospettiva è di utilizzare la meditazione in associazione ad altre terapie tradizionali per
aumentare il sollievo dal dolore evitando il più possibile gli effetti collaterali che sono
associati alle terapie con farmaci oppioidi.
www.jneurosci.org/content/35/46/15307.short?sid=7a16ab92-0fff-4912-a10e-a28f11066b6d
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