Il suono del sapore di sale

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Il suono del sapore di sale

04 febbraio 2013

Lo studio della capacità del nematode C. elegans di percepire ed evitare le concentrazioni troppo
elevate di sale ha svelato il ruolo centrale di un gene il cui omologo umano è ben noto essere
coinvolto nelle forme di sordità in cui le cellule ciliate dell’orecchio non riescono a trasformare
lo stimolo meccanico dei suoni in impulso elettrico. Nel corso dell’evoluzione, quindi, una variante mutata di quel gene sarebbe stata riconvertita a una nuova funzione (red)

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Un singolare legame fra gusto e udito è stato scoperto da un gruppo di ricercatori del MRC
Laboratory of Molecular Biology a Cambridge, in Gran Bretagna e del Korea University College of
Medicine, a Seoul, che lo illustra in un articolo pubblicato su Nature. La capacità di assaporare
il salato dipende infatti dall’espressione di un gene che si sa essere legato alla sordità.

Il sale è essenziale per la sopravvivenza, ma la sua assunzione deve essere strettamente controllata
perché un suo consumo eccessivo può compromettere l’equilibrio ionico nel sangue, portando, per
esempio a un aumento eccessivo della pressione. Non a caso, insieme al dolce, amaro, acido e umami,
quello salato è uno dei cinque sapori di base in grado di essere identificati dai nostri recettori
per il gusto. Eppure le basi molecolari della sensazione di salato erano finora rimaste quasi inesplorate.

A seconda della sua concentrazione, il sale può essere un fattore di attrazione o di repulsione in
molti animali, sia vertebrati che invertebrati. Nel nuovo studio Marios Chatzigeorgiou e colleghi
hanno preso in esame Caenorhabditis elegans, sia perché in questo nematode questo tipo di reazioni è
particolarmente marcato, sia perché rappresenta un modello animale particolarmente adatto allo
studio dello sviluppo dei sistemi neuronali. I ricercatori hanno quindi verificato l’espressione dei
geni nei cosiddetti neuroni ASH, che sono coinvolti nelle reazioni di evitamento di una vasta gamma
di stimoli nocivi prodotto da sostanze o dal tocco dell’estremità anteriore del verme.

Nel corso degli esperimenti, i ricercatori hanno rilevato nelle ciglia sensoriali di questi neuroni
la presenza della proteina TMC-1. Essa appartiene a un’ampia classe di proteine diffuse nelle
cellule sensoriali, ma in particolare è noto che nell’uomo alcune varianti del gene tmc1 (l’omologo
umano del gene tmc-1 di C. elegans) che la codifica sono responsabili di forme di sordità congenita
nelle quali le cilia delle cellule ciliate dell’orecchio non riescono a svolgere il proprio compito
di meccanotrasduzione, ossia di trasformazione dello stimolo meccanico a cui sono sottoposte in segnale elettrico.

Per controllare che proprio questa proteina fosse la prima responsabile della capacità di percepire
le concentrazioni di sale, i ricercatori hanno creato esemplari ingegnerizzati di C. elegans
incapaci di esprimere il gene tmc-1, constatando che non erano in grado di rilevare l’eccesso di
concentrazione di sale, pur restando capaci di rilevare molti stimoli repellenti, come la presenza
di glicerolo, rame e altre sostanze chimiche, e anche di reagire al tocco al naso. Inoltre la
successiva inoculazione della proteina a questi esemplari permetteva loro di riacquisire la sensibilità al sale.

Si può quindi ipotizzare che l’evoluzione della capacità di meccanotrasduzione delle cellule ciliate
dell’orecchio sia legata a una antica mutazione del gene tmc1, mentre alcune forme di sordità a mutazioni che, in un certo senso, lo riportano a una forma ancestrale.

http://www.nature.com/nature/journal/vaop/ncurrent/full/nature11845.html

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