L’analisi dei geni di Beethoven rivela una scarsa predisposizione a muoversi a tempo di musica: un
esempio di come il DNA da solo non spieghi tutto.
14 aprile 2024 – Elisabetta Intini
Era inevitabile che Beethoven diventasse il genio musicale che la Storia ci ha consegnato? Stando ai
suoi geni, probabilmente no. Un’analisi del suo DNA pubblicata su Current Biology ha trovato che
aveva una scarsa predisposizione genetica a tenere il ritmo, una capacità fondamentale per un
compositore. Lo studio apre una riflessione sulla difficoltà di usare il profilo genetico soltanto
per capire se una persona vissuta in passato o un neonato ancora in fasce avesse, o sia destinato ad
avere, un talento in qualche disciplina.
RISPOSTE FACILI. OPPURE NO? Capire in quale misura alcune eccezionali abilità umane siano
influenzate dalla genetica è una sfida che sembrerebbe più semplice da affrontare oggi, con le
moderne tecniche di analisi molecolare che rendono persino possibile analizzare il DNA di persone
scomparse da secoli. Il DNA di Beethoven estratto da uno dei capelli del musicista era stato
sequenziato in uno studio del 2023, che aveva tra l’altro svelato una predisposizione per le
malattie del fegato e un’infezione da epatite B.
Ora un gruppo di ricercatori del Centro medico della Vanderbilt University di Nashville, Tennessee
(USA) ha usato quei dati genetici per indagare la genetica della sua predisposizione alla musica.
BOCCIATO! Il team ha calcolato lo “score poligenico”, ossia un indice che aggrega il potere
predittivo di molte varianti genetiche su una certa caratteristica che si sta studiando, della
capacità di muoversi a tempo di musica, che di recente un ampio studio genetico aveva ricollegato a
specifici loci (posizioni) su 69 diversi geni. Lo score poligenico di Beethoven è stato confrontato
con quello di due diverse popolazioni di migliaia di individui moderni dei quali erano note le doti
musicali.
«Fatto interessante, Beethoven, uno dei musicisti più celebrati nella storia, aveva uno score
poligenico per la musicalità generale insignificante, rispetto ai campioni di popolazione del
Karolinska Institute svedese e del database Vanderbilt’s BioVU», conferma Tara Henechowicz, tra gli
autori dello studio. Per Beethoven l’indice considerato lo colloca al nono percentile nel campione
di popolazione svedese e all’undicesimo per quello statunitense. Essere al nono percentile significa
che il 9% della popolazione ha uno score poligenico inferiore e il 91% superiore.
OLTRE AI GENI C’È DI PIÙ. Questo non significa che le doti musicali di Beethoven non siano state in
ogni caso eccezionali, né che la genetica non abbia un peso nel determinare le abilità in questo
campo. Uno studio passato sui gemelli ha infatti dimostrato che il senso musicale ha
un’ereditabilità media del 42%.
Certo bisognerebbe mettersi d’accordo su che cosa si intenda per abilità musicali. E calcolare
l’importanza di altre variabili, come l’ambiente in cui si cresce, o la dedizione a un’attività.
«Il nostro scopo era usare questo come esempio della problematicità del fare predizioni genetiche su
un individuo vissuto oltre 200 anni fa», commenta Henechowicz. «La discrepanza tra la predizione
basata sul DNA e il genio musicale di Beethoven fornisce un buon insegnamento, perché dimostra che i
test del DNA non possono stabilire se un dato bambino finirà per essere dotato musicalmente».
www.cell.com/current-biology/fulltext/S0960-9822(24)00025-3
www.nature.com/articles/s41562-022-01359-x
www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0149763423002713
da focus.it
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