Il Tao della fisica: ovvero il Danzatore Cosmico

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Il Tao della fisica: ovvero il Danzatore Cosmico

di Benedetti, Prof. Ing. Calogero

L’elemento centrale del libro di Fritjof Capra «Il Tao della Fisica» (Ed.
Originale 1975 – II Edizione attuale Gli Adelphi 1999) è, oltre alla
splendida esposizione della «realtà» del mondo fisico subatomico quantistico
e relativistico (esposizione volutamente condotta in forma solo letteraria e
non matematica), la documentazione di una «dualità» che non può
obiettivamente essere negata fra molteplici recenti conquiste della Fisica
moderna (fino al 1975, data di compilazione originale del libro) ed il
nucleo «sapienziale» della riflessione mistica sviluppatasi in Oriente
(Buddismo, Induismo, Brahmanesimo, Confucianesimo, Zen, Taoismo) nell’arco
di circa 3500 anni (1500 a.C. 2000 d.C.).

La cosa, di per sé strana, può essere compresa osservando che la logica che
è utilizzata in ambedue i settori di pensiero, è la medesima (identità della
logica di base), ed ha per oggetto, in ambedue, l’idea di «Relazione fra gli
esseri» e non quello di «sostanza degli esseri», al punto che le singole
«cose fisiche» sono, nelle due immagini, non entità distinte ma «reti di
relazioni» e queste, per di più, «mutevoli nel tempo» (Dinamica delle
Relazioni).

Essendo analoghe le logiche e gli oggetti di tali logiche, anche le
conclusioni sono allora necessariamente simili (duali, sovrapponibili,
equiparabili, complementari), ed è questo che rende possibile la dualità
osservata da F. Capra(1).

A cercare in Occidente un’analoga caratterizzazione credo che si debba
ricordare quella estremamente sintetica che venne data da Edgard Allan Poe
in «Eureka»: «la materia esiste solo come attrazione e repulsione;
attrazione e repulsione sono la materia»(2).

Quest’idea è in realtà antichissima e fu espressa da Empedocle di Agrigento
nel suo celebre aforisma che «la Madre di tutte le cose è la Guerra
(pòlemos) fra la filìa (Amore, Attrazione) e la nèikos (Repulsione, Odio)».

Ma più compiutamente, nell’ormai lontano 1885, William Kingdon Clifford
(Exeter, England) (non citato neanche Lui da Fritjof Capra) la descriveva in
termini formali anche se non Gli riuscì di darvi una veste logica e
matematica coerente: «Piccole porzioni dello Spazio sono infatti di natura
analoga a piccole corrugazioni di una superficie che in media è piana;
pertanto le ordinarie leggi della Geometria non sono valide in essa.

Questa proprietà di essere curvata o distorta passa continuamente da un
punto all’altro dello Spazio a guisa di un onda. È questa variazione di
curvatura dello Spazio ciò che accade realmente in quel fenomeno che noi
chiamiamo il moto della Materia. Nel Mondo Fisico non accade nient’altro se
non questa variazione»(3).
Appunto dunque una «danza cosmica» di carattere ondulatorio a livello
primordiale subatomico. Consapevole (tramite la sperimentazione delle Alte
Energie) di questa «danza primordiale» che la Fisica odierna ha evidenziato
in forma inconfutabile, Fritjof Capra la rintraccia anche nelle orme
letterarie del pensiero sapienziale e mistico d’Oriente, e propone
l’esistenza di dualità fra le due correnti di pensiero, basandosi, (da buon
fisico sperimentale), sulla constatazione non contraddicibile che esiste di
fatto sovrapponibilità di contenuto e persino di forma fra molte
affermazioni assiomatiche dell’uno e dell’altro ambito, affermazioni da Lui
accuratamente selezionate, documentate e raffrontate.

Ovviamente il misticismo orientale, formatosi a partire da circa un
millennio e mezzo prima di Cristo e fiorito massimamente attorno al primo
millennio dopo Cristo, «nulla sa» delle «verità» della Fisica nucleare
moderna, da cui è totalmente indipendente; ciò nonostante identiche
(equiparabili) sono in ambedue i settori molte conclusioni a riguardo della
«realtà» che si cela dietro al «velo dell’apparenza».

E sulla base di questo dato di fatto Fritjof Capra propone l’esistenza di
una reciproca correlazione duale (o complementarietà come Lui la chiama) che
li rinforza entrambi (o forse è meglio dire che è la Fisica moderna,
sperimentalmente inconfutabile, che rinforza la «sapienza mistica»
orientale, più antica e solo meditativa). Orbene, sembra a me che però a
quest’analisi manchi la presa in conto del «senso del sacro» che pur permea
intensamente il misticismo orientale, e fa «dello Spirito» la sua vera base,
in modo tanto preponderante da avere persino dato luogo all’immagine della
sopravvivenza dell’individuo in cicli molteplici di reincarnazione fino alla
sua «redenzione» nel Tutto e nell’Uno.

Ma nella «dualità» evidenziata da Fritjof Capra è invece espunto questo
atteggiamento orante, la Preghiera, che pur costituisce l’occupazione
prevalente del Monaco Buddista, o Indù, o Tibetano, o Taoista; e Preghiera
è, come si sa, fondamentalmente, colloquio dell’individuo con Dio, è
rapporto del «sé» con un «Tu spirituale».

Invece la parola «Dio» è quasi assente nel libro di Fritjof Capra, od è
ristretta a livello di immagine mitica che solo serve a veicolare una
sapienza che altrimenti non sarebbe stata trasmissibile o che sarebbe andata
perduta; una veste allegorica ma non un’esistenza che non sia solo mentale.
Ma principalmente, a fianco della non-considerazione dell’atteggiamento
orante, viene omessa nel confronto anche la base profonda del misticismo,
che è quella di essere incentrato sulla «compassione» nel senso etimologico
di «soffrire insieme»(cum-patire), del partecipare (Buddha) alla sofferenza
altrui e di condividerla per «amore» (Cristo).

In assenza di tale contenuto e della sua presa in conto si crea quindi uno
iato, una separazione del contenuto sapienziale e del contenuto mistico; e
la «dualità» (o complementarietà delle asserzioni [F. Capra]) con talune
intuizioni della Fisica odierna si rivela, ripeto, essere chiaramente il
risultato dell’identità delle Logiche di base e degli «oggetti-relazioni»
presi in conto nei rispettivi ambiti, ma non è una convalida reciproca delle
loro «verità». Non esiste cioè nessun rinforzo l’un l’altro, nessuna
maggiore «credibilità», nessuna convalida, ma solamente una «tautologia» di
concetti e di conclusioni. In breve: il misticismo orientale (le Religioni
orientali) non sono affatto «rinforzate» dall’identità di svariate loro
asserzioni con altre (analoghe) della Fisica odierna.

La Fede è un ambito distinto dalla Scienza, la quale può solo «rendere
attenti». Perché la Fede (= fedeltà) ancorché si «abbeveri» ampiamente alla
sorgente del conoscere e del sapere, si basa essenzialmente sull’incontro
del «sé» e del «Tu», che è nella sua sostanza un incontro d’amore, un
«darsi», un «appartenersi», di Dio all’Uomo [«suo popolo» nell’Antico
Testamento, «suoi figli» nel Nuovo, («e lo siamo veramente!» – 1 Giov. 3.1)] e dell’Uomo a Dio: «…In quel tempo Egli chiese loro: e voi chi dite che Io
sia? Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E
Gesù: «Beato te Simone, Figlio di Giona, perché né la carne né il sangue (4)
te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei Cieli ( 5) (Matteo 15,
30/20).

————-

– La radice della Fede –

Il «Danzatore cosmico» Shiva è raffigurato nella Religione Indù con quattro
braccia, di cui le prime due accennano il ciclo dell’esistenza e le altre
due i contenuti di una millenaria meditazione sapienziale:

– il nascere (prima mano destra alzata);

– il morire (corrispondente mano sinistra abbassata);

– il non dovere però temere (2ª mano destra in posizione di Alt);

– ma piuttosto liberarsi dell’effimero (2ª mano sinistra abbassata
verso il piede che si disincaglia dal dèmone dell’effimero che viene al
contempo calpestato con l’altro piede).

Shiva in quanto tale è un idolo poiché (costituzione del legame idolatra) in
esso si affida la salvezza dell’uomo ad un elemento terrestre (la
meditazione sapienziale) che viene quindi «adorato». Ed è anche un’allegoria
( 6) cioè un’immagine (letteraria, scultorea, ecc.) cui si affida il
trasferimento cognitivo di un’idea astratta (ad es allegorie come la Statua
della Libertà, con fiaccola e diadema, nonché le Statue della Giustizia, con
spada e bilancia, che ornano i palazzi dei Tribunali; ecc.).

Nonostante la calma dei gesti, la serenità del volto ed il moto di danza,
Shiva è però ai miei occhi un’allegoria triste. E la tristezza è questa: la
solitudine e la fatuità.

La «danza cosmica» di Shiva è un ciclo che «precipita» verso il «distacco»
del sé da tutto ciò che lo circonda, e diviene quindi una danza solitaria
priva dell’incontro dell’io con il Tu, priva quindi della gioia; ed è fatua,
cioè vuota di ogni reale potere salvifico che solo si attua nell’incontro e
non nel distacco, ma nell’amore e nel dono di sé, di tutti i giorni e di
tutti i gesti, anche e soprattutto se effimeri: «…ma Gesù disse loro: chi
vi darà da bere (anche solo) un bicchiere d’acqua ( 7) in nome mio, in
verità vi dico non perderà la sua ricompensa». (Mr. 9,40).

1NB. Qualcosa di analogo mi è capitato personalmente quando studente di
matematica al primo anno di Università, un mio collega venne ad avvertirmi,
alla fine del corso, di aver «scoperto» che le «coniche» della Geometria
Proiettiva erano duali (la stessa cosa) delle Forme Quadratiche dell’Analisi
Algebrica; infatti le due discipline fanno uso di uno stesso tipo di Logica
(Logica lineare), e sono incentrate su oggetti analoghi; dal che la dualità
delle rispettive conclusioni.

2 «Matter existe only as attraction and repulsion. Attraction and Repulsion
are Matter».

3 «Small portions of space are infact of a nature analogous to little hills
on surface which is on the average flat; namely that ordinary laws of
geometry are not valid in them. This property of being curved or distorted
is continually being passed on from one portion of space to another after a
manner of a wave. This variation of curvature of space is what really
happens in that phenomenon which we call the motion of matter. In the
phisical world nothing else takes place but this variation».
4 Leggi: «ciò che è terreno»; [anche la Scienza è «terrena»].

5 Leggi: «l’incontro è cioè direttamente fra Dio e l’Uomo».

6 Da non confondere con il concetto di Simbolo.

7 E che di più effimero?

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