Il tempo è un’illusione

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Il tempo è un’illusione

di Carlo Rovelli

A livello fondamentale il tempo non c’è.

Ci sono processi elementari in cui quanti di spazio e materia interagiscono tra loro in
continuazione.

L’illusione dello spazio e del tempo continui intorno a noi è la visione sfocata di questo fitto
pullulare di processi.

Come possiamo accettare l’idea che il tempo non sia reale?

Quello del tempo è un problema con cui ci si è scontrati lavorando sulle equazioni fondamentali.
Dobbiamo farci i conti, ma forse è più semplice di quanto sembri a prima vista. In fondo noi viviamo
in un mondo in cui c’è l’alto e il basso, ma sappiamo bene che si tratta di una distinzione locale e
che non vale per tutto l’universo.

Anche il tempo probabilmente è così: utile per descrivere fenomeni alla nostra scala,
imprescindibile nella nostra esperienza quotidiana, ma che non vale per tutto l’universo. Abbiamo
certezze al riguardo? No, ma la scienza non dà mai risposte certe, dà solo le migliori risposte del
momento. Non è un male: possiamo vivere anche senza certezze assolute. Il che non vuol dire che non
possiamo fidarci.

In fisica fondamentale, ovvero la fisica che si occupa della descrizione delle cose più elementari,
oggi ci sono vari problemi aperti, ma ce n’è uno più bello degli altri: quello della gravità
quantistica. Lungo tutto il Novecento abbiamo scoperto molte cose, sul mondo, grazie alla meccanica
quantistica e alla relatività generale. Ma le immagini dell’universo fornite da queste due teorie
sono difficili da mettere insieme, non si conciliano. La gravità quantistica tenta di farlo, ma per
riuscirci dobbiamo cambiare l’idea che abbiamo di spazio e di tempo.

È come se, dopo un periodo in cui la scienza è andata sempre più verso una dimensione specialistica,
si volesse tornare ai grandi sistemi filosofici. Nei primi anni del secolo scorso abbiamo fatto
passi da gigante nella comprensione del mondo: era l’epoca di Einstein, di Bohr, di Fermi. Poi c’è
stato il nazismo e molti fisici si sono spostati dall’Europa agli Stati Uniti. Lì la fisica è
rinata, ma non era più la stessa: era una scienza imbevuta di pragmatismo americano, finanziata
anche dall’esercito.

Con la Seconda Guerra Mondiale, che ha coinvolto molto i fisici, il fenomeno si è acuito. Questo ha
creato una generazione di scienziati il cui interesse principale era fare i calcoli e far funzionare
le cose. Del resto, la meccanica quantistica permetteva di fare moltissime cose: laser, conduttori,
computer. E la relatività di Einstein si poteva impiegare per spiegare molti fenomeni in
astrofisica, dai buchi neri alle stelle di neutroni. Così si è andati avanti senza chiedersi se ci
fosse qualcosa da cambiare.

Generazioni di fisici hanno lavorato seguendo il principio: calcola e non fare domande. Ora però è
passato quasi un secolo, i nodi lasciati irrisolti vengono al pettine e la fisica sta tornando a un
modo di pensare più approfondito per cercare di rispondere alle domande ancora aperte. Ma forse c’è
anche qualcos’altro. Un paio d’anni fa è uscito un libro intitolato “Come gli hippie hanno salvato
la fisica”; l’autore (David Kaiser) sostiene che molti fisici teorici contemporanei fanno parte di
quella generazione che pensava in termini universali e che, probabilmente, hanno conservato quel
“vizio”.

È passato un secolo da quando la relatività generale ha cambiato la natura dello spazio e del tempo,
ma a noi sembra ancora strano immaginare il mondo secondo la fisica di Einstein. Aveva ragione Kant
nel dire che spazio e tempo sono le forme a priori entro le quali solamente è possibile la nostra
esperienza? Kant aveva ragione su quasi tutto. In particolare, oggi sappiamo che aveva ragione nel
dire che quello che vediamo è il mondo esperito da un soggetto fatto così come è fatto. Ma la
nozione di spazio che Kant considera naturale in realtà è quella nata nel 1670 con i Principia di
Newton: lo spazio di Dante o quello di Aristotele non sono così. Bisogna allora prendere in
considerazione la storia.

La relatività ha cento anni, ma le sue basi sperimentali sono di oggi: quando andavo a scuola già mi
insegnavano che, secondo la teoria di Einstein, un orologio su un tavolo corre più velocemente di
uno a terra, ma solo recentemente sono stati creati orologi così precisi da provarlo. Cento anni
sono pochi: in fondo Copernico è vissuto nel Cinquecento, ma nel Seicento solo alcuni visionari come
Galilei pensavano di prendere sul serio le sue teorie.

Arte e filosofia: c’è un collegamento intimo tra i campi del sapere. L’idea delle due culture è una
sciocchezza contemporanea. Letteratura, scienze, arte, filosofia sono gli strumenti concettuali
migliori che la nostra cultura ha prodotto e approfondiscono la comprensione del mondo. La
spaccatura è disastrosa perché crea due gruppi di persone più ignoranti e più stupide.

(Carlo Rovelli, “Spazio e tempo? Solo un’illusione”, dichiarazioni rilasciate a “Unità.it” per una
recente intervista, ripresa dal blog “La Crepa nel Muro” il 4 settembre 2017. Rovelli, fisico
teorico che insegna all’università di Aix-Marsiglia, ha firmato il saggio “La realtà non è come ci
appare”, Raffaello Cortina editore, 240 pagine, 22 euro) / Fonte: libreidee.org

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