IL TEMPO “INDEFINITO”

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IL TEMPO “INDEFINITO”

di Mauro Paoletti
per Edicolaweb

Nel tentativo di datare gli eventi che hanno contraddistinto la nostra evoluzione ed hanno
contribuito alla nostra crescita intellettiva e tecnologica, possiamo fornire solo datazioni
approssimative perché non è semplice stabilire con esattezza il tempo in cui si sono verificati tali
eventi; ma soprattutto perché è il “tempo” stesso a non essere stato definito con esattezza.
Contrariamente a quanto qualcuno possa pensare, in molti hanno provato a definire il tempo ma
nessuno vi è riuscito. Sant’Agostino affermava di saperlo ma se doveva spiegarlo a qualcuno allora
non lo sapeva più.
La dizione enciclopedica rivela che è l’inarrestabile trascorrere delle cose in una successione
illimitata di istanti; il susseguirsi delle vicende naturali ed umane e un istante viene definito
come un momento brevissimo di tempo.
Definire il tempo declamando che è l’ordine dei fenomeni nella loro sequenza significa dire che “il
tempo è il tempo”. Siamo ben consapevoli di cosa sia, come per esempio l’intervallo che trascorre
dalla nascita alla morte; ma non sappiamo definirlo.

Il tempo comunque è qualcosa di intangibile, di fondamentale importanza per noi umani e per il
pianeta che abitiamo, dato che scandisce e regola ogni momento, nostro e della Terra.
Abbiamo trovato un metodo per misurarlo adottando l’anno, ossia il “tempo” che impiega il nostro
pianeta a completare l’orbita intorno al Sole.
Questo implica che se noi vivessimo su di un pianeta che percorre un’orbita più lunga, il nostro
anno e la nostra misurazione del tempo sarebbe considerevolmente diversa?
Se la Terra avesse un tempo più lungo di rotazione intorno al suo asse, il giorno sarebbe di
conseguenza più lungo? Forse sì…
Nel corso dei secoli la scelta di un sistema di misurazione al posto di un altro ha impegnato
astronomi, matematici, religiosi, sovrani, in un compito maggiore delle loro possibilità.
Cercando di dare forma al tempo, l’uomo lo ha diviso in secoli, lustri, anni; con lo scopo di
materializzarlo, organizzarlo, in modo da regolare le attività quotidiane; lo ha steso sulla carta
nella sua divisione annuale affinché l’enumerazione dei suoi giorni divenisse la memoria storica
degli avvenimenti.

È stato necessario stabilire che il tempo sia un qualcosa che proceda in modo uguale per tutti e
scandisca il ritmo della vita. Gli antichi ne erano ben consapevoli e per questo i sacerdoti, gelosi
custodi delle scienze matematiche e astronomiche, erano tenuti in grande considerazione e circondati
da un profondo rispetto.
Dal momento che fino dalla nascita ci adattiamo istintivamente all’avvicendarsi del giorno e della
notte, al momento del pasto e a quello del sonno, anche l’uomo primitivo, osservando l’alternarsi
del buio e della luce, del susseguirsi delle stagioni, deve aver cercato di computare il tempo che
passava da un evento all’altro con lo scopo di regolare la sua attività.
L’uomo volgeva lo sguardo alla Luna, con i suoi dodici cicli corrispondenti all’incirca alle quattro
stagioni. Ogni ventinove giorni e mezzo una Luna nuova e ogni dodici lune il tempo trascorso
corrisponde all’incirca ad un anno. Gli antichi trovarono utile dividere l’anno in dodici mesi ed
adottare quindi le fasi lunari per scandire ulteriormente il tempo.
Fu l’argenteo satellite a ispirare la divisione del mese (1) in periodi più corti, contrassegnati
dalle quattro fasi che si verificano con un intervallo poco superiore a sette giorni.
L’anno dei Babilonesi, dei Sumeri, dei Greci, era basato sul mese lunare e venivano operate
complicate correzioni perché le stagioni combaciassero.

Il movimento lunare è complesso e il calcolo delle sue fasi richiede profonde conoscenze
astronomiche, oltre ad una prolungata osservazione del fenomeno.
Si attribuisce ai Babilonesi la divisione del giorno in 24 ore; dodici ore per il giorno, dodici per
la notte, come i dodici segni zodiacali.
I primi che calcolarono l’anno solare e stilarono il calendario (2) furono gli Egizi. Essi si
accorsero che il Nilo straripava quando Sirio (3) appariva all’orizzonte poco prima del sorgere del
Sole, con intervalli di dodici cicli lunari. Videro che il Sole descriveva un arco nel suo tragitto
celeste, con il suo massimo all’inizio dell’estate e che vi era un collegamento con le inondazioni
del Nilo. Divisero l’anno in dodici mesi di trenta giorni l’uno e, per fare in modo che la sua
durata corrispondesse alle piene del Nilo, aggiunsero cinque giorni, considerati di festa; i famosi
giorni Epagumeni.

Per molto tempo i romani seguirono l’anno lunare di 295 giorni suddiviso in dieci mesi di ventinove
e trenta giorni.
Numa Pompilio aggiunse due mesi, gennaio e febbraio, portando i giorni a 354 con sei mesi di trenta
e sei di ventinove, con l’inizio sempre a Marzo. Per far coincidere le stagioni veniva aggiunto un
mese di 23 giorni ogni due anni.
Nel 46 a.C., di ritorno dall’Egitto e con l’aiuto dell’astronomo egiziano Sosigene, Giulio Cesare
apportò la prima importante riforma stabilendo che l’anno doveva essere composto da 365 giorni;
suddivisi in dodici mesi di trenta e trentun giorni, più l’aggiunta di un giorno ogni quattro anni
nel mese di febbraio che all’epoca ne aveva 29. Per correggere i precedenti errori aggiunse novanta
giorni al 46 a.C. trasformandolo in un anno di 445 giorni. Il calendario giuliano è orientato sul
Sole e i giorni ritornano alle stesse date dopo 28 anni, le lune nuove e piene dopo 19.

Negli anni successivi si scoprì che era stato sbagliato il computo degli anni bisestili, in quanto
veniva aggiunto un giorno ogni tre anni anziché quattro; per rimediare l’errore che portò ad una
differenza di tre giorni (4) Ottaviano (5), divenuto imperatore col nome di Cesare Augusto, proibì
per dieci anni l’inserimento del giorno intercalare.
L’equinozio di primavera era stato fissato al 25 marzo e col passare degli anni si verificò un
ulteriore sfasamento delle stagioni; sussisteva anche il problema della celebrazione della Pasqua,
in quanto i cristiani non volevano celebrarla assieme a quella ebraica che si svolgeva a partire dal
plenilunio di marzo.
Costantino convocò un Concilio a Nicea nel 325 a.C. durante il quale fu stabilito che la
Resurrezione del Cristo venisse celebrata la domenica seguente alla Luna nuova successiva
all’equinozio di primavera che, nell’occasione, venne fissato nel 21 marzo.
Circa nel 520 d.C. fu affidato al monaco Dionigi, detto il piccolo, il compito di perfezionare i
calcoli per la determinazione della Pasqua. Si doveva determinare il giorno di nascita di Gesù. Il
monaco contò gli anni a partire dalla proclamazione dell’imperatore Diocleziano, nel 284 a.C.;
basandosi su notizie tuttora sconosciute fissò la data della nascita del Cristo nel 25 dicembre
dell’anno 753 della fondazione di Roma. Di conseguenza il primo anno dell’era cristiana divenne il
754 (6). Dato però che al tempo non era conosciuto il calcolo algebrico, venne saltato l’anno zero e
il 754 divenne l’1 d.C., mentre il 753 divenne l’1. a.C. incorrendo in un altro errore mai corretto.

Dobbiamo aggiungere che Gesù nacque sotto il regno di Erode il Grande e che morì nell’anno 750 di
Roma; quindi sarebbe nato nel 747; cioè sei anni prima, per assurdo nel 6 a.C.; non solo, non in
inverno dato che in Palestina i pastori pernottano all’aperto fra la primavera e l’autunno.
Dionigi aveva a disposizioni molti dati astronomici per fissare la data della Pasqua oltre alla data
di nascita di Cristo; sapeva per esempio che ogni 19 anni il Sole e la Luna tornavano quasi in
sincronia fra loro perché, come individuato da Metone (7), 235 mesi lunari corrispondevano circa a
19 anni solari. In pratica ogni 19 anni le fasi della Luna cadono negli stessi giorni dell’anno
solare. Era quindi semplice calcolare la “prima Luna piena” dopo l’equinozio di primavera,
fondamentale per il ciclo pasquale. Il monaco era a conoscenza di un altro ciclo secondo il quale
ogni 28 anni si ricreava una corrispondenza fra la data dell’anno e il giorno della settimana. Ogni
532 anni (19×28) le fasi lunari si manifestavano nella stessa data e nello stesso giorno della
settimana. Di conseguenza secondo l’anno giuliano ogni 532 anni la Pasqua sarebbe caduta nella
stessa data. Dionigi, nei suoi conteggi, non considerò i quattro anni in cui Augusto regnò col nome
di Ottaviano e non considerò i due anni di regno di Tiberio perché rimase in Siria per quel tempo.
Tutto questo implica che essendo errata la data di partenza, risultano errate tutte le successive…
La durata dell’anno giuliano risulta di oltre 11 minuti più lungo di quello solare, nel 1300
l’equinozio di primavera era arretrato di 8 giorni e con esso la data della Pasqua. Era necessario
far coincidere l’equinozio di primavera con la data del 21 marzo.
Questo indusse Gregorio XIII a nominare una commissione di matematici ed ecclesiastici, fra cui
Luigi Lilio Ghiraldi e il gesuita Cristopher Clavius, per studiare la revisione dell’anno e del
relativo calendario.

Con la riforma Gregoriana del 24 febbraio del 1582 venne riportato l’equinozio alla giusta data
attraverso la cancellazione di dieci giorni dal calendario. Da giovedì 4 ottobre si passò
direttamente al venerdì 15 dello stesso mese. Venne stabilito inoltre di considerare bisestili solo
i secoli i cui primi numeri erano divisibili per quattro e si decise che il giorno supplementare
fosse il ventinovesimo del mese di febbraio.
All’epoca l’impatto fu traumatico; enormi le difficoltà per le scadenze, i pagamenti, i compleanni,
gli anniversari, il calcolo degli interessi bancari. Non tutti accettarono subito tale decisione, lo
fecero solo Italia, Portogallo e Spagna. La Danimarca e la Germania solo nel 1700; l’Inghilterra e
le colonie americane nel 1752; il Giappone nel 1873, la Russia nel 1918, la chiesa ortodossa nel
1823, la Cina nel 1915, la Grecia nel 1923.

Dal punto di vista cronologico sembra che la durata dell’anno gregoriano sia vicina al valore
dell’anno tropicale; dopo 25.765 anni tropicali sarà però indietro rispetto all’anno siderale di un
anno intero. Per questa ragione ricerche storico astronomiche sono condotte facendo riferimento
all’anno giuliano. Risulterebbe che la data dell’equinozio di primavera stia allontanandosi dal suo
vero significato astronomico di un giorno ogni 128 anni e la Luna piena astronomica di Pasqua si
stia separandosi dall’equinozio al ritmo di un giorno ogni 210 anni (abbiamo trovato un’altra fonte
che parla di 310 anni).
Giuseppe Scaligero, rinomato cronologo vissuto all’epoca di Gregorio XIII, dimostrò che solo l’anno
giuliano è capace di produrre un calcolo ininterrotto nella cronologia mondiale.
Non esiste comunque un anno che possa fornire una maggiore esattezza; nessun astronomo è in grado di
crearlo, perché il Sole e la Luna sono in moto costante e non è possibile trovare una formula che
riesca a fissare l’equinozio e il quattordicesimo giorno della Luna per sempre.
Abbiamo assistito, in questi ultimi anni, al frequente anticipo dell’equinozio di primavera al 20 di
marzo. Dal 1980 al 2000 l’equinozio di primavera si è verificato solo cinque volte il 21 e nei
prossimi cinquant’anni solo due volte cadrà in tale data, negli altri anni cadrà il 20 e due volte
il 19.

Oggi il mondo si è adeguato per motivi commerciali e per equiparare gli orari dei trasporti
internazionali all’anno cristiano (8); il tempo è determinato da fattori scientifici,
socioeconomici, politici.
Il tentativo di Roma, di fare della Pasqua una festività esclusivamente primaverile, è fallito
perché il cristianesimo è una religione universale che celebra la risurrezione di Cristo in entrambi
gli emisferi in stagioni dell’anno differenti, per ragioni sia astronomiche sia meteorologiche. Di
fatto più che la rinascita della natura la Pasqua segna la resurrezione dello spirito.
Dal 1972 abbiamo iniziato a calcolare il tempo non tenendo conto del Sole e della Luna, ma seguendo
le oscillazioni di un atomo di Cesio 133, per cui un secondo (9) corrisponderebbe a ben
9.192.631.770 oscillazioni.
Si prospetta nel futuro un’altra variazione nel calcolo dell’anno e del calendario; il Mondo
vorrebbe un calendario perpetuo. In una economia globalizzata, in cui è necessaria la programmazione
delle attività a lungo termine e fuori dai confini nazionali, diventa di fondamentale importanza
disporre di un unico calendario mondiale, perpetuo e perfetto, che fissi la sequenza delle date
settimanali e mensili uguali per tutti e ovunque.
La proposta di riformare l’anno è stata avanzata perché l’anno attuale presenta l’inconveniente di
avere mesi non uguali. Come si è visto, infatti, solo dopo un certo numero di anni i giorni del mese
corrispondono allo stesso giorno della settimana. Inoltre nel calendario gregoriano il mese non è
multiplo della settimana né è sottomultiplo dell’anno; di conseguenza l’anno non inizia mai con lo
stesso giorno della settimana.

Diversi i progetti, ma si guarda alla possibilità di dividere l’intero periodo e le sue suddivisioni
per sette, il numero dei giorni che formano la settimana, in modo da ottenere mesi tutti uguali, di
quattro settimane ciascuno; con inizio di domenica e fine di sabato.
La proposta che ha incontrato maggiori consensi è stata quella presentata nel 1930 da Elizabeth
Achelis, nota all’Organizzazione delle Nazioni Unite, che prevede di ridurre l’anno a 364 giorni.
Tale numero è divisibile in quattro parti uguali di 91 giorni e in sequenze mensili identiche di 31e
30 giorni, con la Pasqua fissata alla domenica dell’8 aprile. Il giorno sottratto al calendario
verrebbe aggiunto alla fine dell’anno e indicato una lettera, la W, iniziale di World, programmata
come festività mondiale. Negli anni bisestili un ulteriore giorno, considerato festivo, andrebbe
aggiunto alla fine di giugno.

Il tentativo dell’uomo di misurare il tempo attraverso l’anno non ha prodotto risultati esatti, ma
un calcolo di comodo (l’anno medio) basato su molti fattori variabili; dovremo stare molto attenti
quindi quando cerchiamo di dare una cronologia agli avvenimenti.
La creazione, per esempio, è avvenuta in tempi diversi a quelli stimati dall’uomo? Esiste quindi un
tempo divino e un tempo terrestre?
Il tempo è stato calcolato attraverso l’espressione dei movimenti ciclici celesti che collegano la
Terra alla Luna e al Sole; l’uomo ha tenuto conto dei momenti di luce e di oscurità; della rotazione
della Terra sul suo asse per determinare il giorno di ventiquattro ore. La Terra però non compie
un’orbita perfettamente circolare intorno al Sole ma ellittica, in tal modo il Sole si trova più
vicino in inverno e più lontano in estate. In questi due periodi la Terra gira più rapidamente nel
primo caso e più lentamente nel secondo.

Inoltre il nostro pianeta gira su se stesso intorno ad un’asse che ha una inclinazione; il suo piano
di rotazione non coincide con quello della sua orbita intorno al Sole, l’eclittica, determinando
l’alternarsi delle stagioni. Infatti a giugno è l’emisfero settentrionale a trovarsi in linea con il
Sole, per cui avremo l’estate a nord e l’inverno a sud; in dicembre è l’emisfero meridionale ad
allinearsi con il Sole e sarà l’inverso. Abbiamo così i solstizi (10).
L’uomo, nel calcolo del tempo, ha mantenuto l’idea che sia il Sole a girare intorno alla Terra,
attribuendogli moti “apparenti” che corrispondono a quelli reali della Terra; per cui sarà il Sole a
percorrere la sfera celeste in senso orario, ad accelerare e rallentare lungo l’eclittica.

Il tempo è stato calcolato contando i giorni in cui il Sole ha percorso l’eclittica; ma dato che
impiega 365 e ¼ di giorno non è stato semplice calcolare l’anno solare. L’eclittica, divisa in
quattro settori di 90°, determina il periodo in cui il Sole percorre le quattro stagioni. Nel
tragitto lungo tali settori il Sole si troverà allineato con l’equatore celeste nei periodi degli
equinozi, mentre si troverà spostato di alcuni gradi, in basso o in alto, durante i solstizi; dando
l’impressione che la sua velocità non sia costante. Per ovviare a queste irregolarità abbiamo quindi
creato un “tempo medio” (anno medio) basato su di un Sole fittizio che percorre l’eclittica con una
velocità angolare costante e non tiene conto delle irregolarità del moto terrestre, descrivendo la
sua orbita sull’equatore celeste in modo che i punti equinoziali corrispondano con quelli del Sole
reale. Questo è il tempo che regola i nostri orologi.
Sono stati classificati altri tipi di tempo; abbiamo un “tempo siderale” basato sul movimento reale
della Terra e dato dal passaggio di una stessa stella in un dato punto, gli Egizi utilizzavano il
sorgere di Sirio; annotiamo un “tempo delle Effemeridi” calcolato in base ai “periodi orbitali”
della Luna e dei pianeti sulla base delle dinamiche celesti; esiste anche un tempo apparente
regolato dalla luce solare che indica il tempo locale.
Nel calcolo dobbiamo tener conto di altri fattori.

La Terra non è perfettamente sferica e oscilla sull’asse polare a causa delle forze gravitazionali
del Sole e della Luna. In conseguenza di tale oscillazione l’arrivo dell’equinozio di primavera
risulta anticipato rispetto alla fine dell’anno siderale. La precessione infatti è l’anticipo
dell’equinozio di primavera in punti spaziali dell’eclittica sempre più arretrati che porta una
variazione all’anno tropico (11) o solare, periodo di tempo che segna il momento in cui le stagioni
compiono un ciclo, ossia l’intervallo tra due equinozi di primavera.
Nel complicato computo del tempo dobbiamo considerare le maree che provocano un rallentamento della
rotazione terrestre portando una diminuzione dell’anno tropico di un secondo ogni duecento anni. Per
cui oggi, contando dalla nascita di Cristo, abbiamo l’equinozio anticipato di 20’ e 15″ e un anno
tropico più corto di dieci secondi.

Come si vede non è stato facile neanche calcolare il tempo, quindi non si può affermare con assoluta
certezza quando un dato avvenimento si è verificato.
Prima della rivoluzione Copernicana nel 1543 si credeva che il Sole girasse intorno alla Terra e non
viceversa; eppure era noto fin dai Sumeri quanto affermò Copernico. Per quale motivo ad un certo
punto della storia l’umanità perse tali informazioni?
L’Enuma Elish racconta come il Signore Celeste stabilì i giorni e i limiti del giorno e della notte:
“Alla Luna il compito di annunciare, di notte, i giorni”.
La Genesi, nella Bibbia, cita: “Che vi siano corpi luminosi nel Cielo scolpito affinché si distingua
tra il giorno e la notte; e vi siano i segni che indichino i mesi, i giorni, gli anni”.
Lo Zo’har spiega che l’alternarsi del giorno e della notte era causato dalla rotazione della Terra
sul suo asse: “Tutta la Terra ruota, girando come una sfera. Quando una parte è giù l’altra è su.
Quando da una parte c’è luce, dall’altra è buio; quando da una parte è giorno, dall’altra è notte”.

Il Talmud, che registra i dati dal 300 a.C., narra che erano note le strade del cielo come quelle
delle città e che una stella appariva ogni 75 anni per confondere i marinai; chiaro riferimento alla
cometa Halley, scoperta solo nel 1700. Si racconta che alcuni Rabbi possedevano strumenti ottici
tubolari con i quali osservavano i cieli.
Circa seimila anni fa il calendario di Nippur, attualmente usato dagli Ebrei, si basava su un
complicato calcolo derivato dal rapporto dell’orbita della Terra e quelle del Sole e della Luna.
Nel calendario islamico attuale, basato sui cicli lunari, le festività retrocedono di un mese ogni
tre anni. L’antico calendario di Nippur correggeva questo slittamento perché voleva che le festività
coincidessero con le stagioni; quindi erano conosciuti i movimenti della Terra e della Luna, la
relazione con il Sole e il ciclo delle stagioni. Noi sappiamo che le stagioni si avvicendano a causa
dell’inclinazione dell’asse, attualmente di 23,5°, rispetto al piano dell’orbita intorno al Sole che
si muove da nord a sud nell’arco dell’anno. Ma come facevano a conoscere tale particolare seimila
anni fa? Come avevano scoperto i solstizi (12) e gli equinozi?
Nel Libro di Giobbe è scritto che “Egli inclinò il nord sul vuoto e tiene sospesa la Terra sul
nulla”.
Nel Salmi si dice che “il Signore ha fissato tutti i limiti della Terra e creato estate ed inverno”.

In Mesopotamia il nuovo anno iniziava proprio dall’equinozio di primavera; ai tempi dell’esodo la
Bibbia stabilì il capodanno nel giorno dell’equinozio d’autunno. Il primo calendario di Nippur fu
adottato dai babilonesi e dagli Assiri ed è ancora in uso presso gli Ebrei.
Stranamente il resto dell’umanità iniziò a misurare il tempo dal 3760 a.C., almeno è quanto si
desume da calcoli effettuati nel 1992 quando il calendario ebraico segnava il 5752.
Gli antichi guardavano i cieli e contavano le stelle; avevano scoperto prima di noi che altri
pianeti giravano intorno ad altri soli in altre parti dell’universo. Osservavano il Tempo Celeste
stabilito dal movimento degli astri; per questo l’antica casta sacerdotale scrutava il cielo
dall’alto dei templi e determinava quale segno dominava l’epoca. Erano i segni della precessione
degli equinozi che diedero vita allo Zodiaco, alle costellazioni e al loro avvicendarsi, alla
ripartizione dei cieli in 360 gradi, al grande ciclo dei 29.560 anni alle dodici case di 2.160 anni
ciascuna. Come giunsero a conoscere che a causa della rotazione fuori piano, l’orbita della Terra
intorno al Sole ritarda di un grado ogni 72 anni?

Ogni 2160 anni (13) l’equinozio di primavera non si osserva più nella costellazione dove sempre si è
osservato, ma in quella precedente, quindi il tempo celeste non segue il corso di quello terrestre;
scorre anche all’indietro e quindi in senso orario. L’orologio celeste segna un “tempo” diverso e
trasforma il passato in futuro.
Allora in quale effettivo “tempo” ci troviamo adesso? Quanto “tempo” è realmente passato?
Siamo stati noi a dare un valore al tempo, ma il tempo aveva già un suo valore che non abbiamo
saputo trovare; quindi dobbiamo scoprire qual è la vera età che il tempo ci ha assegnato;
determinare quanto tempo in realtà è passato dall’inizio dei tempi, quanto sia antica l’umanità,
quante volte abbia ricominciato a contare il “tempo” e in quanti modi lo abbia fatto. Ed è quello
che non riusciamo a comprendere e a descrivere a pieno.

Il tempo fa parte di qualcosa che è stato sempre insito in noi e nei nostri costumi, fin dalla
nostra origine, è uno dei tanti dati scontati che raramente vengono analizzati. Nel passato forse
non vi si dava molta importanza, non esisteva un orologio a scandire il ritmo della nostra esistenza
quotidiana. Forse non importava conoscere quanto era antica l’umanità.
Fino al 1800 si credeva che Dio avesse creato la Terra il 29 ottobre del 4004 a.C.; la chiesa
rettificò tale data nel 7 ottobre del 3761 a.C. (14)
Fu infatti Jacques Boucher de Perthes, naturalista dilettante, vissuto in quel secolo, a confutare
tali credenze e a porre sulla bilancia il problema del “tempo” affermando che alcune selci lavorate
rinvenute ad Abbeville erano state lavorate da uomini vissuti diversi millenni prima della presunta
creazione del mondo.
Oggi abbiamo diversi dati a nostra disposizione che retrodatano la formazione della Terra a quattro
miliardi e mezzo; la comparsa dei primi ominidi a oltre quattro milioni di anni fa e l’homo sapiens
a oltre duecentomila anni. Abbiamo scoperto che il mondo vegetale è sorto prima di quello animale,
oltre seicento milioni di anni fa; attraverso le tracce lasciate dai fossili abbiamo assegnato ai
primi molluschi cinquecento milioni di anni.
Diviene evidente che, se l’uomo si è evoluto con tale lentezza, dobbiamo considerare molte fasi
temporali lunghissime prima di giungere all’acquisizione della nostre attuali conoscenze, a meno che
non si prenda in considerazione l’intervento di esseri superiori che abbiano trasmesso le loro
conoscenze.

Scoprendo che i nostri antichi avi possedevano conoscenze forse molto più avanzate delle nostre
diviene ovvio speculare sulla presenza di vita extraterrestre altamente civilizzata che ha
facilitato il nostro sviluppo. Forse non si tratta neanche di speculazione, in quanto la Bibbia
racconta proprio una storia che va in questo senso: la discesa sulla Terra di esseri superiori, gli
Elhoim, che hanno istruito e guidato la razza umana nella sua evoluzione. Vicende che vanno
retrodatate fino a circa duecentomila anni fa.
Molti storceranno la bocca in mancanza di prove certe, ma ricordiamoci di Schliemann il quale,
riportando alla luce le rovine di Troia, provò che i più famosi ellenisti sciorinavano teorie errate
considerando l’Iliade e l’Odissea come semplici leggende senza fondamento e fantasie di uno
scrittore.

La conquista dello spazio ci ha permesso di comprendere che molti miti e leggende, nonché quanto
scritto nei libri sacri, Bibbia compresa, narrano le gesta di antichi astronauti discesi sul nostro
pianeta. Quindi l’orologio si sposta all’indietro e per trovare l’inizio dobbiamo retrocedere
notevolmente nel “tempo”. Ma quanto?
Recentemente è stato rinvenuto il fossile di un insetto risalente a ben 400 milioni di anni fa. Se
tutto fa parte della Creazione di un Dio come può essere che sia stato creato un insetto
quattrocento milioni di anni fa e l’uomo solo seimila anni fa?
La misura del “tempo” è un privilegio dell’uomo, dal momento che solo l’uomo conserva l’utensile che
ha usato e che gli può ancora servire, stabilendo in tal modo un continuo fra passato e futuro.

Ma forse il concetto di “tempo” si spinge oltre.
Riferendosi all’Universo e cercando di misurare le distanze delle galassie e dei pianeti, abbiamo
concepito un altro concetto di tempo relazionandolo alla velocità della luce. Quindi il “tempo” è
rappresentato dai 27.000 anni luce che separano il sistema solare dal centro della galassia che lo
ospita, il cui diametro è stimato di 100.000 anni luce. In seguito a tale valutazione il Sole dista
otto minuti luce e la Luna poco più di un secondo luce.
Seguendo le teorie di scienziati come Von Braun e Einstein il tempo viene rappresentato per esempio
dai 13,2 anni che occorrono ad alcuni astronauti per coprire una distanza di mille anni luce
disponendo di un mezzo spinto da un propulsore fotonico ad accelerazione costante; oppure dai
duemila anni che saranno trascorsi sulla Terra mentre i nostri esploratori spaziali compiranno il
viaggio di andata e ritorno in soli 26,4 anni.

Secondo Einstein il tempo è un qualcosa che si restringe e si dilata a seconda della velocità
dell’osservatore rispetto all’evento che si manifesta e dell’intensità del campo gravitazionale.
Cioè viaggiando alla velocità della luce il tempo si ferma del tutto.
Dominare il tempo è il sogno dell’uomo, antico e moderno; numerosi i racconti letterari dove una
ipotetica macchina del tempo permette viaggi fra passato e futuro (15). Possiamo cambiare il nostro
destino variando il destino dei nostri antenati? Questo il sogno umano per crearsi un futuro su
misura. Comprovare o meno se tornando indietro nel tempo sia possibile cambiare parti del presente e
del futuro. Conoscere se eventuali cambiamenti nel passato possano tracciare una nuova linea del
tempo che percorre una strada diversa creando in tal modo la possibilità di tempi paralleli; o
incappare nell’ipotizzato e tanto temuto paradosso temporale.
In definitiva il Tempo è una dimensione che vorremmo percorrere in avanti e indietro a cui abbiamo
dato un valore nel tentativo di misurarlo, quantificarlo, ma non siamo riusciti ad averne il
controllo; nel corso dei secoli lo abbiamo perduto e ne siamo rimasti inesorabilmente prigionieri.

Note:
1. Periodo di tempo che intercorre tra una Luna nuova e la successiva.
2. Il nome calendario deriva dal latino “calendae” il primo giorno del mese romano, in cui si
celebrava proprio la comparsa della Luna nuova.
3. È l’anno siderale, ossia il periodo in cui la Terra completa una rivoluzione della propria
orbita, misurata in relazione ad una stella fissa; nel caso egizio Sirio.
4. Dal 45 a.C. al 10 a.C. si contarono ben dodici anni bisestili anziché nove.
5. Il Senato romano insignì Ottaviano del titolo di Augusto e gli dedicò il mese Sextilis, che
dall’anno 8 d.C., prese il nome di Augustus (agosto). Ottaviano non volle essere da meno di Cesare,
al quale era dedicato un mese di 31 giorni e aggiunse un giorno al mese di agosto, al tempo di
trenta, sottraendolo a febbraio. Per evitare tre mesi di trentuno giorni a settembre e novembre
venne tolto un giorno ciascuno e aggiunto a ottobre e dicembre.
6. Calcolando il tempo passato dalla fondazione di Roma oggi saremmo al 2757.
7. Astronomo greco vissuto nel V secolo a.C.
8. Per l’anno egizio siamo nel 6236, per quello ebraico nel 5760, secondo quello buddista nel 2544 e
per il musulmano nel 1420.
9. Il giorno è un intervallo di 86.400 secondi del Sistema Internazionale.
10. Quando è l’equatore a trovarsi in linea con l’eclittica abbiamo gli equinozi a marzo e a
settembre. Tracciando delle linee immaginarie fra le albe e i tramonti dei due solstizi otterremo
una gigantesca croce di Sant’Andrea che divide in quattro parti cielo e terra: i quattro angoli
della Terra e dell’universo.
11. L’anno tropico è il tempo impiegato dal Sole per tornare nella stessa posizione lungo
l’eclittica, che ha come punto zero il punto vernale.
12. I solstizi in pratica segnano i punti più lontani raggiunti dal Sole a nord e a sud, 21 giugno e
22 dicembre; in quel momento sembra che il Sole si fermi per poi ripartire; tale fenomeno è stato
chiamato solstizio che significa “fermata del Sole”.
13. In realtà sono 2148.
14. Per la Russia ortodossa fino al 1700 Dio aveva creato tutto nel 5509 a.C.
15. Fatti che secondo alcuni sarebbero già avvenuti e addirittura continuerebbero ad avvenire. Ho
già avuto modo di accennare in altro articolo a ipotetiche visite di viaggiatori che avrebbero messo
in guardia l’umanità attraverso pubblicazioni di libri che trattavano eventi poi realmente accaduti,
come la vicenda delle SS naziste e del Titanic.

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