Il tempo non esiste
di Marcella Danon
Dallo Zen, a Einstein, a Jung, l’invito dei ricercatori di anima e di
infinito è lo stesso: vivere intensamente il momento presente, che
racchiude in sé quanto di più importante c’è nell’esperienza che
stiamo vivendo.
“La maggior parte delle persone crede che il tempo trascorra, in
realtà esso sta sempre là dov’è.” Con questa affermazione il maestro
zen Dogen Zeniji sintetizza la concezione della mistica orientale nei
confronti del tempo, una dimensione su cui è impostato tutto il nostro
stile di vita occidentale, una dimensione che non esiste per il
ricercatore spirituale, di tutte le tradizioni.
La concezione del mondo convenzionale, quella avallata dalla fisica
classica, prende in considerazione tre coordinate di misurazione della
realtà: lunghezza, larghezza e profondità. Sono i parametri con cui
viene definito lo spazio, inteso come il teatro delle vicende umane.
Il tempo, sempre secondo la fisica classica, è una dimensione a se
stante, che procede in maniera uniforme e indipendente dal mondo
materiale, un valore assoluto, che scandisce l’avvicendarsi delle
rappresentazioni sul palcoscenico della vita.
Tempo e spazio sono quindi valori assoluti nella nostra esistenza, che
molta importanza dà al “dove” e al “quando”, che traccia confini e
percorre, anche con fatica, lunghe distanze, che scandisce gli anni, i
mesi, i giorni, i minuti e i secondi con una precisione sempre più
maniacale. Tempo e spazio sono anche la nostra ossessione, con la
costante impressione di non riuscire mai a fare tutto quello che
dovremmo o di non riuscire ad andare dove vorremmo, e con una spada di
Damocle sempre pronta ad abbattersi su di noi. Inesorabile, prima o
poi, infatti, la rappresentazione finisce e cala il sipario. Il tempo
a nostra disposizione finisce.
Benché questa sia la concezione a noi più familiare della nostra vita,
in gara col trascorrere del tempo, non è l’unico modo di affrontare
l’argomento. Non è solo la filosofia orientale a farsi portavoce di
una visione alternativa, che considera lo “spazio-tempo” come
costruzioni della mente, ma esiste anche una voce laica e scientifica
che inizia a mettere in dubbio le basi stesse del nostro rapporto con
la realtà, e viene dalla fisica moderna.
A partire dalla teoria della relatività di Einstein, tempo e spazio…
A partire dalla teoria della relatività di Einstein, tempo e spazio
non sono più considerati fattori assoluti, ma relativi, relativi al
rapporto tra osservatore e osservato, e alla loro velocità reciproca.
Nella vita quotidiana abbiamo l’impressione di osservare gli
avvenimenti nello stesso istante in cui avvengono, questo perché la
velocità della luce, sulle piccole distanze, dà un’impressione di
immediatezza; ma quando ci confrontiamo con altri corpi nello spazio
dobbiamo prendere in considerazione il fatto che la luce delle stelle
più vicine ci arriva con un ritardo di centinaia o migliaia di anni.
Un esempio classico che permette di comprendere questo diverso
rapporto con il tempo è il paradosso dei gemelli. Se un astronauta
viaggiasse alla velocità della luce nello spazio per vent’anni mentre
suo fratello gemello è rimasto sulla terra, al suo ritorno il primo
sarebbe più giovane del secondo, perché il tempo, alla velocità della
luce, sarebbe passato più lentamente per l’astronauta che per il
terrestre.
Che importanza possono avere queste considerazioni per il nostro
rapporto con i molteplici impegni e il nostro atteggiamento nei
confronti della vita quotidiana? Carl Gustav Jung, uno dei padri della
psicologia moderna, ha scritto: “Prima o poi la fisica nucleare e la
psicologia dell’inconscio si avvicineranno fra loro poiché entrambe,
indipendentemente l’una dall’altra e partendo da direzioni opposte, si
spingono avanti in un territorio trascendentale.”
C’è una grande somiglianza tra le conclusioni dei fisici moderni e dei
mistici, entrambi affermano, in modo diverso, che spazio e tempo non
sono assoluti, ma relativi, anche relativi allo stato di coscienza in
cui ci si trova. La meditazione, per esempio, permette di accedere a
una dimensione in cui spazio e tempo non esistono, quasi fosse quel
mitico iperspazio, ipotizzato attraverso rocamboleschi calcoli
matematici, in cui si viaggia alla velocità della luce, stavolgendo
tutte le leggi della fisica che vigono, invece, nello stato di
coscienza ordinario, sul piano materiale.
Questo vorrebbe dire che noi viviamo contemporaneamente in almeno due
dimensioni, una governata dalle leggi della fisica classica e una in
cui spazio e tempo non esistono più, esiste solo l’immenso presente.
Quindi se da un certo punto di vista è importante correre affannarsi
per prendere il treno, per comprare il pane prima che chiudano i
negozi, per prepararsi all’esame e presentarsi alla data prefissata,
da un altro punto di vista il tempo non è determinante per il
raggiungimento di propositi di tipo immateriale, per realizzazioni di
tipo noetico – riguardante la sfera dei valori e dei principi
universali -è c’è un unico tempo adatto a questo tipo di conquista:
l’istante presente.
Saggi, uomini e donne realizzati di tutti i tempi, esprimono tutti la
stessa verità: è solo nel presente che troviamo veramente risposta a
tutte le nostre domande più profonde e al nostro bisogno di dare un
senso a tutto ciò che ci circonda. E’ solo nel presente che possiamo
diventare pienamente consapevoli di chi siamo veramente, materia e
spirito, effimero e assoluto, corpo e anima.
Forse, tornando alla metafora dello spettacolo possiamo ipotizzare che
ogni nostra esistenza sia una rappresentazione di realtà virtuale di
cui siamo registi, spettatori e protagonisti allo stesso tempo. Il
tempo scorre come scorre la sabbia di una clessidra tra un turno e
l’altro di un gioco di squadre, ma la vita vera non è il gioco, la
vita vera è quella che intravediamo in singoli istanti con una
chiarezza quasi esasperante, immagini che si dissolvono con la stessa
rapidità con cui si sono imposte alla coscienza, lasciando però,
spesso, traccia indelebile. Ma a ogni turno noi siamo chiamati a dare
il meglio di noi stessi e a utilizzare la possibilità di essere e
agire nella dimensione materiale secondo i principi più alti,
consapevoli di essere giocatori con in mano le redini del gioco e non
pedine in balìa del capriccio del destino. Il tempo, allora, cessa di
diventare un problema e cessa di diventare una scusa per sfuggire le
proprie più profonde responsabilità, perché c’è un unico momento in
cui possiamo svegliarci e decidere di “giocare bene”: il presente!
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