Il tuo karma – J.K.Zinn

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II tuo karma

di J.K.Zinn

Ho udito maestri Zen affermare che la pratica meditativa quotidiana può
mutare un karma da negativo in positivo. Ho sempre attribuito questa
dichiarazione a una curiosa promozione di carattere moralistico. Ho
impiegato anni per capire. Immagino sia questo il mio karma.

Karma significa che questo accade come conseguenza di quello. B è collegato
in un certo modo ad A, ogni effetto ha una causa antecedente e ogni causa
un effetto che e a sua misura e conseguenza, almeno a livello non
quantitativo. Complessivamente, quando parliamo del karma di una persona
intendiamo la somma totale della sua direzione nella vita e del tenore
delle cose che la riguardano derivate da condizioni, azioni, pensieri,
sentimenti, impressione sensoriali, desideri precedenti. Spesso il karma è
erroneamente confuso col concetto di predestinazione. Si tratta piuttosto
di un’accumulazione di tendenze che può incanalarci in particolari schemi
comportamentali che a loro volta producono ulteriori accumulazioni di
tendenze di natura similare. F, quindi facile farsi condizionare dal
proprio karma e pensare che la causa risieda sempre altrove in altre
persone e situazioni al di fuori del nostro controllo, mai dentro di noi.
Ma non è necessario essere prigionieri del vecchio karma, è sempre
possibile cambiarlo e crearne uno nuovo. Vi e un solo momento in cui potete
annullarlo. Indovinate quando?

Ecco come la consapevolezza trasforma il karma. Quando sedete in
meditazione, non consentite ai vostri impulsi di tradursi in azioni. Per il
momento almeno limitatevi a osservarli. In questo modo potete capire
rapidamente che tutti gli impulsi mentali emergono e si dissolvono per vita
propria; non sono voi, ma solo vostri pensieri e non dovete esserne
governati. Se non reagite e non alimentate gli impulsi comprenderete
direttamente la loro natura in quanto pensieri; di fatto, questo processo
brucia gli impulsi distruttivi nel fuoco della concentrazione,
dell’equanimità e del non-agire. Contemporaneamente, le conoscenze e gli
impulsi creativi non vengono più emarginati con egual forza da quelli più
turbolenti e distruttivi; sono alimentati appena si percepiscono e se ne
diventa consci. In questo modo la consapevolezza può ristrutturare le
maglie della catena di atti e conseguenze e così facendo ci affranca, ci
libera aprendoci nuovi percorsi attraverso i momenti che chiamiamo vita.
Senza la consapevolezza siamo trasportati troppo agevolmente dalla corrente
del passato, senza una spiegazione per la nostra impotenza e nessuna via di
uscita. Il nostro dilemma sembra essere sempre la colpa di altri o del
mondo, cosicché i nostri pensieri e sentimenti sono permanentemente
giustificati. II momento presente non costituisce mai un nuovo inizio
perché impediamo che così avvenga.

Come spiegare altrimenti, per esempio, la circostanza fin troppo comune che
si verifica quando due persone che hanno vissuto assieme l’età adulta,
procreato figli, ottenuto il successo nei rispettivi ambiti professionali
in misura superiore alla media, invece di godersi i frutti delle rispettive
fatiche si accusano l’un l’altro di aver rovinato la vita di coppia e anche
quella personale? Come spiegare perché imputano all’altro la sensazione di
isolamento, di costrizione, di sofferenza che li opprime costantemente? I.a
risposta è «karma». Sotto una forma o l’altra, continuate a vederlo in
rapporti inaspriti o carenti di qualcosa di fondamentale sin dall’inizio,
la cui assenza induce tristezza, amarezza, dolore. K molto probabile che
presto o tardi si raccolga ciò che si è seminato; se in un rapporto si
praticano risentimento e isolamento per quarantanni si finisce imprigionati
nel rancore e nell’alienazione. Non è sorprendente e in questi casi non
serve a molto stabilire le colpe.

In definitiva è la nostra sconsideratezza che c’ingabbia. Diventiamo sempre
più esperti nel perdere contatto con l’arco completo delle nostre
possibilità e sempre più bloccati nell’ormai inveterata abitudine di non
vedere, di limitarci a reagire e recriminare.

Lavorando nelle carceri mi accade di vedere da vicino i risultati di karma
« negativi », anche se fuori da quelle mura la situazione non è molto
diversa. Ogni detenuto ha un passato di vicende concatenate; d’altronde
tutte le storie sono così, una cosa porta all’altra. Molti hanno difficoltà
a rendersi conto di che cosa sia accaduto, di che cosa sia andato storto.
Solitamente è una lunga successione di situazioni che iniziano da! rapporto
con i genitori e la vita in famiglia e proseguono con la vita di strada,
povertà e violenza, fiducia mal riposta, ricerca del guadagno facile e
tentativi di lenire la sofferenza e ottundere i sensi con alcol e
allucinogeni che annebbiano la mente e il corpo. E l’effetto delle droghe,
ma anche della vita vissuta, dell’indigenza e del blocco nello sviluppo
della personalità. Questi individui mescolano pensieri e sentimenti, azioni
e valori, lasciando scarsi spazi per temperare o quanto meno riconoscere
impulsi o bramosie lesivi, crudeli, distruttivi e autodistruttivi.

Così, in un attimo al quale hanno condotto altri momenti non registrati dal
subconscio, si può « perdere la testa », commettere un atto irreparabile e
poi subire la miriade di conseguenze future. Tutto ha conseguenze, che lo
sappiamo o meno, che si sia « beccati » dalla polizia o no. Veniamo sempre
presi. Presi dal karma della propria condizione. Costruiamo la nostra
prigione giorno per giorno. Da un certo punto di vista i miei amici
carcerati avevano fatto le loro scelte, più

0 meno consapevolmente. Da un’altro, non avevano scelta; non sapevano che
esistesse la possibilità di scegliere. Ancora una volta ci troviamo in
presenza di « inconsapevolezza », o ignoranza, come dicono i buddisti. E
l’ignoranza di come impulsi inconsulti, soprattutto se caratterizzati da
avidità e odio, per quanto giustificati, razionalizzati o legali, possono
distorcere la mente o la vita di un essere umano. Tutti soffriamo di simili
stati mentali, occasionalmente in forme drammatiche, ma il più delle volte
attraverso percorsi più sottili. Tutti possiamo essere imprigionati da
esigenze incessanti, da una mente ottenebrata da idee e opinioni a cui si
aderisce come se si trattasse di verità.

Sperare di cambiare karma significa rinunciare a quanto può offuscare mente
e corpo condizionando ogni nostra azione. Non vuol dire fare buone azioni,
ma sapere chi si è, e soprattutto che non si è il proprio karma, quale che
sia in un dato momento. Significa adeguarsi alle cose cosi come stanno,
ossia vedere chiaramente.

Da dove iniziare? Perché non dalla vostra mente? Dopo tutto è lo strumento
tramite il quale i pensieri, i sentimenti, gli impulsi e le percezioni sono
tradotti in azioni. Quando sospendete l’attività esterna per qualche tempo
e praticate l’immobilità, proprio lì, in quel momento, con la decisione di
sedere a meditare, interrompete già il flusso del vecchio karma, creandone
uno interamente nuovo e più salutare. Qui risiede la radice del
cambiamento, il punto di svolta di una vita vissuta.

L’atto stesso d’interrompere, di coltivare momenti di sosta, limitandosi
semplicemente a guardare, ci colloca su un piano del tutto diverso rispetto
al futuro. Come? Perché solo se ci si compenetra completamente in questo
momento presente, qualsiasi altro che seguirà potrà caratterizzarsi per
maggior comprensione, chiarezza e gentilezza, sarà inoltre meno dominato
dalla paura o dalla sofferenza e più dalla dignità e dall’accettazione.
Solo ciò che avviene ora avverrà poi. Se non esistono compassione,
consapevolezza ed equanimità ora, nell’unico momento in cui possiamo
usufruirne e nutrirci, quante probabilità vi sono che appaiano in seguito
in condizioni di stress o di difficoltà?

***

L’idea che l’anima si congiungerà con l’estatico
solo perché il corpo è corrotto è pura fantasia.
Ciò che si trova ora, si trovava allora.
Kabir

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