Lo spazio infinitesimale che intercorre tra particelle di materia terrestre, così come stellare, è
ricco di energia fluttuante. Questo movimento ondulatorio avrebbe dato origine al nostro Universo.
La fisica classica insegna a immaginare un atomo come un sistema solare in miniatura con degli
elettroni-pianeti orbitanti attorno ad un nucleo- sole. È un errore. Tale interpretazione, stando
agli studi condotti, non dovrebbe corrispondere alla realtà delle cose. Gli elettroni che orbitano
con traiettorie circolari attorno al nucleo, infatti, dovrebbero irradiare via la loro energia come
microscopiche antenne radio, muovendosi a spirale verso il nucleo stesso.
I fisici, per descrivere quello che accade realmente e per risolvere, in ultima analisi, il problema
di rappresentazione, hanno creato una serie di teorie e formule matematiche che vanno a formare la
Meccanica Quantistica. Quest’ultima attribuisce la duale caratteristica di onda-particella alla
materia ed all’ energia.
Prevede, anche, che gli elettroni stiano in particolari orbite o livelli di energia, cosicché non
possano irradiare energia a meno che non saltino da un’orbita all’altra. L’emissione di fotoni, cioè
di luce, è proprio il risultato di tali salti energetici compiuti per compensare la diffenza
energetica fra i vari livelli.
Misurare le linee spettrali della luce emessa dagli atomi in tali situazioni, verifica quanto la
teoria quantistica sia corretta. Gli atomi appaiono emettere o assorbire pacchetti di luce, o
fotoni, con una lunghezza d’onda che coincide esattamente con la differenza energetica tra i
livelli, compatibimente con quanto previsto. Come risultato, la maggioranza dei fisici si accontenta
semplicemente di usare meccanicamente le regole della fisica quantistica che descrivono così
accuratamente quello che accade nei loro esperimenti.
Alle domande ed alle obiezioni, rispondono: “
per la fisica quantistica semplicemente non accade un
determinato fenomeno”. La teoria viene posta dinanzi ai fatti. In tali occasioni non si può non
pensare che ancora oggi vale l’ipse dixit e forse, neanche chi afferma certe cose in maniera così
bigotta crede in ciò che dice. A questo punto molti cominciano ad intuire che qualcosa non quadra
nelle convinzioni della scienza. Ci sono sempre più addetti ai lavori che evitano di rispondere ai
principali interrogativi che la fisica e la scienza in generale pongono e ai quali hanno l’obbligo
di rispondere.
La cosa sorprendente è che molte di quelle risposte stanno emergendo, per così dire, “dallo spazio
vuoto”, o da quello che si sta iniziando a definire Vacuum.
Infatti, secondo la teoria quantistica, il Vacuum, lo spazio tra particelle di materia così come tra
le stelle, non è vuoto, ma colmo di enormi quantità d’ energia fluttuante
Questa forza, è stata da molti indicata come la parte di materia mancante (oscura) nell’ Universo;
un presupposto che farebbe quadrare le odierne teorie cosmologiche.
Il concetto di energia fluttuante è concepibile solo in termini statistici. In certi istanti l’
energia di una determinata zona dello spazio assume dei valori intrinsecamente non determinabili,
per il noto principio di indeterminazione di Heisenberg. Secondo tale principio noi non possiamo
conoscere contemporaneamente tutte le caratteristiche di un sistema, poiché la nostra stessa
osservazione introduce una fluttuazione nel sistema, alterandone le caratteristiche. Solo dal punto
di vista probabilistico si possono determinare i parametri esclusi. Einstein, poi, ci obbliga ad
eguagliare la materia con l’ energia. Dando per assunto ciò, si può aggiungere che sia la materia
che l’ energia siano confinate in determinati spazi. In ultima analisi, per quella branca della
fisica che viene chiamata fisica quantistica, anche la materia fluttua ed oscilla.
Lo zero-point: le fluttuazioni energetiche dello spazio
Quanto esposto pone obbligatoriamente un quesito determinante: lo spazio possiede intrinsecamente
un’emissione minima di energia, o meglio, intrinsecamente deve fluttuare? A questa domanda, la
fisica quantistica ha dato una parziale risposta affermativa. Rimane, però, il fatto che lo stato in
cui il campo che permea tutta la materia genera le sue fluttuazioni caratteristiche non è
definibile, se non ricorrendo alla definizione di nuove terminologie.
Ecco che nasce lo zero-point (punto-zero). L’aggettivo denota che tale fluttuazione esiste anche
alla temperatura dello zero assoluto (-273,15 ºC), temperatura alla quale non v’è nessun effetto di
agitazione termica. Per intenderci, a tale temperatura, la materia, così come ce la fa immaginare la
fisica (protoni, neutroni, elettroni in rotazione e tutta la folta fauna di particelle create ad hoc
dai fisici) dovrebbe rimanere perfettamente immobile, mentre le fluttuazioni dello spazio, nelle
esperienze e nei fenomeni che accadono quotidianamente, non possiamo rilevarle. In molti sistemi
fisici tutto questo ha conseguenze importanti. Un esempio è la presenza di un “rumore” di fondo in
un ricevitore di microonde che non può essere rimosso e non può essere ricondotto a problemi di
tecnologia.
L’ energia dello zero-point è il risultato delle imprevedibili fluttuazioni casuali dell’ energia
che si ipotizza sia contenuta nel vuoto. Fluttuazioni che possono essere abbastanza intense da
causare la formazione spontanea di particelle, purché queste scompaiono di nuovo prima di violare il
principio di conservazione dell’ energia.
Di tutti i fenomeni connessi allo zero-point, quelli relativi alle onde ed ai campi elettromagnetici
sono i più difficili da individuare.
Basterà dire che il campo d’azione dell’ energia elettromagnetica è in pratica il vuoto e, data la
sua natura fluttuante, ci si può imbattere in picchi energetici di enorme intensità. Tali
caratteristiche sono riscontrabili all’interno dei singoli atomi, e sapendo che gran parte dello
spazio occupato dagli atomi è lo spazio in cui si propaga l’ energia elettromagnetica, si arriva
alla conclusione che ciò che comunemente si chiama vuoto, è in realtà uno spazio potenzialmente ad
alta energia, che in parte si disperde, ed in parte è misurabile e quindi presumibilmente
sfruttabile.
Ci sono situazioni dove l’uniformità dell’ energia elettromagnetica allo zero-point è disturbata
leggermente e questo conduce ad effetti misurabili sperimentalmente. Una situazione classica è
quella nella quale vengono perturbati i livelli di transizione quantistica all’interno degli atomi.
Perturbazione nota come Lamb Shift, dal nome del fisico americano Willis Lamb. Vi è inoltre
l’effetto Casimir, basato sull’attrazione reciproca tra due placche di metallo, poste l’una di
fronte all’altra. Sperimentalmente è provato, infatti, che le fluttuazioni del vuoto generano questa
impercettibile attrazione, misurabile solo strumentalmente.
La soglia di una nuova rivoluzione scientifica
È dunque plausibile estrarre energia elettrica dal vuoto, una possibiltà (almeno in principio)
mostrata in diversi studi condotti da ricercatori in tutto il mondo. Ma cosa ha a che fare il poter
ottenere energia elettrica dal vuoto, con le domande che ci siamo posti all’inizio? Macchina
telecinetica che sfrutta l’assorbimento dell’ energia termica ambientale e si autoalimenta. Non
necessita di carburante, né di energia supplementare.
È stata realizzata dal gruppo Methernitha a Liden, in Svizzera, negli anni ’80Il problema del perché
l’elettrone in un atomo di idrogeno non irradi via la sua energia, così come perché il protone
rimanga stabile nel suo stato e nella sua orbita atomica, è stato reimpostato in uno studio di Hall
E. Puthoff (Ground State of Hydrogen as a Zero-Point Fluctuation Determined State, Phys. Rev. 1987).
Prendendo in considerazione tutti gli studi effettuati in passato riguardo gli effetti dell’ energia
dello zero point, l’autore ha mostrato come l’elettrone possa irradiare continuamente la sua energia
– così come prevede la teoria classica – ma simultaneamente assorbire una quantità di energia
compensante dal campo dello zero-point nel quale, come atomo, è immerso.
L’equilibrio fra gli scambi energetici risulterebbe, alla fine, compatibile con le misurazioni
sperimentali condotte dai fisici in tutto il mondo. In questa visione delle cose, lo spazio orbitale
è definito da un equilibrio dinamico in cui i salti energetici degli elettroni sono prevenuti dalla
presenza dell’ energia dello zero point del campo elettromagnetico.
La natura fondamentale dell’attrazione gravitazionale non è ancora compresa a fondo, nonostante sia
descritta molto bene dalla teoria di Einstein. Se la gravitazione viene vista semplicemente nei
termini della Legge di Newton, o spiegata esclusivamente sulla Relatività Generale, ne consegue un
risultato solo descrittivo, mancando dell’approfondimento necessario alla comprensione delle
dinamiche alla base di quei concetti.
Pochi ricercatori sono in grado di proporre reali alternative alla teoria della Relatività
einsteiniana, quindi quest’ultima rimane ancora oggi uno dei fondamenti “intoccabili” della scienza
ufficiale. Attualmente quindi, invece di riscontrare “fazioni eretiche” apertamente critiche nei
confronti della Relatività e delle altre teorie fondamentali – dimostrando di avere ancora una certa
voglia di cambiare (in meglio) le cose – si osservano “congreghe accademiche” che tendono ad
unificare e omogeneizzare tutti gli studi esistenti per far nascere una chimera scientifica che
possa spiegare e comprendere ogni cosa.
In ultima analisi, i fisici tentano di unificare la gravità con le altre forze (nucleari ed
elettromagnetiche, forti e deboli) e di sviluppare una teoria Quantistica della gravità. Il che
accade con sempre maggiori difficoltà, riconducibili ad una mancanza di comprensione dei meccanismi
fondamentali. Per risolvere tali problemi e per porre fine a tali difficoltà, i più importanti
teorici stanno raggiungendo livelli sempre più alti di sofisticazioni matematiche, abbattendo nuove
frontiere di astrazione, come nel recente sviluppo delle teorie sulla supergravità e delle
superstringhe. Risultato di tanta “inventiva” è che sempre più spesso ci si trova a fare i conti con
teorie di nessuna utilità pratica e considerabili solo pure speculazioni astratte.
L’Ingegneria del Vacuum
Conducendo i suoi studi in maniera completamente diversa rispetto agli altri e sorpassando le
difficoltà che si avevano negli anni Sessanta, il noto fisico russo Andrei Sakharov propose
un’ipotesi radicalmente diversa. A suo avviso, la gravitazione non sarebbe un’interazione
fondamentale per tutti i fenomeni, piuttosto un effetto secondario o residuo associato ad altri
campi (non gravitazionali).
L’interazione gravitazionale è dimostrata dalla “distorsione” del moto (zitterbewegung) situata
nelle fluttuazioni dello zero-point del campo elettromagnetico. Due o più particelle, quindi, sono
influenzate non solo dalle fluttuazioni del campo di fondo, ma anche da quelli generati dalle altre
particelle. In aggiunta, oltre a subire la distorsione accennata, la particella virtuale accoppiata,
generata da tali campi, produce quella che viene identificata come la forza gravitazionale
attraente.
A questo punto ritorniamo a porci le domande fondamentali. Da dove è venuto l’ Universo? In che
modo, e quando, avvenne il Big Bang? Potrebbero le fluttuazioni quantistiche dello spazio vuoto
avere qualcosa a che fare con queste tematiche?
Secondo quanto propose nel 1973 il Prof. Edward Tryon dell’Hunter College della Città Universitaria
di New York, il nostro Universo può aver avuto origine da una fluttuazione del vuoto su grande
scala, e potrebbe essere stata “semplicemente una di quelle cose che a volte accadono”.
Quelli che tendono a scovare il senso pratico delle cose, non tollereranno ancora altre domande
senza risposta. Questa nuova Stele di Rosetta che emerge dal settore della fisica potrà essere
utilizzata per tradurre tali intuizioni in applicazioni pratiche, che abbiano risvolti nella vita di
ogni giorno? Potrebbe specializzarsi l’ingegnere del futuro in “Ingegneria del Vacuum”? Si potrà
risolvere la crisi energetica incontro alla quale sta andando il mondo, imbrigliando quella
intrinseca dello zero-point?
di Walter Radica
da www.isolachenonce-online.it/et/tabloid/nuovascienza/il_vuoto.html
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