In un batter d’occhio

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In un batter d’occhio

Se il mondo esterno venisse improvvisamente oscurato ogni pochi secondi, ce ne accorgeremmo
immediatamente. Eppure a malapena ci rendiamo conto del nostro battere di ciglia, anche se esso
causa una riduzione simile della quantità di luce che entra nell’occhio. Perché questi frequenti
mini-blackout non vengono percepiti ? Negli anni ottanta, alcuni scienziati avevano scoperto che
immediatamente prima di un batter d’occhio la sensibilità visiva comincia a diminuire, ma i
meccanismi cerebrali alla base di questo processo erano sempre rimasti poco chiari.

Ricercatori dell’University College di Londra propongono una possibile spiegazione del fenomeno. I
ricercatori hanno escogitato un metodo per monitorare l’attività del cervello in condizione tali che
la quantità di luce ricevuta dall’occhio rimanga costante, a prescindere dallo sbattere delle
ciglia. Gli scienziati hanno posizionato una fibra ottica nella bocca di volontari che indossavano
sugli occhi una copertura a prova di luce.

La luce emessa dalla fibra era sufficientemente forte da passare attraverso i tessuti del volto e
dunque per illuminare la retina. In questo modo, la quantità di luce che cadeva sulla retina
rimaneva costante, anche quando i volontari sbattevano le palpebre. I ricercatori hanno poi eseguito
una scansione cerebrale (risonanza magnetica funzionale) per misurare se il batter di ciglia
influenzasse il livello di attività cerebrale indotto dalla luce a prescindere dal cambiamento di
luce normalmente causato dalla temporanea chiusura degli occhi.

I risultati hanno mostrato che quando i volontari sbattevano le palpebre, l’attività del cervello
veniva soppressa in aree che rispondono agli input visivi, anche se la luce sulla retina rimaneva
costante. Molte di queste aree cerebrali vengono attivate quando le persone acquistano
consapevolezza di eventi visivi o di oggetti nel mondo esterno. “La soppressione temporanea di aree
coinvolte nella consapevolezza visiva – spiega uno dei ricercatori – potrebbe costituire un
meccanismo neurale per impedire al cervello di rendersi conto che le palpebre ricoprono la pupilla e
che il mondo viene oscurato”.

Autore: Enrico Loi / Fonte: UCL – London’s Global University

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