INFORMAZIONE E CERVELLO
di Paolo Manzelli
Laboratorio di Ricerca Educativa- Università di Firenze
EGO-CreaNet Telematic Association
1) PREMESSA
Viviamo in una epoca nelle quale l’impatto sociale delle tecnologie della informazione cambierà il
nostro sistema di vita permettendo una più ampia possibilità di comunicazione e di condivisione ed
arricchimento creativo del sapere umano.
Pertanto ritengo importante cercare di chiarire le radici cognitive delle scienza dell’informazione,
viste in relazione ai fondamenti delle funzioni e strutture cerebrali, al fine di delineare un
quadro di conoscenze di base importanti nell’ambito del cambiamento delle condizioni delle
trasmissione del sapere, per dare un pur modesto contributo verso quella qualificazione culturale,
che è estremamente necessaria per gestire la trasformazione sociale contemporanea.
In primo luogo è importante chiarire che informazione in sostanza significa differenza; infatti
qualsiasi interazione tra energia e materia è idonea ad emettere informazione rilevabile da un
ricettore qualsiasi che sia capace di distinguere differenze.
Si ha informazione quando viene recepita una disuguaglianza che indichiamo come:
Se : i # i ‘ Informazione # 0
Se : i = i ‘ Informazione = 0
I computer utilizzano un codice binario per descrivere ogni tipo di informazione cioè trasformano la
disuguaglianza in un codice detto digitale, indicato con i numeri (0 ed 1), detto Bit, ovvero Binary
Digit.
Anche i meccanismi neurologici sono centrati sulla disuguaglianza : i # i ‘.
Un esperimento sulla visione infatti che dimostra che anche la fisiologia della percezione visiva
registra solo differenze è il seguente: una persona posta all’interno di camere omogenee in termini
di luminosità, (costruite cioè in modo che gli occhi , ovunque vengano rivolti, ricevano uno
stimolo costante di radiazione), vede progressivamente spegnersi la luce, (benché essa resti accesa
), fino alla completa, temporanea cecità.
Gli animali che non hanno movimenti “saccadici” (“saccade” significa scossone), dell’occhio vedono
solo gli oggetti in movimento; per tale ragione nel mondo animale, alla vista del predatore, molte
prede si immobilizzano, evitando così di essere vedute dall’antagonista.
Quando la informazione non è costituita da una semplice differenza, ma diviene complessa a causa
delle possibilità di percepire un grande numero di differenze, allora è necessario capire come
l’informazione venga significata.
Il linguista svizzero, Ferdinand de Saussure (Ginevra 1857-1913), comprendendo che una idea si
trasmette tramite un suono, un gesto od un grafico ecc… e viceversa un segnale si trasforma in
pensiero, suddivise l’informazione relativa alla ricezione del linguaggio in informazione
“significante” ( i ) quale fattore fisico e suo “significato” ( s ) quale fattore mentale.
Successivi studi sulla “relazione semantica ” tra ( i ) ed ( s ) hanno messo in evidenza che
non sussiste un passaggio diretto tra informazione e suo significato ma che esso è articolato in
funzione dell’immaginario (im).
Il così detto “triangolo semantico” è quindi individuato da:
( im)
( i )
( s )
là dove l’immaginario è composto dalla informazione memorizzata in precedenza ( i ‘ ) che
costituisce il riferimento mentale esterno e dalla memoria genetica ( g – espressa interiormente,
differente per ciascuno di noi ), che si integrano nel cervello. ( im = i’ + g ).
L’immaginario costituisce pertanto la impronta determinante della costruzione dell’EGO con il quale
esprimiamo la nostra peculiare personalità la quale viene a formarsi come integrazione tra la
informazione genetica e quella derivata dall’apprendimento.
Il riferimento all’immaginario significa in sostanza che interpretiamo un dato evento informativo
sulla base dell’immagine integrata, tra le capacità intuitive e quelle esperite, che abbiamo
memorizzato sulla base delle precedenti relazioni tra noi ed il mondo esterno.
La funzione primaria dell’immaginario è quella di anticipare le nostre capacità di significazione
per accellerare le nostre risposte comportamentali e le nostre abilità di previsione. Se ad esempio
ci troviamo di fronte ad un semaforo, in vero non partiremmo dopo pochi secondi, se già non
avessimo riconosciuto la funzione di regolazione del traffico; pertanto sapendo già cosa abbiamo di
fronte, alla più piccola differenza di colore percepita, siamo in grado di ricostruire con
immediatezza l’intera immagine del semaforo, (anziché’ analizzarne punto per punto la informazione),
e partire rapidamente.
Se esponiamo il cervello di una persona alla “risonanza magnetica nucleare”, nel mentre osserva un
semaforo, si denota che il flusso sanguigno, (nel mentre l’individuo aspetta la variazione di
colore), già si predispone ad irrorare la zone di limite tra l’emisfero temporale e quello
occipitale (quelle che hanno il compito della visione dei colori), anticipando in tal modo i tempi
della risposta comportamentale, che sarà più o meno rapida anche in seguito all’esercizio della
capacità di reazione mente/corpo.
Il cervello è indubbiamente una struttura complessa capace di elaborazione di informazione.
Il significato infatti emerge da una integrazione di più funzioni cerebrali. Se ne possono
distinguere tre fondamentali le funzioni razionali quelle emotive e quelle volitive. Ciascuna di
tali funzioni ha una sede di elaborazione privilegiata. La funzionalità razionale (sede di ciò che
riconosciamo come “io” cioè la identificazione cognitiva del “ego”), ha luogo nei processi di
integrazione che appartengono agli emisferi cerebrali superiori i più recenti dal punto di vista
dell’evoluzione cerebrale. La funzionalità istintiva ed emozionale che sovrintende al consolidamento
della memoria a lungo termine, risiede invece nell’ambito del sistema limbico, nel quale il Talamo
costituisce il centro di raccolta e di smistamento dei segnali che provengono dagli organi di senso
fatta eccezione dei segnali visivi che vengono elaborati in immagini nella regione occipitale
dell’encefalo; la zona del Limbo situata in posizione centrale del nostro cervello, viene definita
come area generatrice dell’ “es” e cioè di quell’insieme di pulsioni che tendono a modificare il
comportamento secondo il principio della massimizzazione del rapporto “piacere/dolore”. Infine la
funzione di controllo volitivo risolutivo dei conflitti tra l’ “io e l’ “es”, appartiene alla
capacità di integrazione di una struttura ancora più antica delle evoluzione cerebrale la quale
risiede nell’area dove è collocata la Amigdala i Gangli basali e la Ipofisi, un sistema
quest’ultimo, che definisce la formazione personale dell’ “ego”, in quanto nel suo complesso regola
pulsioni e razionalità delineando la espressione significativa dal punto di vista personale dei
dettagli fini del movimento e del comportamento umano.
La integrazione completa di queste differenti funzionalità del cervello umano determina la crescita
della personalità creativa dell’uomo.
I computers non ragionano evidentemente secondo le stesse modalità di integrazione caratteristiche
del cervello umano, per quanto la base della informazione sia identicamente formulata in differenze
traducibili in bits. Infatti i computers sono programmati in modo da rispondere sostanzialmente in
modo preciso alla successione di impulsi (0/1) sulla base di enunciati razionale del tipo “vero –
falso”. Altresì il cervello umano ragiona per processi di integrazione biochimica tra varie
funzioni evolutive geneticamente definite ma flessibili in quanto il cervello umano apprende e si
modifica gradualmente nell’arco di tutta la vita.
Queste brevi ma sostanziali indicazioni ci permettono di riflettere sulle relazioni che intercorrono
tra Cervello ed Informazione, quando esse vengono mediate dallo sviluppo scientifico e tecnologico
dei mezzi di informazione.
Nel corso della storia, lo sviluppo dei “media”, tramite i quali l’uomo comunica, ha indubbiamente
contribuito a plasmare la formazione dell’immaginario.
Infatti ragionando sulla base dello schema ( im = i’ + g ) e comprendendo che la scrittura deposita
su un supporto esterno (che sia pietra , carta od altro …) la informazione, sappiamo che tale
azione corrisponde a creare un riferimento esterno, che facilita la evocazione della memoria e di
conseguenza diminuisce la personalizzazione delle conoscenze memorizzate interiormente. In pratica
ciò che avviene si può simulare in termini di un trasferimento di (i’) interiorizzato come memoria,
in una estensione speculare all’esterno; ciò facilita una dipendenza del cervello dalla stimolazione
esterna e di conseguenza può determinare un condizionamento indiretto nell’esercizio del pensiero.
Quanto sopra apparve evidente sin dalle origini della scrittura. Si narra infatti che una prima dura
critica alla scrittura risalga al Re dei Sumeri, già ai tempi in cui fu inventata la prima
composizione dello scritto cuneiforme; il Re ne proibì la utilizzazione dicendo in sostanza che, la
facilità di evocazione della memoria, permessa dalla scrittura rispetto alla tradizione orale,
avrebbe formato tanti “saputelli”, ma ben pochi “sapienti”, capaci quest’ultimi di interiorizzare
con saggezza le conoscenze acquisite.
Simili critiche furono vociferate da più parti anche quando il tipografo di Magonza, Johann
Gutemberg, pubblicò una grande quantità di copie della Bibbia (tra il 1452 ed il 1456) utilizzando
la sua invenzione della stampa a torchio e caratteri mobili.
Inoltre ai tempi di Gutemberg si aggiunse una critica ancor più marcata contro la diffusione delle
conoscenze della Bibbia; critica che in sostanza sottolineava come il sapere, una volta messo nelle
mani di gente di poca saggezza, sarebbe incorso in una grave degenerazione interpretativa.
Per quanto tali critiche abbiano un fondamento difficilmente disconoscibile, (pur sapendo che tali
effetti degenerativi sono correggibili tramite una adeguata metodologia educativa), il potere delle
gerarchie sociali, da sempre ha volutamente ignorato l’altro aspetto della medaglia; cioè il fatto
che la diffusione delle conoscenze e la loro divulgazione rende l’immaginario meno oberato da
processi ripetivi e mnemonici di conoscenze divenute in gran parte obsolete, così che, di fatto, i
“media” permettono non solo una estensione del sapere, ma contribuiscono ad ampliare la libertà e
la potenzialità del cervello per affinare il ragionamento , verso nuove e più elevate mete
determinando un notevole progresso della civiltà.
Ragionando ancora sullo schema del “triangolo semantico”, da cui dipende la significazione dei
messaggi informativi, possiamo dire che l’immaginario, libera, coadiuvato dai mezzi di
conservazione e trasmissione del sapere, la azione della sua componente genetica; il carico della
informazione interiorizzata ( i’ ) infatti diminuisce esternalizzandosi, semplificando di
conseguenza la possibilità interiore di sviluppare nuovi processi di integrazione cerebrale della
informazione esterna; quanto sopra, visto da un punto di vista sociale, significa che
l’immaginario collettivo si arricchisce, poiché l’incremento della comunicazione e la
esternalizzazione delle conoscenze favoriscono la creatività di insieme, e ciò permette di
ridefinire evolutivamente anche la struttura dell’EGO, tramite un ciclo aperto (detto di
“feedforward”) delle interazioni tra informazione esterna, “immaginario collettivo” ed apprendimento
interiorizzato individualmente.
2) RETI INTERATTIVE E LINEE DI RIFORMA DELLA SCUOLA
Le precedenti sintetiche considerazioni ci permettono ora di focalizzare alcuni elementi essenziali
per affrontare la riflessione contemporanea sul problema della utilizzazione sociale ed educativa
delle “reti interattive”.
E’ bene innanzitutto osservare che le reti di tipo “INTERNET” hanno una struttura reticolare di
connessioni aperta a collegamenti provenienti da tutte le direzioni ciò permette una distribuzione
di comunicazioni complessa ed articolata, proveniente da ogni nodo della rete.
Ciò è ben diverso dalla struttura della informazione dei “mass media” tradizionali la quale può
essere definita come struttura ad albero, che diffonde rami a partire dalle sue radici e si amplia
con un sistema di collegamenti che si sviluppano in successione.
La differenza della tipologia di struttura dei due mezzi di comunicazione (reti e mass-media
tradizionali) è evidente: la prima corrisponde ad un insieme non sequenziale detto “sistemico” di
connessioni, ad “architettura distribuita”, del mezzo di trasmissione della informazione, mentre
…. libri, giornali, riviste , radio e TV…. , sono sistematicamente definiti da una struttura
gerarchica, derivante dalla “intelaiatura centralizzata” delle modalità di propagazione della
informazione.
(NOTA: A proposito di questa tematica cito la mia relazione sul tema “La cultura della
interattività e lo sviluppo creativo – “Confronto” L’Harmattan Italia Ed. TO- II-3-4- pp. 215-226
-1996- ripubblicato negli Atti del Convegno LRE/ Maggio- 96 organizzato presso il Centro Studi
TELECOM di San Salvador a Venezia.)
Tale differenza è sostanziale perché l’informazione trasmessa in “rete INTERNET”, non avendo
sequenzialità programmata, rende difficile, (ma non impossibile) la applicazione della logica di
“causa ed effetto” nella sequenza di significazione delle informazioni ricevute, ma ha il vantaggio
sostanziale di non rendere “passivo” l’ascoltatore grazie alle capacità di interazione, in tempo
reale e differito, della rete.
Ricordiamo che l’interattività delle reti di tipo INTERNET, permette di utilizzare maggiormente del
“dialogo” quale forma interattiva di comunicazione naturale. Quanto sopra è importante proprio
perché il nostro cervello è strutturato in modo più simile ad una rete (quella dei neuroni), che non
ad un sistema gerarchicamente correlato; queste brevi osservazioni rendono il tema, “CERVELLO e
RETI”, una problematica che, a partire da questi accenni ed indicazioni sintetiche, dovremo in
seguito coscientemente trattare evidenziandone molti aspetti ed implicazioni, anche pratiche di
sperimentazione ed innovazione educativa, proprio per il fatto che siamo qui impegnati ad introdurre
questi moderni mezzi di comunicazione nell’ambito del rinnovamento della scuola.
Il documento del Ministro Berlinguer, oggi in discussione, testualmente dice, proprio tra le
considerazioni iniziali: “l’accellerazione dello sviluppo delle tecnologie della informazione ha
profondamente inciso sulla ‘stabilità delle conoscenze’, sempre più rapidamente ‘bruciate’ dalle
innovazioni”; pertanto il problema decisivo diviene quello dei requisiti che dovrà avere la
educazione che integri il sistema tradizionale di istruzione con la utilizzazione delle “reti
interattive”, quale strumento per mantenere aggiornate in modo permanente le conoscenze onde seguire
l’evoluzione e l’avanzamento dei saperi. La prospettiva indicata dal documento Berlinguer è
sostanzialmente quella di aumentare la flessibilità del sistema di formazione “in favore di un
maggiore approfondimento dei ‘nuclei fondanti’ delle discipline” ed in seguito dice “occorre
inoltre che il sistema dell’istruzione perda la sua caratteristica di struttura fortemente
piramidale dove ogni ciclo ha funzione fondamentale e propedeutica rispetto ai cicli successivi, per
assumere una struttura modulare nella quale ogni segmento identifichi precise problematiche”.
Con queste brevi note, il tema generale su “INFORMAZIONE e CERVELLO”, resta aperto al dibattito che
mi auguro si sviluppi anche in seguito con impegno, al fine di correlare la problematica della
innovazione della scuola, al sistema di formazione in rete ed alla evoluzione cerebrale creativa
nell’apprendimento: temi questi sinceramente difficili da trattare e di grande responsabilità
intellettuale, ma in vero indispensabili, al fine di migliorare la formazione delle risorse umane
quale fattore strategico dello sviluppo contemporaneo.
Concludendo, spero che le considerazioni puntuali che ho delineate nell’ambito di un approccio
globale, impostato per descrivere la formazione quale essenziale fattore di sviluppo creativo,
possano costituire un valido stimolo rivolto al fine di definire praticabili soluzioni per un
decisivo miglioramento della educazione, che certamente oggi, ancor più di prima, costituisce una
esigenza sociale non più dilazionabile ulteriormente.
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