Inquinamento, le particelle magnetiche che arrivano nel cervello

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Inquinamento, le particelle magnetiche che arrivano nel cervello

di Simone Valesini

Le ha scoperte una ricerca appena pubblicata su Pnas. Si tratta di nanoparticelle di magnetite, un
materiale tossico, che sembra collegato allo sviluppo dell’Alzheimer e di altre malattie
neurodegenerative.

Non solo cuore e polmoni: anche il nostro cervello potrebbe essere a rischio a causa
dell’inquinamento atmosferico. Una ricerca appena pubblicata sui Proceedings of the National Academy
Sciences ha infatti identificato, per la prima volta, nei tessuti del cervello umano delle
nanoparticelle di magnetite di origine industriale. Il materiale, spiegano gli autori dello studio,
è un ossido del ferro con proprietà magnetiche prodotto dai processi di combustione delle centrali
elettriche e di altri impianti di produzione, e all’interno del nostro organismo risulta
estremamente tossico.

La presenza di magnetite nel cervello umano in realtà non è di per sé una novità. Da almeno 25 anni
infatti si sa che il nostro organismo può produrre queste micro-particelle magnetiche a partire dal
ferro utilizzato nei normali processi metabolici. Il ruolo svolto dalla magnetite di origine
biologica però non è chiaro. Il problema, spiega un articolo di Science, è che la magnetite causa un
grave stress ossidativo sulle nostre cellule, e la sua presenza è stata collegata (se pur non in
modo definitivo) allo sviluppo dell’Alzehimer (e di altre patologie neurodegenerative) e alla
formazione delle placche amiloidi che lo accompagnano.

Questo materiale è inoltre presente in grandi quantità negli inquinanti ambientali prodotti dalle
centrali elettriche e da altri impianti produttivi di tipo industriale. Per questo motivo, gli
autori dello studio, un team di ricerca internazionale coordinato dalla fisica Barbara Maher della
Lancaster University, hanno deciso di verificare quante delle nanoparticelle di magnetite presenti
nel cervello umano siano effettivamente di origine biologica, analizzando campioni di corteccia
cerebrale provenienti da 37 cadaveri.

Utilizzando diversi tipi di tecniche di imaging, i ricercatori hanno verificato la struttura
geometrica delle nanoparticelle di magnetite presenti nei campioni, scoprendo che la maggior parte è
di forma sferica, particolare che a detta degli esperti suggerisce un’origine ambientale, e non
biologica.
A confermare la provenienza esterna del materiale, anche la presenza di altre particelle metalliche
che non vengono prodotte naturalmente dal cervello, come platino, nickel e cobalto, che dimostrano
come gli inquinanti ambientali possano raggiungere il nostro sistema nervoso centrale con molta più
facilità di quanto si riteneva fino ad oggi.

La magnetite ambientale presente nel cervello supererebbe inoltre quella biologica con una
proporzione di cento a uno: numeri elevatissimi che rendono ancor più preoccupante la scoperta. Il
legame di questa sostanza con Alzheimer e altre patologie del sistema nervoso non è ancora chiaro,
sottolineano gli autori dello studio, e non si sa neanche a quali livelli di concentrazione andrebbe
considerata pericolosa. Ma i possibili rischi non si possono sottovalutare. “Purtroppo si tratta di
un fattore di rischio estremamente plausibile, e rende sicuramente necessario lo sviluppo di
adeguate precauzioni”, ha spiegato Maher su Science. “I legislatori hanno già cercato di tenere
conto di questi pericoli nelle attuali normative sull’inquinamento ambientale, ma evidentemente
queste norme potrebbero avere bisogno di essere riviste”.

www.lancaster.ac.uk/news/articles/2016/toxic-air-pollution-nanoparticles-discovered-in-the-hu
man-brain/

www.sciencemag.org/news/2016/09/industrial-air-pollution-leaves-magnetic-waste-brain

www.wired.it/scienza/medicina/2016/09/01/alzheimer-farmaco-placche-amiloidi/

da wired.it

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