Insegnamenti che possiamo ricevere da un Pesce

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Insegnamenti che possiamo ricevere da un Pesce

di Caitanya Carana Dasa

Il paradosso americano: Fame Spirituale in un’Era d’Abbondanza di David G. Myers è uno dei vari
libri che trattano fatti e rivelano statistiche per esaminare la realtà che sta dietro al sogno
americano, reso attraente su scala mondiale, di una vita felice dovuta alla ricchezza e al piacere
dei sensi.

Dal 1960:

• La percentuale dei divorzi è raddoppiata.
• La percentuale dei suicidi tra gli adolescenti è triplicata.
• La percentuale registrata di crimini violenti è quadruplicata.
• La popolazione delle carceri è quintuplicata.
• La percentuale di bambini nati da coppie non sposate è sestuplicata.
• La convivenza (un indicatore di un futuro divorzio) è aumentata di sette volte.
• La depressione è aumentata di dieci volte rispetto al livello precedente alla Seconda Guerra
Mondiale.

Il sogno americano si è trasformato in un incubo camuffato? Che cosa è stato sbagliato? Per i devoti
di Sri Krishna, questa triste situazione è una convalida degli insegnamenti di Krishna nella
Bhagavad-gita, dove nel verso 5.22 Egli afferma che il piacere materiale genera la sofferenza; la
realizzazione è solo una questione di tempo, non di probabilità. I devoti del Signore sono spesso
più misericordiosi del Signore e uno dei modi in cui questa loro maggiore misericordia si manifesta
è il vigore con cui presentano gli insegnamenti del Signore. “Non ha alcun senso affermare che un
materialista possa essere felice” è una delle citazioni di Srila Prabhupada che per la sua assoluta
attendibilità, dà un duro colpo al nostro compiacimento riguardo alla vita materiale.

La maggior parte dei media e il mondo culturale intorno a noi sostengono con forza che il
materialismo è il metodo per diventare felici, Srila Prabhupada afferma invece con assoluta
convinzione che il materialismo non può mai rendere felice una persona. Srila Prabhupada riformula
semplicemente un insegnamento essenziale di Sri Krishna ripetuto più volte. Per aiutarci a
comprendere questo insegnamento contenuto nelle Scritture, Srila Prabhupada ci ha dato l’analogia
del pesce: proprio come un pesce inizia a soffrire nel momento in cui lascia l’oceano, anche noi
cominciamo a soffrire nel momento in cui lasciamo l’oceano di nettare della coscienza di Krishna.
Facciamo alcune riflessioni su questa analogia.

Il Destino del Pesce

Immaginate un pesce in un oceano che costeggia un immenso deserto. Esso vede un miraggio sulla riva
e un giorno decide che la vita sulla Terra sarà più piacevole. Dal momento in cui esce dall’oceano
comincia la sua sofferenza. Il miraggio non gli fornisce l’acqua e ogni goccia d’acqua che trova è
troppo piccola per soddisfarlo. Per il pesce l’unico modo di essere felice è tornare nell’oceano.
Quanto più insiste a cercare sia il miraggio che le gocce d’acqua, tanto più soffre per l’ardente
calore della sabbia sotto di lui e del sole sopra la sua testa. Se il pesce avesse saputo che il
momento in cui lasciava l’oceano avrebbe segnato l’inizio della sofferenza, ignorando il miraggio
non si sarebbe avventurato sulla riva. Anche se non si sentiva completamente felice nell’acqua, non
avrebbe mai trovato sulla Terra la via per una felicità più grande.

Tutti noi siamo come il pesce e la coscienza di Krishna è come l’oceano. Dal momento in cui
permettiamo alla nostra coscienza di uscire dall’oceano di nettare della coscienza di Krishna,
cominciamo a sperimentare la sofferenza. Dagli oggetti dei sensi – piaceri e ricchezze, posizioni e
possedimenti – veniamo tentati a lasciare la coscienza di Krishna. Per quanto possano sembrare
attraenti gli oggetti dei sensi, sono semplicemente ingannevoli e non possono mai renderci felici.
Danno solo un piacere temporaneo, mentre noi cerchiamo un piacere eterno. Possiamo sperimentare la
felicità soltanto tornando alla coscienza di Krishna. Quanto più perseguiamo gli oggetti dei sensi,
tanto più soffriamo mentre andiamo avanti e indietro tra la coscienza di Krishna e gli oggetti dei
sensi – attraverso il calore ardente delle condizioni materiali e del condizionamento materiale.
Questo viaggio è penoso e difficile, perché ogni azione che compiamo ci condiziona creando modi di
pensare e comportamenti che ci spingono a ripetere quell’azione.

La vulnerabilità dell’uomo di fronte al condizionamento lo intrappola nella dipendenza – spesso
inconsapevolmente e a volte anche involontariamente. Questa è la ragione per cui, quando
comprendiamo che il piacere materiale è futile, spesso è diventato la posizione automatica della
nostra mente; istintivamente, senza riflettere ne siamo attratti e andare contro questa forza
d’attrazione diventa difficile e talvolta doloroso. Inoltre, ricercando il piacere materiale ci
mescoliamo e ci leghiamo con persone orientate verso il materialismo e i legami emotivi che abbiamo
costruito spesso ci rendono difficile staccarci dai piaceri materiali che ci hanno procurato
l’approvazione degli altri. Perciò, se comprendiamo che uscendo dalla coscienza di Krishna
accresciamo la nostra sofferenza, perché mai dovremmo uscirne? In realtà perché dovremmo anche solo
guardare gli oggetti dei sensi che potrebbero tentarci ad uscire? Anche se non ci sentiamo
pienamente felici nella coscienza di Krishna, l’unica strada per una felicità maggiore non è verso
l’esterno, ma verso l’interno – non fuori della coscienza di Krishna, ma più profondamente in essa.

Sottigliezze Degne di Nota

Naturalmente l’analogia del pesce non è perfetta. Nessuna analogia materiale può contenere
perfettamente una verità spirituale. Ma nel nostro attuale stato di coscienza, in cui la mente è
ancora condizionata dai limiti imposti dall’energia materiale, le analogie possono aiutarci. Perciò
i maestri spirituali usano analogie materiali per presentare verità spirituali – anche se in modo
imperfetto. Per evitare ogni malinteso che l’analogia del pesce possa aver provocato, consideriamone
i limiti. Essi rivelano importanti sottigliezze della filosofia della coscienza di Krishna:

1. Quando il pesce esce dall’acqua, in breve tempo muore. Noi anime eterne non moriamo mai, ma
dimenticando la coscienza di Krishna “uccidiamo” la nostra consapevolezza spirituale – la
consapevolezza di essere entità spirituali che hanno diritto alla felicità spirituale nel mondo
spirituale, reciprocando amore spirituale con la suprema realtà spirituale, Krishna. Lo
Srimad-Bhagavatam e la Isopanisad si rivolgono a coloro che uccidono la propria consapevolezza
spirituale chiamandoli atmaha, “uccisori dell’anima” – una metafora appropriata.

2. Il pesce non è mai attratto da un miraggio, noi siamo invece attratti dagli oggetti dei sensi,
che sono come miraggi. Quest’attrazione è dovuta al potere di maya, l’energia illusoria che ditorce
la nostra percezione con le sue due potenze: (a)avaranatmika-sakti (potenza che copre) oscura la
percezione della nostra vera natura di esseri spirituali e congela i nostri desideri spirituali. (b)
praksematika-sakti (la potenza che spinge verso il basso) ci illude con il falso senso di essere
creature materiali e accende i nostri desideri materiali.

3. La sofferenza del pesce fuori dall’acqua è sempre facile a vedersi, al contrario della sofferenza
delle persone prive della coscienza di Krishna. In realtà nessuno può essere felice senza la
coscienza di Krishna e le statistiche citate all’inizio dimostrano con forza questa eterna verità.
Quegli esseri viventi che hanno vissuti per lunghissimo tempo senza la coscienza di Krishna ne hanno
quasi completamente dimenticato il gusto. Mentre al momento non conoscono altro piacere che quello
falso della gratificazione dei sensi, si sono abituati a questo falso piacere nonostante tutte le
sofferenze che lo precedono e lo seguono.

Abituati in questo modo, non sempre comprendono la propria sofferenza come conferma lo
Srimad-Bhagavatam (3.30.5): “L’essere condizionato è contento della sua sorte, a qualunque specie
appartenga. Sviato dall’influenza dell’energia illusoria che copre la sua capacità di vedere, non è
incline ad abbandonare il suo corpo, anche se vive all’inferno, perché si compiace dei piaceri più
bassi.” L’illusione che le persone siano felici nel materialismo può anche tentare persone dotate di
disposizione mentale spirituale a perseguire risultati materiali e ad alternare piacere materiale e
purificazione spirituale, ma il gusto illusorio della gratificazione dei sensi non può soddisfare a
lungo quelli di noi che conoscono qualcosa di meglio, che hanno gustato la coscienza di Krishna.

Il gusto sublime e supremo della coscienza di Krishna è ancora fresco nella nostra memoria – se non
nella nostra memoria cosciente, almeno in quella subconscia. Questa è la ragione per cui se ci
allontaniamo consciamente dalla coscienza di Krishna per perseguire la gratificazione dei sensi, nel
nostro subconscio continuiamo a paragonare il piacere della gratificazione dei sensi con il gusto
della coscienza di Krishna e naturalmente troviamo che il primo è insoddisfacente. IlBhagavatam
(1.5.19) afferma: “Anche se per una ragione qualsiasi il devoto del Signore, Sri Krishna, può
deviare, certamente non subisce, al contrario degli altri, l’influsso dell’esistenza materiale.
Infatti, chi ha gustato una volta il nettare dei piedi di loto del Signore non può che ricordare
quell’estasi sempre di più.”

Sfortunatamente, anche dopo aver ripetutamente sperimentato che la gratificazione dei sensi è
insipida e inutile, la nostra mente testarda può ancora spingerci e obbligarci a continuare a
perseguirla. In queste circostanze, possiamo usare la realistica analogia del pesce e la risonante
citazione di Prabhupada come martelli che spingono il chiodo della verità sulla futilità della
gratificazione dei sensi attraverso la testardaggine, simile a un muro, della nostra mente. Presto o
tardi realizzeremo che perseguire la gratificazione dei sensi è una causa persa e torneremo – o
ritorneremo alla coscienza di Krishna. E meglio presto che tardi.

Caitanya Carana Dasa è discepolo di Sua Santità Radhanatha Swami. È laureato in ingegneria
elettronica e delle telecomunicazioni e fa servizio a tempo pieno all’ISKCON di Pune. È autore di
otto libri. Per leggere altri suoi articolo o la sua riflessione sulla “Bhagavad-gita giornaliera”
visita il sito thespiritualscientist.com.

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