Interpretazioni della Teoria Quantistica

pubblicato in: AltroBlog 0

Dell’Incertezza
Interpretazioni della Teoria Quantistica

L’assunzione fondamentale della Teoria Quantistica e` che ogni campo di forze si manifesta sotto
forma di particelle discrete (o “quanta”). In altre parole, le forze (elettromagnetica,
gravitazionale, etc.) altro non sono che manifestazioni di uno scambio di quantita` discrete di
energia. Questa fu la scoperta di Max Planck nel 1900, e per tale ragione l’unita` fondamentale di
scambio e` chiamata “costante di Planck”. Qualunque scambio di energia deve avvenire come multiplo
di quella costante.

Louis de Broglie nel 1923 generalizzo` un’idea di Einstein e propose che particelle e onde fossero
la stessa cosa. A ogni particella si puo` associare un’onda, e ogni onda e` una manifestazione di
una particella. Uno puo` parlare di energia e massa, oppure di frequenza e lunghezza d’onda. Fra
queste quantita` esiste un collegamento diretto. Werner Heisenberg e Erwin Schrodinger trovarono le
formule che esprimono questa relazione. Fu pero` Max Born a precisare la natura di questa relazione:
l’onda associata a una particella e` un’onda di “probabilita`”, nel senso che “prescrive” quali
futuri sono possibili per quella particella. Lo stato di una particella non e` piu` quello classico
(posizione nello spazio e nel tempo e velocita` di moto). Lo stato di una particella e` dato dalla
sovrapposizione di tutti i suoi possibili futuri, ciascuno “pesato” con una probabilita`.
L’equazione di Schrodinger descrive l’evoluzione nel tempo di questa funzione di probabilita`, ed e`
l’equivalente delle equazioni della fisica classica. La differenza e` che in ogni istante la
funzione d’onda descrive un insieme di possibilita`, non un’attualita`… Soltanto osservando il
sistema possiamo leggere un valore specifico per la quantita` che vogliamo osservare: prima della
misurazione non c’e` alcun modo di prevedere il risultato dell’esperimento. E` l’atto di misurazione
che “forza” il sistema ad assumere un valore specifico fra quelli possibili, ed e` del tutto casuale
quale valore venga scelto.

I fisici hanno dibattuto a lungo sul significato di questo fatto: che senso ha dire che lo stato di
un elettrone e` un insieme di possibili stati? L’elettrone e` qui o li`? In fisica classica non ci
sono dubbi: e` qui (il “qui” che misurera` anche il microscopio). Ma in fisica quantistica
l’elettrone e` sia qui sia li`, semplicemente con diverse probabilita` di essere qui e li`. Soltanto
dopo che l’ho misurato posso dire che e` qui. Il fatto lascio` cosi` perplessi i fisici che
Schrodinger stesso propose il famoso paradosso del gatto che e` al tempo stesso vivo e morto, in
quanto la particella da cui dipende la sua esistenza e` al tempo stesso qui e li`!

Heisenberg espresse l’indeterminatezza della fisica quantistica con il famoso principio di
indeterminatezza: quanto piu` accuratamente misuro una quantita`, tanto meno accuratamente posso
misurare le quantita` ad essa collegata. Siccome la Relativita` prescrive che posizione e velocita`
sono collegate, non posso misurarle simultaneamente. Se le posizioni di due particelle sono
collegate, non posso conoscere la posizione di entrambe. E cosi` via. (Einstein non credette mai
alla validita` di questo principio, ma il principio e` una diretta conseguenza delle sue formule!)

Che cos’e` la “realta`” del mondo per la fisica quantistica? Sfortunatamente quella che noi
percepiamo come realta` si scopre essere semplicemente una serie di incidenti di percorso. Se
crediamo alla fisica quantistica, il mondo e` nelle mani di queste onde di probabilita`. Ogni tanto
una di queste onde “collassa”, e allora, e soltanto allora, succede qualcosa (le quantita` fisiche
assumono dei valori osservabili). La sequenza di quei “qualcosa” costituisce la realta` che
percepiamo noi.

Fu Von Neumann a chiarire gli estremi del problema. A far collassare la funzione d’onda e`, secondo
la fisica quantistica, l’interferenza di un altro sistema. Per esempio, se cerco di misurare una
quantita` di un sistema (la sua velocita`, per esempio), faccio collassare la funzione d’onda del
sistema, e pertanto leggo un valore per quella quantita` che prima era semplicemente una delle tante
possibilita`. E` il mio atto di osservare a causare la “scelta” di quel particolare valore della
velocita` fra tutti quelli possibili. Ma “quando” si verifica quel collasso? C’e` una catena di
eventi che porta dalla particella al mio cervello: la particella e` a contatto con qualche
strumento, che e` a contatto con qualche altro strumento, che e` a contatto con il microscopio, che
e` a contatto con il mio occhio, che e` a contatto con la mia coscienza… dove avviene di preciso
il collasso? A che punto la particella smette di essere una funzione d’onda e diventa un oggetto con
una velocita` ben precisa?
Il problema puo` essere riformulato cosi`: che cosa causa il collasso di una funzione d’onda? Basta
la semplice presenza di un’altra particella nei dintorni del sistema? Oppure dev’essere un oggetto
di grandi dimensioni? Oppure dev’essere per forza un oggetto in grado di osservare? Oppure
dev’essere per forza una mente umana? Sappiamo che un uomo e` in grado di far collassare una
funzione d’onda, in quanto gli scienziati possono misurare le particelle. Ma un insetto? Un insetto-
scienziato sarebbe in grado di compiere le stesse osservazioni? Sarebbe in grado di far collassare
una funzione d’onda? E un virus? Una pietra? Un albero? Un soffio di vento?…

Von Neumann si domandava cosa promuove un oggetto a “collassatore”. La fisica quantistica concede
questo privilegio: i sistemi classici (come gli strumenti di misurazione o gli esseri umani, oggetti
che hanno una posizione, una forma e un volume ben definiti) sono capaci di far collassare la
funzione d’onda di sistemi quantistici (che sono invece pure onde di probabilita`) e pertanto di
misurarli. Ma cosa determina se un sistema e` classico o quantistico? Anzi, come fa la natura a
sapere quale dei due sistemi e` quello che misura e quale e` quello da misurare, in maniera tale che
possa far collassare quello da misurare e non quello che misura? Perche’, quando misuro un
elettrone, collassa l’elettrone e non collasso io? Intuitivamente, i fisici rispondono che un
sistema per essere classico deve essere “grande”, in quanto l’indeterminatezza e` tanto maggiore
quanto piu` ci si avvicina alle dimensioni della costante di Planck. Ma questo significa
semplicemente che gli oggetti “grandi” hanno un’immunita` dalle leggi quantistiche che e` basata
soltanto sulla loro dimensione. Quantomeno bizzarro.

Roger Penrose ha recentemente proposto che sia la gravita` a concedere quella immunita` speciale.
Gli oggetti “grandi” deformano lo spazio-tempo e cio` in qualche modo causa il collasso spontaneo
del sistema in una possibilita` ben precisa. Ecco perche’ i sistemi “grandi” hanno una posizione e
una forma ben definita. Analogamente, quando il mio campo gravitazionale entra in contatto con
quello di un sistema “piccolo” (che si comporta come un sistema quantistico), lo fa diventare parte
di un sistema “grande” e pertanto di un sistema classico. E pertanto lo posso misurare.

Il fatto rimane che nulla nella fisica quantistica spiega cosa realmente accada quando un sistema
quantistico “collassa”: il collasso corrisponde a un cambiamento nello stato del sistema, oppure
corrisponde semplicemente a un cambiamento nella conoscenza che io ho di quel sistema?

Naturalmente, viene subito la tentazione di puntare il dito verso la coscienza.

Forse il collasso e` dovuto al fatto che un essere senziente compie la misurazione. Forse la mente
entra nel mondo attraverso il pertugio lasciato aperto dal principio di indeterminatezza di
Heisenberg. Forse la fisica quantistica ci sta dicendo che la mente umana “deve” esistere affinche’
il resto dell’universo possa esistere, altrimenti non ci sarebbe nessuno ad osservarlo e cio`
significa che resterebbe in eterno nel limbo delle possibilita`. La realta` e` il contenuto della
nostra coscienza, come ha scritto recentemente Eugene Wigner.

Un’altra possibilita` e` quella di negare semplicemente che si verifichi questo misterioso
“collasso” della funzione d’onda. Invece di ammettere che il futuro venga scelto a caso ogni volta
che la funzione collassa, uno puo` decidere che tutti i possibili futuri si verificano tutti
insieme. In ogni secondo l’universo si divide in miliardi di altri universi, uno corrispondente a
ogni possibile valore di ogni possibile quantita` che uno potrebbe misurare. E` questa la teoria di
Hugh Everett: se qualcosa puo` succedere, allora succede… in qualche universo. Una copia di me
esiste in ogni universo. Io osservo tutti i possibili risultati di una misurazione, ma lo faccio in
universi diversi. Fra coloro che credono in questa ipotesi si contano luminari come David Deutsch e
Stephen Hawking.

Wojciech Zurek pensa che tutto contribuisca al collasso, e che il collasso possa avvenire per gradi
successivi. L’ambiente distrugge quella che Zurek chiama “coerenza quantistica”. E per “ambiente”
intende proprio tutto, dalla singola particella che transita per caso fino al microscopio.
L’ambiente causa “decoerenza” e la decoerenza causa una sorta di selezione naturale alla Darwin: lo
stato classico che emerge da uno stato quantistico e` quello che meglio si “adatta” all’ambiente.
Non sorprende pertanto che, studiando questo fenomeno, Zurek stia pervenendo a intriganti paralleli
con il fenomeno della vita (l’altro grande mistero della natura e`, ovviamente, quello di come la
materia vivente emerga dalla materia non vivente).
Come fa il mondo classico, fatto di oggetti e forme e confini e pesi e altezze, ad emergere da un
mondo quantistico, fatto soltanto di onde e di probabilita`? Forse la risposta gettera` luce anche
su altri misteri della natura, dalla vita alla coscienza.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *