Introduzione al Buddhismo Theravada (parte2)

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Introduzione al Buddhismo Theravada (parte2)

Primo Dialogo

di Guido Da Todi

Quello che voglio sottolineare è che i nostri dialoghi non intendono
dettagliare al massimo gli aspetti culturali del buddismo…forse, non ne
sarei, francamente, neanche capace.

Parleremo dei “tre canestri”; ossia, delle letterature, conservate dai
buddisti, e da dove fiorisce tutto quanto il sistema… i vangeli, i sutra…
le parole del Buddha; e, poi, continueremo a descrivere la magnifica vita
di questo Buddha storico, per concludere l’attuale dialogo. Nel prossimo
incontro entreremo in quella che è, veramente, la carne viva, eucaristica
della rivelazione di Buddha. Quindi, per completare le esigenze laconiche,
sintetiche, di storicità, dei nostri dialoghi, voglio sottolineare ancora
qual è la fonte a cui si riferiscono, storicamente parlando, tutti i
buddisti e i simpatizzanti di questa Dottrina. Intanto, amici miei e amiche
mie, chiariamo subito che tutto l’insegnamento di Buddha, è stato,
all’inizio, tramandato oralmente; poi, si cominciò a scriverlo, a fissarlo.
I frammenti scritti più antichi li troviamo in monumenti di pietra,
innalzati dal grande re hindu Asoka, verso il 250 a.C. Nacquero, in quel
periodo, delle controversie, delle eresie dottrinali – come succede spesso
– e furono indetti vari concili, con lo scopo di proteggere, per iscritto,
la dottrina del grande Illuminato. Oggi, noi abbiamo la raccolta ufficiale
dei testi sacri, chiamato “Il Canone” – che è redatto, in lingua “pali”.

La lingua pali è un dialetto del sanscrito hindu, parlato nel primo secolo
a.C. Quindi, vedete, dal 250 – il periodo del re indiano Asoka, (a cui,
forse, dobbiamo la continuità del buddismo, la protezione del buddismo nel
mondo) – ecco che arriviamo al primo secolo a.C.,in cui fu creato il canone
buddista, redatto in lingua pali. E in cosa consisteva? Poiché, a suo
tempo, si scriveva sulla pergamena, e le pergamene – quando diventavano 7 o
10… un certo numero – era buona norma conservarle in canestri, ecco che,
allora, questo canone – cioè, l’assieme di tutti i testi sacri, – fu
chiamato il Tripitaka, che, letteralmente, significa ” i tre canestri”…
proprio perché, simbolicamente, i tre canestri contenevano il triplice
canone delle scritture buddiste.

Infatti, le scritture buddiste oggi si compongono di tre raccolte. La prima
raccolta si chiama: il Vinaya Pitaka, ed è un canestro, una collezione
scritta delle discipline delle tante comunità monastiche del Sangha, dei
monaci buddisti; e contiene, tale primo canestro simbolico, le 227 regole,
o Sutta, che riguardano i rapporti economici, la vita, il modo di vestirsi,
i cibi, l’abitazione dei monaci…del Sangha, come si suol dire. Poi, abbiamo
un secondo canestro – perché, ripeto, è triplice il canone delle scritture
buddiste – che si chiama il Sutta Pitaka; si tratta del canestro più
importante, perchè comprende le regole e la dottrina esposta da Buddha,
redatte in forma di discorsi, di dialoghi, di poesi… Il Buddha parla
anche in prima persona. Tra poco leggeremo – per rifarci, un po’,
ufficialmente, alla stesura della sua vita qualcuno di questi brani.

A sua volta questo secondo canestro è diviso in cinque Nikaye; in cinque
raccolte. Ho quasi finito, scusatemi… ma è importante che si delinei,
robustamente, la struttura e il binario in cui noi ci troviamo: culturale,
storico e sostanziale. Infine, c’è il canestro meno antico…quello, forse,
un po’ più fantasioso, che si chiama Abhidhamma Pitaka e il Paritta, che è
il canestro meno antico: un’esposizione della dottrina metafisica, secondo
un metodo scolastico. Questo ultimo canestro – questa raccolta di
pergamene, di scritti – è redatto in forma di catechismo, con domande,
risposte, classificazioni logico-numeriche, ed è diviso in 7 trattati.
Troviamo, anche – sempre,qui, nel terzo canestro – una serie di
spiegazioniesoteriche, di poteri magici, divinatori, astrologici.

Ecco, francamente, la ragione per cui ho detto che questo canestro, il
terzo canone di scritture buddiste, non è diffuso a livello popolare (il
Buddha non parlava mai di poteri magici) ed è da considerarsi un po’più
fantasioso. Ecco, con questa chiusura, io credo che il rispetto per gli
ascoltatori dei nostri dialoghi sia stato seguito. Abbiamo proposto una
sintesi generica, ed abbiamo collocato la figura del grande Avatar nella
sua storicità, nella sua geografia, nei suoi contenuti, e nelle opere
tradizionali a cui noi ci riferiremo per concludere questo fondamentale, ed
anche difficile primo dialogo. ………. Lasciammo Buddha, che era appena
bambino; la sua mamma era morta e lui aveva, adesso,una matrigna.

E’ importante dire che egli crebbe in un ambiente accuratamente e
gelosamente creato dal padre; il quale, un pò sbigottito dalle profezie che
erano state fatte su di lui, e un pò gelosamente attratto dall’amore per
questo figlio, non voleva che egli conoscesse i turbamenti del male, della
sporcizia, delle cose pericolose che esistevano fuori del palazzo reale, e
desiderava farlo crescere come in una serra. I Sutra ricordano le parole
che Buddha rivolgeva ai suoi discepoli, per narrare ad essi come si
svolgeva la sua vita di principe giovinetto. Ecco, tramite le sue parole –
riportate, appunto, nelle scritture sacre buddiste – ecco che cosa egli
dice. “Ero delicato, molto delicato, estremamente delicato. Laghetti, con
piante di loto, erano stati creati per me, nella casa di mio padre, per mio
esclusivo diletto. In un laghetto fiorivano loti di colore blu, in un altro
loti bianchi, in un altro ancora loti rossi. Non usavo legno di sandalo,
che non fosse di Benares; il mio turbante, la mia tunica, la mia veste e il
mio mantello erano tutti fatti con tessuti di Benares. Un parasole bianco
mi proteggeva, giorno e notte, in modo che né il freddo, né il calore, né
la polvere,né la sabbia, né la rugiada mi potessero recare disturbo. Avevo
tre palazzi: uno per l’inverno, uno per l’estate e un altro per la stagione
delle piogge. Nel palazzo della stagione delle piogge ero intrattenuto da
menestrelli esclusivamente di sesso femminile.

Per i 4 mesi della stagione delle piogge non andavo mai nel palazzo più
basso, e mentre, normalmente, nelle case degli altri, ai servitori e ai
dipendenti viene dato da mangiare riso spezzato e zuppa di lenticchie,
nella casa di mio padre veniva dato loro riso bianco e carne. ” Questo era
il lusso in cui il principe Siddharta viveva… e non basta…. Il padre, che
lo proteggeva quasi fosse una madre, lo volle vedere sposato. Siddharta
passava molto del suo tempo sotto un albero… (il simbolo dell’albero è
molto importante nella vita di Siddharta: Egli nasce sotto un albero,
medita sotto un albero; muore, poi, sotto un albero…ed ha l’illuminazione
sotto un albero)… e il padre cominciò a cercare tra i parenti quelli che
potessero essere i genitori della sua futura sposa.

..A tal proposito, c’è unepisodio curioso che vorrei indicarvi. Nascevano
delle titubanze in tutti iparenti interpellati, perchè essi pensavano:
“…Questo ragazzo bellissimo, splendido, forte, gentile, lo vediamo sempre
star lì, a meditare… ma potrà difendere nostra figlia? Potrà, quando
dovesse succedere una guerra, e lui eventualmente rimanesse senza mezzi,
sostenerla?” E si pensò, allora, di creare una specie di incontro, di
torneo, per potere saggiare la forza di Siddharta. Ebbene, egli – narra la
tradizione – sbaragliò, nella tenzone, tutti quanti coloro che lo volevano
battere; inoltre ci furono anche degli esami, in cui dei saggi gli
rivolgevano delle domande… ma, lui rispose a tutti i loro interrogativi
Solo che questi ultimi non seppero far fronte – essi! – ai suoi quesiti….
Fino a quanto, ecco che Siddharta sceglie a moglie sua cugina Yashodara Ed
ebbero un figlio: Rhaula. La vita continuava a passare,.. forse noiosa, per
Siddharta

Ed ecco ripetersi lo strano mistero…..ci avete fatto caso, miei cari
amici?….. tutti i santi, tutte le grandi incarnazioni hanno trascorso la
prima parte della vita come se una leggera patina avvolgesse la loro anima.
Noi abbiamo saputo che Siddharta trascorse centinaia di rinascite con
questo scopo: di acquistare, cioè, le qualità di amore, di pacatezza e di
equilibrio, tali da poter diventare il salvatore dell’umanità: l’unico
salvatore finale dell’umanità. Eppure, fino a quel momento, questa
pressione, questa spinta, questo karma di vite passate ribollivano
all’interno del suo animo, lo rendevano insoddisfatto; ma, egli non ne
riconosceva la tendenza… gli mancava qualche cosa, la spinta, il quid che
potesse scatenare il ricordo della sua missione e del suo grande passato.
Tale ricordo, tale insoddisfazione lo spinse a chiedere al padre: “Padre,
qui, sto vivendo come in una gabbia dorata. Cosa c’è fuori? Fammi uscire
nel nostro dominio, nella città che io ancora non conosco…voglio vederla”.
Il padre, dopo diverse insistenze, alla fine, accettò…

Però, chiamà l’auriga di Buddha, e gli disse:

“… Mi raccomando, camuffiamo le strade, e tu passa attraverso quelle che io
ho abbellito, dove tutti stiano bene, dove lui non abbia delle visioni
negative, e fallo transitare solo da lì…che non passi altrove!…”

Buddha salì su quel carro, con 4 cavalli, guidato dal suo auriga… ed ecco
che, finalmente, appaiono, nella sua vita, le tre figure simboliche, che
contribuiscono a provocargli il Risveglio: i tre messaggeri,come vengono
chiamati. Il primo incontro fu con un uomo, tutto piegato su stesso,
rugoso…con gli occhi, le cui palpebre mostravano, all’interno, il rosso…e
la cui saliva scendeva attraverso l’angolo della bocca: la vecchiaia!.

<< Chi è questo qui?>> << Mio Principe>> rispose l’auriga <<è la vecchiaia…
un uomo vecchio!>> <> – “Ma, allora – Buddha esclamò-
tutti diventeremo vecchi?…” <> – replicò
l’auriga Buddha rimase perplesso; ma, proseguirono, fino a quando, sdraiato
sul marciapiede, vide un altro uomo, sfigurato e dolente, con delle
pustole, e delle piaghe…. <> <>(…
il secondo messaggero…) < malati?!>> <>

Meditabondo, Buddha riprese il cammino….qualcosa si stava muovendo in
lui……e proseguì, sino a quando vide delle persone, che piangevano,
singhiozzavano… delle bambine e dei bambini, ed una moglie, che stavano al
capezzale di un corpo immoto, un corpo gelido. <> < morto Principe!>> <
muore?…>> <> Riporta il Canone
buddista che il Buddha abbia pensato, allora, di fronte ai tre messaggeri:
….”Mentre avevo così tanto potere e buona sorte, allora mi venne il
pensiero. Quando una persona ordinaria, non istruita, che è soggetta
all’invecchiamento, che non è al sicuro dall’invecchiamento vede una
persona anziana, rimane sconvolta, umiliata e disgustata perchè ha
dimenticato che egli stesso non è un’eccezione. Ma, anch’io sono soggetto
all’invecchiamento, non sono al sicuro dall’invecchiamento. E quindi non
può essermi d’aiuto l’essere sconvolto, umiliato e disgustato dal vedere
una persona anziana!” Non appena rifletté su questo, in Buddha la vanità
della giovinezza svanì completamente.

Allora gli venne il pensiero “…Quando una persona ordinaria, non istruita,
che è soggetta alla malattia, che non è al sicuro dalla malattia, vede una
persona malata, rimane sconvolta, umiliata e disgustata, perchè ha
dimenticato che egli stesso non è un’eccezione. Ma, anch’io sono soggetto
alla malattia, non sono al sicuro dalla malattia. E, quindi, non può
essermi d’aiuto l’essere sconvolto, umiliato e disgustato dal vedere una
persona malata.” Appenarifletté su ciò, la vanità della salute svanì
completamente! Allora realizzò: “….Quando una persona ordinaria, non
istruita, che è soggetta alla morte, che non è al sicuro dalla morte, vede
una persona morta, rimane sconvolta, umiliata e disgustata, perchè ha
dimenticato che egli stesso non è un’eccezione. Ma, anch’io sono soggetto
alla morte, non sono al sicuro dalla morte. E, quindi, non può essermi
d’aiuto l’essere sconvolto, umiliato e disgustato dal vedere una persona
morta.”

A questo punto, la vanità della vita svanì completamente! Ed ecco i
pensieri, il concetti, infine, che spingono il Buddha a liberarsi di tutta
quella struttura radiosa, ricca, di quella prigione di lussi – che era la
reggia in cui nacque e viveva – per andare a cercare la Chiave che
liberasse l’uomo dal dolore. Riportano i canoni buddisti, le sacre
scritture buddiste, le seguenti parole di Buddha, quelle definitive.

“Allora, oh bhikkhu – (bhikkhu significa monaco) – “…prima del mio
risveglio, quando ero ancora un Bodhisattva, non mi sono liberato da maya,
essendo io stesso soggetto alla nascita, all’invecchiamento, alla malattia,
alla morte, alla sofferenza e alla corruzione. Cercavo quello che fosse
ugualmente soggetto alla nascita, all’invecchiamento, alla malattia, alla
morte, alla sofferenza e alla corruzione. Allora, mi venne il pensiero.
Perché, essendo soggetto io stesso alla nascita, all’invecchiamento, alla
malattia, alla morte, alla sofferenza e alla corruzione, cerco ciò che è
ugualmente soggetto alla nascita, all’invecchiamento. Perchè cerco
questo?…la malattia, la morte, la sofferenza e la corruzione?Perchè io lo
cerco? E se invece, essendo io stesso soggetto a queste cose, avendo visto
il pericolo in esse, cercassi il “non nato”? Il non soggetto
all’invecchiamento, il non soggetto alla malattia, il senza morte, la
suprema e non corrotta liberazione dalla schiavitù: il Nirvana?”

Il Bodhisattva si era risvegliato!

Siddharta tornò nel suo palazzo aureo, guardò gli splendidi giardini,
guardò le alcove, guardò i divani, l’oro, guardò queste stanze belle, ma
proseguì e andò fino alla moglie, che dormiva accanto al figlio. Non li
svegliò….voleva, sì, prendere in braccio il figlio e baciarlo, salutarlo;
ma si disse: “Se io prendo in braccio mio figlio, si sveglierà mia moglie!
No! io me ne vado! Io devo andare a cercare quello che mi libererà dal mio
stato di sofferenza umana, dai significati delle tre figure simboliche: la
sofferenza dell’uomo, la sofferenza della donna.”

E mentre stava montando sul suo destriero, Kantaka, per lasciare il
palazzo, Mara, la forza negativa del cosmo lo fermò: “Non partire o mio
Signore! Fra sette giorni apparirà la “Ruota dell’impero” e farò di te il
sovrano dei quattro continenti e delle duemila isole adiacenti. Resta, o
mio signore!” Nulla!….Seguito da Channa, il fedele auriga, Buddha uscì
dal palazzo! Uscì dalla città e andò alla ricerca della verità, della
verità che libera! Siddharta aveva 30 anni. Passeranno cinque anni, fino a
quando non fermerà lo sguardo interiore sulla lancinante visione che, poi,
donerà,come Chiave dell’ultima libertà, al ceppo umano…. A questo punto
della narrazione, credo che si possa, amici miei, fare un attimo attenzione
al seguente episodio, poiché ha una fondamentale importanza per coloro che
hanno orecchie giuste per sentire (e mi auguro che tutti voi le abbiate).

In quel tempo esistevano due grandissimi yogi colti, che riassumevano in sé
tutte le conoscenze e i poteri mentalidello yoga, quali erano stati
prodotti dalla grande india. Ricordiamocelo…. è vero che noi stiamo
parlando di 2600 anni fa, ma è anche vero che l’India non ha età e sono
sempre esistiti, lì,dei grandi yogi. Uno di essi si chiamava Alara Salama;
l’altro, Udama Ramaputta. Egli si recò dal primo e,rispettosamente,
chiese: ” Io sono in sofferenza, dammi… dammi la verità!” Alara Salama,
questo grande yogi, percepì di trovarsi di fronte, evidentemente, a
qualcheduno di grande e gli insegnò come raggiungere la sfera della “non
esistenza”. Noi sappiamo che esistono il “sé” e il “non sé” (ne parleremo
più avanti, nei prossimi dialoghi)… ma, fermiamoci un attimo qui, senza
approfondire la conoscenza del grande guru. Che gli fece scuola,… il
giovane Siddharta, come al solito, assorbì rapidamente ogni insegnamento,
sino a che esclamò: “….No, no io ho capito tutto, ho assorbito… ho eseguito
le tue meditazioni…ma, non è questo che vado cercando. …Ciò, non contiene
la libertà!” Al che, Alara Salama, replicò: “Vieni!Allora, insegna
tu!” “No, no! Ho altro da fare, ora! Non posso insegnare…” Egli era
divenuto il maestro di Alara Salama. Riprese il cammino ed incontrò il
secondo grande yogi. Questi due yoghi – lo ripetiamo – riassumevano tutta
la conoscenza interiore del pianeta… e la yoga – lo sappiamo – contiene i
significati nascosti delle cose. Uddaka Ramaputta era colui che riusciva a
far raggiungere ai suoi discepoli i livelli meditativi più elevati della
sferaintermedia, tra la “percezione” e la “non percezione”. L’equilibrio
assoluto della forma. Anche qui egli disse :

“No! Non è questo!” Buddha assorbì l’insegnamento di Uddaka Ramaputta, che
gli chiese, fervidamente, anch’egli: “Diventa il Maestro!..

” “No!..No!..Non è questo quanto io vado cercando.” Volevo chiarire, a
questo punto, quanto io, all’inizio del dialogo, ho già detto…cioè, che,
oggi, tutto il sentiero da cui proveniamo, quello dell’esoterismo, della
meditazione chiamata Samatha porta ad una costruzione.. ad un edificio,
anche se sottile, supportato da tutte le pratiche che noi conosciamo
….ecco, qui, a noi sono apparsi, simbolicamente, questi due grandi yoghi,
che sintetizzano l’intera conoscenza dell’esoterismo della Forma …una
conoscenza che si è presentata anche a coloro, che hanno percorso il nostro
sentiero… sino ad arrivare al Buddha. Voglio affermare, con estrema
franchezza, che il sentiero della verità e della liberazione è stato sinora
proposto all’umanità, solo sino ad un certo punto, e non integralmente….

La massima perfezione della Forma radiosa – che è il sentiero
dell’esoterismo – giunge sino al Buddha – che ne vede l’incompletezza…ed è
rappresentata da questi due grandi esseri… …E’, perciò, al sentiero da cui
tutti quanti noi proveniamo che Buddha dice: “No!” Un sentiero completo,
importante; ma, a cui mancauno scalino. Ed ecco che Buddha va alla ricerca
di quel tassello… che, francamente, credo manchi a coloro che non hanno
raggiunto, che non hanno conosciuto ancora il Suo Insegnamento…. Egli,
quindi, inizia (abbiamo visto che Buddha aveva 30 anni) una ricerca
solitaria ma che ricapitola un pò tutto quello che, nelle rinascite
precedenti, aveva accumulato in sé. Si unisce ad un gruppo di cinque asceti
e comincia “la Strada della Penitenza”….

…..Vediamo, oggi, delle statue, delle iconografie abbastanza frequenti, in
molti templi, in cui il Buddha è rappresentato con i capelli rialzati in
alto, che formano una conocchia sulla testa…perchè gli asceti avevano
l’abitudine di legarli in quella maniera…ed Egli sta nella posizione del
loto ed ha le costole che fuoriescono; ed è magro , emaciato… Ecco, egli è
il Buddha sofferente… perchè inizia a praticare tutti quei tipi di rinunce
…che poi sono descritte dettagliatamente nei canoni. Non le voglio leggere
perché…. fa anche una certa impressione… ciò che escogitò Buddha per
distruggere, diciamo così, ogni compiacimento verso la carne. …Ed anche gli
asceti insieme a lui.. i cinque asceti seguirono, per molto tempo, tutto
questo doloroso tentativo di raggiungere la verità, l’illuminazione,
tramite l’umiliazione della carne.

Ciò lo osserviamo anche in molti asceti della chiesa cattolica, e così via.
Passa molto tempo, passano circa cinque anni, e Buddha arriva ai suoi 35
anni. Fino a che egli, per qualche intuizione che gli disse dentro quanto
non fosse giusta quella via, finalmente si nutre… decide di nutrirsi con un
po’ di riso che gli offre una donna.
E dice: “Ma, non c’è niente di male….Se non mi nutro non ho forza per
raggiungere la verità! Per meditare non è giusto neanche questo sistema, di
ascetismo inutile, vuoto e forse sadico!…

Ed allora decide ed esclama: “Ora, basta!.. Basta!.. Io ho 35 anni!..
Questa stessa notte mi porrò decisamente di fronte alla ricerca più
assoluta!”

Egli si trovava di fronte all’albero di Bodhi, il famoso fico (…ma, non
parliamo del fico occidentale… i fichi indiani sono, invece, degli alberi
giganteschi) “Ecco, io mi siederò, qua, ai piedi dell’albero” (notate il
consueto simbolismo dell’albero?…)”…e non mi muoverò da qui fino a che
non avrò risolto il problema cosmico, il problema del dolore nella vita”.

Vi ricordo che questo albero esiste ancora…non è lo stesso, ma certamente
si è rinnovato, e, comunque, le gemme, i figli dell’albero si sono
perpetuati sino ai giorni nostri…. di questo albero che, ancora oggi, è
venerato…. E Buddha rimane lì, a pensare, a meditare, avendo abbandonato
tutte le ricerche, avendo visto quello che era falso e quello che era
ingiusto. Leggeremo, adesso, ciò che egli dice e ciò che egli raggiunge in
questa meditazione finale della sua vita. Nella posizione del loto, ai
piedi del gigantesco albero, egli pervenne, finalmente, ai quattro gradi di
concentrazione e di assorbimento meditativo, che sono conosciuti come il
massimo dello Yoga

Leggo, ora, le parole del Canone buddista, che è tradizione siano state
pronunciate da Buddha , in quel momento. “Con la mente, in tal modo,
calmata, purificata, pulita, incontaminata, non corrotta, malleabile,
coltivabile, stabile, impassibile io diressi la mente a conoscere e
ricordare le mie esistenze precedenti. Richiamai, così, alla mente una
grande quantità di forme di vite precedenti. Prima una nascita, poi due
nascite, poi tre nascite, poi quattro nascite, poi cinque nascite, poi
dieci nascite, poi venti nascite, poi trenta nascite, poi quaranta nascite,
poi cinquanta nascite, poi cento nascite, poi mille nascite, poi centomila
nascite. (nota di Guido:”Come siamo antichi!…”). Poi, l’epoca della
disgregazione dei mondi. Poi, l’epoca dell’integrazione dei mondi, (nota di
Guido: “…qui, Egli parla di nascite personali;ma,anche, di cicli
planetari…”). Poi, l’epoca della disgregazione,dell’integrazione dei mondi.
Così era il mio nome, così era la mia famiglia, così erano le mie
sembianze, così era il
mio nutrimento, così era la mia esperienza di piacere e sofferenza, così il
tempo della mia vita…“ Con dettaglio, vide le esistenze passate,
tutte…mentre Siddharta giaceva, ripeto, davanti a questo albero, in
meditazione, deciso a conquistare l’ultimo segreto della vita “…poi,
passando oltre, entrai in un’altra esistenza, in cui così era il mio nome,
così era la mia famiglia, così le mie sembianze, così il mio nutrimento,
così la mia esperienza di piacere e sofferenza, così il tempo della mia
vita. Poi, passando oltre, ancora, entrai di nuovo in questa esistenza;
così, con pienezza di dettagli e connotati, richiamai alla mente varie
forme di esistenze precedenti. Questa fu la prima conoscenza che raggiunsi
nelle prime ore della notte. L’ignoranza fu dissipata e sorse la
conoscenza. L’oscurità fu dissipata e sorse la luce e, in questo modo,
dimoravo vigile, energico e risoluto. E la sensazione di piacere, che era
sorta in tal modo, persistette, senza prendere il controllo della mia
mente. Con la mente in tal modo calmata, purificata, pulita, incontaminata,
non corrotta, malleabile, coltivabile, stabile, impassibile, io la diressi
alla consapevolezza dello scomparire e del riapparire degli esseri.

Con visione chiaroveggente purificata e sovrannaturale, diressi la mia
mente alla conoscenza della scomparsa e riapparizione degli esseri.
Compresi, che gli esseri sono inferiori o superiori, belli o brutti, ben
ricompensati o mal ricompensati, a seconda delle loro azioni, karma; e, in
verità, quegli esseri che non sono retti nell’azione, che non sono retti
nella parola, che non sono retti nella mente, che offendono le persone
nobili, che hanno una visione non retta, che compiono azioni seguendo una
visione non retta, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, entrano in
uno stato di privazione, verso una destinazione sfavorevole, in un luogo di
sofferenza, in mondi infernali.

Quegli esseri invece che sono retti nell’azione, retti nella parola, che
non offendono le persone nobili, che hanno una retta visione, che compiono
azioni secondo una retta visione, con la dissoluzione del corpo, dopo la
morte, raggiungono una destinazione favorevole, in mondi celestiali. Con
visione chiaroveggente, purificata, sovrannaturale, io vidi gli esseri
scomparire e riapparire; compresi che gli esseri sono inferiori o
superiori, belli o brutti, ben ricompensati o mal ricompensati,a seconda
delle loro azioni, okarma. Questa fu la seconda conoscenza che raggiunsi
nelle ore successive della notte. L’ignoranza fu dissipata e sorse la
conoscenza. L’oscurità fu dissipata e sorse la luce. E, in questo modo,
dimoravo vigile, energico e risoluto, e la sensazione di piacere che era
sorta in tal modo persistette, senza prendere il controllo della mia mente.
Con la mente in tal modo calmata, purificata, pulita, incontaminata, non
corrotta, malleabile, coltivabile, stabile, impassibile, io la diressi
verso la conoscenza dell’estinzione degli inquinanti asava (…apro una
parentesi… parleremo, poi, di cosa siano e dell’importanza di questi
“inquinanti”, che si annidano nella nostra mente…. Ne parleremo ed
apprenderemo ad eliminarli eda trasformarli….) “E così ebbi una conoscenza
diretta, conforme a ciò che realmente è, che: ‘Questa è la sofferenza;
questa è l’origine della sofferenza; questa è la cessazione della
sofferenza; questo è il sentiero che conduce alla cessazione della
sofferenza. (…qui, Buddha dà una prima indicazione delle Quattro Nobili
Verità. Ne parleremo nel prossimo dialogo…. ) “E così ebbi una conoscenza
diretta, conforme a ciò che realmente è, che: “Questi sono gli inquinanti”
(ripeto, ne parleremo)”; questa è l’origine degli inquinanti; questa è la
cessazione degli inquinanti; questo è il cammino per la cessazione degli
inquinanti’.

—————

(E sapeste, miei cari amici e care amiche, come vi tengono stretti nei loro
denti questi “inquinanti”, che sono, praticamente, un sottilissimo cancro,
origine delle sofferenze dell’uomo!)

“Così conoscendo e così vedendo, allora la mia mente fu liberata
dall’inquinante del piacere sensuale, dall’inquinante del divenire e
dall’inquinante dell’ignoranza. In questa condizione di libertà, sorse la
conoscenza: ‘Esiste la libertà”; ed ebbi la diretta conoscenza che: ‘La
nascita si è esaurita, la vita religiosa è stata realizzata, ciò che doveva
essere fatto è stato fatto, non c’è più l’essere (il divenire, il
reincarnarsi, il prendere una nuova esistenza ). Questa fu la Terza
Conoscenza, che raggiunsi, nelle ultime ore della notte. L’ignoranza fu
dissipata e sorse la conoscenza; l’oscurità fu dissipata e sorse la luce, e
in questo modo dimoravo, vigile, energico e risoluto. E la sensazione di
piacere che era sorta in tal modo, persistette, senza prendere il controllo
della mente”.

“E così, o bhikkhu”….(attenzione, amici miei, ascoltate cosa dice
adesso!..) “…ho visto un antico sentiero, un antico cammino, già percorso
dai perfettamente Risvegliati del passato. E quale è, o bhikkhu, questo
antico sentiero, quest’antico cammino, già percorso dai perfettamente
Risvegliati del passato? E’ semplicemente il Nobile Ottuplice Sentiero, che
consiste in retta visione, retto pensiero, retta parola, retta azione,
retta sussistenza, retto sforzo, retta consapevolezza, retta
concentrazione. Questo è l’antico sentiero, l’antico cammino, già percorso
dai perfettamente Risvegliati del passato; e, seguendo questo sentiero,
sono giunto a conoscere l’invecchiamento e la morte, sono giunto a
conoscere l’origine dell’invecchiamento e della morte, sono giunto a
conoscere la cessazione dell’invecchiamento e della morte, sono giunto a
conoscere la strada che conduce alla cessazione dell’invecchiamento e della
morte. Seguendo questo cammino sono giunto a conoscere la nascita, il
divenire, l’attaccamento, il desiderio, le sensazioni, il contatto, le sei
facoltà sensoriali, la mente e corpo, la coscienza. Sono giunto a conoscere
le attività intenzionali, e anche il percorso che conduce alla cessazione
delle attività intenzionali. Avendo ciò compreso (attraverso l’esperienza
personale), ho insegnato ai monaci, alle monache, ai praticanti laici, così
che questa vita spirituale diventi piena, prospera e diffusa, conosciuta a
molti, e annunciata da creature celesti ed umane” E continua Buddha,
(ripeto, forse, sfugge a qualcuno – e non lo si dimentichi – che stiamo
leggendo esattamente il canone buddista; cioè, le parole ricordate dai suoi
primi discepoli e racchiuse nelle scritture buddiste):

“E così, o bhikkhu,” continua Siddharta, “essendo io stesso soggetto alla
nascita, all’invecchiamento, alla malattia, alla morte, alla sofferenza e
alla corruzione, avendo visto il pericolo in ciò che è soggetto a questi
fenomeni, cercando il non nato…. (… ecco, ascoltate questo termine: il –
non nato…il non sé – è veramente la chiave di volta di tutto l’insegnamento
di Buddha… Noi, nei dialoghi, cercheremo di dare un significato ai termini,
cercheremo nel nostro microcosmo di seguire la strada che ha illuminato
Buddha e che egli ci ha profuso a piene mani…) “…cercando il non nato, il
non soggetto all’invecchiamento, il non soggetto alla malattia, il senza
morte, il senza sofferenza, la suprema liberazione dalla schiavitù, il
Nibbana; ho realizzato il non nato, il non soggetto all’invecchiamento, il
non soggetto alla malattia, il senza morte, il senza sofferenza, la suprema
liberazione dalla schiavitù, il Nibbana. La conoscenza e la visione sorsero
in me” (E io auguro che, alla fine dei dialoghi, abbiate afferrato e
teniate in mano il capo della corda che porti anche voi a questa suprema
finale realizzazione!….) “La conoscenza e la visione”, dice
Buddha, “sorsero in me, la mia liberazione è definitiva, questa è la mia
ultima nascita, non sarò soggetto ad alcuna rinascita”

Pochi conoscono questo ultimo dettaglio storico, che sto per esporvi.

Buddha ha 35 anni ormai, 36 quasi; ha raggiunto l’illuminazione; è stato un
lavoro laborioso, il suo…e noi ne abbiamo, in questo primo dialogo, varato
l’impostazione storica, la figura, i risultati; abbiamo, tuttavia, parlato
del titolo e non del libro che è contenuto nel titolo … di quello che ha
raggiunto Buddha…dovevamo farlo… …E’ molto bello questo prossimodettaglio….
…La gente ripete che il Buddista non crede in Dio; in effetti, c’è una via
di mezzo, ne parleremo avanti… però, vi ricordo che quando Buddha ha
realizzato l’ultima verità, che era tanto sottile, anche se inebriante,
fuori dalle abitudini dell’uomo…l’unica verità…Egli rimane perplesso. …E
dice: “Ma, chi ci crederà a queste cose?”

…Perdonate, amici miei, io stesso ho fatto e faccio uno sforzo su di me,
perchè so molto bene, che, durante i dialoghi, verranno dette alcune cose
quasi incredibili, di primo acchito. Francamente, mi rifugio nel Buddha,
nel dire queste cose…ma, non le affermo io… esse sembreranno abbastanza
ostiche a comprendersi, e ben conosco alcuni punti difficoltosi dei
prossimi dialoghi…però, essendo il nostro argomento l’unica chiave di volta
della libertà universale, io debbo andare avanti, malgrado tutto.. Ed
allora, sentite cosa dice Buddha, in proposito a quanto sto affermando,
appena raggiunto l’illuminazione: “E così mi venne il pensiero, o
bhikkhu…Questo Dhamma (Verità, Legge Universale) che ho trovato è profondo,
difficile da vedere, difficile da capire, pacifico, prezioso, oltre la
logica, sottile, comprensibile solo al saggio. Ma, le persone cercano il
desiderio, amano il desiderio, sono deliziate dal desiderio… dunque, per le
persone che cercano il desiderio, amano il desiderio, sono deliziate dal
desiderio, questi principi, come il rapporto di causa e effetto, la
causalità condizionata.. (…molto bello! Io mi sento entusiasta nel sentire
questi concetti, “causalità condizionata” – perchè li ho vissuti a fondo,
li vivo a fondo. Vorrei che voi stessi percepiste quello che mi hanno dato
e lo provaste…!)….ebbene, tutto ciò sono cose difficili da comprendere. ” –
dice Buddha dopo avere raggiunto la visione ultima. “E in verità sono anche
difficili da comprendere aspetti come il quietarsi di tutte le formazioni,
il lasciar andare ogni attaccamento, l’esaurirsi del desiderio,
l’equanimità, la cessazione, il Nibbana” (o Nirvana). E se io mi ponessi ad
insegnare il Dharma e che gli altri non mi comprendessero, ciò sarebbe per
me un’inutile fatica e un’afflizione. E così, mentre stavo riflettendo, la
mia mente – dice Buddha – propendeva verso l’idea di lasciar perdere, di
non insegnare il Dhamma.”

Ecco, questo dettaglio lo voglio dire perchè va detto! Buddha quando ha
assistito all’esplosione della verità ed ha scoperto il sentiero unico
(attenzione ‘unico’, inteso come “più diretto”), complesso ed articolato,
il sentiero che offre la libertà, rimane perplesso e decide : “No, no… io
rimango a meditare e non lo descrivo all’uomo, perchè non mi
crederanno…Pochi mi crederanno.” A questo punto, Egli si mette a meditare.
Si dice che lui fece una meditazione camminata attorno all’albero di bodhi,
sprofondò in se stesso, per molte ore e decise di non dare il Sentiero
della Luce all’uomo. Ma, ecco che Brahma Prajapati (cioè, “l’aspetto di
Dio, che ha rivelato la conoscenza dello yoga al mondo,”) gli si avvicina e
lo prega. Gli dice: “Dona all’uomo, la Verità!…La venuto di un Buddha è
un’ occasione unica per l’umanità,! Fa, quindi, che questa umanità conosca
il Dhamma. Dalla all’uomo, questa verità…perché, vedi, esistono delle
persone che hanno soltanto appena appena le palpebre coperte di sabbia. Non
essere duro!… E’ vero, è difficile, è difficile, è un sentiero sottile
come il filo di un rasoio…però, molte persone, molte anime, molti uomini e
molte donne hanno soltanto le palpebre ricoperte di sabbia…. Basterà poco a
che queste palpebre possano venirepulite, ed essi proveranno la gioia e la
libertà dalle rinascite. Insegna, insegna la strada del Dhamma! Indica il
Cammino; insegna quello che tu hai trovato…perché il Buddha viene una sola
volta, in ogni ciclo di dolore. Fu qui che Buddha decise e disse: “Si! Io
darò il Dhamma all’uomo!” E venne incontro all’uomo. Quello che è
importante rivelare, noi adesso lo deleghiamo al prossimo dialogo. Vorrei
soltanto aggiungere che lui non sapeva a chi dare questo prezioso, questo
grande e completo pacchetto di libertà! La tessera mancante al mosaico
delle nostre conoscenze ontologiche (…mi rivolgo a voi, che avete studiato,
come me,le cose metafisiche della vita). E allorapensò:

“Vado da quei due grandi insegnanti, che mi hanno insegnato il primo Yoga”
Ma, essi erano morti; non c’erano più. Allora decise ” Andrò ad insegnare
ai miei cinque amici yoghi… (che,tra le altre cose, quando egli si era
allontanato, uscendo dai dolorosi e comuni digiuni ed aveva mangiato, lo
guardarono con un certo senso di disprezzo, chiamandolo fallito…. perchè
pensavano che avesse tradito, diciamo così, il loro sistema di ricerca
della verità.) ….andrò da loro!”

Tra questi cinque yoghi ce n’era uno che si chiamava Kondanna, e, quando
Buddha, al così detto “Parco delle Gazzelle”, dette la prima spinta alla
ruota del Dhamma erano presenti dei Deva, degli Angeli bellissimi, che
assistevano, e gli stessi Angeli non capirono quello che ascoltarono
dall’Illuminato…. erano contenti, erano felici; ma, non compresero. Solo
uno, solo uno intese, tra i suoi cinque amici, i quali, pur avendolo
chiamato traditore, appena lo videro venire, rimasero ammutoliti….. perchè
egli emanava una radiazione… (…quando si stava recando da essi, Buddha
incontrò un vecchio santo, il quale gli chiese: “Ma, tu chi sei?”-
vedendolo così radioso. Perchè aveva realizzato la verità, la libertà! “Ma
tu chi sei? Un Angelo? Un Deva? Un Dio?” lui rispose “No! non sono nessuno
di questi!Sono un risvegliato”.

E allorchè Egli iniziò a raccontare, ad esporre la teoria, le sue nuove
conoscenze… non solo le nobili verità e l’ottuplice sentiero, ma come
raggiungere il nirvana (ciò che noi cercheremo di fare nei prossimi
dialoghi) un solo uomo comprese. Ed era Kondanna, che disse:

“Ho capito! TUTTO CIO’ CHE NASCE, MUORE!”

Ecco, questa può sembrare una frase nichilista! Ebbene, io vi assicuro che
è una frase di totale gioia, di totale libertà! Deleghiamo quindi, miei
cari amici e fratelli, ai prossimi dialoghi, la prosecuzione del nostro
cammino nel terreno di Buddha e, nell’attesa, come al solito, io mi rifugio
nei tre gioielli: –

Nel Buddha, nel Dharma, e nel Sangha!

(Guido Da Todi)

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