Introduzione alla Bhagavad-gita “cosí com’è” – 2
di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
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parte 2
…segue
Che cosa si propone la Bhagavad-gita? Il suo fine è quello di liberare gli uomini dall’igno-ranza a
cui li ha costretti l’esistenza materiale. Ogni giorno l’uomo si trova alle prese con mille
difficoltà. Arjuna, per esempio, sta per affrontare una guerra fratricida; deve o non deve
combattere? Chiuso nel suo profondo dilemma, egli cerca una soluzione rivolgendosi a Krishna, che
gli espone allora la Bhagavad-gita. Come Arjuna, anche noi siamo immersi nell’angoscia a causa
dell’esistenza materiale, che considriamo come l’unica realtà. Ma noi siamo fatti per soffrire,
perchè siamo eterni e la nostra vita in questo mondo illusorio (asat) è solo passegera. Tutti gli
esseri umani soffrono, ma ben pochi indagano sulla loro vera natura o sulla ragione della
sofferenza. Nessuno sarà veramente perfetto se non si chiede il perchè della sofferenza, se non la
rifiuta e sceglie di porvi rimedio. Possiamo considerarci uomini solo quando questa domanda si
affaccia alla nostra mente. Il Brahma-sutra chiama questa ricerca “athatho brahma-jijñasa”. Se
l’uomo non cerca la Verità Assoluta, ogni sua attività rimarra imperfetta. La Bhagavad-gita è fatta
proprio per rispondere a coloro che si chiedono: “Perchè siamo soggetti alla sofferenza?”, “dove
andremo dopo la morte?” Chi cerca sinceramente, chi vuole trovare la risposta deve, come Arjuna,
mostrare un rispetto totale alla Persona Suprema.
Sri Krishna discende in questo mondo soprattutto per ricordare all’uomo il vero scopo
dell’esistenza. Milioni di uomini si risvegliano grazie ai Suoi insegnamenti, e tra milioni uno
forse comprenderà il legame che lo unisce a Dio; per lui Krishna espone la Bhagavad-gita.
Tutti sono divorati dalla tigre dell’ignoranza, masu tutti, e in particolare sull’uomo, scende la
misericordia del Signore. Questa misericordia, Egli la manifesta trasformando Arjuna da semplice
amico in discepolo per poter dare al mondo la Bhagavad-gita. Arjuna, compagno intimo di Krishna, non
può essere sfiorato dall’ignoranza, ma se sembra esserLo durante la battaglia di Kuruksetra è per un
motivo ben preciso: il Signore vuole che al momento di combattere Arjuna Gli offra l’opportunità di
risolvere i suoi problemi esistenziali, per il bene delle generazioni future. In questo modo Egli
può tracciare la linea di condotta che permetterà agli uomini di portare a terine la missione della
vita umana.
La Bhagavad-gita c’invita a comprendere cinque verità fondamentali sulla scienza di Dio e sulla
condizione originale degli esseri viventi. Dio è l’isvara, “Colui che domina”; e gli esseri
individuali sono i jiva, “coloro che sono dominati”. Il fatto che noi siamo dominati è così evidente
che sarebbe sciocco credersi indipendenti e negare la nostra posizione subordinata. Gli esseri sono
sempre dominati, almeno nell’esistenza condizionata. Oltre all’isvara (Dio, il controllore supremo)
e i jiva (le anime individuali che Egli controlla), La Bhagavad-gita ci parla della natura
materiale, (la prakriti), del tempo (la durata totale dell’universo, cioè la durata della
manifestazione della natura materiale) e del karma (l’azione). Dobbiamo dunque attingere da questo
Testo la conoscenza di Dio, degli esseri, della prakti -che è la manifestazione cosmica, dove gli
esseri sono impegnati in un gioco di attività molteplici-, e comprendere alla luce di questi
insegnamenti come la manifestazione materiale è dominata dal tempo e come gli esseri individuali
agiscono all’interno di essa.
Queste cinque verità fondamentali sono la base su cui poggia la Bhagavad-gita per dimostrare che
Dio, Sri Krishna, percettibile anche come principio supremo, o controllore supremo, Brahman e
Paramatma, supera tutti gli altri esseri, sebbene tutti partecipino della Sua natura.
Come spiegherà la Bhagavad-gita, la natura materiale non è autonoma, ma è guidata dal Signore
Supremo. Sri Krishna afferma: mayadhyaksena prakritih suyate sa-caracaram, “La natura materiale
agisce sotto la Mia direzione.” Anche le meraviglie dell’universo dovrebbero farci ricordare Colui
che le ha create e ne ha stabilito le leggi. Nulla può esistere senza un creatore o un controllore.
Sarebbe dunque puerile negare il controllore assoluto. Un bambino può trovare straordinario il fatto
che una vettura proceda da sola, senza interventi esterni, ma l’adulto, che ne conosce il
funzionamento, sa che c’è sempre un conducente all’interno. Quanto più complessa è la manifestazione
dell’universo! E quanto più facile quindi comprendere che dietro di essa si trova il Signore, che
nedirige ogni minimo movimento.
Come vedremo nel corso del testo, il Signore spiega che i jiva (le anime individuali) sono parti
infinitesimali del Suo Essere. Noi siamo parti integranti del Signore e partecipiamo della Sua
natura come una goccia d’acqua è parte integrante dell’oceano. L’oro è sempre oro, anche se preso in
minima quantità. Così noi possediamo le qualità dell’isvara il controllore supremo, ma in quantità
infinitesimale perchè siamo solo minuscole particelle isvara, subordinate al tutto. Se l’uomo cerca
da sempre di dominare la natura, e oggi crede di poter diventare padrone dello spazio, e perchè la
tendenza a regnare, che Krishna possiede pienamente, si trova anche in lui. Ma il Signore rimane pur
sempre l’unico controllore assoluto.
La Bhagavad-gita ci spiega anche cos’è la natura materiale. Essa è la natura o prakriti inferiore,
mentre gli esseri animati costituiscono la natura o prakriti superiore. Inferiore o superiore, la
prakriti superiore. Inferiore o superiore, la prakriti è sempre sotto la direzione del Signore. Di
natura femminile, essa è subordinata al Signore come la sposa al marito. Secondo la Bhagavad-gita
gli esseri viventi appartengono alla prakriti, sebbene siano frammenti del Signore, come sottolinea
il quinto verso del capitolo settimo:
apareyam itas tv anyam
prakritim viddhi me parm
jiva-bhutam maha-baho
yayedam dharyate jagat
La prakriti, cioè la natura materiale, è l’energia inferiore del Signore, ma oltre a questa esiste
un’altra prakriti, che costituisce l’essere vivente, il jiva-bhuta.
La natura materiale è costituita dalle tre influenze della natura, la virtù, la passione e
ignoranza. Il tempo eterno, situato al di là di esse, le controlla. Quando queste tre influenze
materiali si combinano sotto questo controllo generano l’azione, nella cui rete l’essere
condizionato ora soffre ora gode, da tempo immemorabile. Prendiamo per esempio un uomo d’affari che
lavora duramente e con intelligenza per far fortuna; questa richezza può procurargli gioia se
fruttifica o sofferenza se va persa in un fallimento. Così, a ogni istante noi godiamo o soffriamo
delle conseguenze delle nostre azioni: questo è il karma.
Tra i cinque oggetti di studio della Bhagavad-gita -l’isvara (il Signore Supremo), il jiva (l’anima
individuale), la prakriti (la natura materiale), il kala (il tempo eterno) e il karma (l’azione)-
quattro esistono eternamente: il Signore, l’anima individuale, la natura materiale e il tempo. La
manifestazioni della prakriti sono tmporanee, ma non fittizie. Alcuni filosofi considerano la
manifestazione della natura materiale come “illusione”, ma la Bhagavad-gita e i vaisnava rifiutano
tale teoria. La manifestazione dell’universo materiale non è un sogno, è reale ma effimera, come una
nuvola che passa nel cielo o come la stagione delle piogge che viene a nutrire i semi; quando la
nuvola si allontana o la stagione termina, il raccolto si secca. La natura materiale segue un corso
simile e si manifesta solo a intervalli: appare, rimane per un certo tempo, poi scompare. Ma poichè
questo ciclo si ripete senza fine, la prakriti è eterna e reale. Il Signore la chiama “Mia prakriti”
perchè è una delle Sue energie, come l’essere vivente; ma a differenza di quest’ultimo, che è unito
al Signore da un legame eterrno, essa Ne è separata. Il jiva si distingue dalla natura materiale
anche per il fenomeno della coscienza; entrambi sono prakriti, ma l’essere vivente (prakriti
superiore) possiede la coscienza, mentre la natura materiale (prakriti inferiore) ne è priva.
Sebbene l’essere vivente possieda la coscienza come Krishna, l’isvara, Krishna detiene la coscienza
suprema. Il tredicesimo capitolo della Bhagavad-gita stabilisce chiaramente la distinzione tra il
jiva e l’isvara: entrambi sono ksetrajña, “coscienti”, ma l’uno è cosciente solo del prorpio corpo,
mentre la coscienza dell’Altro si estende alla totalità degli esseri. Il jiva non può mai
raggiungere la coscienza suprema, cioè eguagliare il Signore, e non deve neppure lasciarsi ingannare
da teorie che affermano il contrario.
Il Signore, gli esseri, la natura materiale, e il tempo sono tutti eterni e intimamente legati. Solo
il karma non è eterno, anche se i suoi effetti possono provenire da azioni molto remote. L’anima
condizionata ha dimenticato il suo dharma, la sua natura originale, e a causa di quest’oblio tutto
ciò che fa la imprigiona sempre più nella rete del karma. Ignara della via d’uscita, l’anima
condizionata è costretta a reincarnanrsi, a cambiare il “vestito”, cioè il corpo, vita dopo vita,
per subire le conseguenze di tutte le sue azioni. Dunque noi godiamo e soffriamo da tempo
immemorabile delle reazioni dei nostri atti, ma esiste un metodo per spezzare la rete del karma:
situarsi nella virtù e acquisire la conoscenza perfetta, cominciando con riconoscere la supremazia
del Signore che è presente come Anima Suprema, come isvara “controllore” nel cuore di ogni jiva
verso la realizzazione dei loro desideri. Il karma, dunque, non è eterno.
La coscienza dell’isvara e quella del jiva partecipano della stessa natura trascendentale, e non
sono il risultato di un’amalgama di elementi materiali, come alcuni sostengono. La Bhagavad-gita
rifiuta la teoria secondo cui la coscienza apparirebbe a un certo stadio dell’evoluzione della
materia.
A contatto con la natura materiale, la coscienza si anifesta in modo distorto, come una luce che
appare colorata quando filtra attraverso un vetro dipinto, ma l’energia materiale non ha nessuna
presa sulla coscienza del Signore. Krishna stesso lo afferma: mayadhyaksena prakritih, anche quando
Egli scende in questo mondo la Sua coscienza non è contaminata dalla materia. Se così non fosse non
potrebbe parlare del mondo spirituale ad Arjuna, come fa nella Bhagavad-gita. E’ impossibile infatti
descrivere questo mondo finchè si subisce l’influsso della materia. Al contrario dell’isvara, la
nostra coscienza è attualmente contaminata dalla materia, perciò la Bhagavad-gita c’insegna che
dobbiamo purificarla per poter agire secondo la volontà di Krishna e conoscere così la felicità. Non
si tratta di fermare ogni attività, ma di purificare le nostre azioni, che prenderanno allora il
nome di bhakti. Sebbene questi atti purificati, devozionali, possano sembrare del tutto ordinari, in
realtà sono liberi da ogni contaminazione materiale. Il profano non vedrà alcuna differenza tra le
attività del devoto e quelle dell’uomo comune, perchè ignora che gli atti del devoto, come quelli
del Signore, trascendono le tre influenze della natura materiale e non sono mai machiati da una
coscienza impura o contaminati dalla materia. Ma finchè non si raggiunge il livello della bhakti la
nostra coscienza rimarrà contaminata.
Quando la coscienza è velata, l’essere è detto condizionato. Egli si crea allora una concezione
errata del suo vero sè, s’identifica col corpo -di qui deriva il “falso ego”- e perde da quel
momento ogni coscienza della sua vera natura. Perciò il primo scopo della Bhagavad-gita è quello
d’insegnarci a ritrovare la nostra vera identità liberandoci dal falso ego, l’ego materiale. Arjuna
interpreta la parte dell’essere condizionato per dar modo a Krishna in persona d’istruirlo a
beneficio delle generazioni future. Lo spiritualista, animato dal desiderio di liberazione, ha prima
di tutto il dovere di liberarsi dal falso ego e capire di essere distinto dal corpo. Questo è il
significato che lo Srimad-Bhagavatam dà al termine mukti (liberazione); la mukti interviene quando
la coscienza è purificata e libera da ogni contaminazione materiale, da ogni identificazione con la
materia e con questo mondo. Insegnando l’abbandono al Signore, tutta la Bhagavad-gita tende a
ravvivare questa coscienza pura. E’ naturale dunque che Krishna chieda ad Arjuna, a conclusione del
dialogo, se la sua coscienza è ora purificata o no.
continua…
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