INTRODUZIONE ALLA SCIENZA DELLA COSCIENZA

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INTRODUZIONE ALLA SCIENZA DELLA COSCIENZA

di Nitamo Federico Montecucco e Enrico Cheli

tratto da “Enciclopedia olistica”

INTRODUZIONE – CERVELLO MENTE E COSCIENZA

La coscienza è la realtà primaria.
Eugene Wigner, Nobel per la fisica

Coscienza, il cuore dell’essere

Cos’è la coscienza? L’essere coscienti? Cosa costituisce il cuore pulsante di ogni essere vivente?
Cos’è realmente il Sé o self o identità, e dov’è la sua sede nel corpo? Cos’è la soggettività che si
esprime in ogni uomo e in ogni animale? Esiste un centro di coscienza dentro di me e dentro di voi?
Cosa significa realmente cogito ergo sum: ho coscienza quindi esisto? Qual è la natura
dell’osservatore che, in me, percepisce l’esistenza come informazioni e significati? Chi sono “io”?
Che cos’è ciò che chiamo “io”? Dov’è? Qual è la “sostanza” del pensiero? Come possiamo
quantificarla?

Invitiamo chi sta leggendo a fermarsi e rispondere a queste domande, cercando in sé stesso la prima
risposta! Il problema della coscienza è il punto fondamentale di ogni ricerca umana e filosofica!

Questa enciclopedia vuole aprire una nuova dimensione alla conoscenza scientifica che comporti la
comprensione della coscienza. Creando una base globale per esploratori e ricercatori in viaggio al
centro dell’essere. La coscienza è l’ultima terra incognita rimasta da scoprire sul nostro pianeta
e, probabilmente, è anche la terra promessa che ci attende.

Il decennio della coscienza

Tutta la nuova scienza emergente si sta muovendo per una nuova comprensione della coscienza. Gli
anni Novanta sono stati dichiarati dalla comunità scientifica internazionale il “Decennio del
Cervello”; nel 1995 gli editori del “The Journal of Consciousness Studies” puntualizzavano che
dovrebbe anche essere il “Decennio della Mente”. E’ mio parere che probabilmente questo sarà
ricordato nella storia della scienza come il “Decennio della Coscienza”, l’inizio della fase di
riavvicinamento e di apertura verso la dimensione “implicata” dell’esistenza. La “science of
consciousness” community, come la definisce Melanie Mitchell su “New Scientist” (8 Nov.1997) è ormai
una realtà consistente e ineludibile.

Il Nobel per la fisica Eugene Wigner, in un simposio tenuto alcuni anni fa a New York, ha dichiarato
che la coscienza è la realtà primaria. La scienza si è divisa troppo, ci sono 86 giornali solo nel
campo della fisica pura… La teoria dei quanti ha fatto miracoli, spiegando le proprietà dei
fenomeni microscopici. Ma… è limitata. Non spiega la vita o la coscienza. In futuro la fisica
spiegherà non solo i fenomeni osservati ma anche il processo dell’osservare. Siamo proprio
all’inizio della comprensione della coscienza.

Un’affermazione di questa forza, espressa da un Nobel per la fisica, evidenzia una rivoluzione in
atto. La materia fisica studiata e la coscienza dello scienziato che la studia hanno chiuso il
cerchio e si sono ricongiunte. Dopo aver negato per secoli la possibilità che esista una coscienza,
ora la scienza riconsidera le sue posizioni, e inizia a penetrare i misteri della psiche umana
attraverso lo studio del cervello; questa è la grande sfida della ricerca contemporanea.

Negli ultimi anni si è assistito ad un rapidissimo incremento di interesse della scienza ufficiale
per l’elusivo fenomeno della coscienza. Il premio Nobel Francis Crick, scopritore del DNA e
conosciuto internazionalmente per il suo rigore empirico, ha dichiarato che la coscienza è legittimo
campo di ricerca scientifica. Il Nobel Edelmann sostiene di aver compreso alcuni dei processi
fondamentali del fenomeno consapevolezza in termini neurofisiologici. Negli ultimi anni si sono
moltiplicati i meetings scientifici sul tema della coscienza; il primo grande congresso tenutosi nel
1994 a Tucson, presso l’Health Sciences Center dell’Università dell’Arizona, sul tema “Verso una
base scientifica della coscienza” ha visto circa trecento scienziati e studiosi di tutto il mondo
confrontarsi con ipotesi e dati, accomunati in gran parte dalla convinzione che presto la scienza
saprà comprendere la coscienza e la materia fisica in una visione più globale e unitaria; nello
stesso congresso del 1996 si sono radunati più di ottocento scienziati e filosofi. Nel Novembre del
1994 si è tenuto a Miami il primo simposio sulla coscienza organizzato dalla Society for
Neurosciences, mentre in Inghilterra è uscito il primo numero della rivista scientifica “The Journal
of Consciousness Studies” a cui collaborano fisici, neurofisiologi e filosofi.

È un fatto che scienza e coscienza siano profondamente legate. Il metodo sperimentale scientifico
nasce dalla pura osservazione, per cui l’osservatore, il soggetto conoscitore, ne costituisce il
momento centrale. Le basi filosofiche del metodo sperimentale nascono dal pensiero cartesiano basato
sul Cogito ergo sum, sono cosciente quindi esisto, ossia “Io esisto in quanto sono una coscienza”.
La coscienza è il testimone interiore, il conoscitore delle informazioni che giungono a noi dal
mondo esterno e dal quel nostro stesso mondo interiore che chiamiamo corpo; essa è il punto
essenziale: senza di essa non ci sarebbe soggetto e, quindi, non esisteremmo.

Siamo la coscienza di noi stessi e del mondo. Ogni attività mentale, ogni sensazione, ogni
sentimento, ogni intuizione e memoria non potrebbero esistere senza un centro di coscienza, senza un
“Io” che ne percepisca il significato, che ne comprenda il senso. Tuttavia, la “scienza della
coscienza”, sebbene in rapidissima crescita, è, all’interno dell’edificio della scienza ufficiale,
ancora una parte irrilevante e fortemente ostacolata.

La scienza senza coscienza

La scienza costituisce il grande potere della nostra epoca, nel bene e nel male, nell’avanzamento
tecnologico e nella distruzione ambientale; essa ha sostituito in qualche modo la religione
assumendosi l’incarico di esprimere la verità, e la verità scientifica è di fatto l’unica
universalmente riconosciuta su questo pianeta diviso da mille ideologie, poteri, culture e teologie.
Il metodo sperimentale ha di certo contribuito a creare le basi per una visione e una cultura
trasversale tra i popoli e le visioni del mondo, ma si è fermato per colpa dei suoi limiti interni e
della sua mancanza di globalità di fronte alla comprensione degli aspetti più sottili e profondi del
vivente, uomo, animale o natura che sia.

E la coscienza è l’intimo cuore del vivente.

Una scienza senza coscienza è un enorme pericolo, è un potere senza cuore, una forza senza
sensibilità. La scienza, che di fatto significa conoscenza, ha indagato la realtà esteriore ma non
ha mai indagato la natura del conoscitore stesso, la dimensione essenziale e interiore della
coscienza che anima lo scienziato come ogni altro essere vivente. La scienza dimentica che tutte le
sue scoperte sulla realtà materiale del mondo sono dovute alla coscienza e alla mente intelligente
degli scienziati e dei ricercatori che hanno intuito, compreso e conosciuto l’esistenza. Ma quali
sono state le cause di questa divisione mentale tra materia e coscienza? Proviamo ad esplorare le
ragioni e i limiti di questo atteggiamento riduzionista.

L’antica visione evolutiva e la sua decadenza

Materia deriva da mater, la madre. Da sempre le religioni antiche hanno sostenuto che l’intera
creazione materiale ed ogni suo sviluppo è opera divina. Le antiche forme di spiritualità non erano
in nessun modo ostili alla materia, non la demonizzavano come priva di vita e di coscienza, al
contrario ne sostenevano l’assoluta sacralità dando alla materia stessa, o meglio all’energia fisica
che ne costituisce la matrice, il ruolo di Shakti, di Principio Femminile, di Grande Madre.

La dea Shakti veniva raffigurata e adorata in un cosmico amplesso insieme al dio Shiva. Lei la
Materia-energia Creatrice, Lui la Coscienza che pervade ogni vita. Forma e informazione. Ma non
fermiamoci ai nomi: Shakti, come lo Yin, Gea, Gaia, Cerere o Demetra, la Terra, sono tutti esempi di
come la Materia fosse comunque venerata in ogni civiltà. L’intera creazione era, quindi, un atto
erotico in cui era implicata la divinità, nel suo duplice aspetto maschile e femminile.

Shiva Nataraj danza e la sua coscienza si manifesta in ogni movimento rotatorio, nelle galassie come
nelle particelle subatomiche, riflettendosi nella bellezza delle forme che si producono e nella
logica perfetta dei ritmi e dei cicli. Brahma non è un creatore separato, ma è inscindibile dalla
creazione stessa, la sua coscienza è implicata in ogni forma vivente, di cui diviene anima
individuale o coscienza di Sé, e come tale anima e si manifesta nell’intelligenza e nella
complessità crescente delle forme.

Con il decadere dell’esperienza spirituale e con l’avvento delle religioni ariane, portatrici di un
Dio unico e maschile, questa venerazione per la materia vivente decadde progressivamente e ad essa
si sostituì il concetto di Dio come demiurgo: un artefice esterno che crea l’intero universo fisico
da una dimensione separata da quella materiale. Una prima possibile spiegazione della polarizzazione
materialista assunta dalla scienza attuale, e della conseguente rimozione della coscienza, va
ricercata, quindi, in questo modello dicotomico Dio-Materia, dove a un Dio trascendente e di puro
spirito si contrappone necessariamente una visione scientifica che considera la realtà puramente
materiale. La materia viene così svilita, negata della sua sacralità, considerata merce di scambio.
Per molti popoli primitivi pensare che un uomo possa comperare e possedere una parte della Terra è
un pensiero sacrilego. La Terra è la sacra dimora che ci dà vita e amore, essa è Divina e come tale
deve restare di tutti e deve essere rispettata oltre ogni bisogno. L’unità iniziale è ormai
irrimediabilmente perduta, e, paradossalmente, sarà proprio la stessa religione a decretare la
separazione dell’anima dal corpo del vivente.

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