Iperspazio e fenomeni temporali 2

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Iperspazio e fenomeni temporali 2

di Michele Nardelli

seconda parte

Viaggi nel tempo: illusione o realtà?

Quando si parla di viaggi nel tempo, bisogna anzitutto distinguere tra viaggi nel futuro e viaggi
nel passato. I primi sono sicuramente possibili, difatti, spiega il fisico Kip Thorne: “le leggi
della relatività dicono che lo scorrere del tempo dipende da dove ci si trova e da come ci si muove
nell’universo”. Einstein, infatti, dimostrò che tempo e spazio non sono entità ben distinte e
assolute, ma una sorta di proiezioni di un “tessuto” a quattro dimensioni. Osservatori diversi
vedono, in genere, proiezioni diverse della stessa realtà, anche se questi effetti si manifestano
solo ad altissime velocità o in presenza di intensi campi gravitazionali. Spiega Thorne: “se
viaggiassimo a velocità prossime a quella della luce o se ci avvicinassimo al bordo di un buco nero,
il nostro orologio andrebbe molto più lentamente di quello dei nostri amici e parenti rimasti sulla
Terra. Potremmo tornare dopo un’ora e constatare che sulla Terra sono trascorsi un milione di anni”.
Negli acceleratori di particelle tale fenomeno si verifica normalmente. Difatti, particelle come gli
elettroni, sono veloci quasi quanto la luce ed il loro tempo scorre fino ad un milione di volte più
lentamente del nostro. Secondo la relatività, anche i viaggi nel passato sarebbero possibili: la
gravità può “distorcere” lo spazio-tempo al punto da cambiare la direzione del tempo fino ad
invertirla. Il problema che nasce non è dovuto al fatto che il tempo si “curvi”, ma dai paradossi
che potrebbero nascere: se tornassimo nel passato, per esempio, potremmo involontariamente (o
volontariamente) uccidere un nostro antenato e rendere quindi impossibile la nostra stessa
esistenza. Secondo molti scienziati, però, tali paradossi si possono risolvere. Il fisico David
Deutsch dell’Università di Cambridge, sostiene che la storia possa “ramificarsi” e creare universi
“paralleli” al nostro (che è come dire “percorsi” alternativi). Cosa succede se io viaggio nel
passato attraverso una sorta di “macchina del tempo” e uccido mio nonno? La meccanica quantistica
risolve il “paradosso del nonno” ipotizzando l’esistenza degli universi paralleli (e quindi delle
storie alternative).

Io così non uccido mio nonno nel mio universo di origine, ma in un “altro”. In tal modo non blocco
la mia nascita: impedisco solo al mio “doppio” di nascere nell’altro universo. Questo tipo di
paradosso è detto di incoerenza. C’è poi un altro tipo di paradosso da analizzare, ed è quello che
viene definito di conoscenza. In quest’altro caso il viaggiatore nel tempo porta con sè nel passato
la Divina Commedia e la regala a Dante prima che lui l’abbia scritta. Anche tale “paradosso di
conoscenza” può venire evitato: idee, opere d’arte, invenzioni e scoperte possono essere “esportate”
liberamente in altri universi, perchè in uno di essi hanno comunque avuto origine. Per risolvere,
quindi, questi tipi di paradossi, gli scienziati sono ricorsi alla fisica quantistica, secondo la
quale qualsiasi particella esiste contemporaneamente in tutti gli stati possibili fin quando non
viene osservata. Si può allora pensare che ad ogni stato corrisponda realmente un diverso universo.
Esisterebbe dunque un numero sterminato (forse infinito) di universi paralleli, determinati da tutte
le possibili combinazioni di stati e di particelle. Ne consegue che quando si apre un passaggio
temporale, si crea un ponte fra due universi: il crononauta non va nel passato del proprio universo
(dove a quell’epoca non esisteva), ma nel passato di un universo parallelo. Egli è allora libero di
modificarne la storia (compiendo anche nonnicidi), perchè nessuna delle sue azioni avrà conseguenze
sul suo universo di origine e quindi su di lui. Peccato che le leggi della meccanica quantistica
impediscano anche di ritornarci, nel proprio universo (ritornando cioè al proprio tempo, quindi
viaggiando nel futuro, il crononauta giungerà in uno degli infiniti futuri possibili). C’è però un
altro modo, ritenuto da molti più plausibile, di risolvere i paradossi: ammettere l’esistenza di
“anelli temporali”, in cui il passato avviene solo perchè avviene il futuro e le vicende si
susseguono ciclicamente secondo un destino immutabile. Per chiarire questo concetto, John D. Barrow
docente dell’Università di Cambridge, fa un esempio: “Immaginate di viaggiare indietro nel tempo e
di prepararvi a sparare a voi stessi in braccio a vostra madre. Sparate, ma una vecchia lesione alla
spalla, dovuta al fatto che quando eravate bambini vostra madre vi ha lasciato cadere, vi fa
sbagliare mira. Il colpo è però sufficiente a spaventare vostra madre che lascia cadere il bambino,
il quale si fa male ad una spalla”. A questo punto andiamo ad approfondire la fisica dei viaggi nel
tempo, sia dal punto di vista della meccanica quantistica, sia dal punto di vista classico
(relatività generale).

Esistono tre dimensioni dello spazio attraverso cui ognuno può muoversi liberamente. Il tempo è
semplicemente una quarta dimensione, identica alle altre in ogni sua caratteristica, tranne il fatto
che la nostra coscienza è obbligata a percorrerla ad un’andatura regolare. Se fosse possibile
piegare le quattro dimensioni dello spazio e del tempo, per esempio scambiando la lunghezza con la
durata, allora sarebbe possibile percorrere le vie della storia con la stessa facilità con cui si
viaggia in macchina. Per funzionare in modo coerente con quanto appena detto, una macchina del tempo
dovrebbe ruotare in una nuova configurazione della struttura spaziotemporale. Di conseguenza, chi
assiste alla partenza della macchina, la vedrebbe ruotare vertiginosamente prima che essa scompaia
nella storia, mentre il viaggiatore proverebbe un senso di vertigine indotto dalla forza centrifuga
e dalla forza di Coriolis, nonchè l’impressione di essere catapultato fuori dalla macchina. Nel
viaggiatore, la sensazione di ruotare verrebbe contraddetta dall’illusione di essere seduto immobile
nel posto di guida intanto che il tempo scorre all’esterno della macchina, perchè si tratta di una
rotazione all’esterno del tempo e dello spazio stessi.
La velocità della luce nel vuoto è estremamente elevata, di circa 300.000 km/sec, però si tartta di
un numero finito, quindi di una costante. Michelson e Morley dimostrarono che si tratta di una
velocità “isotropica”, che presenta cioè le stesse proprietà fisiche in tutte le direzioni. La luce
nel viaggiare attraverso lo spazio, non si comporta come un oggetto materiale, come per esempio un
treno. La velocità della luce, misurata da un sistema di riferimento, sia che quest’ultimo la
raggiunga, sia che la incontri, è esattamente la stessa. Si deve quindi considerare la velocità
della luce come una quantità fissa, e le dimensioni come quantità variabili. L’universo si organizza
in maniera tale da rendere costanti le nostre misurazioni della velocità della luce. Tutto ciò può
essere espresso geometricamente come una torsione delle dimensioni. Trovandoci in una struttura a
quattro dimensioni e immaginando di poterla ruotare in modo che la lunghezza venga a trovarsi al
posto dell’ampiezza, e quest’ultima al posto dell’altezza, ma, soprattutto, la durata viene a
trovarsi al posto di una dimensione spaziale, otterremo il principio su cui si basa il funzionamento
della macchina del tempo. Essa torce intorno a sè lo spazio ed il tempo, trasformando quest’ultimo
in una dimensione spaziale, in modo tale che ci si può recare nel passato o nel futuro con la stessa
facilità con cui si viaggia in automobile.

E’ possibile concepire le diverse versioni di storia come “corridoi” (universi) paralleli, ciascuno
dei quali esiste indipendentemente dagli altri. Una macchina del tempo consentirebbe di percorrerli
avanti e indietro. Osservando da un punto qualsiasi all’interno di un corridoio, si può vedere un
“flusso storico” completo e coerente, senza essere consapevoli dell’esistenza di altri corridoi. E i
corridoi non possono influenzarsi a vicenda; in alcuni di essi, però, le condizioni possono
cambiare: persino le leggi fisiche possono essere diverse. Il funzionamento della macchina, abbiamo
detto, dipende da una torsione dello spazio e del tempo, che trasforma il viaggio temporale in un
viaggio spaziale. Immaginiamo un universo in cui la torsione spaziotemporale sia molto accentuata,
un universo in cui la rotazione fa parte della struttura stessa di esso. La rotazione sarebbe
intrinseca ad ogni punto dello spazio e del tempo. Un sasso scagliato da qualunque punto seguirebbe
una traiettoria a spirale: l’inerzia (la resistenza di un corpo a cambiare il suo stato di moto o di
quiete) agirebbe come un compasso, ruotando intorno al punto di lancio. Secondo alcuni scienziati,
il nostro stesso universo potrebbe essere sottoposto ad una tale rotazione, ma ad una velocità
estremamente lenta: 100.000 milioni di anni per compiere una singola rotazione. Il principio dell’
“universo rotante”, venne avanzato per la prima volta dal matematico Kurt Godel. In un universo
rotante, è possibile muoversi nello spazio, ma viaggiando nel passato o nel futuro. Anche il nostro
universo ruota, però tanto lentamente che un viaggio simile sarebbe di 100.000 milioni di anni luce,
e richiederebbe quasi un milione di milioni di anni. Se ci immaginiamo invece un universo molto più
denso del nostro, così denso in qualsiasi punto quanto il nucleo di un atomo di materia, un tale
universo per una rotazione completa impiegherebbe poche frazioni di secondo. L’ipotesi sarebbe che
per poche frazioni di secondo la macchina del tempo si dovrebbe spostare rapidamente avanti e
indietro fra il nostro universo ed un altro universo ultradenso, sfruttando ad ogni passaggio la
torsione assiale della realtà per viaggiare lungo una serie di “pieghe” (curvature spaziotemporali)
nel passato o nel futuro. Il crononauta si muoverebbe quindi “a spirale” attraverso il tempo. In un
viaggio nel passato il crononauta proverrà da un futuro, tra un’infinità di varianti possibili.
Sarebbe infatti razionalmente possibile che la macchina del tempo cambi il corso della storia, e
generi nuove e diverse serie di eventi. Il principio stesso del suo funzionamento potrebbe cioè
fondarsi sulla sua capacità di “estendersi” in un’altra “storia parallela” (in un corso della storia
di un universo parallelo). Secondo il concetto della “molteplicità”, non è possibile garantire
alcunchè a proposito del passato, non è possibile cambiare la storia (di un universo): è però
possibile generare nuove versioni.

La meccanica quantistica è la teoria che ci consente di comprendere la molteplicità della storia,
l’interpretazione della moltiplicità degli universi. Con l’avvento di tale disciplina è stato
scoperto che non si può mai stabilire “esattamente” dove sia una particella, nè dove sia diretta.
Esiste un limite invalicabile alle misurazioni, stabilito da quello che viene definito “principio di
indeterminazione”. Per quanto riguarda il mondo, dobbiamo dimenticarci di qualunque natura precisa,
di qualunque determinatezza: dobbiamo pensare in termini di probabilità, cioè la possibilità di
trovare un oggetto fisico nel luogo tale, alla velocità tale, e così via. Analizziamo adesso un
tipico “paradosso temporale”. Ho 30 anni e invento la macchina del tempo, ritorno nel passato munito
di un’arma e ammazzo me stesso da giovane a 17 anni. Questo sarebbe un classico, semplicissimo,
paradosso causale. Se morissi a 17 anni, non costruirei la macchina del tempo, non diventerei
trentenne, età in cui ho inventato la macchina, quindi non potrei tornare nel passato a compiere
l’omicidio. Ma se l’omicidio non fosse commesso, potrei costruire la macchina e tornare nel passato
a uccidere me stesso più giovane, e allora non costruirei la macchina e l’omicidio non potrebbe
essere commesso… Sarebbe, da come è facile notare, un circolo vizioso interminabile; ma se il
principio della molteplicità dei mondi è corretto, allora non esiste nessun paradosso. La storia si
dirama in due corsi: in uno io sopravvivo, nell’altro muoio. Io, cioè, come viaggiatore temporale,
sono semplicemente passato dall’uno all’altro corso di storia (da un universo all’altro).
L’esistenza reale di altri universi, implica un significato che travalica la nostra breve esistenza.
Le verità matematiche hanno un’esistenza indipendente dalle menti in cui trovano ricetto: tali
verità sono “schegge” del pensiero di qualche “Mente Superiore”. Le nostre vite qui sulla Terra,
hanno soltanto un significato dubbio, dunque il loro vero significato deve risiedere fuori di questo
mondo. Il concetto secondo cui tutto al mondo ha un significato ultimo è l’analogo esatto del
principio secondo cui tutto ha una causa, un principio su cui si basa tutta la scienza. Ne consegue
che da qualche parte, oltre la nostra storia, esiste il “mondo assoluto” in cui tutto il significato
si risolve. Il viaggio temporale, per sua stessa natura, provoca perturbazioni nella storia e dunque
la generazione o la scoperta di altri universi oltre il nostro. Il compito di un viaggiatore
temporale potrebbe quindi essere quello di cercare il “mondo assoluto” fino a trovarlo o a
“crearlo”. Se si potesse disporre di una macchina del tempo, o “veicolo di dislocamento cronotico”,
sarebbe forse possibile tornare all’alba della creazione e, potendo la storia essere cambiata,
cambiare tutto dalle origini, che è come dire, scegliere tra le infinite varianti il migliore
universo possibile, quindi l’universo con la migliore storia possibile.

Una cronomacchina (macchina del tempo) provoca “biforcazioni” più ampie, che generano nuove
“storie”, alcune delle quali sarebbero impossibili senza l’intervento della macchina stessa.
Consideriamo una persona fisica, ad esempio me stesso. Se in un dato momento “aggiungo” una copia di
me stesso, che può essere “assente” perchè ho viaggiato nel passato o nel futuro, e poi “sottraggo”
ogni copia “doppiamente presente” perchè uno di noi ha viaggiato nel passato, scopro che la somma
totale rimane costante: esiste in realtà un solo individuo, a prescindere dal numero di volte in cui
viaggia avanti e indietro nel tempo. Quindi esiste una sorta di conservazione della materia, anche
se, in qualunque momento di qualunque storia, può sembrare che le leggi della conservazione siano
violate, a causa dell’improvvisa compresenza, o assenza, di due di noi. Il paradosso, cioè, esiste
soltanto se si considera una storia singola, scompare, invece, se si pensa in termini di
molteplicità. A livello macroscopico è possibile l’esistenza di storie multiple e divergenti,
presupposta l’esistenza di una cronomacchina. E’ possibile immaginare situazioni in cui la
molteplicità della storia è nulla, singola o plurale. E’ nulla, se la storia è impossibile, cioè non
è coerente con sè stessa; è singola, nella situazione in cui un singolo corso di eventi ha origine
da un singolo punto nel tempo, e si svolge coerente e immutabile. Ora, più una cronomacchina viaggia
nel passato, più le molteplicità generali tendono all’infinito, più aumenta la “divergenza” fra le
nuove copie del corso della storia: da ogni evento si formano molte storie, forse un numero infinito
di storie possibili (concetto della molteplicità della storia plurale). Dal punto di vista tecnico
presumiamo che gli operatori quantici siano “lineari”. Tuttavia potrebbe esistere un modo per porre
in comunicazione le “storie”, se, a qualche livello fondamentale, esse rimanessero “intrecciate”,
se, quindi, negli operatori quantici esistesse una quantità di “non linearità” tanto piccola da
essere quasi non individuabile. Le non linearità si manifestano a livello infinitesimale, come nel
caso dell’interazione non lineare tra la rotazione dell’atomo ed il suo campo magnetico. Immaginiamo
di eseguire la misurazione della rotazione di un atomo: l’universo si divide in due, naturalmente, a
seconda dell’esito dell’esperimento, dopo il quale si permette all’atomo di attraversare il proprio
campo non lineare. Questo è l’operatore quantico anomalo. Ebbene, è possibile organizzare le
condizioni in maniera tale che l’azione compiuta in una storia dipenda da una decisione presa nella
seconda storia. L’universo contiene un meccanismo atomico dinamico, in cui le configurazioni delle
connessioni e degli atomi mutano in permanenza, gli atomi cioè sono connessi gli uni agli altri da
quella che schematicamente potrebbe essere rappresentata come una “rete di fili di luce”.

Nell’universo intero, ogni atomo, ogni piccolo aggregato gassoso, è pervaso di struttura e di
significato. Nulla è casuale nell’orientamento degli atomi, nella direzione della loro rotazione,
nelle loro interconnessioni. E’ come se tutto l’universo fosse una sorta di biblioteca in cui è
immagazzinata la saggezza ed in cui ogni minima particella di materia è stata esaminata, sfruttata e
catalogata. L’immane struttura della materia è pervasa di “coscienza”; la “mente” permea il tessuto
stesso dell’universo, il “pensiero” e la “consapevolezza” ne fanno parte integrante. Nell’universo
la mente opera al livello dell’infinito. L’universo è infinito nel tempo e nello spazio, e la mente,
anch’essa infinita nel tempo (eterna), oltre a controllare tutta la materia e tutte le forze,
immagazzina un’infinità di informazioni. La mente è quindi onnisciente, onnipotente e onnipresente.
Nella molteplicità esistono tutti gli universi possibili, l’uno adiacente all’altro, in un catalogo
infinito di possibilità: ogni universo possibile, con tutto il suo “carico” di mente, di amore e di
speranza, esiste da qualche parte nella molteplicità. La mente può sfidare il “finito”, può
raggiungere e superare il confine del tempo (eternità), può insediarsi in tutti gli universi della
molteplicità (infiniti).

La meccanica quantistica potrebbe imporre la presenza di quelle che si definiscono “linee di tempo
chiuse” (closed timelike curve o CTC). Benchè rare a grande scala, queste strutture potrebbero
essere abbondanti a livello submicroscopico, dove predominano gli effetti quantistici. Lo
spazio-tempo pur apparendo uniforme a grandi scale, avrebbe una struttura submicroscopica “spugnosa”
contenente molti cunicoli e CTC che condurrebbero a circa 10^-42 secondi nel passato. E’ possibile
che le particelle subatomiche compiano continuamente “viaggi nel tempo”. Più importante è il fatto
che la meccanica quantistica può risolvere i paradossi del viaggio nel tempo. Nel parlare di
meccanica quantistica ci si riferisce a quell’interpretazione che viene definita “a molti universi”,
proposta nel 1957 da Hugh Everett III. Secondo Everett, se qualcosa può fisicamente accadere, allora
accade (in qualche universo). La realtà fisica consiste in una “collezione” di universi, alla quale
talvolta si dà il nome di “multiverso”. Rimanendo in tema di particelle elementari, il decadimento
di un neutrone, ad esempio, può avvenire in ogni momento, anche se certi istanti sono più probabili
di altri. Secondo l’interpretazione a “molti universi”, per ogni istante in cui il neutrone potrebbe
decadere, esiste un universo in cui decade in quell’istante.

Se lo spazio-tempo classico contiene CTC, allora, secondo la meccanica quantistica, gli universi del
multiverso devono essere collegati in maniera peculiare. Si ha cioè un unico spazio-tempo convoluto
costituito da molti universi connessi. Questo collegamento costringe me trentenne a trasferirmi in
un universo che è identico a quello da me lasciato fino al momento del mio arrivo, ma diviene a
questo punto differente a causa della mia presenza. Allora io posso impedire o no la mia nascita?
Dipende da quale universo si considera. In quello che lascio, ossia quello in cui sono nato, il
matrimonio fra i miei nonni è avvenuto, perchè mio nonno non ha ricevuto nessuna visita da me.
Nell’altro universo, quello in cui io arrivo nel passato, mio nonno non sposa la stessa donna (o non
si sposa affatto) quindi io non posso nascere. Perciò il fatto che io viaggio nel tempo non pone
vincoli alle mie azioni. Secondo la meccanica quantistica, una limitazione non sarebbe possibile dal
momento che, anche in presenza di linee di tempo chiuse, il principio di autonomia è sempre
rispettato. Approfondiamo a questo punto il viaggio nel tempo dal punto di vista della fisica
classica. Le equazioni di campo della relatività generale prevedono che corpi massicci come una
stella o un buco nero distorcano lo spazio-tempo e curvino le linee universali. In questo modo ha
origine la gravità: la linea universale della Terra compie una spirale intorno a quella del Sole, la
quale a sua volta spiraleggia intorno a quella del centro della Galassia. Supponiamo che lo
spazio-tempo diventi così distorto che alcune linee universali formino cappi chiusi, pur continuando
a rimanere linee di tempo per tutta la loro lunghezza. Localmente esse rispetterebbero tutte le
familiari proprietà dello spazio e del tempo, ma sarebbero dei veri e propri “corridoi” verso il
passato. Se cercassi di seguire esattamente una linea di tempo chiusa (CTC) per tutta la sua
lunghezza, andrei ad urtare contro me stesso nel passato e a causa di quest’urto verrei estromesso
dal mio stesso passato; seguendo invece solo una parte di una CTC tornerei nel passato e potrei
partecipare agli eventi che vi si svolgono: potrei stringere la mano ad una versione più giovane di
me stesso o, addirittura, se il cappio fosse abbastanza grande, far visita ai miei antenati. Il
matematico Kurt Godel trovò una soluzione delle equazioni di Einstein che incorpora le CTC; in
questa soluzione l’intero universo deve però ruotare su sè stesso. John A.Wheeler ha proposto una
sorta di scorciatoia nello spazio-tempo, un cosiddetto “cunicolo” (wormhole), e Kip S.Thorne ed
altri, hanno mostrato come si potrebbero spostare le estremità di un cunicolo per formare una CTC.
Secondo alcuni calcoli eseguiti da Richard Gott, una “stringa cosmica” (un altro costrutto teorico
che potrebbe o no esistere in natura) che passasse rapidamente accanto ad un’altra stringa
genererebbe CTC. Non è da escludere che tali linee di tempo chiuse diventino accessibili ad una
civiltà del futuro, che potrebbe allora tentare di creare ed esaminare i paradossi con il viaggio
nel tempo. E’ interessante a questo punto, esaminare più da vicino i paradossi in questione per
vedere quali principi il viaggio nel tempo potrebbe eventualmente violare secondo la fisica
classica. In base alla fisica classica, non vi è dubbio che al mio arrivo nel passato io debba
compiere le azioni che la storia documenta come compiute da me.

La fisica classica, in assenza di CTC, diviene deterministica: ciò che accade ad un dato istante è
totalmente determinato da ciò che accade ad ogni istante precedente (o successivo). Pertanto tutto
ciò che io faccio è una conseguenza inevitabile di ciò che è accaduto ancora prima che venissi
concepito. Il nocciolo del paradosso del nonno sta nella violazione di un principio fondamentale che
sta alla base sia della scienza sia della logica di tutti i giorni: quello che si chiama “principio
di autonomia”. Secondo questo principio, è possibile creare nelle nostre immediate vicinanze
qualsiasi configurazione di materia permessa localmente dalle leggi fisiche, senza fare riferimento
a ciò che può accadere nel resto dell’universo. In presenza di CTC la fisica classica si comporta
diversamente da quella quantistica, a causa di quello che Friedman ed altri chiamano “principio di
autoconsistenza o di coerenza intrinseca”. In base ad esso, possono manifestarsi localmente solo le
configurazioni di materia che sono globalmente autoconsistenti. Secondo la fisica classica la storia
è una sola e quindi, per quanto io possa sforzarmi di fare diversamente, il principio di
autoconsistenza mi impone di recitare la mia parte nello svolgimento degli eventi. Ritorniamo per un
attimo al paradosso del nonno. Immaginiamo che ho usato la macchina del tempo per far visita a mio
nonno, proprio nell’anno e nel momento in cui era tutto intento a corteggiare la futura moglie (mia
nonna). Io, accennando a segreti di famiglia che mio nonno non aveva ancora riferito a nessuno, l’ho
convinto della mia identità, cioè di essere suo nipote e di provenire dal futuro. Naturalmente mio
nonno è rimasto a dir poco sbalordito, ma il peggio deve ancora accadere. Quando mio nonno,
recandosi a cena con la sua ragazza, ha esordito: “ho appena incontrato mio nipote!”, la donna si è
trovata nel dilemma fra il temere per la sanità mentale di mio nonno e il risentirsi profondamente
per la temeraria impertinenza (l’aver cioè raccontato una sciocchezza così assurda). Il risultato è
stato, quindi, che la serata è miseramente naufragata, i miei nonni non si sono mai sposati e non
hanno quindi mai avuto il bambino che sarebbe divenuto mio padre.

Secondo la fisica classica posso far visita a mio nonno, e quando egli racconta alla mia futura
nonna ciò che gli è accaduto (il fatto di aver incontrato il nipote proveniente dal futuro col
tramite di una macchina che permette di viaggiare nel tempo), lei si preoccupa per il suo stato di
salute. Commosso, mio nonno le propone di sposarlo e lei accetta. Non solo tutto ciò potrebbe
accadere: secondo la fisica classica “deve” accadere. In tal modo, invece di alterare il passato, io
ne divento parte attiva. Secondo la fisica classica, “qualcosa” deve impedirmi di modificare ciò che
è già accaduto. Non che si debba necessariamente trattare di un evento mirabolante: è sufficiente un
banale contrattempo. Il principio di consistenza impone che quello di autonomia venga meno. Il
radicarsi di convinzioni preconcette che siano prive di evidenze sperimentali o del supporto logico
di una teoria, può inibire in modo sensibile lo sviluppo della conoscenza. Una di queste convinzioni
è che i viaggi nel passato siano impossibili perchè permettono di creare situazioni causalmente
inconsistenti. L’esempio più diffuso è quello già discusso di un esploratore che si porti nel suo
passato fino ad incontrare uno dei propri nonni ancora nella sua infanzia o adolescenza e quindi lo
uccida o comunque agisca in modo da impedire a sè stesso di divenire. Sebbene ovvia e difficilmente
confutabile, la contraddizione che emerge da questo argomento è il frutto di una indebita proiezione
della nostra esperienza e dell’intuizione comune in una realtà fisica diversa e ancora sconosciuta
quale è quella in cui sono possibili viaggi nel passato. Può accadere infatti che, in presenza di
condizioni così estreme, l’esploratore sia nell’impossibilità di compiere azioni che creino
paradossi insolubili come quelli che si ottengono troncando la sequenza causale degli eventi. Un
risultato in questa direzione, che emerge non come mera congettura, ma come implicazione di
un’analisi matematica rigorosa, è stato ottenuto da Igor Novikov e dai suoi collaboratori. Essi
hanno dimostrato che in una dinamica classica, in cui siano state contemplate traiettorie
spazio-temporali chiuse, il ben noto principio di azione estrema, che descrive il comportamento
naturale di oggetti fisici, è anche il principio di autoconsistenza, nel senso che esso assicura
come possibili “soltanto” quelle traiettorie che, pur violando la cronologia (cioè permettono viaggi
nel passato), non violano la causalità se non in modo “marginale”, cioè senza indurre
contraddizioni. Tali traiettorie sono dette “autoconsistenti”. Non è ancora chiaro come
l’autoconsistenza di un sistema locale sia imposta dalla struttura globale dello spazio-tempo, cioè
come quest’ultima condizioni il comportamento dell’ipotetico osservatore dell’esempio discusso in
precedenza. E’ possibile tuttavia supporre che ciò avvenga in modo non dissimile da come le leggi
fondamentali della natura ci impediscano di essere diversi da come siamo.

Viaggi nel tempo: possibilità, implicazioni e paradossi

Uno dei temi più fecondi della fantascienza, probabilmente il più affascinante, è quello dei viaggi
nel tempo, con le relative implicazioni. Con una “cronomacchina” sarebbe possibile trasferirsi
istantaneamente nel futuro più lontano, oppure recarsi nel passato, magari con l’intento di
modificare e riscrivere a proprio piacimento la storia del mondo, o anche semplicemente la propria
storia. Secondo una teoria fisica il tempo è “quantizzato”, ed è quindi rappresentabile più che come
un “flusso”, come una serie di punti. Noi non possiamo percepire la natura discreta del tempo perchè
i punti, come i fotogrammi di un film, scorrono rapidamente. Per sfruttare tale tesi un eventuale
“crononauta”, potrebbe escogitare un sistema per rallentare il flusso temporale di un tale numero di
ordini di grandezza, che i singoli punti di tempo e i singoli spazi divengano “palpabili”. Riguardo
ai viaggi nel tempo tramite i “wormholes” (letteralmente, “tane di verme” o “cunicoli” che pare
esistano al centro dei buchi neri rotanti e che sono dei veri e propri tunnel spaziotemporali),
nell’aprile 2000 la rivista britannica “News Scientist” diffuse la notizia secondo cui un fisico
russo S. Ktasnokov, avrebbe individuato, a livello teorico, un nuovo tipo di cunicoli compatibili
con lel leggi della fisica, stabili e senza limiti di dimensione. E a proposito di “stabilità” che è
il problema fondamentale riguardo l’utilizzo dei cunicoli (difatti, secondo la fisica relativistica,
un tunnel temporale subirebbe una repentina e catastrofica dispersione di energia provocata dalla
radiazione che retroagisce su sè stessa attraverso il tunnel), secondo un ricercatore di Pechino,
Li-Xing Li, sarebbe possibile evitare la retroazione collocando uno “specchio” sferico nelle
vicinanze del tunnel.

Analizziamo adesso un esempio di paradosso del rapporto di causa-effetto (tipo paradosso del nonno).
Sul nodo della “causalità” si sono costruite migliaia di storie. Fra le più celebri c’è un
brevissimo racconto di Fredric Brown, “Esperimento”, in cui si narra cosa accade quando un certo
professor Johnson mostra a due sue colleghi come funziona il suo modello sperimentale di macchina
del tempo. Il marchingegno è simile, nell’aspetto, ad una comune “bilancia pesa-lettere, con in più
due quadranti da orologio fissati sotto il piattello”. Il professore invia, come prima
dimostrazione, un piccolo cubo di metallo cinque minuti nel futuro. Lo posa sul piattello, regola
uno dei due orologi sul tempo prefissato ed il cubo sparisce. Cinque minuti esatti più tardi, il
cubo riappare sul quadrante. L’imprevisto, però, si verifica quando Johnson vuole inviare il cubo
cinque minuti nel passato. Ma vediamo come viene descritto l’esperimento dall’autore del racconto:”
– Mancano sei minuti alle tre, spiegò Johnson, alle tre in punto, posando il cubo sul piattello,
azionerò il meccanismo. Di conseguenza, alle tre meno cinque il cubo dovrà sparire dalla mia mano e
comparire sul piattello: cinque minuti prima di avercelo messo! Ma, chiese uno dei colleghi, se
scompare, come potrete poi mettercelo? Alle tre, risponde il professore, quando avvicinerò la mano,
il cubo sparirà dal piattello e apparirà nella mia mano per essere ridepositato sul piattello”.
L’esperimento si avvia, come previsto, e alle tre in punto il cubo scompare dal piattello
materializzandosi nella mano di Johnson, affinchè questi ve lo riponga. Ma qui giunti, uno dei
colleghi muove l’obiezione-chiave: e se Johnson non mettesse più il cubo sul piattello? “Non si
avrebbe, in questo caso, una specie di paradosso causa-effetto?” “- Idea molto interessante…, disse
il professore, non ci avevo pensato! Ma proveremo subito. Dunque ecco: sono le tre, e io non… Non ci
fu nessuna specie di paradosso, il cubo rimase. Ma il resto dell’intero Universo, professori e
tutto, sparì”. In tale esempio il manifestarsi di una tale sorta di “paradosso causa-effetto”,
avrebbe conseguenze deleterie, nientemeno che la scomparsa del nostro Universo. Andiamo ad
analizzare un’altra fenomenologia possibile legata ai viaggi nel tempo: le “modifiche dal passato”.
E’ evidente che chi fosse in grado di spostarsi lungo l’asse del tempo per modificare a proprio
piacere certi eventi chiave, avrebbe un potere quasi divino. A rifletterci, non è da escludere che
in futuro non si costruisca realmente una cronomacchina, se è vero, a quanto sembra, che il viaggio
nel tempo non è impossibile almeno da un punto di vista teorico. Addirittura è possibile ipotizzare
che i crononauti esistono e magari hanno visitato e continuano a visitare il nostro tempo senza
lasciare tracce. Tracce cancellate proprio con manipolazioni del nostro contesto.

Nel noto romanzo “Rumore di tuono” di Ray Bradbury, grazie ad una agenzia di cronoviaggi, cinque
uomini partono verso l’epoca dei dinosauri. Essi lasciano un mondo politicamente e socialmente
instabile; è stato appena eletto il presidente Keith, prevalso di stretta misura su Deutscher, un
candidato di ispirazione fortemente autoritaria. I crononauti giungono nelle foreste del Giurassico;
qui dovranno muoversi con estrema circospezione e camminare solo sul “sentiero”, un largo nastro
metallico che si snoda sollevato a sei piedi da terra. Ma Eckels, il protagonista, spaventato dalla
irruzione di un Tirannosauro, fugge per alcuni metri scendendo dal “sentiero”, calpestando erba e
fango. Poco dopo, comunque, i cinque rientrano nel “presente”. Eckels ha un soprassalto rileggendo
un cartello appeso nei locali dell’agenzia. Comprende che qualcosa è cambiato, che il presente in
cui è giunto non è lo stesso che si è lasciato alle spalle nel momento in cui è partito per il
cronoviaggio. Difatti, rovistando pazzamente nel fango rappreso ai suoi stivali ne trae un grumo di
terriccio tremando. Semisepolta nel fango, nera e scintillante di colori verde e dorato, c’era una
farfalla, bellissima e morta. La farfalla è il segnale di ciò che Eckels poco prima aveva solo
sospettato. Preso da un dubbio chiede chi ha vinto le elezioni presidenziali il giorno prima. E qui
lo stupore e insieme il terrore: il candidato Deutscher e non Keith era l’attuale presidente, un
uomo di fegato, autoritario e con polso fermo. Con un “effetto valanga”, una variazione minima,
l’uccisione involontaria di una farfalla, si è “amplificata” nel corso di sessanta milioni di anni
fino a coinvolgere l’intero assetto sociopolitico del futuro.

Secondo un’altra versione di questa ipotesi, al rientro nel “presente”, nella mente dei partecipanti
al viaggio temporale e di tutti coloro che comunque ne sono al corrente, svanisce in breve tempo
ogni memoria di quegli eventi e di quanto ad essi collegato. Si avrebbe cioè, una insolita azione di
auto-aggiornamento della storia, per cancellare nel nostro Universo una contraddizione non
sostenibile. Secondo un’altra ipotesi molto suggestiva, sarebbe possibile persino “rimontare il film
della Storia”. Lo stupendo romanzo “La fine dell’Eternità” di Isaac Asimov, presenta una infinita
serie di escursioni temporali con vistose manomissioni della realtà senza provocare,
sostanzialmente, alcun paradosso. Com’è possibile ciò? Occorre aprire una parentesi e soffermarsi su
un concetto ricorrente nella storia della nostra cultura, secondo il quale passato, presente e
futuro esisterebbero “contemporaneamente”, il che ha strette analogie con l’antica idea di
“eternità”. Il “nostro” tempo è simile più ad una pellicola cinematografica, dove tutti i singoli
avvenimenti (i fotogrammi) sono logicamente ordinati e compresenti, anche se di ciò potrebbe avere
cognizione completa solo chi riuscisse a portarsene all’esterno. (Questo è forse ciò che accade a
quelle persone dotate di poteri di precognizione, che riescono a proiettare il loro “corpo astrale”
in una dimensione “superiore”, quella dimensione in cui non esistono barriere spaziotemporali). Nel
romanzo su citato Asimov immagina una organizzazione creata dagli uomini (l’Eternità nel titolo) in
pratica onnipotente, situata al di fuori dell’ordinario dipanarsi del tempo, benchè gli uomini che
la compongono (gli Eterni) vivessero biologicamente una normale esistenza. Il vantaggio era che,
stando nella Eternità, si poteva osservare dal di fuori l’intero spaziotempo, o continuum
quadridimensionale, quasi fosse un film: dagli inizi della Storia al più lontano futuro. Asimov
descrive il procedimento basilare con cui gli Eterni modificavano la Storia: essi dovevano
conseguire il “Massimo Risultato Ottenibile” (MRO) intervenendo mediante un “Mutamento Minimo
Necessario” (MMN). Insomma, alterare un dettaglio-chiave apparentemente insignificante dei fatti
quotidiani doveva condurre negli anni, per uno studiato processo di concatenazioni, alle conseguenze
auspicate. Il “Mutamento Minimo Necessario”, secondo Asimov, obbedirebbe anche a quell’universale
“principio di economia” che è uno dei cardini della stessa Natura. Ma come può “la fine
dell’Eternità” descrivere colossali manomissioni temporali del mondo senza provocare paradossi? La
risposta è evidente: gli Eterni sono al di fuori della nostra realtà, e “tagliano e incollano”
(similmente a quello che possiamo fare con il nostro computer) a loro piacimento i fotogrammi di
quello sterminato film che è la Storia. A questo punto, gli eventi che accadono sulla Terra vengono
a perdere ogni nesso di causa/effetto: sono tutti emanazioni del potere degli Eterni, la cui unica
preoccupazione è conservare una sequenza logica dei “fotogrammi”. Sotto questo aspetto, il romanzo
di Asimov, è un modo elegante e radicale per eludere i paradossi.

I problemi connessi con i cronoviaggi sono tali, che l’astrofisico inglese S. Hawking nel 1992
propose una sorta di “crono-protezione”, detta “teoria del censore cosmico”, secondo la quale
l’Universo troverebbe sempre il modo di evitare “naturalmente” che si verifichino eventi
“paradossali”. Riguardo ancora ai paradossi, ha scritto il fisico Paul Davies: “le leggi
dell’Universo devono descrivere una realtà coerente. Il paradosso viene aggirato se gli anelli
causali sono coerenti. In questo caso, le azioni del viaggiatore nel tempo sarebbero già incorporate
nell’intreccio deterministico che lega passato e presente. Il viaggiatore che schiaccia un insetto e
modifica l’evoluzione, lo fa in modo tale da produrre esattamente le circostanze biologiche del
mondo da cui proviene. Questo sembrerebbe porre forti restrizioni al libero arbitrio, ma non sembra
esservi nulla di discutibile da un punto di vista logico, riguardo alla possibilità di “anelli
causali” che uniscano in maniera coerente passato e futuro”. Il racconto di Paul Levinson, “Niente
fuori posto”, esemplifica una situazione alternativa e più diplomatica al “censore” di Hawking. Jeff
Harris è un uomo del 2084. Viene spedito nel 1985, pochi mesi prima della nota catastrofe del
Challenger, il quale esplose circa un minuto dopo il lancio dal Kennedy Space Center, uccidendo
sette astronauti. La missione di Harris è prevenire il disastro: questo salverebbe alcune vite umane
ed eviterebbe la lunga battuta di arresto che subirono i progetti spaziali conseguentemente
all’evento. Senonchè tutto sembra andargli storto: invece di approdare nel 1985 si materializza nel
1963, il giorno prima che uccidano John Fitzgerald Kennedy a Dallas. Bloccato in un tempo che non è
il suo, Jeff decide che almeno cercherà di agire per salvare il presidente. Tuttavia qualcuno
attenta alla sua vita, per cui non può recarsi a Dallas. La narrazione prosegue con una lunga serie
di eventi, tutti in contrasto con le iniziative di Jeff per modificare gli avvenimenti. Sembra che
qualcosa all’interno della storia resiste ad ogni tentativo di cambiamento: in pratica, non esistono
sequenze temporali “intatte”, specie nel caso di eventi che coinvolgono numerosa gente, come può
accadere nei delitti di risonanza storica. I tentativi di modificarli o falliscono del tutto o
cambiano gli avvenimenti solo in parte o, addirittura, possono creare le stesse cause scatenanti.

Tutte queste ipotesi che abbiamo analizzato riguardo ai viaggi nel tempo non sono altro che
“diverse” soluzioni ad un’unica equazione che è appunto quella che lega il cronoviaggio alla legge
di causa/effetto prima menzionata. Di sicuro è che se un giorno l’uomo riuscirà in un futuro più o
meno remoto a realizzare questo sogno ambizioso, dovrà certamente prestare la massima attenzione nel
momento in cui proverà a modificare il corso della storia. In questo sono più propenso a credere ad
una soluzione del tipo quella descritta da Asimov nel suo racconto “La fine dell’Eternità” e che
cioè siano possibili sono “mutamenti minimi” ma che, a differenza di quanto scritto dall’autore, non
si conosce fino a che punto possano modificare il corso naturale della Storia. Inoltre, sia che la
risposta al cronoviaggio sia deterministica (e quindi soggetta alle leggi della fisica classica),
sia che sia quantistica (e quindi soggetta al principio di indeterminazione di Heisenberg ed alle
altre leggi della meccanica quantistica), sembrerebbe la macchina del tempo l’oggetto
dell’onnipotenza. Mi spiego meglio: ammettiamo l’ipotesi quantistica dei molti mondi. Se la macchina
del tempo non esistesse le storie dell’Universo (e l’Universo stesso) non si “diramerebbero”
consentendo le diverse soluzioni ad un determinato evento. E’ la macchina del tempo stessa a creare
le condizioni per cui ciò diviene possibile. Viaggiare nel tempo sembrerebbe quindi possibile,
complesso ma anche altamente rischioso per via delle innumerevoli incognite che il viaggio stesso
preserva. Secondo il mio punto di vista, il futuro è in un certo modo già stabilito, con questo si
spiegherebbe il motivo per cui alcune persone dotate di un’accentuata sensibilità riescono a
percepire, o meglio, “visualizzare” eventi che debbono ancora accadere (fenomeni di precognizione,
come quelli che hanno avuto alcune persone che dichiarano di aver “visto” in anticipo, anche di
giorni, affondare il transatlantico Titanic). Ma anche il passato non si può modificare e l’esempio
più originale ci è dato dal film “The Time Machine” di Simon Wells. In tale storia, il crononauta,
in seguito ad un tragico incidente accadutogli insieme alla fidanzata, e precisamente una rapina, in
cui essa muore, si catapulta nel passato qualche minuto prima dell’evento che dovrà accadere, ma,
con sua grande meraviglia e rabbia allo stesso tempo, riesce ad evitare quel tipo di evento (la
rapina) ma non la morte della fidanzata che, a quanto ci è dato di capire, è qualcosa che deve
accadere “necessariamente”, che praticamente è destinato nella storia di questo Universo (nel film,
infatti, essa muore per una seconda volta, investita da una carrozza). Ora, se il passato non si può
modificare, tantomeno è possibile cambiare il futuro. Ecco perchè i mistici, come Padre Pio,
potevano guarire solo chi era destinato ad esserlo, ma non chi non lo era. Infatti in alcuni casi i
mistici hanno anticipato la morte a persone ancora in vita (lo stesso Padre Pio, ad esempio, la
predisse ad un giovane carabiniere).

Quindi, passato, presente e futuro di ogni cosa, di ogni essere vivente, dalla più piccola
particella, al più grande insieme di galassie, all’Universo medesimo, sono già “stabiliti”
nell’attimo in cui l’Universo ha avuto origine.

Michele Nardelli

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