Kama, il dio indiano dell’Amore

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Kama, il dio indiano dell’Amore

di Fiorentini Gianpaolo

Il dio indiano dell’amore ha uno strano destino. Come spesso accade in questa mitologia, un demone
ha accumulato una tale potenza interiore da minacciare gli dèi, che rischiano continuamente di
venire spodestati da qualcuno più forte di loro. Solo il grande dio Shiva può tenere testa al demone
e salvarli, ma Shiva è immerso in perenne meditazione, sprofondato in se stesso sulle vette
himalayane. Per scuoterlo dal suo stato viene inviato il dio dell’amore, Kama, “desiderio”.

Non è una parola estranea al nostro mondo linguistico, perché dalla radice kam vengono il verbo
latino amo, con la caduta della consonante iniziale, e l’aggettivo carus. Ciò che amiamo ci è caro.
Inoltre, la stessa radice comunica un bel senso di positività perché equivale all’espressione: sì!
bene! Come si fa a non dire così quando si è innamorati? Kama viene considerato un dio (Kamadeva) o
uno yaksha, uno spirito “veloce”. Come l’Eros greco porta gli appellativi di non-nato (a-ja) o
creato da se stesso (atma-bhu). Oppure si dice che sia scaturito direttamente dal cuore dell’essere
originario, che in India riceve molti nomi.

L’iconografia lo rappresenta come un giovane dal volto luminoso ma dallo sguardo febbricitante.
Cavalca un pappagallo e sullo stendardo rosso acceso inalbera quello strano animale, miscuglio di
coccodrillo e di delfino (makara), che abbonda nelle sculture dei templi e che dell’astrologia
occidentale corrisponde al segno zodiacale del Capricorno. Ha un paradiso suo proprio, il “mondo del
desiderio” (kamaloka), che nel buddhismo è quello in cui noi trascorriamo questa vita. Nel mondo
umano, il desiderio (kama) è uno dei tre scopi dell’esistenza e appartiene alla giovinezza. Alla
maturità appartiene il dovere sociale (artha) e alla vecchiaia lo studio e la pratica della legge
universale (dharma). Il desiderio sessuale è la funzione specifica (sva-dharma) della prostituta e
della cortigiana; mentre, molto più pudicamente, la funzione della donna sposata è la fedeltà
coniugale (shraddha, altro nome di una delle mogli di Kama).

Nei Veda, il desiderio simboleggiato da Kama viene paragonato al desiderio d’acqua di un vitello
assetato e al pungolo con cui il dio stimola gli amanti, prendendo così l’appellativo di madana,
“colui che fa ubriacare”, ovviamente di passione. Oltre al desiderio sessuale, il termancinimine
sanscrito kama indica una metrica poetica, una varietà di mango e il seme maschile.

Come il Cupido latino è armato di arco, che nel suo caso è ricavato da una canna da zucchero e la
cui corda è costituita da una fila di api. L’amore è dolce. L’arco è munito di cinque frecce, motivo
per cui Kama viene anche chiamato pañca- bana, “cinque-frecce”. Ma queste frecce sono cinque fiori,
ognuno dei quali provoca una specifica emozione legata all’amore. Una lista classica elenca
ebbrezza, bruciore, paralisi, torpore e stupefazione; ma le liste variano e ognuno può sostituirvi
le proprie esperienze.

Inviato dagli dèi a scuotere Shiva dall’assorbimento in se stesso, Kama si apposta e per sessanta
milioni di anni attende il momento buono con una freccia incoccata. Nel frattempo una donna,
Parvati, la ‘figlia della montagna’, ha terminato le lunghe pratiche ascetiche necessarie per unirsi
a Shiva, l’unico che desidera, e lo raggiunge sulla vetta. Appena arriva, Kama scocca la freccia.

Kama stesso diventa la freccia, che volando assume la forma di una dolce brezza primaverile
proveniente dal sud, dal caldo subcontinente indiano. infatti Kama è spesso accompagnato da Vasanta,
la Primavera (letteralmente la stagione “splendente”). La brezza cerca di penetrare nel corpo di
Shiva attraverso l’orecchio. Shiva si riscuote, si accorge dlla presenza di Kama e lo incenerisce
all’istante con il potere del suo terzo occhio. Parvati è disperata: senza il desiderio, come
faranno lei e Shiva ad unirsi?

Perciò supplica Shiva di riportare in vita Kama e alle sue suppliche si aggiungono altre due dee,
altrettanto preoccupate, Kali e Uma, che è la stessa Parvati nel suo aspetto divino. Oppure a
supplicare Shiva è la moglie principale di Kama, Rati, personificazione del piacere sessuale (loro
figlia è Trishna, “sete”). Shiva rifiuta. nell’aspetto ascetico della sua complessa simbologia,
Shiva è infatti kamari, il “nemico del desiderio”. Ma non può resistere a tante suppliche e propone
un compromesso: Kama tornerà in vita, ma privo di corpo. Da allora Kama è conosciuto come an-anga,
“privo di membra” ed è il sottile brivido incorporeo che scuote le membra e il cuore di uomini e
dei.

Al rito tantrico collegato a questa divinità appartiene un mantra che si dice abbia il potere di
attirare persone e ricchezze: Kama-devaya vidmahe pushpa-banaya dhimahi tnnò nangah prachodayat .

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