L ‘Anima Gemella, nella teoria del Karma

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L ‘Anima Gemella, nella teoria del Karma

di Paola Mastrorilli

Prima di parlare del concetto di “anima gemella”, espresso pienamente nelle
teorie e nelle religioni che fanno riferimento al Karma, sarebbe forse bene
fare una premessa sul significato di Karma e Reincarnazione.

La convinzione che l’anima, una volta morto il corpo fisico, si reincarni,
deriva dalle dottrine orientali, quali la filosofia buddista e la religione
induista.
Secondo l’Induismo l’esistenza si basa sul concetto di causa-effetto. Questo
vuol dire che a ogni azione, compiuta nel bene o nel male, consegue
un’azione
ulteriore: ogni evento è effetto di un evento precedente e causa di un
evento successivo. In fondo è quello che constatiamo nella vita di tutti i
giorni ma l’Oriente sposta quest’idea a livello universale e oltre le
cognizioni spazio-temporali, in un ciclo infinito.

L’anima, detta anche Atman, è destinata a reincarnarsi in diversi corpi,
sperimentando tutte le condizioni umane possibili (ricco, povero, bello,
brutto, potente, debole ecc.) al fine di sublimarsi e tornare, alla fine,
nell’Assoluto. Il Karma altro non è che il patrimonio che l’anima trasporta
di vita in vita, fatto di azioni buone e azioni cattive. Ognuna di queste
azioni ha ripercussioni nelle vite successive al fine di “espiare” le
proprie “colpe” o di beneficiare dei propri meriti.
In ogni incarnazione l’Atman sarà spinto ad agire da una forza propulsiva
che viene detta Kama, ovvero il complesso di desideri e passioni, ereditati
dalle vite precedenti.

Il principio secondo cui ogni azione individuale è collegata con altre a
livello universale si chiama Karman e, ogni volta che un individuo agisce
pensando di essere un’ entità a sé stante non responsabile a livello
cosmico, fa il gioco del Karman.

Il ciclo di vita- morte- rinascita è definito Samsara.

Questo chiarisce come ogni cosa che ci capiti, nel bene o nel male, nella
vita attuale è con ogni probabilità frutto di nostre azioni precedenti. Se,
per esempio, nel 1945 ho incarnato un nazista che ha ucciso ebrei, prima o
poi avrò a che fare con qualcuno o qualcosa che mi insegnerà a capire il
valore delle mia azione miserevole, nel bene o nel male: subendo in prima
persona ciò che io ho imposto in una vita precedente o sperimentando, in un
modo o in altro, una forma di com-passione del gesto da me compiuto.

Secondo il Buddismo, invece, a incarnarsi non è l’anima quanto un insieme di
pensieri o un germe di “coscienza”. I buddisti, alla stregua degli induisti,
ricercano la condizione del non-essere, in quanto l’essere causa dolore che
si rinnova. Questa condizione viene definita da loro “nirvana”.

Nella tradizione celtica i Druidi fecero della reincarnazione una delle idee
base del loro sistema dottrinale. Vivevano l’esistenza convinti che tutto
ciò che avrebbero fatto un giorno sarebbe tornato loro indietro, ed erano
per questo felici di poter operare del bene convinti che in una vita futura
ne sarebbero stati ricompensati.
A differenza di quanto si pensi la teoria della Reincarnazione appartiene
tanto alla tradizione orientale quanto a quella occidentale.

Agli albori della Chiesa cristiana si parlava più liberamente di
Reincarnazione. Alcuni dei primi padri della Chiesa, come Clemente
Alessandrino o Origene, parlarono, in alcune delle loro opere, della
possibilità dell’esistenza di molte vite per l’evoluzione dell’anima. Lo
stesso S. Agostino scriveva: “La mia infanzia ha forse seguito un’altra mia
età, morta prima di essa? Forse quella che ho vissuto nel ventre di mia
madre? … E ancora, prima di quella vita, o Dio della mia gioia, io
esistevo già in qualche altro luogo o altro corpo” (da Le confessioni).

Una delle branchie della Chiesa originaria, lo Gnosticismo, al quale
partecipò lo stesso Giovanni Battista, credeva fermamente nella
Reincarnazione.

Nel Vangelo di Matteo, 11, 11- 15 troviamo: “In verità vi dico: fra i nati
da donna non v’è nessuno più grande di Giovanni Battista(.) e se lo volete
accettare è lui quell’ Elia che deve venire. Chi ha orecchie per intendere
intenda”.

La Chiesa si lasciò poi travolgere da voleri e capricci di papi, di
imperatori e di affari di stato. Cominciarono e essere organizzati concili
ecclesiastici che delineavano i dettami del credo e la fede nella
preesistenza delle anime fu “bocciata”, come avvenne in un concilio del 553.

Oggi come oggi il Cristianesimo, nell’immenso panorama di religioni, credi e
filosofie che si estendono nel mondo è comunque in minoranza rispetto al
rifiuto del principio di reincarnazione.

La teoria del Karma sembra rispondere ai mille quesiti a cui la fede
Cristiana com’è vissuta attualmente non riesce a dare risposte e,
soprattutto, valorizza l’idea di libero arbitrio e il concetto di
responsabilità verso sé stessi e verso gli altri, lì dove la Chiesa impone
dogmi.

Non dobbiamo infatti immaginarci come esseri in balia del volere benefico o
malefico di un dio. La vita è totalmente nelle nostre mani, come il timone
di una barca e, a seconda di come la gestiamo, essa ci porterà verso la luce
di una prossima vita più serena o verso le tenebre di una prossima vita
infelice.

Tutto questo al fine di evolvere l’anima e di capire, esperendole, le
molteplici condizioni umane. Una volta che la conoscenza dell’anima si sarà
completata ed essa si sarà sublimata, potrà tornare al divino primordiale da
cui si era staccata.

Ogni nostra anima è connessa invisibilmente a una coscienza superiore ma pur
sempre individuale: il Sé superiore. Esso è la coscienza che fa da padrona,
raccogliendo, come un sacco, tutte le esperienze e le conoscenze da
metabolizzare per proseguire il cammino.

E’ quindi, un’entità superiore a cui spesso, senza accorgercene, facciamo
riferimento, interpellandola e chiedendole consigli. E’ la voce profonda del
nostro cuore, l’unica che sappia realmente qual è il nostro bene.

Una volta che il corpo muore l’anima passa in una dimensione in cui lei
stessa passa in rassegna le azioni della sua esistenza terrena e, in base al
giudizio finale, sceglie l’incarnazione successiva e le esperienze che
maggiormente potranno arricchirla o controbilanciare le cattive azioni
passate.

Cos’è quindi l’anima umana?

Essa è una scintilla che alle origini si è staccata dal Divino e si è
incarnata in un corpo.

Ognuna appartiene a una grande “famiglia” d’anime che non sono
necessariamente i nostri genitori e i nostri parenti, bensì anime che
condividono con noi energie simili. Può capitare, per esempio, di conoscere
amici che viaggino sulla nostra stessa lunghezza d’onda molto più che i
nostri fratelli, genitori e parentado vario! Persone che sono in grado di
comprenderci e di capirci anche solo da uno sguardo! A me personalmente è
capitato, con una splendida ragazza conosciuta giusto in un forum e con la
quale si è creato fin dall’inizio un legame incredibilmente forte e di
arricchimento reciproco, anche dopo esserci conosciute di persona.
Con queste persone il legame non si rompe mai e, né il tempo né la
lontananza, fanno da ostacolo.

Infatti, in virtù di questo “vincolo,” spesso le persone sperimentano
fenomeni di telepatia a distanza o in sogno. Inoltre, secondo la teoria del
Karma, la maggior parte delle persone che hanno avuto una certa importanza
nella nostra vita, a prescindere dal tipo di rapporto che abbiamo condiviso
con loro e dall’accezione positiva o negativa, sarebbero probabili incontri
di vite precedenti.

L’anima consta così di due poli opposti: il maschile (yang) e il femminile
(yin). Prima di iniziare il cammino di evoluzione le due parti si separano
incarnandosi ognuna in corpi diversi ma restando legate l’una all’altra da
un filo “sottile”. Non sempre lo yang si incarnerà in un corpo femminile e
lo yin in uno maschile, ma succederà spesso che si incarnino in sessi di
polo opposto. Le energie dello yin e dello yang, agendo in sinergia,
contribuiscono a far evolvere la scintilla originaria. Quando l’evoluzione
sarà completata le due facce della stessa moneta si ricongiungeranno e
torneranno al Divino.

Raramente capita che le due mezze scintille si incontrino poiché, quando
questo avviene, si fondono in una unità che assorbe entrambe le parti
impedendo loro di continuare ad evolversi. Sarebbe un po’ come stare con sé
stessi e questo comporterebbe una chiusura nociva ai fini del progresso
dell’anima!
Possiamo invece sperimentare tanti “abbinamenti” con altre anime che, nella
loro diversità ci arricchiranno, magari anche attraverso dolori, sacrifici o
rinunce ampliando la superficie e le possibilità cognitive.

Questa teoria sembrerebbe anche giustificare quel senso di vuoto o di
insoddisfazione che ci capita di provare talvolta pur amando qualcuno.
Quante volte, specie in persone particolarmente “sensibili “e ricettive
capita di avvertire sensazioni frustranti accanto al partner scelto. Lo si
può amare alla follia, dedicarsi a lui/lei con passione ed entusiasmo ma
finire, col tempo, col provare comunque un senso di estraniazione o di
incompletezza, come se mancasse sempre qualcosa.

Sicuramente un incontro tra anime gemelle è affascinante ed estasiante.
Persone che l’hanno sperimentato affermano di aver provato sensazioni ed
emozioni mai nemmeno immaginate. E’ la “coppia perfetta”, l’esatto incastro
delle due parti mancanti, la complementarità per eccellenza. Ma, così
facendo, una volta che il puzzle è terminato ogni altra possibilità di
apertura, ogni altra occasione creativa viene scartata e rimane un mero
nutrimento basato sullo scambio di cognizioni simili se non identiche.

La tradizione vuole che l’incontro tra anime gemelle avverrebbe solo in
determinati momenti o in determinate incarnazioni, dove le due parti della
mezza mela abbiano raggiunto uno stadio spirituale abbastanza alto da
eludere ogni rischio di annullamento reciproco.

In quest’ottica và vista la tanto anelata “accettazione dell’altro”, in un
rapporto di coppia così come in qualsiasi altro tipo di relazione. E’
importante comprendere che tutti, nella positività o nella negatività, nel
bene o nel male sono fonte di conoscenza ed arricchimento, così come noi lo
siamo per loro, in un interscambio di esperienze e nozioni.

E, come tali, vanno amati nella loro dolcezza e compatiti nella loro
meschinità, aiutati e semplicemente allontanati quando avvertiamo che il
loro modo d’essere a lungo andare ci è risultato nocivo, senza odio e senza
rancori, sentimenti che finirebbero per ritorcersi contro noi stessi.
So che questa è impresa tanto ardua quanto laboriosa ma, vista la serenità
che ispirano gli sguardi di buddisti o di chi fa di questo credo una
filosofia di vita, varrebbe la pena almeno tentare!

Io ce la sto mettendo tutta, chissà.

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