La Baghavad Gita
di Guido Da Todi
Cari amici,
non troviamo testo più illuminante e liberatorio – per l’ apertura di questa settimana – della Baghavad Gita.
Secondo noi, si tratta della gemma più fulgida che esista nell’intero panorama storico delle Tradizioni Spirituali mondiali.
E’ un testo diretto, privo di intermediazioni letterarie; direi, trans-umano.
E’ un testo che appartiene unicamente a colui che lo legge.
Il rapporto che si stabilisce – se i tempi sono maturi a che un determinato individuo debba ricevere, dal destino benevolo, l’ultima grazia di incontrare la Baghavad Gita – tra il lettore (Arjuna) e il “canto del Divino (Krshna)” e’ un rapporto che indica l’inizio della fine…
L’inizio della fine di un ciclo reincarnativo, per quest’anima errabonda, che e’ approdata davanti alle “Labbra di Dio”.
Il testo unisce in se’ i due antipodi fondamentali di ogni ricerca dello Spirito: ossia, la concezione monistica dell’esistenza, e quella dualistica.
Quindi, costituisce il Tao, che salda l’Alfa e l’Omega dei due poli opposti universali.
Nella semplicita’ delle rivelazioni divine, che promanano dal Verbo di Krshna, riappare – ancora una volta – l’epifenomeno che e’ simbolicamente tratteggiato, in quelle “curve storiche”, rappresentate dai momenti in cui i grandi messia: – Mose’, Gesu’, Buddha ricevevano, in cuor loro, la “diretta Parola di Dio”.
Solo che pochi si danno la pena di osservare quanto – nelle migliaia di studioli, di camere pomeridiane, di panchine soleggiate, di biblioteche silenziose, di notti insonni, di versetti ripetuti mentalmente – continui a riprodursi, come le gocce che il mercurio riversa, mentre si disperde nell’ovunque, ed a moltiplicarsi, quell’incontro del Dio Uno, con il molteplice.
Il Logos parla e parlera’ ancora, per millenni, e per l’eternita’, ai suoi piccoli frammenti di Se’- proprio come dilato’ la Sua Presenza nell’incontro simbolico con quei messia.
E lo fara’ attraverso la Baghavad Gita, molto piu’ che con altri veicoli di Scritture Sacre.
“Io appartengo a tutti voi, e tutti voi appartenente a Me” – nella stessa e identica misura, e nella medesima valutazione di valori.
Sono stati spesi milioni di parole, di commenti e di analisi, nell’intento “mentale ed intellettuale” di volere spiegare la forma di espressione piu’ semplice che esista e che mai possa esistere – commentando la Baghavad Gita.
Noi, non lo faremo.
Al massimo, introdurremo – sovente – le parti piu’ significative del “Canto del Beato” con parole nostre, che saranno solo la trasmissione della “corrente di gioia” contenuta nel brano in questione.
Inizia, dunque, il viaggio nella gioia e nello stupore verso il nostro Logos, che
parla direttamente a noi, a voi, ed a te, dal pinnacolo della tua Coscienza piu’ interiore!
E’ certo – a questo punto – che la luminosa “Ala di Dio” trainera’, sul Sacro Vascello della Rivelazione, molti e molti di voi.
Quanti amici mi hanno confidato, sino ad oggi:
“…Ma, cosa vuol dire “sentire la Parola di Dio”?…Io non ci riesco….Come fanno, coloro che affermano d’essere uniti a Lui?”
Ricordate, allora, quel brano dell’Autobiografia? Quando il giovane Mukunda (Yoganandaji) si rivolse al Suo Incomparabile Guru, Sri Sri Sri Yukteswarji, e gli chiese, fremente:
“…Maestro mio, quando incontrero’ Dio?…”
“…Tu lo hai gia’ incontrato, figlio mio..” – gli rispose Guruji.
” Ma, come?!…Se lo vado cercando disperatamente!…”
“…Credi, figlio mio – continuo’ Grurji – che verra’ un bel giorno, in cui un Essere benevolo e risplendente si mostrera’ a te?…Quasi fosse un dono cosmico, tale “visione improbabile”?…
…Tu hai trovato Dio, proprio in quanto stai rispondendo al Suo richiamo, che vive – imperioso – in te, e ti spinge alla ricerca di una fusione sempre piu’ intima….
…La Voce di Dio e’ gia’ in te, e si mostrera’ – sempre piu’ intensa – sotto l’imperativo dell’amore che darai all’universo ed a tutto cio’ che ti circonda…..”
Ecco, amici miei. La lettura della Baghavad Gita costituisce, semplicemente, un’ampliamento di quel “cesello aureo” che avete, sin da ora, in voi…
La lettura del Sacro Testo – indiscutibilmente giunto nelle vostre mani, non per caso – sara’ “una cassa di Risonanza” della Voce dell’Uno, che vibra – tuttora – nella vostra natura piu’ soggettiva.
Ognuno di voi ha la facolta’ naturale di “sentire e scoprire Dio”, solo ed unicamente secondo il “vibrato” della vostra “nota personale”.
Nessuno ve lo puo’ insegnare, come nessun fantolino puo’ insegnare a bere il latte materno ad un altro piccino.
Noi possiamo solo solo indicarvi la Sua Direzione; possiamo placare la dissonanze che esistono, in voi e fuori di voi, ed aiutarvi ad entrare “nel profondo silenzio della vostra stessa anima”…
A questo punto, vi troverete “innanzi alla Presenza Indicibile”. Ne scoprirete il Santo ed Imperioso “Aum”, nell’universo tutto.
E tornerete indietro, a ripercorrere – a ritroso – il vostro cammino, con il volto infiammato, e le mani, protese all’infuori, piene di Luce Rovente: piene di Dio!
Tornerete a distribuirne “il saporoso senso di realta’” ai vostri fratelli tutti.
E lo farete, in eterno!
La Baghavad Gita e’ – forse – la “gabbia piu debole”, su questa terra, che “rinserra Dio, l’Uno”.
Le sue “sbarre, dolci e musicali” sono molto tenere a piegarsi, ed a fare entrare colui che lo voglia.
Entrate, quindi!
Entrate… per non riuscirne piu’!
…Quanti di voi cadranno definitivamente preda del “Ladro di cuori”?
(Guido)
BAGHAVAD GITA
(Canto I)
…
DHRITARASHTRA DISSE:
1. Dimmi, o Sanjaya, che cosa accadde sul campo sacro, sul campo di battaglia della vita, quando i miei figli e i loro soldati fronteggiarono in assetto di guerra l’esercito dei figli di Pandu? ,
SANJAYA DISSE:
2. Quando tuo figlio Duryodhana vide l’esercito dei figli di Pandu andò dal suo maestro di arte della guerra e gli rivolse queste parole:
3. ‘Guarda, o maestro, l’imponente armata dei figli di Pandu, ben schierata in ordine di combattimento dal figlio di Drupada, il tuo saggio discepolo.
4. La’ possiamo vedere eroici guerrieri, valenti arcieri dello stesso valore di Bhima e di Arjuna in battaglia: Yuyudhana, Virata e il re Drupada dal gran carro da guerra.
5. E Drishta-ketu, dal vessillo ben saldo, e Chekitana, re di Chedis. L’eroico re di Benares e Purujit, il conquistatore, e suo fratello Kunti-bhoja e il poderoso Saibya.
6. E il valoroso Yudhamanyu, e il possente Uttamaujas, il figlio di Saubhadra e i figli di Draupadi, tutti sui loro carri da guerra.
?. Ma, o mio maestro di guerra, ascolta anche i nomi dei nostri più valorosi guerrieri, i capi del mio esercito: io te li indicherò affinché tu ne prenda atto.
8. Tu stesso, anzitutto, mio maestro di guerra; poi il vecchio e saggio Bhishma, quindi Karna e il vincitore di battaglie Kripa. Vi e’ tuo figlio Asvatthama e mio fratello Vikarna e Saumadatti, re dei Bahikas.
9. E vi sono molti altri eroici guerrieri pronti a dare la vita per me; tutti sono armati in modo diverso e tutti sono esperti nell’arte della guerra.
10. Queste nostre armate sotto la guida di Bhisma sono difficili da contare, ma le loro forze, guidate da Bhima, appaiono facili da contare.
11. Stiano dunque tutti all’erta nella loro posizione di battaglia. Noi tutti difenderemo il nostro condottiero Bhisma.
12. Ed ecco che, per infondere coraggio a Duryodhana, il glorioso Bhisma, capo dei Kuru, fece risuonare alto il suo grido di battaglia come il ruggito di un leone e diede fiato alla sua conchiglia.
13. Rullarono quindi i tamburi di guerra, si udirti suoni dei cembali e delle trombe e il fragore di corni e conchiglie si alzò nel cielo con terribile strepito.
14. Allora, alla guida del loro glorioso carro trainato da cavalli bianchi, il Madhava Krishna e Arjuna, figlio di Pandu, risposero alla sfida soffiando nelle loro conchiglie divine.
15. Krishna soffiò nella sua conchiglia Panchajanya. Arjuna nella sua Deva-datta e il prode Bhima, suo fratello, nella sua grande Paundra.
16. Il loro fratello maggiore, il re Yudhishthira,soffiò in Anantavijaya e Nakula e Sahadeva in Sughoosa e in Manipushpaka.
17. Il re di Kasi, valente arciere, e Sikhandi dal grande cocchio, Drishta-dyumma e Virata e l’invitto Satiaki,
18. quindi il re Drupada e i figli di Draupadi, e Saubhadra, l’eroico figlio di Arjuna, tutti insieme fecero risuonare ovunque le loro conchiglie di guerra.
19. A quel tremendo suono tremarono il cielo e la terra e tremarono i cuori di Duryodhana e dei suoi guerrieri.
20. Le prime frecce incominciarono a volare alte e Arjuna, le cui insegne portavano l’immagine di una scimmia, vide Duryodhana e i suoi guerrieri schierati in ordine di combattimento. Allora sollevò alto il suo arco e disse:
21. `O immutabile Krishna, guida il mio carro e fallo fermare tra i due eserciti.
22. Che io possa vedere questi guerrieri pronti a combattere e sapere con chi di loro dovro’ misurarmi in combattimento all’inizio di questo conflitto.
23. Che io possa vedere quelli che sono giunti sin qui desiderosi di incrociare le armi agli ordini dello sciagurato figlio di Dhritarashtra’.
24. A tali parole di Arjuna, Krishna guido’ il glorioso carro e lo dispose tra i due eserciti schierati.
25 E, davanti a Bishma e a Drona e agli altri condottieri reali disse: `Osserva, o Arjuna, le schiere dei Kuru, qui radunate su questo campo di battaglia’.
26. E Arjuna vide in entrambi gli eserciti, padri e nonni,
27. figli e nipoti, suoceri, zii e maestri,
28. fratelli, compagni e amici. Quando Arjuna vide da entrambe le parti tutti i suoi congiunti fronteggiarsi, fu sopraffatto dallo sconforto e dalla disperazione e parlo’ quindi con il cuore colmo di dolore:
29. `O Krishna, quando vedo tutti i miei parenti radunati su questo campo di battaglia le forze mi vengono meno, la mia bocca si secca e si riempie di amarezza, il mio corpo e’ in preda al tremore e mi si rizzano i capelli dall’orrore;
30. il mio grande arco Candiva mi cade dalle mani, la mia pelle brucia e non posso più stare in piedi perché la mia mente vacilla;
31. avverto presagi di sciagura, o Krishna, e non riesco a prevedere alcuna gloria dall’uccisione dei mie congiunti sacrificati alla guerra.
32. Non ho alcun desiderio di vittoria, non aspiro a un regno, né ai piaceri. Come potremmo, o Govinda, desiderare un regno e persino la vita
33. quando coloro per i quali vorremmo un regno e i suoi piaceri e le gioie della vita sono qui su queto campo di battaglia, preparati a rinunciare ai loro averi e alla vita stessa?
34. Di fronte a noi, sul campo dì battaglia, vi sono maestri, padri e figli; nipoti, nonni e cognati, zii e suoceri.
35. Anche se essi volessero uccidermi, io non vorrei la morte di tutte queste persone, nemmeno in cambio del regno dei tre mondi e, a maggior ragione, del regno della sola terra!
36. Se uccideremo questi uomini malvagi, il male ricadrà su di noi: quale gioia potremmo mai ricavare noi dalla loro morte, o Janardana, signore delle genti?
37. Io non posso ucciderei miei congiunti, i figli di re Dhritarashtra, fratello del mio stesso padre. Quale mai felicita’ potrebbe scaturire dall’uccisione dei nostri parenti in battaglia?
38. Anche se essi, con la mente accecata dalla cupidigia, non sanno vedere la sciagura nella distruzione di una famiglia, ne’ il peccato nel tradimento degli amici,
39. come potremmo noi, che ne siamo invece consapevoli, non sottrarci a questa terribile impresa?
40. La distruzione di una famiglia porta con se’ la rovina dei valori morali che la sostengono; e, quando i valori crollano, l’intera famiglia viene sopraffatta dall’empieta’.
41. E quando prevale il disordine, le donne divengono preda del peccato, nasce la confusione sociale, o Krishna, e le caste si corrompono.
42. Questo disordine precipita nell’inferno le famiglie e i distruttori delle famiglie e gli spiriti dei loro morti, privati delle offerte rituali, affondano nel dolore.
43. Le gesta malvage dei distruttori della famiglia, responsabili del disordine sociale, sovvertono l’ordine sacro e corrompono i rituali ancestrali.
44. Non sappiamo forse, tutti che l’inferno attende coloro la cui famiglia ha perduto ogni sacra tradizione ed e’ precipitata nel disordine?
45. Ah, giorno infausto! Quale mai spirito malvagio ha corrotto le nostre menti al punto di farci incontrare su questo campo di battaglia, pronti a uccidere le nostre genti in cambio di un regno terreno?
46. Meglio per me sarebbe se i figli di Dhritarashtra, con le armi in pugno, mi cogliessero inerme e arreso e mi uccidessero nel mezzo della battaglia’
SANJAYA DISSE:
47. Cosi’ parlo’ Arjuna sul campo di battaglia e, lasciati cadere arco e frecce, si adagio’ sul fondo del carro, con l’animo colmo di disperazione e di angoscia.
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