LA BHAGAVAD-GITA DI PARAMAHANSA YOGANANDA 2
(CON IL COMMENTO DI PARAMAHANSA YOGANANDA)
PREFAZIONE EDITORIALE
Ed. Vidyananda
(Parte seconda)
Verità Storica nella Bhagavad Gita
Nell’India occidentale regnava sul Gujarat un guerriero divino, re Krishna. Questo è detto nel
Mahabharata, che fu compilato durante il periodo epico (1400-1000 a.C.).
Rinuncia ai Frutti dell’Azione
Abbiamo sentito di profeti nelle foreste che furono soltanto uomini di rinuncia, ma Krishna fu
uno dei più grandi tra tutti i profeti perché era profeta nel cuore, mentre nello stesso tempo
compiva i propri doveri di re. La sua vita dimostra che la dottrina della rinuncia all’azione è
contraddittoria: ciò che è realmente necessario è la rinuncia ai frutti dell’azione. Dio ha mandato
l’uomo sulla terra talmente condizionato dalla fame e dai desideri che egli ha bisogno di lavorare.
Senza lavoro la civiltà umana sarebbe una giungla di malattie, carestie e confusione. Se tutte le
persone del mondo lasciassero le loro civiltà materiali e vivessero nelle foreste, allora le foreste
dovrebbero essere trasformate in città, altrimenti tutti morirebbero per mancanza di condizioni
igieniche.
D’altra parte, però, la civiltà materiale è piena d’imperfezione e sofferenza. Quale possibile
rimedio può essere adottato? La vita di Krishna dimostra che, secondo la sua filosofia, non è
necessario abbandonare la giungla della vita materiale. Il problema può essere risolto potando Dio
laddove Egli ci ha posto; e allora il paradiso deve necessariamente venire nella mente dove regna la
presenza di Dio, non importa quale possa essere l’ambiente esterno. “Un paradiso senza Te, o Dio,
non lo voglio! Amo lavorare in fabbrica se posso udire la Tua voce negli ingranaggi rumorosi dei
macchinari. Una vita materiale senza Te, o Dio, è fonte di sofferenza fisica, malattia, peccato,
ignoranza e infelicità”.
Completa Rinuncia
La completa rinuncia è stato il tema di molti, anche dell’orientale Bibbia cristiana: “Non vi
preoccupate del corpo, di ciò che mangerete o come vi vestirete”. Anche Swami Shankara, il fondatore
dell’ordine degli Swami, sosteneva la completa rinuncia. altri grandi profeti hanno fatto lo stesso,
con l’idea che i desideri materiali possono essere d’ostacolo sul sentiero dell’Autorealizzazione.
D’altro canto, coloro che s’immergono profondamente nella vita materiale crescono lontani da Dio.
Essi nuotano così profondamente nel fango delle preoccupazioni mondane che non possono districarsi
per camminare liberamente lungo il sentiero dell’Autorealizzazione. Per evitare questi due estremi –
primo di rinunciare al mondo e, secondo, d’annegare nella vita materiale – l’uomo deve compiere le
dovute azioni necessarie della vita quotidiana con la coscienza di Dio dentro. Tutti gli uomini e le
donne devono ricordare che le loro vite mondane possono essere liberate dalle infinite malattie
fisiche e mentali, purché aggiungano la profonda meditazione quotidiana ai loro doveri giornalieri
in ufficio, in fabbrica e nelle relazioni familiari.
La dottrina della Bhagavad Gita è l’unica adatta all’impegnata vita moderna, fatta di molte
preoccupazioni. Lavorare senza la pace di Dio è l’inferno; mentre lavorare con la gioia di Dio
sempre gorgogliante nell’anima vuol dire portare con voi, ovunque andiate, un utile paradiso
portatile. Essere costantemente preoccupati in una grande proprietà è come vivere nell’inferno;
mentre vivere di pascolo malsicuro con l’illimitata pace interiore dell’anima è un vero paradiso.
Sia in un palazzo o sotto un albero, dobbiamo portare sempre con noi questo paradiso interiore.
Questo è ciò che la dottrina di Krishna cerca d’insegnare all’uomo moderno. L’avidità di fare sempre
più soldi, immergersi profondamente in un lavoro estenuante con attaccamento o cecità produce
sofferenza. la rinuncia esteriore delle cose materiali, quando c’è ancora un attaccamento interiore
ad esse, porta all’ipocrisia e all’illusione. Uno dev’essere veramente convinto in cuor suo che la
felicità di Dio è preferibile ai piaceri dei sensi.
Moderazione in Tutto
Quello sostenuto dalla Bhagavad Gita è l’aureo sentiero moderato e di mezzo, valido sia per
l’impegnato uomo moderno che per il più avanzato aspirante spirituale. Molti Cristiani non seguono
nè il sentiero della completa rinuncia, come consigliò Gesù quando disse “Vendi tutto ciò che hai e
seguimi”, nè sanno come trovare Dio nella loro impegnata vita materiale. Per queste persone seguire
la via insegnata dalla Bhagavad Gita sarebbe la salvezza, poiché è un libro d’autorealizzazione
universale che abbraccia le basilari verità scientifiche dell’orientale Bibbia cristiana e anche di
tutte le altre Scritture spirituali.
Interpretazione Intellettuale,
Storica e Spirituale della Bhagavad Gita
Come ascoltare per dodici anni conferenze sulle arance, senza mai assaggiarle, non può dare una
vera conoscenza di ciò che sono, così tutta una vita di studio teorico della Bhagavad Gita produrrà
pochissima conoscenza spirituale intuitiva. Essa non fu compilata per aridi intellettuali, perché
con i suoi detti facessero ginnastiche intellettuali per intrattenere dogmatici intellettuali,
piuttosto il suo proposito è stato quello di mostrare all’uomo che vive nel mondo come poter
condurre una vita bilanciata e nello stesso tempo contattare realmente Dio seguendo metodi graduali
d’autorealizzazione. Perciò non mi dilungherò molto sulla storia della Bhagavad Gita, nè sulle
analisi storiche degli intellettuali, ma scaverò nel suo cuore col piccone della concentrazione
profonda e farò emergere i suoi zampilli spirituali che placheranno la sete dei ricercatori
profondamente spirituali. Il modo migliore di giudicare le varie interpretazioni della Bhagavad Gita
è quello di chiedervi quanto duraturo beneficio spirituale avete tratto dal loro studio.
Storia di Kaurava e Pandava
Molto tempo fa Vicitravirya era re di Hastinapura (l’odierna Delhi), in India. Dopo la sua morte,
il fratello Vyasa sposò le sue congiunte. Da questa unione nacquero a Vyasa due figli: Dhritarashtra
e Pandu. Il maggiore, Dhritarashtra, ebbe a sua volta cento figli; mentre Pandu, il minore, ebbe
cinque figli pure guerrieri. Shritarashtra divenne re, ma era cieco; perciò suo figlio Duryodhana
regnava in sua vece. Con un astuto gioco di dadi Duroyodhana privò i Pandava del loro regno, e li
mandò in esilio nella foresta per dodici anni, dopo i quali promise che avrebbe permesso loro di
riguadagnare il regno perduto. Al tempo stabilito i buoni Pandava ritornarono e chiesero il loro
regno, ma i Kaurava rifiutarono di privarsi di qualsiasi pezzo di terra, fosse stato anche largo e
lungo quanto un ago.
Causa della Battaglia di Kurukshetra
Perciò i cinque famosi fratelli Pandava chiesero l’aiuto del profeta Sri Krishna – l’allora re
del Gujarat – che offrì di essere l’auriga e il consigliere di guerra di Arjuna, uno dei cinque
fratelli guerrieri. I disonesti Kaurava, guidati da Duryodhana, e i puri Pandava, guidati dai cinque
principi figli di Pandu, si affrontarono sul sacro campo di Kurukshetra (una piccola città moderna a
nord di Delhi). Re Dhritarashtra, essendo cieco, chiese a Vyasa di parlargli della battaglia. Invece
il saggio Vyasa gli diede un uomo dalla visione imparziale, Sanjaya, che egli dotò di visione
spirituale. Così questi potè vedere da lontano, con chiaroveggenza, gli eserciti dei kaurava e dei
Pandava schierati sul campo di battaglia. La Bhagavad Gita comincia con il re cieco Dhritarashtra
che chiede a Sanjaya: “Schierati sulla sacra pianura di Kurukshetra, impazienti di combattere, che
cosa stanno facendo i miei figli, i Kaurava e i Pandava?”. Per tutta la Bhagavad Gita il saggio
Vyasa ha preso una vera battaglia – che una volta ebbe effettivamente luogo sul campo di Kurukshetra
– e i nomi di alcuni guerrieri, e ha intrecciato ad essi nomi e caratteri psicologici, dando così
vita alla descrizione della guerra psicologica tra le malvage tendenze mentali e i desideri dei
sensi dell’uomo (i Kaurava) contro le sue buone tendenze discriminative (i Pandava). Se prendiamo
molti dei nomi sanscriti da lui usati e analizziamo le radici delle parole usate come appellativi
dei guerrieri, scopriamo che ogni tendenza psicologica è considerata come un guerriero. Per esempio,
prendiamo Dhritarashtra: dhritam significa tenere, rashtram significa redini, e jana, che
significa colui che tiene le redini dei sensi o la mente cieca. Questo è detto della mente, che
coordina i sensi come le redini tengono insieme i diversi cavalli di un carro. Il corpo è il carro,
il padrone del corpo è l’anima, l’auriga è l’intelligenza. I cavalli sono i sensi, e la mente è
considerata cieca perché non può vedere senza l’ausilio dei sensi e dell’intelligenza.
Interpretazione Macrocosmica
Vyasa, che rappresenta allegoricamente Dio Padre, divenne immanente nella duale Vibrazione
Cosmica positiva-negativa, che a sua volta diede vita a due figli: Dhritarashtra, che rappresenta la
materia; e Pandu, che rappresenta la Vita Intelligente che governa tutta la materia. E come nella
Bibbia cristiana abbiamo Dio Padre, il Figlio o l’Intelligenza Cristica (Pandu), e lo Spirito Santo
(la Santa Vibrazione Cosmica).
Interpretazione Microcosmica
Vyasa, l’anima, era il riflesso di Dio Padre. Un riflesso del sole può solo parzialmente (a metà)
rappresentare il sole reale. Perciò Vyasa è chiamato mezzo-fratello di Vicitravirya o Dio Padre.
come il sole diventa mille soli quando viene riflesso in mille coppe d’acqua, così anche Dio Padre –
riflesso nei corpi di molti uomini – diventa molte anime. Vyasa rappresenta l’anima originaria
passiva-attiva nell’uomo, responsabile della creazione dei due figli: il re cieco o Mente
(Dhritarashtra), e il puro re Discriminazione (Pandu).
Pandu deriva da una parola che vuol dire ‘ciò che significa intelligenza’. I Sensi, il cieco re
Mente e la pura Discriminazione regnavano insieme nel regno del corpo. Il nome del campo di
battaglia sta per corpo: Kurukshetra (Kuru, azione; kshetra, campo) significa il campo
dell’azione. Originariamente, nell’infanzia, il regno del corpo è governato principalmente dalla
pura discriminazione e dalla calma. Il maggiore dei cinque fratelli Pandava era Yudhisthira (Yudhi
Stira Ja Sa – chi è calmo nelle battaglie psicologiche); la calma è così il primo prodotto della
discriminazione. Gli altri quattro fratelli erano Bhima (potere di vitalità), Arjuna (autocontrollo,
chi è non attaccato), Nakula (potere di obbedire alle buone regole) e Sahadeva (potere di stare
lontano dal male). Dopo l’infanzia, l’ego, la pseudo-anima o l’anima legata al corpo (Duryodhana, il
figlio maggiore della mente agitata), e le cento inclinazioni dei sensi nate dalla mente agitata,
con un astuto gioco ai dadi – con le lusinghe dei sensi e i desideri materiali – rubarono il regno
corporeo alla pura discriminazione e alle sue affini facoltà principesche e le mandarono in esilio
per dodici anni. Una volta che le cattive abitudini dei sensi sono ben stabilite nel corpo, le buone
abitudini e la saggezza sono di solito bandite almeno per dodici anni.
Dei completi cambiamenti fisiologici e mentali, come pure la creazione di nuove abitudini, sono
spesso possibili dopo dodici anni. La storia della Bhagavad Gita ci dice allegoricamente come, dopo
che le cattive abitudini avevano regnato per dodici anni nel regno corporeo, le buone abitudini ora
risvegliate dalla discriminazione cercarono dopo dodici anni d’esilio di riconquistare il regno con
l’aiuto di Krishna o la Forza dell’Anima. In maniera simile, dopo che per dodici anni il giovane
passa attraverso cattive esperienze e riceve molte ‘batoste’ sotto il regime dei sensi dominato da
cupidigia, collera, sesso, gelosia ed egoismo – allora la discriminazione e i guerrieri di calma,
forza vitale e autocontrollo, dopo i dodici anni d’esilio subiti da parte delle cattive abitudini
dei sensi, cercano di ritornare e di riconquistare il regno corporeo perduto. Ma i malvagi Kaurava,
o le cattive tendenze mentali, con il loro esercito dei sensi rifiutano di separarsi anche
minimamente dal regno del corpo, che originariamente apparteneva alle facoltà discriminative.
Così Krishna, il Guru, o l’Anima attivamente risvegliata, o l’Intuizione nata dalla meditazione,
viene ad aiutare l’Autocontrollo, o Arjuna, e le altre quattro tendenze discriminative di calma,
pranayamna (controllare la forza vitale nei nervi-telefoni staccandola dai sensi, escludendo con ciò
gli invadenti sensi dal castello della concentrazione discriminativa), e proibire e prescrivere
regole di condotta per combattere la battaglia psicologica con l’Ego e il suo esercito, fatto delle
seguenti cattive tendenze mentali: avidità, avarizia, odio, gelosia, malvagità, mania sessuale,
meschinità, crudeltà, cupidigia, cattiva volontà, risentimento, procrastinazione spirituale, falso
senso di delicatezza, orgoglio di casta o d’appartenenza sociale, estrema parzialità, pigrizia
fisica, indifferenza spirituale, avversione a meditare, ‘rimandare a domani la meditazione’, avidità
sessuale; impurità di corpo, mente e anima; collera, desiderio di ferire gli altri, infedeltà a Dio,
ingratitudine a Dio, impertinenza, scortesia, mancanza di visione, mancanza di previdenza; ignoranza
fisica, mentale e spirituale; disarmonia, asprezza di linguaggio, egoismo, asprezza di pensiero,
cattive azioni, provare gioia nel male, senso d’attaccamento, illussione, amarezza mentale,
rancore, vedere il male; pensare, volere, sentire e ricordare il male; paura della malattia,
preoccupazione, paura della morte, ignoranza della beatitudine dell’anima, mancanza d’iniziativa,
attitudine litigiosa, giurare, parlare male, malattie del corpo, abuso sessuale, smoderatezza,
dornire troppo, mangiare troppo, troppa pretesa virtù, evitare Dio e posporre la meditazione.
Perciò vedete che il teatro della battaglia è il corpo, dove Krishna – la Forza dell’anima – e i
cinque principi della discriminazione e le loro tendenze guerriere stanno cercando di riconquistare
il loro regno perduto cacciando via il male ivi trincerato con le sue abitudini dei sensi. Occupando
il regno del corpo, questi sensi bolscevici hanno causato solo malattie, preoccupazioni mentali, e
la pestilenza dell’ignoranza e dell’aridità spirituale, a causa della mancanza di saggezza nel regno
corporeo. Perciò la Forza dell’Anima risvegliata e l’Autocontrollo sviluppato dalla meditazione
devono impadronirsi del regno del corpo, e stabilirvi pace, saggezza, abbondanza e salute, e
innalzarvi la bandiera dello Spirito.
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