La Bhagavad-gita, il canto del Beato

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La Bhagavad-gita, il canto del Beato

La Bhagavad-gita, conosciuta anche come Gitopanisad, è senza dubbio il
testo più famoso della letteratura indiana e costituisce l’essenza
della conoscenza vedica. La Bhagavad-gita fa parte del racconto epico
Mahabharata in cui si narrano le gesta della dinastia dei Kuru, che
regnava in India circa cinquemila anni fa. Esistono in circolazione
centinaia di edizioni della Bhagavad-gita ed ognuna di esse interpreta
questo testo secondo la scuola filosofica a cui i grandi maestri del
passato e del presente appartengono.

Le scuole monoteiste che si rifanno al vaishnavismo riconoscono nella
Bhagavad-gita la fedele trascrizione del dialogo intercorso tra
Krishna, Dio, ed Arjuna, suo devoto, che ebbe luogo sul campo di
battaglia di Kurukshetra prima dei combattimenti. Altre scuole, dette
mayavadi, o impersonaliste, considerano la Bhagavad-gita solo
un’efficace raffigurazione allegorica di alti concetti filosofici. Per
acquisire prestigio, fama o denaro, molti si avventurano nel commento
della Bhagavad Gita senza opportune qualifiche e senza appartenere ad
una linea disciplica autentica, autoproclamandosi esperti in materia
di trascendenza e ingannando di fatto la gente.

E’ quindi fondamentale cercare un’edizione autentica della
Bhagavad-gita che ne dia un fedele commento, per non incappare in
interpretazioni ingannevoli o fuorvianti rese da qualche
approfittatore ignorante e in malafede. Srila Bhaktivedanta Swami
Prabhupada scrive nell’introduzione alla “Bhagavad-gita così com’è”:

“Il Signore si rivolge ad Arjuna, Suo amico e discepolo, spiegandogli
come gli insegnamenti della Bhagavad-gita furono trasmessi attraverso
le varie epoche. Fu esposta dapprima a Vivasvan, il dio del sole, che
poi la trasmise a Manu, il quale a sua volta la espose ad Iksvaku. Lo
yoga che la Bhagavad-gita insegna è stato dunque trasmesso oralmente
da una successione di maestri spirituali che ha origine in Krishna.

Ma questa conoscenza si è perduta nel tempo, perciò il Signore deve
rivelarla di nuovo ora, nel momento in cui Arjuna sta per impegnarsi
nella battaglia di Kuruksetra. E se Krishna gli confida questo sublime
segreto è perché Arjuna è Suo devoto e amico. Il Signore mostra così
che la Bhagavad-gita è destinata soprattutto ai Suoi devoti, che
costituiscono uno dei tre gruppi di spiritualisti, insieme agli jnani,
filosofi impersonalisti e agli yogi, adepti alla meditazione.”

Dal punto di vista vaishnava, che è la tradizione spirituale a cui
appartengo, la Bhagavad-gita si può definire un vero e proprio
“manuale di istruzioni” enunciato da Dio stesso. Essa permette al
ricercatore spirituale di conoscere le dinamiche che regolano
l’universo fenomenico, di trascenderne le influenze materiali e
ritrovare così la pace e l’armonia interiore per raggiungere il fine
ultimo della vita che consiste nel ristabilire la piena relazione
personale con il Divino. L’antefatto che portò alla battaglia di
Kuruksetra descrive come Arjuna ed i suoi fratelli, conosciuti come i
cinque Pandava, siano stati detronizzati con l’inganno dall’avido
cugino Duryodhana.

Con il supporto del padre Dhritarastra, uomo cieco sia materialmente
che spiritualmente, egli aveva negato loro ogni possibilità di
esercitare il loro diritto a regnare. Appartenenti alla classe degli
kshatrya, virtuosi guerrieri e governanti, i Pandava erano gli eredi
diretti al trono e avevano non solo il diritto ma anche il dovere di
dominare sui tutti i territori occupati illecitamente dai Kuru. Essi
cercarono ogni soluzione possibile per risolvere pacificamente la
disputa, arrivando a chiedere al cugino di assegnare loro anche solo
un piccolo villaggio da amministrare. La risposta di Duryodhana fu
però perentoria: “Non vi concederò nemmeno la terra su cui piantare
uno spillo!”

La battaglia divenne quindi inevitabile perché si scontravano due
realtà diametralmente opposte, quella materialista che si basa sulla
convinzione che l’uomo può disporre del mondo a proprio piacimento pur
mantenendo un rispetto formale e ritualistico per la religione,
l’altra che si edifica sul riconoscimento di Krishna, Dio, come
supremo controllore e causa di tutte le cause e del nostro ruolo
subordinato a Lui. Il Mahabharata racconta che Krishna, apparso sulla
Terra come un grande principe, volendo rimanere imparziale annunciò
che non avrebbe preso parte agli scontri e chiese ai due contendenti
cosa desiderassero che Egli facesse.

Mentre Duryodhana chiese di concedergli il suo potentissimo esercito
con il cui aiuto prevedeva una vittoria certa, Arjuna semplicemente Lo
pregò di restare al suo fianco, come amico e protettore. I loro
desideri furono esauditi e la potenza militare andò quindi a
Duryodhana, mentre quella spirituale fu di Arjuna. Ancora due
mentalità a confronto: una esageratamente fiduciosa nelle proprie
intuizioni egoiste, l’altra quella di chi si affida completamente a
Dio.

Lo sconforto di Arjuna che caratterizza i primi versi della
Bhagavad-gita nasce dalla consapevolezza che nell’esercito avversario
ci sono molti suoi parenti e cari amici che hanno deciso di schierarsi
contro di lui e i suoi fratelli ma con i quali egli non ha nessun
desiderio di combattere, preferendo la propria sconfitta alla loro
morte. Come già citato, il dovere dei Pandava come kshatrya era però
quello di ristabilire la moralità e i principi spirituali autentici
nella società e non quello di filosofeggiare o di lasciarsi andare a
un sentimentalismo inappropriato al loro ruolo e alla circostanza.

Questo è il primo spunto di riflessione che Krishna fornisce ad
Arjuna, sottolineando come il sottrarsi dai propri doveri porti solo
all’infamia. Krishna proseguirà illustrando la differenza tra corpo
fisico, corpo psichico e corpo spirituale, spiegando come i primi due
sono temporanei mentre il terzo, atma o anima, è eterno, colmo di
felicità e di conoscenza. La comprensione di non essere il corpo
fisico è il primo concetto che deve realizzare chi desidera praticare
la via dello yoga, o unione con l’Assoluto. Successivamente Krishna
istruirà Arjuna sui vari percorsi spirituali e dello yoga e sui
differenti risultati che si possono ottenere con la loro pratica.
Quindi spiegherà i fattori dell’azione, i guna, o influenze materiali,
la legge del karma, le due nature dell’uomo, quella divina e quella
inferiore, detta anche separatista, per arrivare a descrivere le
caratteristiche dell’Assoluto, indicando in che modo è possibile
avvicinarLo.

Nella Bhagavad-gita, come in tutti i testi vedici, Krishna non fa mai
riferimento ad una religione in particolare, né collega la Sua persona
ad un luogo geografico o ad una cultura esclusiva ma Egli si propone
con infiniti nomi e aspetti per permettere a chiunque di avvicinarLo.
Krishna concluderà spiegando che le religioni, le pratiche legate ad
esse, le austerità e le ingiunzioni filosofiche, pur avendo il
prezioso compito di stimolare e favorire la trasformazione della
coscienza degli individui e della società elevandola, ad un certo
punto del cammino dovranno essere trascese poiché è solamente il puro
ed incondizionato amore per Dio situato al di là di ogni
classificazione terrena che permette di comprendere il Divino e di
relazionarsi con Lui.

La ritrovata serenità e l’armonia interiore di chi ha ristabilito la
connessione con Dio, qualunque sia il nome con cui si preferisce
chiamarLo, garantirà automaticamente anche la pace e l’armonia tra gli
uomini. La Bhagavad-gita è un testo che supera il concetto di
religione e di filosofia ed è un libro prezioso che ogni sincero
ricercatore spirituale dovrebbe tenere con sé e consultare
regolarmente.

La Bhagavad-gita nelle parole di alcuni famosi personaggi:

Mahatma Gandhi: “La mia vita non fu che una serie di tragedie
esteriori, e se esse non hanno lasciato su di me nessuna traccia
visibile, indelebile, è dovuto all’insegnamento della Bhagavad-gita.”

Immanuel Kant: “Questo poema esige il più alto rispetto.”

Arthur Schopenauer: “Si tratta dell’opera più istruttiva e sublime che
esista al mondo.”

G.W. Hegel: “Con la Bhagavad-gita possiamo avere una chiara idea di
quella che è la più praticata, ma anche la più alta di tutte le
religioni dell’India”

da www.villavrindavana.org/

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