La bontà protegge il cervello

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La bonta’ protegge il cervello

Non è facile definire la bontà. Essa è collegata all’empatia e alla solidarietà, ma non si limita a
ciò. Non è solo una caratteristica, è anche un valore umano. Questo significa che è più di una
capacità, perché è arricchita da una decisione etica.

La bontà è definita nel dizionario come un’inclinazione a fare del bene. Il problema è che il “bene”
è un concetto relativo. Un’accezione più precisa sarebbe dire che la bontà è la capacità di provare
compassione. In altre parole, sentire come propria la sofferenza altrui e sforzarsi per porvi
rimedio.

“Cercando il bene dei nostri simili, troveremo il nostro”.
-Platone-

Questa bella virtù non si applica solo agli altri esseri umani. La bontà si esprime anche con tutti
gli esseri viventi e a ciò che non è vivo, se la consideriamo come uno sforzo per preservare ciò che
esiste nel modo in cui esiste. C’è bontà, dunque, in un quadro o in una pietra adagiata su un
sentiero.

La bontà è una virtù superiore perché ne implica molte altre. Tra di esse, l’amore, il rispetto, la
fraternità, la generosità e molte altre. Richiede, dunque, una grande maturità spirituale e mentale.
Grazie ai diversi studi, è stato possibile verificare che si tratta di un’abilità localizzabile nel
cervello e che costituisce le basi per una significativa qualità della vita.

L’area cerebrale della bontà

Un gruppo di scienziati dell’Università di Oxford e dello University College di Londra hanno
localizzato l’area cerebrale che sembra essere relazionata con la bontà. L’equipe, guidata dalla
Dottoressa Patricia Lockwood, ha lavorato con un gruppo di volontari. Venne chiesto loro di
verificare quali simboli potessero rappresentare un vantaggio per sé e quali potessero
rappresentarlo per altre persone.

Il cervello e la bontà

Mentre i volontari compivano quest’incarico, i loro cervelli erano monitorati attraverso risonanze
magnetiche. L’esperimento rivelò che i soggetti soppesavano e valutavano il modo in cui i simboli
potessero aiutare altre persone. Dovevano sempre determinare se ciascun simbolo fosse utile solo a
loro o anche ad altri.

Quando ogni volontario scopriva il modo in cui il simbolo avrebbe aiutato gli altri, si attivava
solamente un’area del cervello: la corteccia cingolata anteriore.

Tuttavia, la bontà non dipende solo da funzioni cerebrali. Bisogna ricordare, infatti, che questo
meraviglioso organo ha un’enorme plasticità e sono le esperienze e i comportamenti ad impostarne il
funzionamento.

La bontà protegge il cervello

Il neuropsicologo Richard Davidson ha condotto una ricerca per l’Università del Winsconsin. Lo ha
fatto dopo un viaggio in India: nel 1992 conobbe il Dalai Lama, che gli fece una domanda che colpì
il ricercatore: “Ammiro il vostro lavoro, ma ritengo che siate molto concentrati sullo stress,
sull’ansia e sulla depressione. Non avete mai pensato di concentrare i vostri studi neuroscientifici
sull’amore, sulla tenerezza e sulla compassione?”.

Richard Davidson ha realizzato diversi studi a partire da questa domanda. Ha scoperto, per esempio,
che alcune strutture cerebrali possono cambiare in appena due ore e che una mente calma genera un
benessere globale. E per arrivare a una mente calma, bastano solo due ore di meditazione, tempo
scientificamente misurato nel suo laboratorio.

In seguito, ha scoperto che i circuiti neuronali associati all’empatia differiscono da quelli
associati alla compassione. Per giungere alla compassione, altra forma di bontà, occorre passare per
la via della sensibilità, della simpatia e dell’empatia. Ad un livello superiore, si troverebbe la
compassione. Si tratta di un ulteriore passo nella capacità di percepire, sentire e comprendere la
sofferenza altrui. Presuppone una risposta alla sofferenza altrui.

Davidson ha anche scoperto che l’amore e la tenerezza incrementano il benessere in diversi campi
nella vita. In uno studio realizzato con bambini e adolescenti, sono stati evidenziati i diversi
campi cerebrali che si attivavano quando si mostrava loro come essere più compassionevoli e teneri.
In seguito a ciò, hanno mostrato tutti migliori risultati scolastici e una migliore condizione di
salute. La capacità di essere compassionevoli può essere allenata. La bontà è il risultato di un
profondo lavoro interiore.

anonimo

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