Chi soffre di cherofobia ha paura di essere felice e questo gli impedisce di andare in cerca di esperienze che potrebbero renderlo felice.
Per quanto paradossale possa sembrare, la paura della felicità è reale ed è nota con il nome di cherofobia. Si tratta di una paura irrazionale strettamente relazionata all’ansia e che ci impedisce di farci coinvolgere in attività che potrebbero renderci felici.
Se riflettessimo un attimo, ci accorgeremmo di aver assistito in diverse occasioni a questo fenomeno, sia negli altri sia in noi stessi.
Il termine sembra derivare dal greco χαρά, ovvero allegria, felicità, gioia, e φοβία, cioè paura, spavento. Tuttavia, è difficile risalire alle origini del termine visto che il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) non riporta nessuna definizione.
Chi ha paura di essere felice?
Le persone che soffrono di cherofobia tendono a rifiutare le situazioni in cui l’allegria è un sentimento predominante. Questo non significa che vogliano essere infelici o tristi; anzi rifiutano la felicità perché a questo stato segue quello della tristezza, ed essere tristi non è ciò che vogliono.
Che sia perché la felicità non è uno stato permanente o perché mostrarsi felici può far sentire miserabili gli altri, la persona cherofoba si rifiuta di partecipare a eventi sociali in cui potrebbe renderla felice, o qualunque altra situazione che in qualche modo possa risvegliare in lei una sensazione di benessere.
Tende, inoltre, a prendere le distanze da qualsiasi cambiamento positivo per la sua vita. In sostanza, si tiene alla larga da qualunque possibilità possa portarla a stare bene, a sentirsi allegra e provare uno stato di benessere. Ecco perché alcuni dei suoi pensieri più comuni sono:
“Se sono felice, succederà di certo qualcosa di brutto”.
“Mostrarsi felice fa male sia a me sia agli altri”.
“Cercare di essere felice mi fa perdere tempo ed energie”.
Oltre a ciò, queste persone si mettono sulla difensiva e non si lasciano convincere dalle interazioni con altri individui. Di solito sono insicure, visto che non hanno pieno controllo delle proprie emozioni. Questo accumulo di emozioni negative può sfociare nel rifiuto per ciò che è divertente, dunque nei confronti della felicità.
Esempi di eventi ai quali non partecipa chi soffre di cherofobia
Se conoscete una persona che soffre di cherofobia, cercate di capire che invitarla a prendere parte a eventi sociali può essere motivo di discussione o fastidio.
Un chiaro esempio è dato dai compleanni. In questi eventi l’attenzione è concentrata su un’altra persona, ma ci si aspetta dai partecipanti emozioni positive o divertimento, cose delle quali la persona con cherofobia non è disposta a dimostrare. Allo stesso modo, un pranzo in famiglia sarà motivo di stress.
Cene aziendali, pranzi con gli amici o altre riunioni sociali sono situazioni che vengono rifiutate. In sostanza tutti quegli eventi che ruotano intorno all’incontro di più persone.
In seguito a ciò, saremmo tentati di non invitare la persona o di non partecipare a un evento in cui sarà anche lei per evitare di sentirci a disagio, preoccupati e in imbarazzo. Eppure, la soluzione è tutt’altra.
Come superare la cherofobia
Visto che non si tratta di un disturbo riconosciuto dal punto di vista clinico, non esiste un trattamento specifico. Ciononostante, il consiglio è rivolgersi a uno psicologo, affinché possa indicare gli esercizi più indicati per superare il problema.
Innanzitutto è importante accettare l’esistenza della fobia. Questo spesso è il passaggio più complicato del percorso terapeutico, dunque è normale che il paziente possa aver bisogno di un aiuto esterno.
1. Evitare l’isolamento
I parenti e gli amici devono prestare particolare attenzione se una persona cara inizia a isolarsi in modo preoccupante. Questo potrebbe essere il primo campanello d’allarme.
È importante integrare alle sedute dallo psicologo un graduale adattamento alla vita sociale, incoraggiando la persona che soffre a riavvicinarsi agli amici e agli eventi sociali che inizialmente evitava.
Questo non significa voler cambiare la sua personalità: bisogna tenere conto delle preferenze sociali del paziente al fine di delineare il percorso terapeutico più adatto.
La persona va accompagnata per tutto il percorso. Essere parte attiva del percorso di guarigione la aiuterà a prendere coscienza della situazione e a ottenere maggiori vantaggi.
2- Essere pazienti
Cambiamenti importanti come il superamento della cherofobia non avvengono da un giorno all’altro. Sia il paziente sia le persone a lui care devono essere pazienti e accettare che si tratta di un processo lento. Proprio per questo è meglio non farsi aspettative eccessive; ciò eviterà di sentirsi profondamente frustrati.
3. Cercare aiuto
In alcuni casi chi soffre di un disturbo psicologico è l’unica persona nella sua cerchia a non essere consapevole di aver bisogno di aiuto per guarire.
Ciò può essere dovuto sia alla negazione del problema sia all’imbarazzo che deriva dall’esternazione. Non è in grado di fare il grande passo e chiedere l’aiuto di uno specialista.
In fin dei conti, solo il professionista è in grado di gestire la situazione e dare al paziente gli strumenti per superare, passo dopo passo, il suo problema. Se siamo noi nel ruolo dei pazienti, è importante dare ascolto a chi ci consiglia di rivolgerci a un professionista.
Se, invece, facciamo parte della cerchia intima della persona con la cherofobia dobbiamo assumere il ruolo di agenti protettivi. Come già detto, la pazienza è fondamentale, ma lo è anche l’azione: non possiamo limitarci a osservare da estranei il problema, perché così facendo aggraveremmo solo la situazione.
Conclusioni sulla cherofobia
Non dobbiamo ignorare la scelta di una persona a noi cara di astenersi ripetutamente dagli eventi e i rapporti sociali. Come tutti i disturbi psicologici, anche la cherofobia necessita di un intervento rapido e professionale. Non va tuttavia dimenticato il ruolo di amici e familiari, altrettanto fondamentale per la guarigione.
www.psychiatry.org/psychiatrists/practice/dsm
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