La concentrazione come scienza “Vanno scelte le cose da fare”
Oggi i tappi nelle orecchie, domani il laser. Come aiutare il cervello a rimanere assorto
di JOHN TIERNEY
Si può impazzire cercando di continuare a svolgere più mansioni insieme. O si può ammettere che le
capacità cerebrali che abbiamo per elaborare le informazioni sono limitate, e accentuarne l’aspetto
positivo, raggiungendo le soddisfazioni di quella che Winifred Gallagher, autrice di una guida sulla
scienza della concentrazione, chiama “una vita concentrata”.
Quando accade qualcosa di interessante, ciò tende ad avere la meglio sull’attenzione del cervello,
anche se quell’involontario impulso dal basso può essere volontariamente superato da un processo
dall’alto che Robert Desimone, direttore del McGovern Institute for Brain Research all’Mit,
definisce “concorrenza innata”.
Desimone e i suoi colleghi hanno scoperto che i neuroni della corteccia prefrontale – il centro di
programmazione del cervello – iniziano a oscillare all’unisono e inviano segnali che impongono alla
corteccia visiva di prestare attenzione ad altro. Queste oscillazioni (onde gamma) sono create
dall’accensione e dallo spegnimento in contemporanea dei neuroni.
Entrambi questi segnali, però, incontrano difficoltà nel loro percorso se l’ambiente è molto
rumoroso. Ora si inizia a riflettere sulle possibili terapie per rafforzare l’attenzione. Sul numero
in edicola di Nature, alcuni ricercatori dell’Mit, di Penn e Stanford illustrano in un articolo in
che modo hanno indotto queste onde gamma nei topi utilizzando fasci di luci laser con sottili fibre
ottiche direttamente all’interno di neuroni geneticamente modificati. Su Neuron, poi, Desimone ha
riferito i progressi ottenuti utilizzando queste tecniche “optogenetiche” nelle scimmie.
Un giorno potrebbe essere possibile migliorare la concentrazione con pulsazioni luminose
sincronizzate inviate direttamente ai neuroni. Sfruttando una luce a onde corte, l’utente potrebbe
indossare un piccolo dispositivo wireless controllato a distanza. In un futuro più vicino, comunque,
i neuroscienziati potranno aiutare a concentrarsi di più osservando l’attività cerebrale e dando dei
biofeedback.
I ricercatori hanno già osservato livelli più alti di sincronia cerebrale in chi è abituato a
praticare con regolarità la meditazione.
Compreso quanto sia difficile per il cervello non prestare attenzione ai suoni, Gallagher si porta
sempre dietro dei normali tappi per le orecchie.
E raccomanda di iniziare la giornata lavorativa concentrandosi per un’ora e mezzo sugli impegni più
importanti: a quel punto la corteccia prefrontale avrà bisogno di rilassarsi: è il momento buono per
rispondere alle mail, fare telefonate, bere caffè (la caffeina aiuta la concentrazione), prima di
tornare a concentrarsi su altro.
Dopo un’interruzione possono occorrere anche 20 minuti prima che il cervello torni a concentrarsi a
pieno regime. “Il multitasking è una leggenda – spiega l’autrice del manuale – il meccanismo
dell’attenzione è fortemente selettivo: o si fa una cosa o un’altra”.
“L’attenzione – dice Gallagher – è una risorsa limitata, proprio come i soldi. Occorre scegliere
dunque se investire le proprie risorse cognitive usando di continuo Twitter, navigando su Internet o
standosene a guardare la televisione. In ogni istante si deve scegliere e le nostre scelte
determinano la nostra esperienza”.
da
www.repubblica.it/2009/05/sezioni/scienze/concentra-scienza/concentra-scienza/concentra-scien
za.html
c.2009 New York Times
News Service
Traduzione di Anna Bissanti
Lascia un commento