La concentrazione di Jon Kabat Zinn

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La concentrazione

di Jon Kabat Zinn

La concentrazione è la pietra angolare della pratica della consapevolezza, la cui forza sarà pari
alla capacità della mente di mantenersi serena e stabile. In assenza di calma lo specchio della
consapevolezza presenterà una superficie agitata e turbolenta, che non riflette le cose con
accuratezza.

La concentrazione può essere praticata sia parallelamente alla consapevolezza sia separatamente e
può essere considerata come la capacità della mente di fissare l’attenzione su un unico obiettivo;
si coltiva applicandosi a un’unica cosa, come la respirazione, senza divagare. In sanscrito è
chiamata samadbi o «unilateralità» ed e una facoltà che si sviluppa e si approfondisce riportando
continuamente l’attenzione sulla respirazione a ogni accenno di distrazione. Nell’esercizio di forme
di meditazione strettamente focalizzate ci si astiene deliberatamente dall’indagare quali direzioni
abbia preso la mente nelle sue divagazioni o sui motivi delle fluttuazioni della respirazione.
L’energia è diretta esclusivamente a sperimentare questa inspirazione, questa espirazione o un altro
singolo oggetto d’attenzione. Con l’esercizio prolungato la mente tende a fissarsi sempre meglio
sulla respirazione e a notare anche il minimo impulso alla distrazione, lasciandolo immediatamente
cadere, concentrandosi sulla respirazione o ritornandovi rapidamente.

Con l’assiduo esercizio alla concentrazione si sviluppa una calma caratterizzata da una notevole
stabilità; imperturbabile, profonda, indipendente dalle sollecitazioni esterne: è una grande
riuscita personale poter coltivare periodicamente il samadhi per un periodo di tempo prolungato. Lo
si può facilmente realizzare durante i lunghi ritiri di meditazione silenziosa, quandoè possibile
prendere le distanze dal mondo, come fece lo stesso Thoreau.

La stabilità e la calma derivanti dalla concentrazione unilaterale costituiscono il fondamento
necessario per coltivare la consapevolezza, che non sarà mai sufficientemente forte senza una certa
misura di samadhi. Si può penetrare profondamente nelle cose solo se si riesce a continuare a
osservare senza farsi sviare da distrazioni o dall’agitazione della propria mente. Più profonda è la
concentrazione, più intensa è la consapevolezza potenziale.

L’esperienza di un samadhi profondo è assai piacevole. Seguendo la respirazione con concentrazione
assoluta, tutto il resto si dissolve: pensieri, sentimenti, il mondo esterno. Il samadhi è
caratterizzato dall’assimilazione in stato di quiete completamente indisturbata, un’esperienza che
può essere accattivante, persino conturbante. Ci si sorprende a cercare naturalmente questa
tranquillità e la semplicità di uno stato contraddistinto dall’assimilazione e dalla beatitudine.

Ma per quanto intensa e soddisfacente, la pratica della concentrazione è incompleta se non è
integrata e approfondita dalla consapevolezza; di per sé assomiglia a un’astrazione dal mondo. La
sua energia caratteristica è contenuta più che aperta, assorta più che disponibile, trasognata
anziché pienamente desta. Sono assenti le energie di curiosità, indagine, ricerca, apertura,
disponibilità, interesse per l’intero spettro dei fenomeni sperimentati dagli esseri umani. Questo è
l’ambito della pratica della consapevolezza, in cui l’unilateralità e la capacità d’infondere calma
e stabilità mentali nel momento presente sono messe al servizio di una profonda ricerca interiore e
della comprensione delle interazioni di un ampio arco di esperienze di vita.

La concentrazione può avere grande validità, ma può essere anche seriamente limitante se ci si
lascia sedurre dalla gradevole qualità di questa esperienza interiore e la si considera un rifugio
dalla vita in un mondo sgradevole e insoddisfacente. Potreste essere tentati di rifuggire la
confusione del quotidiano per la serenità della quiete e della pace. Naturalmente si tratterebbe di
eccessiva propensione per la tranquillità e, al pari di ogni forte attaccamento, sarebbe fonte di
delusione. Bloccherebbe lo sviluppo e comprometterebbe la ricerca della saggezza.
 

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