La conchiglia dei suoni

pubblicato in: AltroBlog 0

La conchiglia dei suoni

di Massimo Claus

Ho ascoltato i suoni di una conchiglia, da piccolo sulla spiaggia e mi parve di vedere anche i silenzi del mare. Diventato adulto, quei silenzi ho cercato di rivederli nella musica che scrivo, così, come buoni amici che ti sanno consigliare, come anime vicine e lontane, come coriandoli di tempo e di spazio, utili per ascoltare veramente e non solo con le orecchie il cuore della musica, il battito dei suoni.

Come è lontano quel tempo, eppure ancora oggi a volte, mi sembra di ascoltare quei suoni lontani, lasciati in un cassetto, che poche volte apro, ma a cui sempre penso. Quando si diventa adulti si perde la magia, quella sana illusione che da piccoli ci aiutava a vedere, scoprire, sentire, anche ciò che non si poteva ascoltare, perché da piccoli si crede davvero e quindi tutto è possibile.

Il canto degli uccelli che ascoltavo da piccolo non è più quello che ora sento dalla finestra del mio studio, da quella della camera da letto o dalle passeggiate in compagnia di migliaia di sogni che nonostante il tempo, ancora mi tengono compagnia. Ma perché i suoni cambiano crescendo? Cosa rimane di noi quando si cresce?

Ho provato a ritornare bambino spesso, a camminare con la stessa spensieratezza di un tempo, con la stessa convinzione dellefiabe che sentivo da mia nonna, che abbandonata sui ferri da calza si lasciava andare a ricordi lontani e forse mai vissuti veramente, ma che al momento del racconto diventavano veri e reali. Almeno per me. Spesso mi capita di pensare che cosa mi piace della musica. Cosa sento nella musica quando l’ascolto o cosa cerco dentro a questa meravigliosa antica follia, che nessuno conosce veramente ma che pochi detestano.

Si può anche detestare la musica, ma mai ho incontrato nessuno che detestava i suoni. Questi piccoli soldatini ricoprono spesso alcuni dei più importanti campi di battaglia, che la vita ci presenta e mai, ci giriamo in dietro a vedere quanti alla fine della giornata sono rimasti li caduti, come alberi tagliati dal freddo o dall’uomo, che per il freddo che ha dentro li taglia e non li rispetta. A volte mi capita di cercare di ascoltare ciò che non si sente solo con le orecchie se il cuore non ha davvero il desiderio di ascoltare, e proprio quelle sono le volte che mi accorgo di riuscire realmente a sentire i suoni che mi circondano, quei suoni che formano la mia spiritualità, la mia sostanza e desiderio di esserci, lì presente e non sbiadito o per caso.

Soltanto così si può davvero ascoltare la magia dei suoni e quando ci si riesce, si comprende davvero la parte spirituale, il vero sorriso, lo scopo del loro esserci e del loro porsi fra noi e tutto ciò che ci circonda, perché solo ciò che ci circonda riesce a scoprirci davvero, piano a volte altre con più veemenza. Ciò che conta nei suoni non è il loro volume o la loro altezza, ma ciò che noi sentiamo in quei piccoli miracoli. Ho provato a spiegare cosa ascoltare, poi ho capito che dovevo concentrarmi sul come ascoltare e quanto di ciò che siamo deve varcare la soglia, per poter realmente sentire o andare aldilà di tutto, di noi, che ci crediamo tutto, ma che siamo solo ciò che vorremmo essere, solo quando smettiamo di volerlo solo per noi. Ma perché ascoltare e cosa, se spesso siamo lontani anche dal piatto in cui mangiamo o dalla persona che amiamo anche quando ci dorme accanto o ci parla? Ascoltiamo forse per noi, perché quel noi diventi un tutto, un’insieme di noi allargato, un’insieme di tante voci che producono suoni che spesso sono troppo importanti per essere ascoltati distrattamente così per hobby o per carità d’animo.

I suoni sono lì e noi lo sappiamo e li scambiamo per tutto ciò che non sono. Spesso per musica, ma la musica lo sapete è soltanto uno dei vari impieghi del suono. Mi piace ascoltare quei suoni che non sono musica, quei suoni che hanno dentro alla pancia molto di me, come il suono del mio nome, del vento, del mare, del tempo che non è vero che prende o perlomeno prende meno di quello che dà davvero. Ascoltiamo troppo e tutto insieme e questo non ci permette di sentire realmente ciò che ci colpisce, ciò che ci affascina. Ma allora il segreto sta soltanto nell’ascoltare meno o più piano?

Per me il segreto è sentire, fermarsi ad ascoltare anche il piccolo tintinnio dei tasti del computer mentre scrivo quanto ora state leggendo. Ma tutto questo cosa centra con la spiritualità dei suoni?

Da grande ho capito che puoi mangiare senza posate, bere senza bicchiere, ma non riesci a sentire senza imparare ad ascoltare ciò che c’è dietro a tutto ciò che senti.

La spiritualità è come una zattera che spesso imbarca acqua e ci spaventa quando vediamo che ciò accade, perché abbiamo paura di affondare con essa, mentre dimentichiamo che si affonda per paura di affondare, perché l’acqua, siamo noi.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *