La contemplazione attraverso le 6 porte sensoriali

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La contemplazione attraverso le 6 porte sensoriali

del monaco buddhista Dhamma Sami

Il soggetto dell’insegnamento odierno :” La contemplazione attraverso le 6 porte sensoriali”. Le persone che si allenano in vipassana bhavana concentrano la loro attenzione sulle percezioni che si manifestano dalle sei porte sensoriali. Che sono: l’occhio,
l’orecchio, il naso, la lingua, il corpo e la mente.

L’oggetto principale che viene notato durante la seduta (lo stare seduti) il movimento del gonfiarsi e dello sgonfiarsi dell’addome, la postura assisa ed i punti del contatto. Onde prevenire i
vagabondaggi dello spirito, a seconda della concentrazione e dei bisogni, l’attenzione del senso del tatto verr ripartita su uno, due, cinque o, al pi, dieci punti di contatto.

Oltre a questo oggetto principale, conviene stare attenti alle altre percezioni, suscettibili di nascere dalle sei porte sensoriali. Il fulcro principale rappresentato dal muoversi dell’addome rappresenta il fatto di trovarsi a casa propria, nella nostra abitazione. Quando frequentiamo la scuola, oppure il liceo, una volta terminati i corsi, torniamo nel nostro alloggio. Quando ci rechiamo a fare dello shopping, ultimati gli acquisti, rientriamo da noi. Quando lavoriamo, allorch trascorsa la giornata di attivit, andiamo a casa.

Cos, durante la seduta, dopo avere osservato altre percezioni, una volta finito, si ritorna ad essere attenti al movimento dell’addome.

Se attraverso l’occhio appare una visione (anche ad occhi chiusi possono mostrarsi delle visioni) si annota “vedere, vedere”, senza perdere molto tempo e senza accordare il minimo interesse a quando guardato. Una volta registrata questa percezione visiva, si ritorna sull’oggetto principale il movimento dell’addome osservandolo.

Se attraverso l’orecchio sorge un suono, si annota “ascoltare, ascoltare”; e subito dopo si ritorna al movimento dell’addome.

Se attraverso il naso si mostra un odore manifesto (gradevole, sgradevole, oppure neutro) si annota “sentire, sentire” e, di nuovo, si ricomincia a portare la propria attenzione sul moto dell’addome.

Se dalla lingua sopravviene un gusto, si osserva:”gustare, gustare”; e, dopo, si ritorna all’analisi del movimento dell’addome.
Se dal corpo nascono delle sensazioni corporee, come delle punture di insetto, dei dolori, dei colpi di calore, delle sensazioni di freddo, ecc., si annota “prurito”,”dolore”,”caldo”,”freddo”,ecc. e si ritorna al movimento dell’addome.
Se, attraverso la mente vengono dei pensieri, se lo spirito si distrae, si osserva”distratto, distratto”,oppure”pensare, pensare” e si ritorna al muoversi dell’addome.

Quando si provano delle sensazioni fisiche insopportabili, diventa possibile pensare di modificare la propria posizione, esaminando molto attentamente ogni gesto. Prima di iniziare un qualunque movimento, conviene osservare l’intenzione di farlo. Rilevata la “volont di cambiare la posizione”, aprendo gli occhi, si esaminano accuratamente tutti i gesti che vengono effettuati quando si varia la postura. Fatto ci, una volta che quest’ultima stata adottata, si ritorna sul nuovo oggetto, prendendone nota.

Quando non appare nulla di particolare, si osserva il movimento dell’addome. Tuttavia, vanno egualmente distinte tutte le percezioni visive, uditive, olfattive, gustative, tattili e mentali che appaiono alla coscienza. Lo yogi pu chiedersi perch considerare le percezioni delle sei porte sensoriali. Lo scopo di vipassana bhavana di sradicare l’avidit, l’avversione e l’ignoranza (che sono le radici di tutti i kilesa), per non permettere a questi tre veleni di esprimersi attraverso le sei porte sensoriali.

E’ detto nel maha satipa??hana sutta: “vineyya loke abhijjha domanassa?”. Questa frase in pali significa che soltanto contemplando ogni fenomeno che appare nella coscienza si pu impedire a lobha, dosa e moha (le radici di ogni kilesa) di manifestarsi attraverso upadanakkhandha (aggregati dell’attaccamento) e di perseguitarci.

Ogni persona dotata di occhi, di orecchie, di un naso, di una lingua, di un corpo e di una mente. Cos come per entrare in una casa esistono diverse porte, le percezioni (visive, uditive, olfattive, ecc.) si esprimono attraverso queste porte sensoriali, chiamate dvara, in pali.

Se le porte di un’abitazione non sono bene serrate, dei ladri, dei briganti, degli insetti, dei cani, dei serpenti, o altri esseri indesiderabili possono entrare. Affinch ci non avvenga, bisogna chiudere bene tutte le porte della casa. Nello stesso modo, a che l’avidit, l’avversione e l’ignoranza (lobha, dosa e moha) non possano esprimersi, lo yogi deve imperativamente chiudere le sei porte sensoriali. Per serrare queste sei porte non esiste che un modo: contemplare tute le percezioni che vi si manifestano.

Quando appare un suono, se lo yogi prende nota “ascoltare, ascoltare”, in quel momento lobha e dosa non possono esprimersi attraverso la porta uditiva. Invece, quando egli non fa attenzione a questo suono, se esso gradevole, si svilupper l’attrazione, o del desiderio intenso, che lobha; se sgradevole, nascer un rifiuto, o
dell’irritazione, che dosa. Lobha e dosa spingono sempre a
commettere delle azioni insane, o a pronunciare delle parole nocive. Ogni intenzione ed ogni stato dello spirito, prodotti sotto l’avidit, l’avversione, oppure l’ignoranza sono akusala.

Lo stesso accade per le altre porte sensoriali…

Attraverso la porta visiva, quando una visione non notata, se essa piacevole svilupper lobha; se spiacevole, apparir dosa. Qualunque visione lo yogi percepisca, egli dovr annotare “vedere, vedere”.

Attraverso la porta olfattiva, quando non si fa attenzione ad un odore, se quello delizioso svilupper lobha; se ripugnante, dosa. Qualunque odore lo yogi percepisca, egli dovr annotare “sentire, sentire”.

Attraverso la porta gustativa, durante il pasto, quando ad un gusto non si fa attenzione, se succulento, si svilupper lobha; se, invece, disgustoso, apparir dosa. Qualunque sia il gusto che lo yogi percepisce, egli dovr annotare “gustare, gustare”.

Attraverso la porta tattile, quando una sensazione fisica non viene avvertita, se confortevole, far nascere lobha; se non confortevole, svilupper dosa. Qualunque sia la sensazione che lo yogi avverte, dovr annotare, di conseguenza “sensazione”,
“dolore”,”caldo”,”freddo”, “prurito”, “leggerezza”, ecc.

Attraverso la porta mentale, quando un oggetto non viene osservato, se piacevole far nascere lobha; se spiacevole, dosa. Qualunque oggetto mentale lo yogi percepisca, dovr annotare “pensare”, “riflettere”, “progetti”, “scoraggiamento”, “motivazione”, “noia”, ecc..

Come dice il proverbio:” Meglio vale prevenire, che guarire”. Seguendo lo stesso concetto, per prevenire a s medesimi tutte le produzioni negative (lobha, dosa, ecc.)bisogna fare attenzione ad ogni fenomeno. Percependo una visione, lo yogi deve considerare “vedere, vedere”. Se esamina in questo modo qualunque visione non appena essa si manifesta, l’avidit e l’avversione non avranno mai il modo di manifestarsi, e neppure vi sar posto per futili commentari. Rester solo la
coscienza, che ha nozione dell’oggetto visuale, cos come esso in realt.

Se lo yogi non prende nota in tal maniera, egli si attaccher a questa visione, che essa sia piacevole o spiacevole e, di conseguenza, nasceranno lobha , oppure dosa.

“di??he di??ha matta? bhavissati”. Ci significa che se un oggetto uditivo fissato appena appare, esso rimarr solamente una percezione uditiva, e non lascer alcun posto ad una sensazione, n piacevole e neppure spiacevole. Con il risultato che nessun attaccamento di natura lobha, o dosa potr apparire.

Nello stesso modo, gli oggetti delle sei porte sensoriali dovranno venire colti non appena appaiono.

Mangiando, conviene annotare ogni movimento implicato durante il processo del pasto, come pure gli oggetti gustativi. In tal modo, lobha e dosa non potranno manifestarsi.

Gli oggetti tattili debbono venire percepiti nel momento in cui essi appaiono e proprio cos come appaiono. In tal modo non vi saranno distinzioni tra sensazione gradevole e sensazione sgradevole; di conseguenza, nessun attaccamento di natura lobha, o dosa potr manifestarsi.

“mute muta matta? bhavissati”. Se un oggetto olfattivo, un oggetto gustativo, oppure un oggetto tattile sono notati quando appaiono, rester solo una percezione olfattiva, gustativa, o tattile, che non lascia alcun posto ad una sensazione, n piacevole, n spiacevole. Dunque, non potr apparire nessun attaccamento di natura lobha, o losa.

“via te via tamatta? bhavissati”. La coscienza che conosce pu venire protetta da lobha, dosa e moha se viene osservata tale quale si presenta al momento della sua apparizione.

Ecco la ragione per la quale ogni yogi deve esaminare tutti i fenomeni che appaiono attraverso le sei porte sensoriali. Non deve contentarsi di osservare il solo movimento dell’addome. Il fatto di contemplare tutti i fenomeni che si esprimono alle sei porte sensoriali
chiamata”la tradizione di Potthila”.

Ai tempi di Buddha viveva un monaco erudito, molto versato nel pariyatti (la teoria dell’insegnamento del Dhamma), il cui nome era Potthila. Era un monaco che insegnava il Dhamma attraverso diciotto sette diverse. Ed era molto rispettato dai suoi numerosi allievi. Un giorno, il mahathera si rec presso Buddha. Quando giunse vicino al Beato, costui si indirizz cos al suo visitatore “Vieni qui, Grande Potthila, l’inutile!” ” Prosternati, Grande Potthila, l’inutile!” Siediti, Grande Potthila, l’inutile!”

“Vattene, Grande Potthila, l’inutile!”

Dopo questa visita, il mahathera Potthila si disse:” A me, che insegno il Dhamma a numerosi allievi con successo, come mai il Buddha interpella come “Potthila, l’inutile”? Riflettendo su lui stesso, si rese conto che aveva consacrato la sua vita esclusivamente al parypatti e negletto il pa?ipatti (pratica del Dhamma), il kamma??hana (la meditazione) e il vipassana bhavana (disciplina per lo sviluppo della conoscenza diretta della realt).

Per rimediare a ci, decise di smettere di insegnare per comportarsi come tradizione degli esseri nobili. In altre parole, prese la sua ciottola e le sue tre vesti e part alla ricerca di un pa?ipatti, fermamente risoluto di praticare il satipa??hana, sino “alla completa realizzazione dei doveri di monaco”; cio, lo stadio di arahant.

Questa la decisione giusta. Per colui che ha bisogno di studiare i testi del Dhamma, la cosa migliore di recarsi in un centro di paryatti, ove ci sono degli insegnanti eruditi e tutti i libri necessari. Per colui che ha bisogno di disciplinarsi allo sviluppo di vipassana, il meglio consiste nel recarsi in un centro di meditazione, ove esistono degli istruttori competenti in vipassana ed ogni condizione necessaria a questo insegnamento.

Il mahathera Potthila raggiunse il celebre monastero pa?ipatti del grande abate Padhana, ove tutti i monaci ed ogni novizio sono degli arahant. Avvicinandosi al mahathera Padhana, gli chiese
rispettosamente di prenderlo come allievo, per insegnargli la vipassana bhavana. Il grande abate gli rispose:” Venerabile Potthila, io non oserei mai accettarvi come allievo, voi che siete un celebre mahathera, insegnante di Dhamma, e con cos numerosi allievi.” Questo rifiuto aveva, di fatto, lo scopo di dissipare il mana (la vanit) del mahathera Potthila dovuta al fatto di avere come istruttore qualche personalit celebre; fatto che pu ostacolare la pratica.

Subito dopo, il mahathera Potthila chiese di essere accettato come monaco, dagli altri monaci, interpellati da lui per ordine di anzianit. Basandosi sullo stesso pretesto, anch’essi rifiutarono egualmente, sino al pi giovane dei monaci. Il mahathera Pothila si rivolse ai novizi, ricevendone lo stesso rifiuto; sino a che arriv al pi giovane dei novizi, gi divenuto arahant, a dispetto della sua giovine et. Quando il mahathera rivolse la sua domanda al novizio, essa, sulle prime,venne rifiutata, per le stesse ragioni.

In maniera molto rispettosa, il mahathera Potthila implor nuovamente il giovane novizio di accettarlo, come allievo da istruire. Essendosi quest’ultimo ancora rifiutato, il mahathera insistette ancora, promettendogli che avrebbe obbedito alla lettera alle sue istruzioni. Per mettere, allora, alla prova la sincerit del mahathera,
indicandogli uno stagno, il novizio gli chiese di immergersi in esso, sino in fondo. Ansioso di obbedire rispettosamente al novizio, il mahathera esegu subito quanto gli era stato richiesto.

Finalmente convinto della sua umilt e della sua volont, quello lo richiam, annunciandogli che lo avrebbe accettato come allievo. Per convincere il mahathera Potthila dell’importanza di osservare i fenomeni che appaiono dalle sei porte sensoriali, il giovane novizio gli pose la seguente domanda:” Come vi comportereste per prendere un iguana, che si trova all’interno di una collinetta, provvista di sei entrate?” Il mahathera rispose:” Tapperei cinque orifizi e dovrei solo attendere che quella esca dall’entrata rimanente per afferrarla”.

Il giovane novizio spieg, allora, al suo allievo che bisogna contemplare tutti i fenomeni fisici e mentali che si manifestano attraverso i sei orifizi, che sono l’occhio, l’orecchio, il naso, la lingua, il corpo e la mente. Procedendo in tal modo, ogni yogi pu purificare la propria mente, giungendo allo sradicamento dei kilesa, grazie alle conoscenze di magga e phala, l’obiettivo finale di ogni yogi.

Cogliendo il senso di queste parole, il mahathera si mise, senza pi indugi, ad osservare con attenzione tutte le percezioni che si manifestavano attraverso le sue sei porte sensoriali. Grazie a questo allenamento corretto, egli raggiunse rapidamente lo stato di arahant.

Ecco perch la contemplazione delle percezioni delle sei porte sensoriali chiamata, oggi:”la tradizione di Potthila”.
Cos, auguro di tutto il cuore che ogni monaco ed ogni yogi segua l’esempio del mahathera Potthila, contemplando con perseveranza le visioni, i suoni, gli odori, i gusti, i tatti ed i pensieri percepiti, sino al raggiungimento di magga e phala (la via ed il frutto).

Possano tutti gli yogi essere capaci di applicare correttamente ed attivamente le indicazioni che sono state appena date, per giungere, cos, il pi rapidamente possibile, al risultato finale, che il nibbana.

sadhu! sadhu! sadhu!

(Tratto da it.dhammadana.org, del monaco theravada Dhamma Sami)

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