La cooperazione fra le cellule alla base della Vita

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La cooperazione fra le cellule alla base della Vita

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C’è un delicato equilibrio dinamico di ogni specie non soltanto in rapporto alle altre, ma in
relazione alla globalità dell’ambiente interno ed esterno. Questa è l’armonia della vita,
un’esperienza profonda di relazione. Possiamo immaginarci come singole individualità, stesso vale
per il nostro corpo, ma nulla può funzionare se non nel reciproco rapporto, laddove è la relazione a
diventare fondamentale.

Carmen Di Muro – 17/12/2020

C’è un delicato equilibrio dinamico di ogni specie non soltanto in rapporto alle altre, ma in
relazione alla globalità dell’ambiente interno ed esterno. Questa è l’armonia della vita,
un’esperienza profonda di relazione. Possiamo immaginarci come singole individualità, stesso vale
per il nostro corpo, ma nulla può funzionare se non nel reciproco rapporto, laddove è la relazione a
diventare fondamentale.

Il Sé senza l’altro non avrebbe senso, come pure la mente senza corpo non avrebbe senso. Tutto è
interconnesso in un ordine nascosto, quanto ineffabile, che modula il micro e si riflette nel macro,
in cui nessuno elemento può essere lasciato fuori, pena la cessazione della vita.

In questo campo comunitario si muovono le dinamiche che attivano l’unità nella molteplicità.

Basti pensare che siamo una comunità di circa 50 trilioni di abitanti cellulari. Quasi tutte le
cellule che compongono il nostro corpo sono organismi individuali che hanno sviluppato una strategia
di cooperazione finalizzata alla reciproca sopravvivenza e noi esseri umani ne condividiamo,
congenitamente, i modelli base di comportamento essenziali.

Ogni cellula è, infatti, un essere senziente, dotato di intenzionalità, che cerca attivamente gli
ambienti adatti alla sopravvivenza, evitando nel contempo quelli tossici ed ostili: esamina migliaia
di stimoli provenienti dal microambiente in cui vive, e attraverso l’analisi di questi dati, attiva
le risposte comportamentali più appropriate per assicurarsi la vita. Stesso principio vale per noi.

Le cellule, inoltre, sono capaci di apprendere dalle esperienze legate all’ambiente e di creare una
memoria che trasmettono alle cellule figlie. Questa sorprendente attività dell’ingegneria genetica
naturale è importantissima, perché costituisce un meccanismo di “intelligenza” innata che consente
l’evoluzione (Steele et al., 1998).

Queste modifiche, quindi, possono essere trasmesse alle generazioni future esattamente come i
modelli del DNA. La sopravvivenza della cellula dipende, dunque, dalla sua capacità di adattarsi
dinamicamente ai continui cambiamenti. E più consapevolezza del suo ambiente possiede un organismo,
migliori saranno le possibilità di sopravvivenza.

Per esempio, le mutazioni adattive implicano uno scopo nell’evoluzione biologica che è quello di
conformarsi alle condizioni prevalenti della realtà circostante, che include l’intera comunità.

E la spinta evoluzionistica in direzione di comunità

sempre più grandi riflette l’imperativo biologico della vita.

La cooperazione cellulare alla base della Vita

Per acquisire maggiore consapevolezza, e quindi aumentare le probabilità di sopravvivenza, le
cellule cominciarono ad aggregarsi, prima in semplici colonie e, in seguito, in gruppi cellulari ad
alto livello di organizzazione.

In comunità, la cellula non può comportarsi come un’agente indipendente che fa ciò che vuole, ma al
contrario tutti i suoi membri collaborano a un piano d’azione comune. Con l’evoluzione di specie
sempre più complesse, le cellule specializzate si assunsero il compito di monitorare e organizzare
il flusso delle molecole-segnale che controllano i comportamenti.

Queste, via via, andarono a costituire una rete nervosa distribuita e un processore centralizzato di
informazioni, un cervello (Lipton, 2007). La funzione del cervello è quella di coordinare la
comunicazione delle molecole-segnale all’interno della comunità. Di conseguenza, in una comunità
cellulare ogni membro deve affidarsi alle sagge decisioni della propria autorità di consapevolezza.
Il cervello controlla i sofisticati meccanismi cellulari del corpo. Ma non solo.

Con la progressione della linea evolutiva, la specializzazione cerebrale, attraverso il sistema
limbico, ha offerto le basi per far compiere un importante salto all’organismo, grazie alla capacità
di percepire e coordinare il flusso dei segnali di controllo del comportamento all’interno della
comunità cellulare. Ed è proprio questo il substrato neurale più antico che ci riporta a contatto
con l’essenza della vita, su quel piano da cui, sia le cellule, che l’organismo intero, attraverso
strutture e processi sempre più raffinati, ha iniziato a percepire, sentire e regolare il flusso di
energia capace di instillare un continuum sensato tra dentro e fuori.

Questo diviene un punto molto importante da considerare per rintracciare quel filo comune da cui
origina e prende forma il senso di realtà, ma anche il benessere. Il sistema limbico è quella
struttura cerebrale presente nella parte più profonda e antica del telencefalo connessa alle
emozioni, all’umore e al senso di autocoscienza che determina il comportamento individuale.

Ciò vuol dire che la voce dell’anima rappresentata dai sentimenti, custoditi in quella zona sommersa
del nostro cervello, sono la base e il collante, che ha permesso e permette il fiorire perpetuo
della vita.

Estratto da “Light R-evolution. Nati per accogliere la vita. Le 8 dimensioni evolutive del Sé” per
gentile concessione dell’autrice Carmen Di Muro

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Nati per accogliere la vita – Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé

Carmen Di Muro

www.macrolibrarsi.it/libri/__light-r-evolution.php?pn=1567
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