La coscienza non è indispensabile per leggere e far di conto

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La coscienza non è indispensabile per leggere e far di conto

14 novembre 2012

Funzioni mentali superiori come l’elaborazione del senso delle parole e la soluzione di equazioni
aritmetiche non richiedono sempre un intervento cosciente. Lo dimostra un nuovo studio sperimentale
in cui i volontari hanno inconsciamente dato un significato a espressioni verbali e numeriche
nell’arco di una presentazione subliminale.

(red) lescienze.it

La coscienza è davvero indispensabile per elaborare processi astratti, simbolici o che richiedono un
certo insieme di regole? Probabilmente no, secondo un articolo apparso sui “Proceedings of the
National Academy of Sciences”, firmato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di psicologia,
del Dipartimento di scienze cognitive e del Centro per lo studio della razionalità della Hebrew
University a Gerusalemme.

L’articolo illustra i risultati di una serie di esperimenti che dimostrano che frasi composte da più
parole possono essere elaborate al di fuori della consapevolezza cosciente. Allo stesso modo,
equazioni aritmetiche complesse, che richiedono diversi passaggi, possono essere risolte in modo non
cosciente.

I ricercatori hanno usato una tecnica detta Continuous Flash Suppression (CFS), che permette di
presentare stimoli visivi subliminali per alcune centinaia di millisecondi, un arco di tempo
abbastanza ampio da consentire ai meccanismi inconsci di operare con un certo agio. La tecnica
consiste nella presentazione di uno stimolo bersaglio a un occhio e, simultaneamente, di schemi
colorati in rapida successione all’altro (10 frame al secondo). Finché lo stimolo bersaglio non
arriva alla coscienza, questa è saturata dagli stimoli colorati, con un effetto di soppressione che
può durare anche alcuni secondi.

Nella prima parte dell’esperimento, la tecnica CFS è stata usata per valutare il cosiddetto popping
time, ovvero il tempo trascorso tra la presentazione sullo schermo di uno stimolo verbale (come una
lettera, una parola o una frase) e il riconoscimento cosciente da parte del soggetto, a cui era
richiesto di premere un tasto non appena riuscisse a coglierlo con l’occhio sinistro. Ai
partecipanti sono state sottoposte frasi di tre parole, semanticamente coerenti oppure incoerenti.
Nel primo caso, si trattava di associazioni verbo-complemento oggetto come “bevo il caffè” o “stiro
la camicia”, nel secondo caso di frasi come “stiro il caffè”.

Questa differenza è il punto cruciale della ricerca, dal momento che l’ipotesi di partenza, poi
verificata grazie ai test, era che le espressioni prive di senso avessero un popping time minore,
ovvero arrivassero alla coscienza prima di quelle sensate. Il fatto che il soggetto si accorgesse
che “qualcosa non andava” in una frase indicava che era elaborata inconsciamente prima di avere il
tempo di arrivare alla coscienza. Uno schema sperimentale molto simile è stato usato per verificare
l’elaborazione inconscia di calcoli aritmetici, ottenendo risultati analoghi.

In conclusione, questi esperimenti sembrano confermare alcune recenti ricerche secondo le quali
molte funzioni di livello superiore, tradizionalmente associate alla coscienza, possono essere
svolte in modo non conscio. Come dimostrano i test condotti presso la Hebrew University, due facoltà
squisitamente umane come l’elaborazione semantica delle parole e la soluzione di equazioni
aritmetiche non richiedono sempre la coscienza.

www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1211645109

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