La Crisi – di Shriman Matsyavatara Prabhu

pubblicato in: AltroBlog 0

La Crisi

di Shriman Matsyavatara Prabhu

Il termine ‘crisi’ è di origine greca, significa ‘cambiamento’. I cinesi per rappresentare il
concetto di ‘crisi’ utilizzano due ideogrammi: il primo esprime ‘pericolo’, il secondo
‘opportunità’. In entrambe le civiltà, quella greca e quella cinese, vediamo che il fenomeno implica
la necessità di scegliere, discernere, separare, decidere. La crisi è dunque un punto decisivo di
cambiamento che si presenta o improvvisamente o gradualmente e che risolve – in senso favorevole o
sfavorevole – la situazione o l’ambito in cui si manifesta. Si tratta di un fenomeno comunque
caratterizzato dalla rottura dell’equilibro precedentemente acquisito e dalla necessità di
trasformare gli schemi consueti di comportamento, che non si rivelano più adeguati a far fronte alla
situazione presente. Nella crisi, quando soprattutto è profonda e acuta, è come se tutto subisse un
repentino cambiamento dal quale l’individuo ne può uscire o trasformato, se dà origine a nuove
soluzioni, oppure diretto verso l’incapacità di adattamento e la degenerazione. Nelle crisi di tipo
fisiologico, dette anche evolutive o di sviluppo, il soggetto sperimenta il cambiamento passando
dall’infanzia all’adolescenza, dall’adolescenza all’età adulta, dall’età adulta alla senescenza e
dalla senescenza alla morte, ovvero al trapasso da una dimensione di esistenza ad un’altra. Queste
crisi generalmente avvengono in maniera graduale e l’individuo si può più facilmente predisporre per
fare un percorso di crescita interiore e di auto-consapevolezza. La crisi evolutiva è evidentemente
di natura inarrestabile. Altra categoria di crisi è quella accidentale, provocata ad esempio da
un’ingente perdita economica, un grave infortunio sul lavoro, un incidente automobilistico che può
creare una disabilità permanente, un lutto, la perdita di una persona cara, un abbandono o, come nel
nostro caso specifico, un tradimento. Nella crisi evolutiva la persona ha possibilità di procurarsi,
con il progressivo mutare delle sue condizioni di vita, tutti gli strumenti che le occorrono per
gestire e superare il cambiamento. La crisi accidentale irrompe invece in maniera subitanea e
minacciosa, compromettendo la salute fisica, l’equilibrio psicologico, lo status sociale ed
economico, ecc. Essa implica da parte del soggetto maggiori risorse interiori e una più pronta e
matura capacità d’intervento. In genere la crisi accidentale si manifesta attraverso le seguenti
dinamiche:

1) Il verificarsi di un evento imprevisto.

2) La connessione tra questo evento e precedenti tensioni che avevano già determinato una situazione
conflittuale nel soggetto.

3) L’incapacità della persona di affrontare la crisi in modo adeguato servendosi dei suoi consueti
meccanismi di comprensione ed elaborazione degli eventi.

A seconda del livello socio-culturale e soprattutto di quello evolutivo dell’individuo, si possono
presentare differenti scenari di risposta alla crisi. I due principali possono essere così
sintetizzati:

1) Stato di massima apertura al cambiamento verso situazioni sia positive che negative.

2) Incapacità di accettare il cambiamento a causa delle chiusure e blocchi emozionali e cognitivi
dell’individuo.

Elementi determinanti nel fenomeno crisi sono il fattore tempo (durata) e l’intensità (carica
energetica), ovvero la rilevanza dei cambiamenti affettivi, cognitivi e relazionali che sono messi
in gioco. Nella valutazione generale del fenomeno è inoltre importante prendere in considerazione se
si tratta di una crisi una tantum o se invece è legata ad un’esperienza che, se non risolta in
maniera adeguata, tende a riproporsi nel tempo, come può essere quella associata al fenomeno morte,
ovvero al trapasso da una dimensione di esistenza ad un’altra. La crisi può essere affrontata
principalmente in due modi:

1) Con un pronto intervento che mira semplicemente a ridurne gli effetti dannosi sul momento, quasi
una sorta di ‘trattamento’ temporaneo, volto a salvare il soggetto da pericoli immediati.

2) Attraverso l’intenzione e l’impegno a sanarne le cause profonde, affinché si risolva
completamente e definitivamente.

Nello stato di crisi è altamente richiesta la capacità di adattarsi alla nuova situazione,
elaborando giudizi pertinenti al mutato contesto e assumendo una posizione confacente e matura. E’
proprio questa capacità che costituisce il fondamento di un atteggiamento responsabile nei confronti
delle esperienze e anche relativamente autonomo rispetto ai condizionamenti ambientali. Imparare a
gestire la crisi significa imparare a gestire gli eventi, anche quelli più negativi, senza rimanerne
travolti, ma cogliendo la preziosa opportunità di elevare la propria consapevolezza, facendo
riferimento a quei valori universali che permettono di andare con la coscienza e con il cuore oltre
l’ostacolo. Occorre essere capaci, se è il caso, di prendere anche le distanze dalle proprie
opinioni e convinzioni, sapendo che in buona parte esse riflettono il mondo culturale ed affettivo
in cui si è vissuti e che sono dunque sempre suscettibili di miglioramento. L’autocritica, la
capacità di assumere un altro punto di vista, di distanziarsi dai propri vissuti per riuscire ad
analizzarli e ad elaborarli in modo appropriato, è più che mai indispensabile nella gestione della
crisi, il cui superamento necessita del pieno sviluppo delle facoltà metacognitive. Ricordiamo che
non sono mai gli eventi di per sé la causa delle nostre disgrazie o delle nostre fortune; quel che
veramente è determinante è il nostro atteggiamento, ovvero l’attitudine con la quale ci poniamo di
fronte a persone, situazioni e accadimenti. Se lo desideriamo intensamente e ci predisponiamo nella
maniera corretta, anche un evento di per sé negativo può trasformarsi in una preziosa e salvifica
opportunità di crescita e di elevazione.

Nell’elaborazione della problematica della crisi è importante tener di conto di tre fattori
fondamentali:

1) Nessuno di noi può sfuggire alla crisi. La crisi è una normalità nella vita umana. Realizzare ciò
è molto positivo, poiché evita di incorrere in sentimenti di rabbia, sfiducia o ingiustizia di
fronte a nostre debolezze o a difficoltà apparentemente esterne (è infatti una visione distorta
quella che ci fa credere che i problemi siano fuori di noi. In realtà possiamo ben capire che le
loro cause, dirette o indirette, sono comunque da ricercarsi dentro noi stessi).

2) Occorre portare allo scoperto le nostre problematiche; rimuoverle significherebbe potenziarle,
diventare nei loro confronti ancora più fragili, deboli e indifesi, poiché il nemico è quanto più
pericoloso quanto più agisce non visto. Il nostro sforzo dovrebbe essere quello di affrontare ogni
crisi non appena essa si manifesti, non appena la si riconosca come tale. Negare la crisi creandosi
false giustificazioni o alibi, vuol dire far crescere e strutturare il problema in profondità, fino
a che la ricerca di una soluzione diventa sempre più difficile ed impegnativa, sia in termini di
tempo che di sforzi ed energie.

3) Il nostro futuro è sempre modificabile, dunque la cosa più importante e davvero determinante sarà
la nostra reazione alla crisi. Il passato è un percorso concluso, ma tutto ciò che sta nel futuro è
aperto alla trasformazione. Non c’è dunque niente di fisso o di prestabilito irrevocabilmente.

Dovremmo prendere le distanze emotive dalla crisi, capirne l’entità, comprendere la sua funzionalità
evolutiva, considerarla come l’occasione per risolvere i problemi, superare i propri limiti e
ascendere a piani superiori di consapevolezza, gioia e amore. In sintesi la crisi è uno squilibrio,
una disarmonia che ci chiama ad un cambiamento, che spesso richiede raccoglimento, trasformazione,
sublimazione e trascendimento degli opposti e che può essere definitivamente superata verso l’alto
soltanto grazie alle facoltà più elevate dell’individuo, alla sua adesione all’ordine etico
universale (dharma) e alla riscoperta della Bhakti, il rapporto di Amore con Dio nella Sua triplice
espressione: ‘Creatore-creato-creature’. Per risolvere la crisi occorre situarsi su di un piano di
consapevolezza trascendente l’ego e penetrare lo spazio della coscienza profonda di se stessi, della
propria essenza spirituale, laddove disarmonie ed opposti si ricongiungono in una superiore e
sublime armonia. A tal fine non servono tanto la cultura o la mera acquisizione di dati quanto la
saggezza, quel bene inestimabile che scaturisce dalla gloriosa unione di alta conoscenza, esperienza
e coerenza di vita, attraverso la quale si raggiunge la felicità intrinseca, che non dipende da ciò
che accade all’esterno. La felicità non è un’utopia se impariamo a camminare nel mondo in armonia
con l’Ordine divino che regola la vita del cosmo e di ogni essere. Allora, ogni passo che compiamo
su questo illuminato sentiero rompe un equilibrio, ma soltanto per costruirne uno superiore.

Nella propria vita ogni individuo ha da confrontarsi con crisi, tensioni e conflitti emotivi, ma
questi non sono di per sé negativi; lo diventano solo nel momento in cui non si riescono a gestire
e, rimanendo irrisolti, producono nevrosi. Se vengono invece affrontati con la giusta attitudine,
con consapevolezza e motivazione elevata, essi possono rappresentare persino l’indispensabile
stimolo evolutivo per rafforzare le proprie qualità e per giungere ad equilibri superiori attraverso
il riconoscimento e il superamento di alcuni propri limiti. Riesce infatti a sviluppare una
personalità sempre più matura e integrata colui che impara a risolvere le naturali tensioni che
emergono nel proprio intimo e quelle prodotte dall’esterno, facendo sì che non si cronicizzino ma
anzi risultino occasioni importanti per acquisire ulteriori esperienze formative. A questo proposito
Adler spiegava: ‘Difficoltà piccola, uguale normalità; difficoltà grande, uguale nevrosi’. Chi sa
riconoscere le particolari crisi emotive e tendenze nevrotiche cui è soggetto, sarà maggiormente in
grado di evitare che esse degenerino in veri e propri disturbi della personalità. Tutti siamo
continuamente alle prese con il processo di riadattamento delle nostre tensioni interne. Nessuno
dovrebbe sentirsi al di sopra di tali tensioni; dovremmo piuttosto imparare a gestirle in maniera
costruttiva evolutiva, mettendo in pratica un processo di trasformazione e rieducazione interiore
che ci permetta di armonizzarle e trascenderle, e ciò è possibile soprattutto attraverso gli
insegnamenti e lo stimolante esempio di vita di persone equilibrate, con elevato livello di
coscienza, che possono essere modelli di riferimento nel lavoro che dobbiamo fare su noi stessi.

culturavaishnava.blogspot.com

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *