La crisi quantica nella storia della scienza

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La crisi quantica nella storia della scienza

Scienza e Fisica Quantistica

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La storia di quella rivoluzione che trasformerà infine il nostro mondo e ciò che siamo, e che ha
già coinvolto neurobiologi, psichiatri, informatici, fisici e matematici in una competizione senza
precedenti!

Redazione – Scienza e Conoscenza – 09/07/2021

La nostra immaginazione si è spinta fino all’inconcepibile, ma a differenza della fantascienza,

invece di immaginare cose che non esistono realmente,

è arrivata a comprendere la realtà di ciò che è.

Richard P. Feynman, The Character of Physical Law (1999)

Tratto dal libro Il Cervello Quantico

In questo testo tracciamo la storia di quella rivoluzione che trasformerà infine il nostro mondo e
ciò che siamo, e che ha già coinvolto neurobiologi, psichiatri, informatici, fisici e matematici
in una competizione senza precedenti, il cui motore, più che un vero e proprio progetto, è la mera
eccitazione.

In tale competizione si intersecano due diversi obiettivi: ottenere una più profonda comprensione
(e quindi un certo controllo) del cervello umano e arrivare a creare cervelli sintetici ancor più
potenti di quello umano.

Ci stiamo via via avvicinando a questi due obiettivi, con crescente velocità, giacché ogni passo
compiuto in una delle due direzioni finisce per sovralimentare la corsa verso l’altro. Ci siamo
infine resi conto che entrambe le competizioni confluiscono nel misterioso mondo della meccanica
quantistica.

Quando le acque si saranno calmate, questa rivoluzione finirà ovviamente per comportare un enorme
progresso sia in campo scientifico sia in campo tecnologico. Per esempio, gli scienziati del
Massachusetts Institut of Technology e di altri centri di ricerca stanno già progettando una nuova
rete globale, un nuovo internet, che funzioni come un unico computer quantico mondiale.

Tuttavia gli stessi concetti che ci porteranno a una tecnologia del genere costituiscono qualcosa di
rivoluzionario nella nostra concezione di noi stessi, della vita in generale e persino di Dio.

L’ILLUMINISMO

La nostra ricerca sul funzionamento del cervello ha seguito lo stesso percorso che ha caratterizzato
ogni altro progresso scientifico suc- cessivo all’Illuminismo. Si è cioè basata sull’idea che nel
cervello (e a dire il vero, nell’intero universo) non ci fosse niente di più di un meccanismo
all’opera.

Né la mente né il cervello possono essere caratterizzati da qualcosa di spirituale o di
insostanziale; nell’uomo non c’è un’anima ma un semplice insieme di componenti fisici che si
influenzano vicendevolmente, in virtù di forze impersonali. Il divenire di tali oggetti, per quanto
complicati, non può che essere determinato dalla loro condizione precedente, quale che sia. Il
quadro che si delinea è in pratica quello di un biliardo universale, senza giocatori, né
risultati, senza punti né fine.

Messe in moto una volta per tutte all’epoca del Big Bang, le particelle che molto tempo dopo
sarebbero entrate a far parte di un cervello umano, non hanno mai avuto alcuna libertà d’azione,
né a livello individuale né in quanto insieme. Il fatto di pensarci “liberi”, dotati di una
“mente” capace di effettuare certe “scelte”, e in definitiva il fatto stesso di pensare di pensare
non può che essere definito in un solo modo: illusione, mera illusione.

Ciò che chiamiamo “volontà” è soltanto il sottoprodotto inevitabile di un’interazione meccanica
tra le diverse componenti del cervello. Questa “mente” illusoria non può influenzare né i processi
cerebrali né le azioni del corpo messe in atto dal cervello stesso.

Poeti, mistici, filosofi e teologi hanno sempre insistito su un punto: questo gioco di biliardi
universali deve avere i suoi protagonisti, nonché una meta. Di fatto i seguaci delle più diverse
dottrine sono persino arrivati a guerreggiare per definire la questione una volta per tutte.
Tuttavia, successivamente all’Illuminismo, la scienza ha fatto notare come la questione fosse tanto
irrisolvibile quanto inutile.

Chi mai avrebbe potuto determinare se quella prima mossa fosse stata la manifestazione della
volontà di un grandissimo giocatore, dotato di incredibile accortezza, oppure quella di un
brillante dilettante? Quale che fosse la risposta, la stecca giaceva da tempo abbandonata al bordo
del tavolo; molto tempo era passato da quando la prima palla era stata messa in movimento, e il
giocatore si era ormai allontanato dal gioco, dal tavolo e da quella stessa partita. Sì, la sala da
biliardo era ormai vuota, deserta, anche se le luci al neon erano ancora accese.

Come ha ben sottolineato l’astronoma Margaret Galler: «Perché mai l’universo dovrebbe avere uno
scopo? Che scopo? Non è che un sistema.

Per millenni l’umanità si è rivolta all’universo considerandolo un’entità in qualche modo
guidata, caratterizzata da un suo preciso progetto e da un significato, nonostante il suo operato
continuasse a dimostrarsi misterioso. Ma con l’avvento della scienza i misteri sono stati via via
svelati, uno dopo l’altro. E la scienza non si è fermata, ma ha continuato imperterrita il suo
cammino, fino a esplorare la vita, la vita umana, e a penetrare in quei misteri della mente che
sembravano assolutamente impenetrabili: l’apprendimento, l’intelligenza e l’intuizione.

Oggi possiamo analizzarli estensivamente, e capirne appieno la meccanica. La cosa più stupefacente
è che ormai abbiamo macchine create dall’uomo che cominciano a scimmiottare tali meccanismi. In
effetti le scoperte sulla struttura cerebrale sembrano dimostrare, con maggior veemenza di qualsiasi
altra scoperta scientifica, che tutto a questo mondo, compresa la mente umana, è un semplice
meccanismo.

Steven Weinberg, Nobel per la fisica nel 1979, è sempre stato un eloquente portavoce della teoria
meccanicistica, e queste sono le sue conclusioni: «Più riusciamo a capire di questo nostro
universo, più sembra assolutamente privo di senso».

L’idea che l’intero universo non fosse altro che un “sistema fisico”, ovvero una macchina, che si
dispiegava meccanicamente in accordo a leggi rigide e immutabili, cominciò sotto forma d’eresia
nella mente di qualche coraggioso scienziato. Prendendo spunto da quell’ipotesi, questi primi
rivoluzionari e i loro seguaci cominciarono a inanellare una serie infinita di successi.

Oggi non c’è una sola apparecchiatura medica, una cura, un veicolo, una tecnologia di comunicazione
o un processo industriale che non sia basato su quell’ipotesi.

Nel periodo compreso tra le scoperte di Galileo e la fine del ventesimo secolo, quella che una volta
rappresentava un’eresia estrema si è trasformata nella visione dominante dell’universo, che viene
condivisa da miliardi di esseri (che ne siano consapevoli o no). La trasformazione è stata talmente
radicale che per esempio, qui negli Stati Uniti, dove una volta si richiedeva che un qualsiasi
docente di una buona università fosse un “uomo timorato di Dio”, troviamo ormai ben pochi
professori disposti ad ammettere di prendere sul serio un concetto talmente dubbio come quello del
creatore universale.

Richard Dawkings, noto zoologo evoluzionista, sostiene per esempio che chiunque continui a credere
in un Dio creatore non può che essere definito “scientificamente analfabeta”.

Verso la fine del XIX secolo, gli scienziati credevano di aver scoperto quasi tutte le leggi
fondamentali della fisica. Si trattava di leggi meramente meccaniche; grazie a quelle interazioni
meccaniche (per quanto potessero sembrare complicate e difficili da identificare e ricostruire) si
poteva arrivare all’origine di ogni fenomeno sperimentabile su qualsiasi scala. Anche la stessa
materia vivente non era considerata nulla di più che un ingranaggio particolarmente complesso,
basato su meccanismi molecolari…

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