22 dicembre 2016
Alla radice della dislessia ci sarebbe un deficit in un meccanismo percettivo di base, quello
dell’adattamento agli stimoli sensoriali, siano essi suoni o immagini. Il cervello è perfettamente
in grado di compensare il deficit di fronte a ciascun singolo tipo di stimolo, ma quando di tratta
di coordinarne due differenti – come nel caso della lettura, in cui si collegano immagini e suoni –
sorgono delle difficoltà (red)
da lescienze.it
Nelle persone che soffrono di dislessia c’è un meccanismo di percezione sensoriale di base che opera
in modo meno efficiente. Più precisamente, si tratta di un ritardo nell’adattamento cerebrale ai
rapidi cambiamenti negli stimoli sensoriali. La scoperta è di un gruppo di neuroscienziati del MIT
e Boston University che firmano un articolo su “Neuron”.
Tyler K. Perrachione e colleghi hanno voluto verificare la teoria secondo cui i problemi di lettura
dei dislessici deriverebbero da una difficoltà ad associare i suoni alle parole scritte, e per
questo sono partiti dall’analisi dei processi cerebrali di base che potrebbero rendere difficile
quell’associazione.
I ricercatori hanno sottoposto a risonanza magnetica funzionale il cervello di un gruppo di adulti,
alcuni affetti da dislessia e altri no, mentre ascoltavano delle voci. A volte la stessa voce
pronunciava una serie di parole, a volte le parole erano pronunciate in serie da voci diverse.
Le scansioni hanno mostrato che quando le persone senza dislessia ascoltano una sola voce, la loro
attività cerebrale ha un picco di uno, o al massimo due secondi, che poi diminuisce e si stabilizza:
la prima fase corrisponde alla ricerca delle costanti presenti in una voce, la seconda indica invece
che sono state individuate. Se le parole sono pronunciate da persone diverse, l’adattamento è molto
più faticoso.
Nei soggetti dislessici, la fase di sintonizzazione, o adattamento, a una voce, è invece molto più
protratta, e lo è tanto più quanto più grave è il disturbo: il cervello del dislessico fatica ad
adattarsi a una singola voce almeno quanto il cervello normale fatica a far fronte a più voci, e
spesso ancora di più.
I ricercatori hanno quindi sottoposto un altro gruppo di persone a un test analogo, ma con stimoli
visivi, sottoponendo delle immagini, a volte diverse e a volte ripetute, di parole scritte, volti e
oggetti. Anche in questo caso, nei soggetti dislessici la fase di adattamento è stata molto più
protratta.
Tuttavia, osservano i ricercatori, quando si tratta di interpretare un singolo tipo di stimolo, il
cervello umano, che si è evoluto per elaborare i segnali sonori e visivi con affidabilità, può
contare su un gran numero di “infrastrutture” che possono sopperire ad alcune difficoltà. “Tant’è
che parlando con una persona incontrata per strada, non possiamo avere la minima idea se sia
dislessico o no”, ha detto Perrachione.
Ma la lettura è un’altra storia. Si tratta di un’abilità appresa, che richiede il coordinamento di
più regioni del cervello destinate a elaborare stimoli differenti. Un deficit nell’adattamento
neurale che colpisce simultaneamente l’elaborazione uditiva e visiva può rendere molto difficile la
lettura.
“Dobbiamo vedere le lettere, mapparle su parole, mappare le parole sui suoni, e collegarli alla
semantica”, dice Perrachione. “Ci sono un sacco di punti in cui le cose possono andare storte. Così
questo studio apre molte più domande delle risposte che dà.”
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