La dottrina della reincarnazione 3

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La dottrina della reincarnazione 3

a cura di E. Valea

C) LA REINCARNAZIONE E LA GIUSTIZIA COSMICA

L’argomento principale per la reincarnazione è di ordine morale. Si ritiene cioè che il karma e la
reincarnazione siano il modo ideale per realizzare la giustizia nel mondo terreno, in quanto tutte
le opere e i pensieri delle persone vengono retribuiti nelle loro vite future. Questa retribuzione
si manifesterà sotto forma di circostanze positive o negative, con esattezza matematica; ciò
significa che tutto ciò che si fa sarà giustamente punito o ricompensato, sia a livello quantitativo
che qualitativo. Questo sistema spiegherebbe anche le disuguaglianze che vediamo tra le persone, dà
conforto a quelli che non riescono a comprendere la loro attuale situazione negativa, e dà loro
speranza per una vita futura migliore. Secondo il karma, non esiste alcun perdono per le proprie
colpe del passato, ma soltanto l’accumulo di debito karmico, seguito dal pagamento delle conseguenze
nelle vite future. Swami Shivananda dichiara:

“Se l’uomo virtuoso che non ha commesso alcun atto malvagio in questa vita soffre, ciò è dovuto a
qualche atto malvagio che può aver commesso nella sua vita precedente. Avrà una compensazione nella
sua nascita successiva. Se l’uomo malvagio che compie il male giorno per giorno apparentemente si
gode la sua vita, questo è dovuto al karma buono che ha avuto nella sua vita precedente. Avrà una
compensazione nella sua nascita successiva. Soffrirà nella sua prossima vita. La legge della
compensazione è inesorabile e senza pietà” (Swami Shivananda, Pratica del Karma Yoga, 1985, p. 102).

Considerando che il debito karmico che ogni uomo accumula nel suo passato è assai grande, una sola
vita non è abbastanza per espiarlo. Pertanto, per ottenere la liberazione, diventano necessarie
molte vite. Nel panteismo, in cui è assente un dio personale come Realtà Definitiva, l’uomo è solo
nella sua lotta col proprio passato. Anche i rami teisti delle religioni orientali sono incapaci di
risolvere la solitudine dell’uomo nel proprio combattimento, in quanto i concetti di karma e di
grazia divina non possono essere conciliati senza stravolgere completamente l’uno o l’altro. La
grazia, concessa da un dio o da un guru, contraddice la regola base del karma e renderebbe inutile
la sua azione. Ne risulta che le affermazioni di alcuni guru riguardo all’essere in grado di
cancellare il karma dei loro discepoli è assurdo. Attraverso l’ascetismo e la meditazione, l’uomo
deve guadagnarsi la salvezza con le proprie mani, o essere abbandonato a subire i dettami del karma.

Anche se potrebbe sembrare che il meccanismo del karma e della reincarnazione offre una spiegazione
alla questione della giustizia sociale, vi sono due obiezioni principali che la contraddicono:

1) Fintanto che la sofferenze (o la ricompensa per il bene compiuto) può essere sperimentato solo a
livello personale (fisico o psichico), e l’uomo cessa di esistere come persona dopo la morte fisica,
è chiaro che un’altra persona, generata in un altro corpo fisico, subirà le conseguenze dettate dal
karma dell’altra persona defunta. Il sè impersonale (atman o purusha) che si reincarna non ha niente
a che fare con la sofferenza; è un semplice osservatore dello svolgimento della vita psico-mentale.
Se, al momento della morte, non è rimasto alcun debito karmico da scontare, la separazione del sè
dal coinvolgimento illusorio con il mondo fisico e psico-mentale è permanente, e ciò rappresenta la
liberazione. Se no, il sè è obbligato a entrare in una nuova associazione illusoria con la
personalità finché tutti i frutti delle sue vite passate vengono consumati. Per conseguire ciò, una
nuova persona nasce ogni volta che il sè entra in un nuovo corpo umano. La nuova persona porterà le
conseguenze del karma prodotto dalla persona precedente, abitata dallo stesso sè. Questo meccanismo,
in cui una persona accumula il karma e l’altra ne porta le conseguenze, è alquanto ingiusto e
contraddice fondamentalmente l’idea di poter realizzare una perfetta giustizia. Non è dunque
possibile spiegare con il karma i disastri naturali, le piaghe e gli incidenti che affliggono gli
innocenti.

Per questi motivi, il detto “si raccoglie ciò che si è seminato” non può essere usato per esprimere
le idee dei reincarnazionisti (in realtà queste parole sono state prese dal Nuovo Testamento, Galati
6,7, dove hanno un significato molto diverso). Secondo il meccanismo della reincarnazione, una
persona semina e l’altra raccoglie, dato che nessuna caratteristica personale può essere preservata
da un’incarnazione del sè impersonale alla successiva. Nel Buddismo, che rigetta l’idea stessa di un
sè che trasmigra, l’idea di seminare e raccogliere è ancora più assurda. Vediamo ad esempio il
seguente testo:

“Se accade che uomini e donne buoni, che ricevono e ritengono queste parole, sono oppressi, i loro
destini malvagi sono l’inevitabile risultato retributivo dei mali commessi nelle loro vite mortali
passate. Mediante la virtù delle loro sofferenze attuali l’effetto del loro passato sarà espiato, ed
essi saranno nella posizione di conseguire il Completamento dell’Incomparabile Illuminazione” (Sutra
del Diamante, 16).

CHI deve espiare gli effetti del SUO passato? Una nuova distribuzione dei cinque aggregati? CHI
conseguirà l’illumazione? Una certa configurazione di quei cinque aggregati impersonali? Questo
processo assicura una giustizia perfetta PER CHI? Per una personalità illusoria che sparisce alla
morte fisica?

2) Una seconda obiezione concerne l’attuale possibilità di ottenere la liberazione dal karma e dal
ciclo della reincarnazione. Normalmente si suppone che la persona che vive le conseguenze del
proprio karma deve farlo in uno spirito di rassegnazione e sottomissione. Ma questo ideale è lontano
dalla realtà. Invece di adottare un’attitudine passiva nei confronti delle proprie sofferenze, quasi
sempre l’uomo reagisce con indignazione, e così accumula un debito karmico costantemente in
crescita. L’esperienza comune insegna che il male genera quasi sempre altro male e perciò un
equilibrio tra il bene e il male non può essere raggiunto. Come risultato, un circolo vizioso viene
generato e il debito karmico cresce in continuazione, a dismisura. Questo accadrebbe per la maggior
parte delle persone sulla terra, in quanto è detto che la maggior parte di noi vive nell’ignoranza
(avidya). Da una generazione alla successiva, il totale del debito karmico è costantemente in
crescita e questa situazione non può mai essere risolta. Che tipo di giustizia è quella che causa
molti più problemi di quanti ne può risolvere?

Se c’è un’alta probabilità di accumulare nuovo karma invece di liberarsene, ecco che la soluzione
migliore per ottenere la liberazione dalla reincarnazione diventa il digiuno totale Jainista che
mira alla morte, secondo ciò che afferma il Mahavira:

“Se questo pensiero si presenta a un monaco: ‘Sono malato e incapace, al momento, di mortificare il
mio corpo regolarmente’, quel monaco deve ridurre il suo cibo regolarmente; riducendo regolarmente
il suo cibo e diminuendo le sue colpe … esercitandosi egli dissolve il suo corpo…
Vincendo ogni sorta di dolore e sofferenza attraverso la fiducia in questo, egli raggiunge questa
temibile morte religiosa. Così a tempo debito porrà fine alla propria esistenza. Questo è stato
adottato da molti che erano liberi da illusioni; è buono, integro, adatto, beatificante, meritorio.
Così ho parlato.” (Acaranga Sutra 1,7,6)

Prendiamo ora un esempio e vediamo come le due obiezioni si applicano ai casi di persone reali. Se
consideriamo Hitler, i risultati sono sorprendenti (per uno studio dettagliato su questo caso e
altri aspetti importanti della reincarnazione si veda il libro di Mark Albrecht “Reincarnation”,
InterVarsity Press, 1982). Non c’è dubbio che qualunque reincarnazionista concordi sul fatto che
molte vite sono necessarie per consumare il suo debito karmico. Hitler morì nel 1945 e, stando alla
dottrina della reincarnazione, ha dovuto reincarnarsi in un bambino per subire le dure conseguenze
dei suoi atti mostruosi. Le due obiezioni viste prima possono essere formulate come segue:

1) La persona di Hitler ha cessato di esistere al momento della sua morte fisica. Solo il sè
impersonale si reincarna, accompagnato dal suo deposito karmico. Comunque, non vi è continuità tra
la persona di Hitler e quella dell’individuo che deve subire le sofferenze imposte dal karma di
Hitler. Il nuovo nato non sa che deve subire le conseguenze del karma di Hitler. Dopo la crudele
vita e morte di questa nuova persona, altri milioni di reincarnazioni si succederanno con lo stesso
tragico destino. Il fatto più disgustoso è che la persona di Hitler, l’unica che avrebbe dovuto
subire a livello fisico e psichico i risultati delle sue folli opere, si è dissolta al momento della
sua morte fisica, mentre innumerevoli altre persone, che sono del tutto ignare della situazione e
innocenti, devono subire le angosciose conseguenze del suo karma negativo.

2) In conseguenza delle durezze che devono essere subite dalle nuove incarnazioni di Hitler, è quasi
certo che queste reagiranno con indignazione invece di rassegnarsi alla loro situazione, e dunque
accumuleranno un debito karmico costantemente in crescita. Ogni nuova reincarnazione diventa una
fonte di nuovo karma acquistato, e dà vita a una nuova catena di individui che devono pagarne le
conseguenze. Lo stesso accade nel caso di Hitler stesso. Chiunque egli fosse stato in precedenza, ha
aggravato moltissimo il suo karma durante gli anni della sua vita. Dunque, invece di risolvere il
problema della giustizia globale, il problema si aggrava. Partendo da un singolo individuo come
Hitler, si raggiunge un numero enorme di persone che devono pagare il karma di quel singolo e al
tempo stesso ne accumulano altro durante le loro vite. Questo è solo uno dei casi di tutta la storia
umana. Ogni tentativo di immaginare cosa accade su scala più larga rivelerebbe una catastrofe
impossibile da risolvere.

E’ evidente che il karma e la reincarnazione non possono fornire alcun tipo di giustizia. La
reincarnazione non può risolvere il problema del male ma anzi lo amplifica, e lascia che il male
commesso in origine resti impunito. Se la reincarnazione fosse reale, Hitler non sarebbe mai stato
punito per i suoi atti perché ha smesso di esistere, prima che qualunque essere umano o circostanza
della vita potesse realmente punirlo.

Analizzando poi i collegamenti tra le persone e il karma da una prospettiva globale, ci sono da fare
due riflessioni.

Primo, dato che per la reincarnazione la sofferenza è il risultato delle opere malvagie compiute
nelle vite precedenti, un possibile modo di reagire coerentemente con la legge del karma potrebbe
portare a una mancanza di compassione verso coloro che soffrono. Un reincarnazionista potrebbe
pensare che chi soffre merita di essere punito, e che chiunque osa aiutarlo interferisce con lo
svolgimento del suo karma e di conseguenza si sta accumulando del karma negativo per se stesso.

Secondo, l’uomo che diventa strumento del castigo del karma accumula per se stesso del karma
negativo e quindi dovrà essere punito a sua volta, nella vita successiva. Poi la prossima persona
che agirà come strumento del karma dovrà essere punita a sua volta, e così via. Una possibile
soluzione a questo ciclo infinito sarebbe che chi agisce come strumento del karma lo faccia in
maniera completamente distaccata e disinteressata, secondo le parole di Krishna nel Bhagavad Gita
(2,47; 3,19; ecc.). Ciò porterebbe a non acquisire nuovo karma. Comunque, questa soluzione sarebbe
limitata al massimo a quei pochi “distaccati” che conoscono il loro ruolo e che lo seguono, e dunque
non ha significato sulla ben più ampia scala della società umana. Ben poche persone infatti si
considerano esecutori distaccati del karma sulle vite dei loro vicini.

Esaminiamo questi due punti nel caso dei milioni di Ebrei uccisi nelle camere a gas dai nazisti
durante la guerra. Primo, un reincarnazionista potrebbe ritenere assurdo avere sentimenti di
compassione verso di loro, perché essi si sarebbero meritati la loro sofferenze e morte, in una vita
precedente. Potrebbe poi concludere che, dopo tutto, i nazisti stavano facendo la cosa giusta, in
quanto esecutori dei dettami del karma. Usando questo ragionamento, ogni concepibile crimine
commesso nel passato o nel presente può essere giustificato, senza preoccuparsi delle implicazioni
morali. Tutto ciò apre una prospettiva orrenda sul passato e sul futuro dell’umanità, con
implicazioni difficili da afferrare.

Secondo, l’uccisione di milioni di persone richiede che i loro giustizieri siano a loro volta
uccisi, in modo simile, nelle loro vite future. Ma questo implica che i giustizieri reincarnati
saranno a loro volta uccisi, e i loro giustizieri anche, ecc. ecc. Il ciclo non avrebbe mai fine. Si
può obiettare che la morte dei colpevoli può avvenire anche, ad esempio, mediante calamità naturali.
Questa spiegazione non è accettabile, in quanto il karma è generato non solo dalle azioni compiute,
ma anche dal desiderio che le ha prodotte. Anche il desiderio di uccidere viene retribuito, non
soltanto l’atto in se stesso. Dunque, se la reincarnazione fosse un concetto logico, implicherebbe
che non ha né un inizio né una fine. Non può essere una soluzione per la giustizia, ma solo una
sorta di eterno circo.

Un’analisi più approfondita del concetto di giustizia karmica dimostra che il principio base della
moralità Indù, il non uccidere (ahimsa), diventa assurdo. Secondo questo principio non bisogna
partecipare nell’uccisione di qualsiasi essere vivente, altrimenti ci si reincarna per pagarne le
conseguenze (questo principio è la base del vegetarianismo religioso orientale).
Ad esempio, il macellaio che uccide un maiale si reincarnerà in un maiale per essere ucciso a sua
volta. Comunque, il principio stesso di reincarnazione contraddice il significato di ahimsa e ne
prova l’inutilità. Il maiale viene ucciso, probabilmente perché era la reincarnazione di un altro
macellaio, che doveva essere punito in quel modo. Neppure in questo caso il circolo vizioso può
essere fermato in modo naturale (ad es. morte naturale dell’animale per malattia), in quanto il
desiderio del macellaio di uccidere l’animale (per mangiarlo o per guadagnarsi da vivere) genera del
karma. Dunque la violazione del principio di non-violenza diventa una necessità per adempiere alla
giustizia karmica. Il macellaio è al tempo stesso strumento dell’espiazione del debito karmico e
produttore di un nuovo debito per se stesso. In modo strano e contraddittorio, l’adempimento del
debito karmico richiede la punizione del suo esecutore. In altre parole, il karma paradossalmente
agisce condannando gli esecutori della sua “giustizia”.

In conclusione, il concetto di reincarnazione è in contraddizione con la logica, con la giustizia
sociale, con la moralità e anche con il senso comune. Guardando oltre l’apparente conforto che esso
sembra fornire alla vita corrente nel promettere altre vite in cui potersi perfezionare, la credenza
nella reincarnazione non può portare alcun risultato benefico, ma solo rassegnazione e disperazione
nell’affrontare il proprio destino.

D) LA REINCARNAZIONE E IL CRISTIANESIMO
L’odierno sincretismo religioso non soltanto accetta la reincarnazione come una delle sue dottrine
di base, ma cerca anche di dimostrare che esso può essere trovato nella Bibbia e nella storia del
Cristianesimo. Esamineremo allora le fonti che sono citate per sostenere quest’ipotesi, dimostrando
le differenze tra la dottrina della reincarnazione e l’insegnamento cristiano, e daremo infine una
spiegazione per i ricordi di vita passata menzionati in un capitolo precedente.

LA REINCARNAZIONE E LA BIBBIA

I testi biblici presi per sostenere l’idea di reincarnazione sono i seguenti:

1) Matteo 11,14 e 17,12-13, riguardo all’identità di Giovanni il battista;
2) Giovanni 9,2, “Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”;
3) Giovanni 3,3, “Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio”;
4) Giacomo 3,6, “Il ciclo della vita”;
5) Galati 6,7, “Quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà”;
6) Matteo 26,52, “Tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada”;
7) Apocalisse 13,10, “Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev’essere ucciso
con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada”.

1. Il primo testo concerne l’identità di Giovanni il battista, che i reincarnazionisti suppongono
essere la reincarnazione del profeta Elia. In Matteo 11,14 Gesù dice: “Se lo volete accettare, egli
(Giovanni il battista) è l’Elia che doveva venire”. Più avanti, nel rispondere agli apostoli
riguardo alla venuta di Elia, Gesù dice loro: “Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno
riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell’uomo
deve soffrire da parte loro. Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il
battista” (Matteo 17,12-13; vedere anche Marco 9,12-13).

A un lettore frettoloso, può sembrare che questi versi implichino la reincarnazione del profeta Elia
in Giovanni il battista. La profezia del ritorno di Elia si trova nel libro del profeta Malachia
(3,1; 4,5-6): “Ecco, io vi mando il profeta Elia, prima che venga il giorno del Signore, giorno
grande e terribile. Egli volgerà il cuore dei padri verso i figli, e il cuore dei figli verso i
padri, perché io non debba venire a colpire il paese di sterminio”. Proprio prima dell’adempimento
di questa profezia con la nascita del battista, un angelo aveva annunciato a suo padre Zaccaria:
“…andrà davanti a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per volgere i cuori dei padri ai figli
e i ribelli alla saggezza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto” (Luca 1:17).
Cosa significano le parole “con lo spirito e la potenza di Elia”? Secondo gli altri passaggi biblici
che si riferiscono a Elia e al battista, non insegnano la reincarnazione.

Al tempo in cui Giovanni il battista cominciò la sua predicazione pubblica, i sacerdoti gli
chiesero: “Sei tu Elia?” (Giovanni 1:21). In tali circostanze un vero “guru” non avrebbe esitato a
dichiarare la sua posizione nella successione dei maestri spirituali (guru parampara) della
tradizione che egli rappresenta. Ma Giovanni il battista rispose semplicemente: “Non lo sono”
(stesso verso).

Il motivo della sua negazione è che Giovanni il battista era un TIPO di Elia, un profeta che avrebbe
dovuto ripetere la missione di Elia in un contesto simile al suo. Come Elia prima di lui, anche
Giovanni il battista dovette subire la persecuzione della casa reale e agire nel contesto di
degenerazione spirituale in cui versava la nazione d’Israele, con la missione di ricondurre le
persone a Dio. Il battista aveva lo stesso incarico spirituale del profeta Elia, ma non la stessa
anima o lo stesso “sè”. Dunque nell’espressione “con lo spirito e la potenza di Elia” non bisogna
vedere l’idea della reincarnazione di una persona, ma la necessaria ripetizione di un episodio ben
conosciuto nella storia d’Israele. Un altro testo biblico che contraddice la teoria della
reincarnazione in questo caso è la storia della scomparsa di Elia da questo mondo. Elia non morì
fisicamente, ma fu trasportato in cielo (2 Re 2,11). La teoria classica della reincarnazione afferma
che una persona deve prima morire affinché il suo sè possa reincarnarsi in un altro corpo. Nel caso
di Elia, questo ovviamente non accadde. Infine, dobbiamo ricordare l’esperienza dei tre apostoli al
monte della trasfigurazione (Matteo 17,1-8, Marco 9,2-8, Luca 9,28-36), dove in presenza di Cristo
apparve Elia e fu identificato dagli apostoli senza alcun fraintendimento che potesse trattarsi del
battista.

2. Il prossimo testo è quello della guarigione dell’uomo nato cieco, riportata in Giovanni 9,2.
Consideriamo la domanda degli apostoli: “Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia
nato cieco?”. E’ ovvio che se fosse valida la prima opzione (l’uomo sarebbe nato cieco a causa dei
suoi peccati) significherebbe che l’uomo poteva aver peccato solo in una vita precedente. Secondo la
teoria classica della reincarnazione, in una vita precedente quell’uomo sarebbe potuto essere un
crudele dittatore che ora stava subendo la condanna per le sue azioni.

Comunque, la domanda degli apostoli non implica che tra gli israeliti fosse diffusa qualche forma di
dottrina della reincarnazione. Conferma anzi che alcune fazioni religiose dell’epoca insegnavano la
fantasiosa teoria che il feto può commettere peccati mentre è ancora nel grembo della madre. Se Gesù
avesse considerato vera la reincarnazione, sicuramente avrebbe utilizzato questa opportunità – come
Egli era solito fare – per spiegare loro la legge del karma e per applicare la reincarnazione al
caso di quell’uomo. Gesù non mancò mai di cogliere simili occasioni per istruire i suoi discepoli
riguardo alle questioni spirituali, e la reincarnazione sarebbe stata una dottrina cruciale da
apprendere.

Ciò nonostante, con la risposta che diede loro, Gesù rigettò entrame le ipotesi suggerite dagli
apostoli. Sia l’idea di poter peccare prima della nascita, sia quella della punizione per i peccati
dei genitori, erano sbagliate. Gesù disse: “Né lui ha peccato, né i suoi genitori” (Giovanni 9,3).
Quella situazione offrì a Gesù la possibilità di offrire alla gente una prova della Sua divinità,
guarendo il cieco nato (v. 39).

3. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dice a Nicodemo: “In verità, in verità ti dico che se uno non è
nato di nuovo non può vedere il regno di Dio” (Giovanni 3,3). Preso fuori contesto, questo verso può
sembrare suggerire che la reincarnazione (la rinascita) è il modo per ottenere la perfezione
spirituali ed essere ammessi nel “regno di Dio”. Al verso seguente leggiamo che Nicodemo risponde:
“Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua
madre e nascere?” (v. 4). Gesù rigettava l’idea di rinascita fisica e stava spiegando il bisogno che
l’uomo rinasca spiritualmente, durante la sua vita, per poter entrare nel regno di Dio dopo la vita
terrena (si veda anche questa riflessione).

Gesù spiegò ulteriormente il significato delle Sue parole riferendosi a un episodio ben conosciuto
della storia d’Israele: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio
dell’uomo sia innalzato” (Giovanni 3,14). Questo episodio risale alla traversata del deserto da
parte del popolo d’Israele verso la Terra Promessa, sotto la guida di Mosè. Essi parlarono contro
Dio, e come risultato comparvero dei serpenti velenosi che presero a morderli. Rendendosi conto del
loro peccato, implorarono salvezza. Dio allora disse a Mosè di forgiare un serpente di rame e di
metterlo su un’asta, e chiunque l’avrebbe guardato sarebbe stato sanato; bastava semplicemente
ubbidire e guardare, per essere guariti. Tornando al collegamento che Gesù fece tra questo episodio
e il suo insegnamento, Egli disse: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il
Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in Lui abbia vita eterna” (Giovanni
3,14-15). In altre parole, come Mosè aveva innalzato il serpente di rame nel deserto 1400 anni
prima, prefigurando il sacrificio di Gesù, così Egli doveva essere innalzato sulla croce, affinché
chiunque crede in Lui sia salvato.
Come gli Israeliti nel deserto ubbidendo al comando di Dio furono salvati dalla morte, così Dio
offriva a Nicodemo, alla sua generazione e al mondo intero, di essere salvati credendo che il
sacrificio di Gesù sulla croce è la soluzione perfetta che Egli ha provvisto per i peccati del
mondo. Dunque il tipo di rinascita di cui Gesù parlava (come anche Paolo, vedi Tito 3,5) non è il
concetto orientale di reincarnazione ma una rinascita spirituale che noi abbiamo sperimentato e di
cui ogni essere umano può fare l’esperienza nel corso della sua vita terrena.

4. Il quarto testo interpretato da alcuni come indicativo della reincarnazione si trova
nell’epistola di Giacomo 3,6, dove si parla di “corso della vita” o di “ciclo della vita”, il che
sembra richiamare il ciclo di reincarnazioni senza fine presentato dalle religioni orientali. Ma il
verso in questione dice soltanto che “la lingua è un fuoco… che contamina tutto il corpo e,
infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita”. La lingua senza controllo viene equiparata a
un fuoco che danneggia tutti gli aspetti dell’esistenza, pensieri e opere, in un circolo vizioso.
Significa cioè che il parlare peccaminoso è all’origine di molti altri peccati, che ne conseguono, e
che conducono l’uomo alla geenna (l’inferno).

5. L’esempio classico di karma e samsara nella Bibbia è, secondo i reincarnazionisti, rappresentato
dalle parole dell’apostolo Paolo ai Galati: “Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché
quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà” (Galati 6,7). Questo “seminare e mietere” può
sembrare indicare gli atti della persona e le loro conseguenze come dettate dal karma nelle vite
seguenti. In realtà, basta leggere il verso successivo per rendersi conto che il punto qui è il
giudicare gli effetti dei nostri atti dalla prospettiva della vita eterna, come affermato nella
Bibbia, senza possibilità di ulteriori esistenze terrene in gioco: “…quello che l’uomo avrà
seminato, quello pure mieterà. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne;
ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna” (Galati 6,7-8, si legga anche
l’intero capitolo). “Mietere corruzione” significa separazione eterna da Dio nella geenna, mentre la
“vita eterna” rappresenta comunione eterna e personale con l’Iddio eterno nei cieli. Nel loro
contesto, questi versi non suggeriscono affatto la reincarnazione dell’anima dopo la morte. Secondo
il Cristianesimo, il giudice supremo dei nostri atti è Dio, e non un karma impersonale.

6. Dopo che pietro ebbe tagliato l’orecchio di Malco, servo del sommo sacerdote, nel tentativo di
impedire l’arresto di Gesù nel Getsemani, Gesù guarì il servo (Luca 22:51), e rimproverò Pietro
dicendo: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periranno di
spada” (Matteo 26:52). I reincarnazionisti pensano che questo verso implichi l’azione del karma.

Tutti e quattro i vangeli fanno un resoconto del rimprovero di Gesù contro l’iniziativa di Pietro.
Per quanto eroica potesse apparire, era contraria al piano di Dio (come Gesù stesso disse poco dopo:
“Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così avvenga?”, verso 54).
Pietro dunque in questo caso stava peccando e, secondo la legge dell’Antico Testamento il peccato
doveva essere retribuito (cfr. Genesi 9,6, ecc.). Comunque, in tutta la legge dell’Antico
Testamento, si parla sempre di retribuzione nella vita attuale (Es. 21,23-25, Lev. 24,19-20, Deut.
19,21, ecc.), non in presunte vite future. Altrimenti le parole di Gesù porterebbero a delle
implicazioni assurde. Se Egli avesse inteso dire che uccidendo qualcuno con la spada in questa vita,
si verrebbe uccisi con la spada in una vita futura, allora la crocifissione di Gesù (che seguì di lì
a poco) sarebbe stata una punizione per i peccati che il Figlio di Dio aveva commesso in qualche
“vita precedente”, invece di essere secondo il piano di salvezza di Dio come Cristo stesso aveva più
volte affermato.

7. “Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev’essere ucciso con la spada,
bisogna che sia ucciso con la spada” (Apocalisse 13,10). Questo verso appartiene a una profezia che
parla del tempo della fine, in cui Satana e i suoi soggetti avranno temporaneamente potere sulla
terra. I seguaci della reincarnazione devono rendersi conto che si tratta di una citazione
dall’Antico Testamento: “Se anche ti dicono: “Dove ce ne andremo?”, tu risponderai loro: “Così dice
il Signore: Alla morte, i destinati alla morte; alla spada, i destinati alla spada; alla fame, i
destinati alla fame; alla schiavitù, i destinati alla schiavitù” (Geremia 15,2). Questa sentenza fu
scritta dal profeta Geremia poco prima della caduta di Gerusalemme e dell’esilio Babilonese (586
a.C.) ed esprime la condanna di Dio sugli israeliti malvagi di quel tempo, che Lo avevano rigettato.
Qui non è all’opera una legge impersonale del karma, ma la volontà di un Dio personale e creatore,
che ha il diritto di scegliere come punire coloro che Lo hanno rigettato (si veda anche Geremia
43,11, che usa le stesse parole per annunciare la punizione dell’Egitto per i suoi peccati). Lo
scrittore dell’Apocalisse usa questa citazione per rassicurare i credenti che si troveranno a vivere
durante gli eventi descritti nella profezia, che Dio tornerà a fare giustizia, così come fece nel
passato. Pertanto li esorta ad avere costanza e fedeltà, come il verso aggiunge subito dopo (v. 10).

Come si può osservare, in tutte le situazioni in cui sono menzionate delle “prove bibliche” per la
reincarnazione, il contesto viene sempre ignorato. Altri passaggi usati per tentare di convalidare
la reincarnazione, parlano in realtà dell’esistenza di Cristo prima della Sua venuta nel mondo in
forma umana (Giovanni 8,58), la continuità dell’esistenza dell’anima di ogni persona dopo la morte
(Giovanni 5,28-29, Luca 16,22-23, 2 Corinzi 5,1), e la rinascita spirituale dei credenti durante la
loro vita terrena attuale (Tito 3,5, 1 Pietro 1,23), l’unica ammessa dalla Bibbia. Nessuno di questi
passaggi dà una seppur vaga indicazione della reincarnazione.

QUALCUNO HA RISCRITTO LA BIBBIA, CANCELLANDO DEI PASSAGGI CHE PARLAVANO DI REINCARNAZIONE?

Alcune persone pensano che la Bibbia abbia potuto contenere molti passaggi che insegnavano la
reincarnazione, e che questi furono cancellati durante il quinto cincilio ecumenico, tenuto a
Costantinopoli nell’anno 533 d.C. Comunque, non esiste alcuna prova che sia mai avvenuta una cosa
del genere. I manoscritti esistenti, molti dei quali sicuramente alquanto più antichi del 533 d.C.,
non sono diversi dai testi che noi usiamo oggi. Esistono inoltre numerosi motivi per credere che il
Nuovo Testamento non fu scritto più tardi del primo secolo dopo Cristo, prima della nascita di
qualsiasi istituzione religiosa cristiana.
Ulteriori informazioni sull’accuratezza dell’attuale testo Biblico sono disponibili in inglese (si
veda ad es. Dating the Oldest New Testament Manuscripts, di Peter van Minnen, Duke University) e in
italiano (si veda ad es. questo studio).

Inoltre, se i presunti riferimenti alla reincarnazione fossero stati cancellati, perché allora sono
stati lasciati passaggi come quelli che abbiamo visto sopra? E’ chiaro, invece, che tutto il testo
biblico contraddice l’idea di reincarnazione, sia esplicitamente che implicitamente (si vedano ad
esempio 2 Samuele 12,23; 14,14, Giobbe 7,9-10, Salmo 78,39, Matteo 25,31-46, Luca 23,39-43, Atti
17,31, 2 Corinzi 5,1;4;8, Apocalisse 20,11-15). Ecco un chiaro esempio tratto dal Nuovo Testamento:

“Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, così anche
Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una
seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza” (Ebrei 9,27-28).

L’insegnamento cristiano che si vive una sola volta è biblico oltre ogni ragionevole dubbio, e viene
offerto come termine di paragone il fatto che Gesù stesso morì una sola volta per i nostri peccati.
Il giudizio che segue dopo la morte non è ovviamente il giudizio di un karma impersonale, ma quello
di un Dio personale e onnipotente; l’uomo può entrare nella vita eterna con Lui in cielo, o essere
separato da Lui per l’eternità.

La reincarnazione è contraria al cuore stesso del Cristianesimo: la necessità del sacrificio
espiatori di Gesù Cristo per i nostri peccati. Se noi esseri umani dobbiamo pagare le conseguenze
dei nostri peccati nelle vite future e guadagnarci la salvezza con le nostre capacità, il sacrificio
di Gesù diventa inutile e assurdo. Non sarebbe la via per andare al Padre, ma un evento come un
altro nella storia. Gesù invece ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me” (Giovanni 14,6).

SE LA REINCARNAZIONE NON E’ VERA, COME SI SPIEGANO I RICORDI DI VITE PRECEDENTI?

In un precedente capitolo abbiamo discusso dell’equivalenza tra il rievocare “i ricordi di vite
passate” mediante l’ipnosi, e il fenomeno delle personalità multiple. Ma, dicevamo, se si considera
la questione da un punto di vista puramente naturalistico, rimane un elemento irrisolto: come sono
distribuiti i ruoli delle diverse personalità, chi dirige cioè questo processo? Non può essere
casuale. Usando le parole di Wilson, “lo show deve avere un ‘direttore'”.

I parapsicologi tendono ad attribuire il ruolo del “direttore” a delle entità personali esterne, che
agiscono attraverso un processo di channeling. L’ipnosi crea delle condizioni perfette per entrare
in contatto con queste entità mediante l’abolizione della normale coscienza. Invece di presentare la
loro vera identità, tali entità si presentano come personalità rievocate dalle vite precedenti della
persona. Fino ad oggi sono stati documentati sufficienti casi di interferenza da parte di spiriti
esterni nella produzione di storie di reincarnazione. La maggior parte delle persone che cercano di
rievocare tali ricordi non sono consapevoli di queste entità parassite. Quelli che ne sono consci
invece le accettano come aiuti preziosi nel processo di ricostruzione dei ricordi. Il solo motivo
per accettare i ricordi così ottenuti è la fiducia cieca nella sincerità di queste entità
spirituali.

Ora se passiamo dal campo della parapsicologia a quello del Cristianesimo, appare evidente che tali
“entità spirituali esterne” esistono, e hanno sufficienti motivi per mentirci riguardo alle realtà
spirituali. Sono chiamati demoni e hanno sviluppato diversi sistemi ingegnosi per ingannare gli
esseri umani. La Bibbia commenta:

“Non c’è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce. Non è dunque cosa
eccezionale se anche i suoi servitori si travestono da servitori di giustizia; la loro fine sarà
secondo le loro opere” (2 Corinzi 11,14-15).

Se accettiamo la rivelazione biblica, ammettendo che i demoni esistono e che fanno del loro meglio
per diffondere le loro “verità” sulle realtà spirituali, perché non si dovrebbe considerare il loro
possibile coinvolgimento nella produzione di prove a favore della reincarnazione, un concetto che si
oppone vistosamente all’essenza del Cristianesimo e al tempo stesso si adatta perfettamente ai loro
scopi? Se le migliori condizioni per esprimersi si verificano proprio sotto ipnosi (quando la
coscienza di sè viene abolita), perché non dovrebbero agire? Perché non dovrebbero rispondere a un
pubblico invito di adempiere i loro scopi in un modo affascinante per un pubblico credulo e
ignorante delle realtà spirituali?

L’esperienza della possessione spiritica rappresenta un pieno o parziale controllo dell’essere umano
da parte di un’entità spirituale esterna (un demone). Questo fenomeno è conosciuto alla maggior
parte delle religioni e nell’occultismo. Lo spirito parassita esercita il suo controllo sul
comportamento, sulle funzioni mentali e sulle emozioni della persona coinvolta, essendo capace di
produrre sensazioni e sintomi nel corpo fisico. Questa figura è ovviamente molto vicina a ciò che
accade durante una seduta di regressione ipnotica. Perché allora rigettare la spiegazione della
possessione spiritica e scegliere di credere a un’evidenza di vita precedente? Le informazioni
prodotte (i ricordi di vite precedenti) corrispondono in parte alla realtà, al fine di guadagnare la
fiducia dell’uomo; se queste informazioni sono conosciute dagli esseri umani, quanto più sono
conosciute dai demoni. Se gli uomini sono in grado di creare degli scenari storici basandosi sulle
informazioni a loro disposizione, quanto più creativi sapranno essere i demoni?

Nel caso dei “ricordi spontanei di vite passate” da parte dei bambini, il meccanismo è simile.
All’età in cui essi ricordano le loro presunte vite precedenti (in genere tra i due e i cinque anni)
il loro discernimento spirituale non è ancora neppure formato, il che li rende vulnerabili a ogni
manipolazione. In un precedente capitolo su questo fenomeno, abbiamo visto che ci sono casi in cui
la presunta reincarnazione dell’anima si sovrappone alla personalità del bambino, presentando i
tipici sintomi della possessione demoniaca.

In conclusione, non è possibile riconciliare il Cristianesimo e la reincarnazione. Da un punto di
vista di studio, come Ian Stevenson ha affermato, le cosiddette esperienze di reincarnazione
rilevate fino ad oggi possono solo “suggerire” l’idea della reincarnazione, ma a un esame attento
non dimostrano nulla. Da un punto di vista cristiano, invece, suggeriscono evidenza di possessione
demoniaca e pertanto questi metodi non andrebbero mai usati.

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