La dottrina della reincarnazione e la Bibbia 1

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La dottrina della reincarnazione e la Bibbia 1

a cura di G. Butindaro

La dottrina della reincarnazione ha cominciato a diffondersi ampiamente tra gli occidentali alla
fine del diciannovesimo secolo per opera della Società Teosofica, una setta fondata dalla spiritista
Helena Blavatsky (1831-1891) assieme all’avvocato spiritista colonnello Henry Steel Olcott
(1832-1907), nel 1875. Questa setta, dedita all’occultismo e allo spiritismo e che avversa in
maniera feroce il Cristianesimo, ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione del New Age (in
italiano Nuova Era o Nuovo Evo), il super-movimento che in questi ultimi decenni si è divulgato per
tutto il mondo e che attira al suo interno soprattutto i giovani, tanto che taluni fanno risalire
l’origine del New Age proprio alla data del 1875 e chiamano la sua fondatrice la madre del New Age.

La reincarnazione ha ricevuto un forte impulso dopo la seconda guerra mondiale dai cosiddetti guru
indiani che hanno cominciato ad invadere l’Occidente. È accettata da innumerevoli persone nel mondo.
In particolare va segnalato che la reincarnazione spesso si fa strada nei cuori di molti giovani per
il fatto che taluni cantanti, o attori o atleti sportivi di cui essi hanno profonda stima aderiscono
ad essa. In sostanza molti giovani accettano la reincarnazione perché l’ha accettata il loro
‘idolo’.
Vediamo adesso che cosa dice questa dottrina; noi la descriveremo dal punto di vista induista,
facendo notare man mano i punti su cui non tutti i reincarnazionisti sono d’accordo tra loro (tra di
essi infatti ci sono differenti modi di vedere a riguardo di una cosa o di un’altra).

Innanzi tutto questa dottrina dice che noi sulla terra non stiamo vivendo per la prima volta, avendo
vissuto delle altre vite in precedenza; e questo perché l’anima dell’uomo quando abbandona un corpo
se ne andrebbe in un altro. Questo concetto è espresso nella Bhagavad-Gita (scritti considerati
sacri da coloro che professano l’Induismo) in questi termini: ‘A quel modo che un uomo abbandona i
suoi vecchi vestimenti e ne prende di nuovi, così il sè abitante nel corpo abbandona i suoi vecchi
corpi e ne prende di nuovi’ (Bhagavad-Gita, Seconda Lettura v. 23); ‘A quel modo che in questo corpo
il sè incorporato passa attraverso l’infanzia, la giovinezza e la vecchiaia, così, alla morte, egli
assume un altro corpo’ (Ibid., Seconda Lettura v.14). A tale proposito va detto che alcuni credono
che l’anima dell’uomo può andare a reincarnarsi anche in un animale (come credono gli induisti) e
altri questo lo negano; inoltre mentre taluni credono che l’anima disincarnata se ne va subito in un
altro corpo umano, altri credono che ci va dopo un certo periodo di tempo, breve per alcuni molto
più lungo per altri, e che nel frattempo l’anima rimarrebbe sulla terra o risiederebbe in qualche
altro mondo o piano di esistenza. La dottrina della reincarnazione dice anche che noi siamo e
sperimentiamo sulla terra quello che meritiamo di essere e di sperimentare in base al nostro
comportamento tenuto nelle vite precedenti; in altre parole il bene che uno riceve sulla terra è il
frutto delle azioni buone passate, mentre il male che uno riceve è il frutto delle cattive azioni
passate. Cosicché se uno nasce in una famiglia ricca o ha una buona salute viene detto che ha un
buon karma, mentre se nasce in una famiglia povera, malato, e durante la sua vita subisce sventure
di ogni genere si dice che ha un cattivo karma. ‘È il suo karma’, ecco l’espressione che si sente
ripetutamente dire ai reincarnazionisti per dare una spiegazione alla differente condizione sociale
degli uomini e agli eventi buoni e cattivi che si succedono nella loro vita.

Karma significa letteralmente ‘azione’ e indica la legge di causa ed effetto, in sostanza la legge
che dice che quello che uno semina (in questa vita) quello pure mieterà (nella prossima vita
terrena). È da notare che i reincarnazionisti per sostenere questa cosiddetta legge del karma
prendono anche le parole di Paolo ai Galati: “Quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà”
(Gal. 6:7). Sempre secondo la ‘legge’ del karma l’uomo non può sperimentare gli effetti di tutte le
azioni con una sola vita perché mentre da un lato egli miete in questa esistenza il frutto delle
azioni passate dall’altro compie delle azioni che hanno bisogno della corrispondente retribuzione.
In altre parole egli non può scontare tutto il suo debito karmico in una sola esistenza o in altre
parole ancora egli non può purificarsi (espiare il suo karma) da sè medesimo in una sola vita;
quindi egli deve reincarnarsi ancora. Da qui la necessità di un ciclo di ripetute reincarnazioni
chiamato samsara (ossia il ciclo delle rinascite), da cui è possibile però liberarsi. La meta dunque
da raggiungere è la liberazione (moksha) da questo ciclo di rinascite, che può essere conseguita
facendo ricorso ai diversi tipi di yoga. Questa liberazione sopravviene quando l’anima individuale
(Atman) si ricongiunge con l’anima universale (Brahman), e l’uomo esce così dall’illusione (maya) di
essere distinto da Brahman cioè quando l’uomo in sostanza realizzerà la sua natura divina;
raggiungerà allora la perfezione e finiranno allora le sofferenze e sperimenterà la suprema
beatitudine! Ecco cosa dice la Bhagavad-Gita a proposito di questa liberazione: ‘Così lo yoghin,
sforzandosi di continuo e purificate le sue impurità, raggiunge, dopo molteplici nascite, la
perfezione e perviene al fine supremo’ (Bhagavad-Gita, Sesta Lettura v.47) ed ancora: ‘Raggiunto che
m’abbiano, questi magnanimi non sono più soggetti a nuova nascita, sede di dolore, impermanente.
Essi hanno ormai raggiunto la perfezione suprema’ (Ibid., Ottava Lettura. v.15). Riguardo a questo
punto va detto che taluni credono che il ciclo delle rinascite sia senza fine e quindi che la meta
non sia la liberazione dal ciclo delle rinascite.

Tenete dunque presente, quando sentite parlare della reincarnazione, che essa racchiude questi
principi:

l’anima dell’uomo è parte di Dio o è Dio stesso (si tenga presente però che per ‘Dio’ i
reincarnazionisti intendono una Energia cosmica, cioè un Dio impersonale);
l’anima si è incorporata nel corpo umano dopo avere vissuto precedentemente in un altro essere
vivente o in altri esseri viventi;
le circostanze della vita dell’uomo, cioè le cose buone e cattive, spiacevoli e piacevoli, che gli
succedono non sono altro che la conseguenza delle sue azioni compiute nelle vite precedenti;
dopo la morte la sua anima continuerà a reincarnarsi ripetutamente sulla terra in un altro essere
umano (o persino in qualche animale) per raccogliere il frutto delle sue azioni e per compiere
l’espiazione del suo karma;
esiste la speranza che un giorno questo ciclo di rinascite cesserà definitivamente (per altri invece
questo ciclo è senza fine);
affinché l’uomo possa essere liberato da questo ciclo di rinascite deve praticare lo yoga (ognuno
mette l’enfasi su un particolare tipo di yoga);
quando l’uomo diventerà Brahman o meglio tornerà a congiungersi con Brahman (appunto mediante lo
yoga) e realizzerà la sua natura divina uscendo dall’illusione di essere separato dalla divinità,
per lui finirà questo ciclo di rinascite perché avrà raggiunto la perfezione;
non è previsto nessun perdono per le cattive azioni perché esse devono essere pagate fino in fondo
nelle vite seguenti;
l’uomo non deve rendere conto delle sue azioni a Dio ma solo a se stesso.

COME LA SCRITTURA ANNULLA LA DOTTRINA DELLA REINCARNAZIONE E LA ‘LEGGE’ DEL KARMA

1) La sacra Scrittura insegna che Dio non è un’energia cosmica cioè un Dio impersonale ma un Essere
vivente che parla: “E Dio disse loro: Crescete e moltiplicate e riempite la terra, e rendetevela
soggetta…” (Gen. 1:28), vede: “E l’Eterno disse: Ho veduto, ho veduto l’afflizione del mio popolo
che è in Egitto…” (Es. 3:7), sente: “E Dio udì i loro gemiti…” (Es. 2:24), ricorda: “E Dio si
ricordò del suo patto con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe” (Es. 2:24), ha dei sentimenti che
manifesta: “Dacché io parlo contro di lui, è più vivo e continuo il ricordo che ho di esso; perciò
le mie viscere si commuovono per lui, ed io certo ne avrò pietà, dice l’Eterno” (Ger. 31:20), che fa
del bene o del male a secondo che deve premiare o punire: “Benedirò quelli che ti benediranno e
maledirò chi ti maledirà…” (Gen. 12:3), ecc.

2) La Scrittura insegna che l’uomo non è parte di Dio, cioè l’uomo non è un’emanazione di Dio (e
perciò non è divino), ma bensì una creatura di Dio (cfr. Gen. 2:7 e Sal. 139:13-15) che ha bisogno
di riconciliarsi con il suo Creatore perché gli è nemico nei suoi pensieri e nelle sue opere; e
questo egli lo può fare solo ora, in questa vita, perché è scritto: “Siate riconciliati con Dio …
Eccolo ora il tempo accettevole; eccolo ora il giorno della salvezza” (2 Cor. 5:20; 6:2). Quindi
l’uomo è un essere (distinto dal suo Creatore) che a motivo del peccato di cui è schiavo deve fare
pace con Dio mentre è ancora in tempo. Egli non potrà mai realizzare di essere uno con Dio e perciò
di essere Dio, perché egli non è mai stato Dio e non ha bisogno di realizzare una sua presunta
divinità da lui ignorata. In altre parole, l’uomo non è una scintilla divina (Atman) che ha bisogno
di ricongiungersi con il fuoco (Brahman) da cui è proceduta. L’uomo ha bisogno di riconciliarsi
(badate, non realizzare una ricongiunzione con Dio) con il solo vero Dio e questo lo può fare solo
su questa terra, solo in questa esistenza; e quando lo fa egli viene purificato da tutti i suoi
peccati e in virtù di questa purificazione è certo di andare a vivere con il Signore quando morirà.
Se non si riconcilia con il suo Creatore avverrà invece che quando morirà se ne andrà nel fuoco
dell’Ades perché morirà nei suoi peccati. Il ciclo delle rinascite (reincarnazioni) da cui “la
goccia uomo” deve uscire per immergersi nell’oceano Brahman è un qualcosa di inesistente, un inganno
perpetrato dal diavolo a danno di tante anime per menarle in perdizione; siamo persuasi infatti che
tutti i reincarnazionisti che sono morti pensando di dovere passare attraverso questa sorta di ciclo
di purificazione prima di ricongiungersi con Brahman sono nel fuoco dell’Ades a biasimare la
dottrina della reincarnazione e chi l’ha inventata.

3) La Scrittura insegna che la nostra anima non esisteva prima di essere in questo corpo perché è
stata creata da Dio assieme ad esso (non possiamo dire però con certezza quando essa, per opera di
Dio, è venuta all’esistenza nel seno di nostra madre). Perciò l’anima che possediamo nel nostro
corpo non può essere stata nel corpo di un altro individuo che ha vissuto prima di noi o nel corpo
di un animale. State dunque tranquilli, perché voi siete voi e solo voi; la vostra anima è la
vostra; voi non avete vissuto mai in qualcun altro prima di venire all’esistenza in questo mondo e
quindi non avete bisogno di mettervi a cercare chi eravate nelle vite passate.

4) La Scrittura insegna che l’anima di ogni individuo quando muore va o in paradiso o all’inferno a
secondo che è salvato o perduto. Ecco le prove scritturali. L’anima del ladro pentitosi sulla croce,
in quello stesso giorno, quando morì, andò nel paradiso come Gesù gli aveva detto poco prima: “Io ti
dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso” (Luca 23:43) e questo in virtù del fatto che il
Signore gli aveva perdonato tutti i suoi peccati. Egli non andò a reincarnarsi in nessuno, né subito
e né dopo un certo lasso di tempo. Le anime di quegli uomini uccisi a motivo della Parola di Dio,
Giovanni le vide in cielo presso l’altare. Ecco cosa dice Giovanni: “E quando ebbe aperto il quinto
suggello, io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati uccisi per la Parola di Dio e per
la testimonianza che avevano resa” (Ap. 6:9). Esse non andarono a reincarnarsi in nessuno né subito
e neppure dopo un certo tempo. L’apostolo Paolo sapeva e diceva che una volta morti l’anima dei
giusti va ad abitare in cielo con il Signore: egli infatti disse ai Corinzi: “Noi sappiamo infatti
che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, noi abbiamo da Dio un edificio,
una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli” (2 Cor. 5:1). Questa è la ragione per cui egli
diceva sempre ai Corinzi: “Abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d’abitare con il Signore”
(2 Cor. 5:8) ed ai Filippesi che egli aveva il desiderio di partire dal corpo e d’essere con Cristo
secondo che è scritto: “Io sono stretto dai due lati: ho il desiderio di partire e d’essere con
Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore…” (Fil. 1:23).

L’apostolo dunque non credeva nella immediata o in una posticipata reincarnazione dell’anima, ma
bensì in un immediato trasferimento dell’anima del giusto dal corpo umano al regno dei cieli. Gesù
ha detto che chi crede in lui anche se muore vivrà (in paradiso naturalmente) secondo che è scritto:
“Chi crede in me, anche se muoia, vivrà” (Giov. 11:25) e non che anche se egli muore rivivrà come se
lo aspettasse un’altra vita terrena o altre vite terrene subito o dopo qualche tempo. L’anima del
ricco della parabola, quando morì non andò a reincarnarsi in un povero, o in un maiale, o in una
cagna, per pagare l’ingiustizia operata nei confronti del povero che giaceva alla sua porta pieno di
ulcere, bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla sua tavola. Secondo la ‘legge’ del
karma quell’anima avrebbe dovuto andare a reincarnarsi nel corpo di uno che sarebbe stato povero e
pieno di ulcere o comunque in qualcuno che avrebbe dovuto soffrire quanto aveva sofferto il povero
alla sua porta, ma così non avvenne perché essa se ne andò nell’Ades dove era tormentata dal fuoco.
Dice infatti la Scrittura: “Morì anche il ricco, e fu seppellito. E nell’Ades, essendo nei
tormenti…” (Luca 16:22,23). Egli si era goduto la vita e quando morì cominciò il suo tormento;
Abramo gli disse: “Ricordati che tu ricevesti i tuoi beni in vita tua, e che Lazzaro similmente
ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato” (Luca 16:25).

Dopo la morte, dunque, siccome le anime dei giusti vanno in cielo (in Paradiso) e quelle dei
peccatori vanno nell’Ades, esse non possono in nessuna maniera e in nessun tempo entrare nel corpo
di qualcuno che deve nascere o che è appena nato. Fratelli, voi alla fine del vostro corso terreno
andrete ad abitare con il Signore in cielo, se pure perseverate nella fede, e là attenderete il
giorno della risurrezione nel quale ritornerete a vivere in un corpo e precisamente nel vostro corpo
che avrete lasciato sulla terra trasformato però in un corpo immortale, incorruttibile e glorioso, e
comparirete davanti al tribunale di Cristo per ricevere la vostra retribuzione. Quanto invece agli
empi, essi quando moriranno andranno nel soggiorno dei morti come dice la Scrittura (cfr. Giob.
21:13 e Sal. 9:17) e là attenderanno il giorno del giudizio nel quale saranno giudicati secondo le
loro opere e saranno condannati ad una eterna infamia. “È stabilito che gli uomini muoiano una volta
sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebr. 9:27), dice la Scrittura; questo verso esclude nella
maniera più categorica che dopo morti l’anima di chicchessia si vada a reincarnare nel corpo di un
altro individuo.

5) La Scrittura insegna che c’è un Dio che guida tutti i passi dell’uomo, sia dei giusti che degli
empi, senza che questi possano comprendere come egli faccia infatti è scritto: “I passi dell’uomo li
dirige l’Eterno; come può quindi l’uomo capire la propria via?” (Prov. 20:24) ed altrove: “Non è in
potere dell’uomo che cammina il dirigere i suoi passi” (Ger. 10:23). Inoltre essa afferma che tutti
dipendono dal tempo e dalle circostanze secondo che è scritto: “Tutti dipendono dal tempo e dalle
circostanze” (Ecc. 9:11) che Dio crea a suo piacimento. Quindi, per noi credenti il fatto di essere
nati in una famiglia ricca o in una povera, o pieni di salute o malati è dipeso in definitiva da Dio
e non da meriti o demeriti precedenti acquistati prima di venire in questo mondo. Anche il fatto che
ci troviamo ad abitare in un determinato luogo, di esserci sposati una determinata persona, di avere
un particolare lavoro, ed il passare determinate circostanze dipende da Dio il quale in una maniera
che noi non comprendiamo dirige la nostra vita sempre per farci alla fine del bene. Come lui ha
guidato i nostri passi quando eravamo perduti al fine di salvarci e quindi farci del bene, così
sappiamo che egli sta ancora guidando i nostri passi per farci alla fine del bene. “Tutte le cose
cooperano al bene di quelli che amano Iddio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento”
(Rom. 8:28), dice Paolo. Nulla di male quindi può accaderci senza che sia stato prestabilito
anch’esso da Dio per il nostro bene. D’altronde non si può pensare altrimenti perché Gesù ha detto
che non cade un solo passero a terra senza il volere del Padre nostro (cfr. Matt. 10:29) e che
persino i capelli del nostro capo sono tutti contati (cfr. Matt. 10:30). Perciò siamo disposti ad
accettare dalla mano di Dio non solo il bene ma anche il male e diciamo come Giobbe nelle nostre
afflizioni: “Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo d’accettare il male?”
(Giob. 2:10).

Per quanto riguarda gli empi occorre dire che anche loro sono nati o in una famiglia ricca o in una
povera, o pieni di salute o malati, o sono sposati con certe persone o abitano in un certo luogo
piuttosto che in un altro, ed hanno un certo tipo di occupazione, non per dei loro meriti o demeriti
acquisiti in vite precedenti ma per la volontà di Dio. Ma mentre una parte di essi saranno a suo
tempo salvati dal Signore perché sono nel numero di coloro che egli ha preconosciuti e predestinati
ad essere adottati come suoi figliuoli (cfr. Rom. 8:29,30), e quindi i loro passi Dio li guida
affinché in quel giorno possano pervenire alla conoscenza della verità che li affrancherà dal
peccato; un’altra parte facendo parte di quei vasi d’ira preparati per la perdizione saranno guidati
da Dio nella loro vita in maniera tale che non possano pervenire alla conoscenza della verità e se
ne vadano in perdizione (cfr. Rom. 9:21-24). Dio fa grazia a chi vuole e indura chi vuole; la
salvezza dell’individuo dipende dal proponimento della sua elezione e non dalla volontà di colui che
annunzia l’evangelo o di chi l’ascolta (cfr. Rom. 9:10-18).

6) La Scrittura afferma che l’uomo viene retribuito già sulla terra in base al suo operato secondo
che è scritto: “Ecco, il giusto riceve la sua retribuzione sulla terra, quanto più l’empio e il
peccatore” (Prov. 11:31); ed ancora: “Ditelo che il giusto avrà del bene, perch’ei mangerà il frutto
delle opere sue! Guai all’empio! male gl’incoglierà, perché gli sarà reso quel che le sue mani han
fatto” (Is. 3:10,11) ma questo operato è quello attuale e solo quello attuale, ossia non è che il
giusto ottiene la retribuzione di sue opere buone compiute in vite precedenti, e neanche che l’empio
riceve la retribuzione di malvagie opere compiute in vite precedenti. Ognuno quindi miete quello che
ha seminato in questa vita, e solo in questa vita (in attesa del giudizio che per i giusti
implicherà il premio che essi si terranno per l’eternità, mentre per gli empi il castigo eterno).
Questa legge spirituale l’ha stabilita Dio e nessuno sfugge ad essa o può cambiarla. Come nella
natura se uno semina un seme di grano al suo tempo raccoglierà grano, e se uno semina spine e
triboli raccoglierà a suo tempo spine e triboli, in virtù della legge naturale stabilita da Dio al
principio della creazione; così il giusto che semina giustizia miete pace, gioia, e riceve giustizia
da Dio; mentre l’empio che semina iniquità raccoglie guai e dolori di ogni genere perché infrange i
comandamenti di Dio.

7) La Scrittura dice: “l’Eterno è l’Iddio delle retribuzioni, non manca di rendere ciò che è dovuto”
(Ger. 51:56). In altre parole Dio retribuisce il male che viene fatto, punendo coloro che lo
compiono come essi meritano. Abbiamo nella Scrittura diversi esempi che ci mostrano questo. Faraone
fu colpito da Dio con grandi piaghe perché si era preso la moglie del patriarca Abramo (cfr. Gen.
12:14-17), la casa di Abimelec fu colpita da Dio con la sterilità perché Abimelec si era presa la
moglie di Abrahamo (cfr. Gen. 20:1-18), Nebucadnetsar fu colpito da Dio a motivo della sua arroganza
(cfr. Dan. 4:1-37), il re Jehoram fu colpito da Dio a motivo della sua malvagità (cfr. 2 Cron.
21:18,19), ecc. Naturalmente a questa punizione non scampano neppure i credenti quando si
abbandonano a fare ciò che è male agli occhi di Dio. Paolo infatti dice ai santi di Colosse che “chi
fa torto riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto; e non ci sono riguardi personali” (Col.
3:25), e Pietro che “è giunto il tempo in cui il giudicio ha da cominciare dalla casa di Dio” (1
Piet. 4:17). Gli esempi di Anania e Saffira (cfr. Atti 5:1-10), e di quei credenti di Corinto
colpiti con la malattia e con la morte sono una dimostrazione di come Dio giudica anche quelli di
dentro quando fanno ciò che è male (cfr. 1 Cor. 11:28-32). In questo caso quindi il male che si
abbatte sull’incredulo e quello che si abbatte sul credente è un giudizio di Dio.

8) La Scrittura insegna che il fatto che uno soffra molto sulla terra non significa che egli sia
stato ingiusto o empio in vite precedenti. L’esempio di Gesù spiega questo concetto molto bene; egli
pure essendo giusto, immacolato, irreprensibile soffrì molte sofferenze. Per quale motivo? Forse
perché il suo karma era cattivo, ossia perché nelle sue vite precedenti egli aveva accumulato tante
cattive azioni che poi ha dovuto pagare? Affatto, lui quale Figliuolo di Dio coeterno con Dio Padre,
era presso Dio prima della fondazione del mondo (quindi prima di incarnarsi; ma si badi bene che
Gesù non era la “reincarnazione” di nessuno vissuto prima di lui come alcuni malvagi insinuano) in
uno stato di purezza incontaminata infatti Pietro lo chiama l’agnello “senza difetto né macchia, ben
preordinato prima della fondazione del mondo…” (1 Piet. 1:19,20). Gesù soffrì tutte quelle
sofferenze, di cui la Scrittura parla, per tutti noi, per i nostri peccati al fine di purificarci da
tutte le nostre iniquità col suo prezioso sangue. E noi suoi discepoli adesso siamo chiamati a
soffrire come ha sofferto Gesù; Gesù disse infatti che se hanno perseguitato lui perseguiteranno
anche noi, e questo perché gli uomini non conoscono il Padre suo (cfr. Giov. 15:20,21); le nostre
sofferenze quindi non sono il risultato inevitabile di un nostro presunto karma ma sono
l’adempimento delle parole di Gesù Cristo. “Molte sono le afflizioni del giusto” (Sal. 34:19), dice
la Scrittura, e questo perché egli non è più di questo mondo come non lo è Gesù Cristo, e il mondo
odia ciò che non gli appartiene secondo che disse Gesù: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel
che è suo; ma perché non siete del mondo, ma io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il
mondo” (Giov. 15:19). Quindi, i cristiani di tutte le epoche hanno sofferto non a motivo del loro
karma, ma a motivo del fatto che essi non fanno parte di questo mondo e siccome il principe di
questo mondo è il nemico, il maligno, il quale tiene sotto di sè la maggior parte delle persone,
egli istiga coloro che sono sotto la sua potestà contro i cristiani.

9) La Scrittura insegna che esiste un essere malvagio chiamato diavolo e Satana il quale mediante i
dominatori di questo mondo di tenebre ed altri suoi ministri invisibili spinge le persone ad agire
iniquamente secondo che è scritto: “Chi commette il peccato è dal diavolo, perché il diavolo pecca
dal principio” (1 Giov. 3:8) e difatti Caino uccise il suo fratello perché era dal diavolo. Ed il
peccato retribuisce chi lo serve con la morte, e lo rende nemico di Dio. E quindi il male che l’uomo
compie non trova nessuna giustificazione neppure nella reincarnazione, perché l’individuo lo compie
perché è dominato da un essere malvagio invisibile più forte di lui. E’ dunque completamente errato
dire o pensare che uno è omosessuale perché in una vita precedente si faceva beffe degli
omosessuali, o che uno commette adulterio con una donna sposata perché in una sua vita precedente
quella era sua moglie ed altre cose di questo genere. Il malvagio è dal diavolo, e per il male che
compie si deve ravvedere, altrimenti ciò che lo aspetta è il fuoco. Inoltre il diavolo infligge pure
malattie di ogni genere agli uomini; Satana colpì Giobbe che era giusto con un ulcera maligna (cfr.
Giob. 2:7); sempre Satana aveva tenuto legato (per ben diciotto anni) quella donna tutta curva
guarita da Gesù (cfr. Luca 13:10-17). E sempre Satana, per mezzo di uno spirito sordo e muto, aveva
colpito quel giovane poi liberato da Gesù (cfr. Mar. 9:20-22). Quindi in alcuni casi il male che
ricevono taluni (sia giusti che empi) è un’opera del diavolo, che Dio permette per degli scopi ben
precisi, tra cui quello di trarre gloria per il suo santo nome.

da evangelici.altervista.org/butreincar.html

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