La Fisica moderna

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La Fisica moderna

di Fritjof Capra

Nei primi tre decenni del nostro secolo, l’intera fisica fino ad allora conosciuta, fu rivoluzionata
da due nuove teorie, quella della relatività e quella della fisica atomica. Le nozioni di spazio e
tempo assoluti, e delle particelle solide elementari non erano più accettabili. L’ideale
strettamente causale dei fenomeni e una descrizione oggettiva della natura (indipendente da chi
osserva il fenomeno) tipiche della concezione newtoniana, dovevano essere modificati.
Agli inizi della fisica moderna si erge la straordinaria l’impresa intellettuale di un solo uomo:
Albert Einstein. Con due articoli, pubblicati entrambi nel 1905, Einstein avviò due linee di
pensiero rivoluzionarie: la prima era la sua teoria della relatività speciale, l’altra era un nuovo
modo di concepire la radiazione elettromagnetica che in seguito avrebbe caratterizzato la meccanica
quantistica, la teoria dei fenomeni atomici. Nella sua forma completa, la meccanica quantistica
venne elaborata vent’anni dopo, con il contributo di un intero gruppo di fisici; invece, la teoria
della relatività fu costruita quasi completamente dal solo Einstein. Gli scritti scientifici di
Einstein si innalzano all’inizio del Novecento come imponenti monumenti intellettuali, piramidi
della civiltà moderna.

Einstein era profondamente convinto dell’armonia della natura e lo scopo che si propose fu quello di
trovare una fondazione unificata della fisica. Egli cominciò a muoversi in questa direzione
costruendo una struttura teorica comune per l’elettrodinamica e per la meccanica, le due teorie
distinte della fisica classica.
Questa struttura, nota come teoria della relatività speciale, unificava e completava la fisica
classica, ma nello stesso tempo comportava drastici cambiamenti nei concetti tradizionali di spazio
e tempo e minava alla base uno dei pilastri della concezione newtoniana del mondo.
Secondo ]a teoria della relatività, lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è un’entità
separata. Essi sono strettamente connessi e formano un continuo quadridimensionale, lo
“spazio-tempo”. Perciò, nella teoria della relatività non si può mai parlare dello spazio senza
parlare del tempo e viceversa. Inoltre non esiste un flusso universale del tempo come nel modello
newtoniano. Osservatori differenti, che si muovano con differenti velocità relative rispetto agli
eventi osservati, ordineranno questi ultimi secondo una diversa successione temporale. In tal caso,
due eventi che un osservatore vede come simultanei possono avvenire in una diversa successione
temporale per altri osservatori. Tutte le misure in cui entrano lo spazio e il tempo perdono quindi
il loro significato assoluto. Nella teoria della relatività vengono abbandonali sia il concetto
newtoniano di spazio assoluto inteso come scenario immutabile dei fenomeni fisici, sia il concetto
di tempo assoluto.
La massa non è altro che una forma di energia. Anche un oggetto in quiete possiede energia
immagazzinata della sua massa e la relazione è data dalla formula E=mc2, dove c è la velocità della
luce. La velocità della luce, è di fondamentale importanza per la teoria della relatività. Ogni
volta che abbiamo a che fare con fenomeni fisici che comportano velocità prossime a quella della
luce, la nostra descrizione deve tenere conto della teoria della relatività. Ciò vale in particolare
per i fenomeni elettromagnetici, dei quali appunto la luce è un esempio e che condussero Einstein
alla formulazione della sua teoria.
Nel 1915, Einstein propose la sua teoria della relatività generale, nella quale lo schema della
relatività speciale è ampliato sino a tener conto della gravità, cioè dell’attrazione reciproca tra
tutti i corpi dotati di massa. Mentre la teoria della relatività speciale è stata confermata da
innumerevoli esperimenti, la teoria della relatività generale non è stata ancora confermata in modo
definitivo. Tuttavia, essa è fino ad oggi la teoria della gravità più accettata, più coerente e più
elegante e viene ampiamente usata in astrofisica e in cosmologia per la descrizione dell’universo su
larga scala.
La forza di gravità, secondo la teoria di Einstein, ha l’effetto di “curvare” lo spazio e il tempo.
Ciò significa che l’ordinaria geometria euclidea non è più valida in questo spazio curvo, proprio
come la geometria bidimensionale di un piano non può essere applicata alla superficie di una sfera.
La teoria di Einstein ci dice che lo spazio tridimensionale è curvo e che la curvatura è causata dal
campo dei corpi dotati di massa. Ovunque sia presente una massa, ad esempio una stella o un pianeta,
lo spazio circostante è curvo e il grado di curvatura dipende dalla massa dell’oggetto. E poichè
nella teoria della relatività lo spazio non può mai essere separato dal tempo, anche il tempo è
influenzato dalla presenza della materia e scorre quindi con ritmi differenti in diversi punti
dell’universo. Tutte le misure di spazio e tempo diventano pertanto relative.

La concezione meccanicistica del mondo della fisica classica era basata sulla nozione di corpi
solidi che si muovono nello spazio vuoto. Questa nozione è ancora valida nella regione che è stata
chiamata “la zona delle medie dimensioni”, vale a dire nel campo della nostra esperienza quotidiana,
dove la fisica classica continua a essere una teoria utile. Quando andiamo oltre le dimensioni
medie, non ha più senso parlare di spazio vuoto, ad esempio in astrofisica e cosmologia, le scienze
dell’universo su larga scala; mentre il concetto di corpo solido è stato spazzato via dalla fisica
atomica, la scienza dell’infinitamente piccolo.
All’inizio del secolo, furono scoperti i raggi X, una radiazione emessa dagli atomi, che pertanto
dovevano avere una struttura interna.
Altre radiazioni furono scoperte successivamente emesse dagli atomi delle cosiddette sostanze
radioattive. Il fenomeno della radioattività diede una prova definitiva della natura composta degli
atomi, mostrando che gli atomi delle sostanze radioattive non solo emettono vari tipi di radiazione,
ma si trasformano anche in atomi di sostanze completamente differenti.

Ernesto Rutherford si rese conto che le cosiddette particelle alfa emesse dalle sostanze radioattive
erano proiettili ad alta velocità e di dimensioni subatomiche, utilizzabili per esplorare l’interno
dell’atomo. Quando bombardò alcuni atomi, essi si dimostrarono molto differenti dalle particelle
dure ipotizzate nell’antichità, erano costituiti da una vasta regione di spazio dove particelle
estremamente piccole (gli elettroni), si muovevano attorno al nucleo, legati a esso da forze
elettriche.
Negli anni Venti un gruppo di scienziati internazionali comprendente il danese Niel Bohr, il
francese Louis De Broglie, gli austriaci Erwin Schrodinger e Wolfang Pauli, il tedesco Werner
Heisenberg e l’inglese Paul Dirac indagarono approfonditamente l’interno dell’atomo entrando sempre
più nello spirito della nuova teoria quantistica. Scoprirono l’esistenza di particelle molto piccole
che si muovevano nella vaste regioni dello spazio all’interno dell’atomo. La meccanica quantistica
chiariva che queste particelle non erano affatto simili agli oggetti solidi della fisica classica.
Le unità subatomiche della materia sono entità astratte che presentano un carattere duale. Possono
essere considerate sia particelle che onde. Questa natura duale è caratteristica anche della luce,
che può assumere l’aspetto di onde elettromagnetiche o di particelle.

La formulazione della teoria de quanti ebbe inizio quando Max Planck scoprì che l’energia della
radiazione termica non è emessa in maniera continua ma si presenta sotto forma di pacchetti di
energia. Einstein chiamò quanti questi pacchetti di energia e postulò che la luce e tutte le altre
forme di radiazione elettromagnetica possono presentarsi non solo come onde elettromagnetiche ma
anche sotto forma di quanti. I quanti di luce, che dettero il nome alla meccanica quantistica, sono
stati in seguito accettati come particelle vere e proprie e ora vengono chiamati fotoni. Ma si
tratta di particelle di tipo speciale, prive di massa e sempre in moto alla velocità della luce. A
livello subatomico la materia non si trova con certezza in luoghi ben precisi, ma mostra piuttosto
una “tendenza a trovarsi” in un determinato luogo, e gli eventi atomici non avvengono con certezza
in determinati istanti e in determinati modi, ma mostrano una “tendenza ad avvenire”. Nel formalismo
della meccanica quantistica, queste tendenze sono espresse come probabilità e sono associate a
quantità matematiche che prendono la forma di onde; ecco perché le particelle possono essere allo
stesso tempo onde. Esse non sono onde tridimensionali “reali”, come le onde sonore o le onde
nell’acqua, ma sono “onde di probabilità”, quantità matematiche astratte che hanno tutte le
proprietà caratteristiche delle onde e sono legate alle probabilità di trovare le particelle in
particolari punti dello spazio e in particolari istanti di tempo. Tutte le leggi della fisica
atomica sono espresse in funzione di queste probabilità. Non possiamo mai prendere con certezza un
evento atomico; possiamo solo dire quanto è probabile che esso avvenga.

La meccanica quantistica rivela una fondamentale unità dell’universo: mostra che non possiamo
scomporre il mondo in unità minime dotate di esistenza indipendente. La natura ci rivela una
complessa rete di relazioni tra le varie parti del tutto. Queste relazioni includono sempre
l’osservatore come elemento essenziale.

L’aspetto solido della materia è una conseguenza di un tipico “effetto quantistico” collegato al
comportamento duale onda-particella della materia. Ogni volta che una particella è confinata in un
piccolo spazio, essa reagisce agitandosi dentro, e tanto più piccola è la regione in cui è
confinata, tanto più velocemente la particella si muove. Nell’atomo allora sono presenti due forze
antagoniste, da una parte gli elettroni sono legati al nucleo da forze elettriche che cercano di
trattenerli il più vicino possibile, dall’altra essi reagiscono ruotando vorticosamente, e quanto
più strettamente sono legati al nucleo, tanto più alta sarà la loro velocità (fino a 900 Km/sec) .
Queste alte velocità fanno sì che l’atomo appaia come una sfera rigida. Nell’atomo gli elettroni si
dispongono su orbite in modo che vi sia equilibrio tra la forza attrattiva del nucleo e la loro
riluttanza ad essere confinati. Più che a particelle in rotazione attorno al nucleo dobbiamo pensare
a onde di probabilità disposte su orbite differenti.

L’elettrone di un atomo di idrogeno, ad esempio, può trovarsi soltanto in certe orbite chiamate
prima, seconda, terza, ecc. In condizioni normali essi si trova sempre nella prima orbita e questo è
lo stato “fondamentale” dell’atomo. Da questa orbita l’elettrone, se riceve la quantità di energia
sufficiente, può saltare in un’orbita più alta e in tal caso si dice che l’atomo è in uno stato
“eccitato”; da questo stato ritorna a quello fondamentale mentre l’elettrone restituisce l’energia
eccedente sotto forma di un quanto di radiazione elettromagnetica, o fotone.

Con la scoperta del neutrone di massa quasi uguale al protone, ci si è resi conto che esisteva
un’altra forza capace di tenere saldamente legati neutrone e protone, che non era di natura
elettromagnetica visto che il neutrone è elettricamente neutro. Questa forza si manifestava
unicamente nel nucleo di un atomo. Avendo la stessa natura quantistica degli elettroni, i nucleoni
(protoni e neutroni), ed essendo compresi in un volume molto più piccolo, reagiscono muovendosi con
velocità molto più elevate, fino a 60.000 km/sec.
Si capisce pertanto che una teoria completa dei fenomeni nucleari deve sia tenere conto della teoria
quantistica, sia della teoria relativistica. Finora questa teoria non è stata ancora trovata e
questo rimane la grande sfida della ricerca nella fisica moderna.

(Tratto da “Il Tao della fisica” di Fritjof Capra – Adelphi 1975)

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