LA FISIOLOGIA DEL DESIDERIO
Di Marco Ferrini
“In verità si dice anche che l’uomo è fatto di desiderio: ma quale è il desiderio, tale è la
volontà, quale è la volontà, tale è l’azione, quale è l’azione, tale è il risultato che
consegue(1)”.
Nel terzo capitolo della Bhagavad-gita Krishna analizza psicologicamente la fisiologia del
desiderio. Ad una domanda cruciale di Arjuna: “O discendente di Vrishni, cosa spinge l’uomo a
commettere errori anche quando non lo desidera, come se vi fosse costretto?”, Krishna risponde: “E’
lussuria soltanto, o Arjuna. Essa nasce dal contatto con l’influenza materiale della passione poi,
trasformandosi in collera, diventa il nemico devastatore del mondo e la sorgente di ogni
peccato(2)”. Il desiderio frustrato produce collera, la quale scarica una serie di negatività sugli
organi che governano il corpo e produce sofferenza, distruzione della memoria, del sapere e di
conseguenza anche dell’equilibrio. Come ben sappiamo, vi sono persone che hanno pagato due soli
minuti di collera con venti anni di galera o con la rovina totale sul piano fisico ed economico,
oltre che su quello delle relazioni sociali. Quindi la collera va evitata, ma per poter far ciò
occorre gestire il desiderio con molta attenzione.
Nella Katha-upanishad come nella Bhagavad-gita vengono descritti la materia inerte (prakriti), i
sensi (indriya), la mente (manas) ed infine l’intelligenza (buddhi). Nel terzo capitolo della
Bhagavad-gita(3), Krishna spiega come la persona che è situata nel sé riesca a dominare e quindi a
governare ed armonizzare gli impulsi sensoriali senza reprimerli. Non serve a nulla rimuovere,
dimenticare, nascondere tra le pieghe della mente, perché questa lancerà comunque i suoi strali di
protesta, disturbando tutte le funzioni dell’individuo, nel sonno e nella veglia. Il Supremo ha un
altro piano: gestire l’energia inferiore elevando la coscienza e acuendo la consapevolezza. La
trasmigrazione dell’essere da un corpo ad un altro è un fenomeno che avviene proprio in forza dei
desideri coltivati e delle azioni compiute. Esiste una sostanziale causalità tra desiderio ed
azione: il primo è infatti il seme della seconda. Il piano fisico è l’ultimo sul quale si manifesta
la realtà; l’azione ha la sua origine nel desiderio, poi passa alla fase verbale per esplicitarsi
infine sul piano degli elementi fisici. E’ dunque essenziale comprendere bene la genesi e le
dinamiche dell’agire per non ritrovarsi inermi di fronte a fatti compiuti, incapaci di gestire il
proprio presente e di progettare il proprio futuro.
(1) Brihadaranyaka-upanishad IV.4.5. Traduzione ripresa da Upanishad Vediche, a cura di Carlo della
Casa. Torino, UTET, 1976. P. 77.
(2) Bhagavad-gita III.36-37. La traduzione è di chi scrive.
(3) Cfr. Bhagavad-gita III.37-43.
Tratto da “Vita, Morte e Immortalità”.
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