La meditazione – Consigli ai principianti

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La meditazione – Consigli ai principianti

di Bokar Rimpoche

P r e l i m i n a r i

Bokar Rimpoche é nato in Tibet nell’anno del Drago di Ferro e cioè nel 1940.
Nato in una famiglia di pastori nomadi, aveva quattro anni quando le
indicazioni date da Sua Santità Karmapa XVI lo fecero riconoscere come
Tulku, reincarnazione del precedente Bokar Rimpoche. Educato in primo tempo
presso il monastero fondato dalla sua precedente incarnazione, proseguì i
suoi studi a Tsurpu, sede dei Karmapa. Egli , molto giovane, prese in carico
la comunità di Bokar, sita nel Tibet superiore e cioè occidentale, non
lontano dal monte Kailash. L’invasione cinese lo indusse a scegliere
l’esilio, come molti altri, all’età di vent’anni. In India, egli incontrò
Kalou Rimpoche(1)[1] , di cui divenne il principale discepolo, chiamato a
succedergli a capo del lignaggio Shangpa-Kagyu, uno degli otto grandi
lignaggi originari attraverso cui il Buddismo passò dall’India al Tibet.
Bokar Rimpoche assolse due volte il tradizionale ritiro di tre anni e tre
mesi a Sonada, il monastero indiano di Kalou Rimpoche, non lontano da
Darjeeling, celebre per le sue colline coltivate a thé.

Le sue rimarchevoli qualità, hanno fatto sì che in seguito venisse scelto da
Kalou Rimpoche per dirigere i centri di ritiro di Sonada, e da Sua Santità
Karmapa XVI per dirigere quello di Rumtèk, nuova sede dei Karmapa nel
Sikkim, territorio indiano tra il Nepal e il Bhutan. Da allora, egli stesso
ha fondato recentemente a Mirik, nella medesima regione, un centro di ritiro
più specificatamente destinato alla pratica di Kalachakra (2). Queste
cariche lo hanno reso, attualmente, il principale maestro di meditazione
della scuola Kagyupa.

Il presente testo riporta una serie di insegnamenti impartiti da Bokar
Rimpoche nel Settembre 1985, in Provenza, nel corso del suo secondo viaggio
in Europa:

– Il capitolo Introduzione generale alla meditazione é un insegnamento
impartito nel Centro tibetano di Marsiglia.
– La sezione Sfumature complementari riprende gli elementi di un
insegnamento sullo stesso soggetto, impartito ad Aix-en-Provence.
– Infine, le istruzioni su Shiné e Lhaktong sono state esposte in due serate
a Aix-en-Provence. Abbiamo mantenuto la forma diretta con cui sono state
pronunciate, indicando i momenti di meditazione in comune.

Esistono, in tibetano, numerosi manuali di meditazione, di cui uno, il
Mahamudra che dissipa le tenebre dell’ignoranza, del IX Karmapa, é stato
tradotto in francese. Il presente opuscolo, fondamentalmente non insegna
niente altro che quanto viene esposto in modo dettagliato in suddetti
manuali. Nel contempo, offre il vantaggio di una presentazione quasi scevra
da tecnicismo e resa facilmente accessibile da innumerevoli esempi presi
nella nostra vita quotidiana. Il lettore, tuttavia, non deve cadere in
equivoci: sotto questa apparenza semplice, quelle che qui vengono esposte,
sono delle istruzioni molto profonde. E’ probabile che una lettura rapida e
superficiale non lasci alcuna traccia nella mente. Perché se ne possa trarre
qualche beneficio, occorre assorbire i contenuti e mettere in pratica gli
esercizi sotto la guida indispensabile di un istruttore, come viene
sottolineato dallo stesso Bokar Rimpoche.

Questa pubblicazione é stata incoraggiata da Bokar Rimpoche e la traduzione
é stata integralmente verificata in base al tibetano registrato nel corso
dei sopraccitati insegnamenti.
Tcheuky
Sèngué

LA MEDITAZIONE

– Consigli ai principianti –

INTRODUZIONE GENERALE ALLA MEDITAZIONE

PERCHÉ’ MEDITARE?

Gli uomini sono afflitti dalle sofferenze, da angoscia e da innumerevoli
paure che non sono in grado di evitare. La meditazione ha la funzione di
eliminare queste sofferenze e questa angoscia. Noi pensiamo comunemente che
felicità e sofferenze derivino da circostanze esterne. Continuamente
indaffarati, in un modo o nell’altro, a riorganizzare il mondo, noi tentiamo
di evitare un po’ di sofferenza di qua, di racimolare un po’ di felicità di
là, senza mai raggiungere il risultato auspicato. Il punto di vista
buddista, che é pure il punto di vista della meditazione, considera al
contrario che felicità e sofferenza non dipendono fondamentalmente da
circostanze esterne, bensì dalla mente stessa .

Un’attitudine di spirito positiva, genera la felicità, un’attitudine
negativa, la sofferenza. Come comprendere questo equivoco che ci induce a
cercare all’esterno ciò che noi non possiamo trovare che all’interno? Una
persona dal viso pulito e limpido, guardandosi allo specchio, vede un viso
pulito e limpido. Colui il cui viso é sporco e macchiato di fango, vede
nello specchio un viso sporco e macchiato. Il riflesso, non ha, in verità,
esistenza; solo il viso esiste. Dimenticando il viso, noi prendiamo come
reale il suo riflesso. La natura positiva o negativa della nostra mente si
riflette sulle apparenze esterne che ci rinviano la nostra propria immagine.
La manifestazione esteriore, é una risposta allo stato del nostro mondo
interiore.

La felicità che noi desideriamo, non ci deriverà dalla ristrutturazione del
mondo che ci attornia, ma dalla riforma del nostro mondo interiore.
L’indesiderabile sofferenza, non se ne andrà che nella misura in cui
eviteremo di offuscare il nostro spirito con ogni tipo di negatività. Fin
tanto che non saremo consapevoli che la felicità e la sofferenza hanno la
loro origine nella nostra stessa mente, finché non sappiamo distinguere ciò
che, per il nostro spirito é salutare o nocivo e che lo lasciamo nel suo
ordinario stato di insalubrità, rimaniamo impotenti a stabilire uno stato di
benessere autentico, impossibilitati a evitare i continui ritorni della
sofferenza. Qualsiasi sia la nostra speranza, viene sempre delusa.

Se, scoprendo nello specchio la sporcizia del nostro viso noi ci accingiamo
a lavare lo specchio, per quanto sfreghiamo per anni con energia, sapone e
acqua in abbondanza, dal riflesso non spariranno minimamente né la sporcizia
né le macchie. A meno che orientiamo i nostri sforzi verso l’oggetto giusto,
essi rimangono perfettamente vani. E’ per questo motivo che il buddismo e la
meditazione considerano come aspetto prioritario il fatto di comprendere che
felicità e sofferenze non dipendono sostanzialmente dal mondo esterno quanto
dalla nostra propria mente. In assenza di questa comprensione, non ci
volgeremo mai verso l’interno e continueremo ad investire le nostre energie
e le nostre speranze in una vana ricerca esteriore. Una volta acquisita
questa comprensione, possiamo lavare il nostro viso: il riflesso stesso,
apparirà limpido nello specchio.

LE CONDIZIONI AUSILIARIE

La meditazione concerne la mente. Per meditare, occorre tuttavia riunire un
certo numero di condizioni ausiliarie senza le quali la nostra impresa non
potrebbe essere fruttuosa.

In primo luogo, dopo aver compreso che felicità e sofferenza dipendono
essenzialmente dalla nostra mente, occorre essere pervasi da una viva
aspirazione a meditare e a provare gioia di fronte a questa prospettiva.

In secondo luogo, é indispensabile essere guidati da un istruttore che ci
insegna come meditare. Se noi ci proponiamo di recarci in un dato posto di
un paese che non conosciamo senza l’aiuto di qualcuno che abbia familiarità
con il luogo, ci sarà impossibile raggiungere la nostra destinazione.
Lasciati alla ventura, non potremo che sviarci o perderci in percorsi
tortuosi.

Senza un maestro che guidi la nostra meditazione, noi non possiamo, nello
stesso modo, che perderci per vie traverse.

In terzo luogo, il luogo dove noi meditiamo riveste una certa importanza, in
modo particolare per i principianti. Le circostanze in cui viviamo,
esercitano attualmente su di noi un’influenza molto costrittiva e portano
con sé un abbondante flusso di pensieri che paralizzano i nostri tentativi
di meditazione. E’ dunque necessario ritirarsi in un luogo almeno un minimo
appartato dalle attività mondane. Un animale selvatico che vive nei boschi
d’alta montagna, non sopporta affatto l’agitazione della città. Il nostro
spirito di meditazione non può svilupparsi nelle condizioni in cui
predominano le distrazioni e le sollecitazioni esteriori permanenti.

COME MEDITARE

Scelto un luogo isolato, dobbiamo svincolare il nostro corpo da ogni
attività, liberare il nostro spirito da pensieri concernenti il passato e
l’avvenire, liberare la nostra parola da ogni conversazione profana. Il
nostro corpo, la nostra parola e la nostra mente, vengono lasciati in riposo
nello stato di agio naturale.

La postura del corpo é importante. Il nostro corpo é percorso da una rete di
canali sottili (nadi) in cui circolano i soffi sottili (prana). La
produzione dei pensieri é legata alla circolazione di questi soffi.
L’agitazione del corpo genera l’agitazione dei canali e dei soffi che, a
loro volta, favoriscono le turbolenze mentali.
Anche l’attività orale, la formazione dei suoni, dipende dall’attività dei
soffi. Il parlare troppo, li altera provocando un aumento della produzione
di pensieri. Mantenere il silenzio, favorisce la meditazione.

Mantenere la calma della parola e del corpo predispone dunque alla calma
interiore evitando il generarsi di un flusso di pensieri troppo abbondante.
Proprio come un cavaliere che mantiene bene la posizione si trova seduto a
proprio agio, nel momento in cui il corpo e la parola sono sotto controllo,
la mente é predisposta al riposo.

Talvolta, si hanno concezioni errate su cosa sia la meditazione. Per alcuni,
meditare consiste nel passare in rassegna e analizzare gli avvenimenti della
loro vita quotidiana verificatisi nel corso dei giorni, dei mesi e degli
anni trascorsi. Per altri, meditare consiste nel prospettarsi l’avvenire,
riflettere sulla condotta da tenere, formulare dei progetti a più o meno
lungo termine. Questi due approcci, sono evidentemente erronei. La
produzione di pensieri concernenti il passato o l’avvenire, é, di per sé, in
contraddizione con la stabilizzazione della mente nella calma, anche quando
il corpo e la parola restassero inattivi. Nella misura in cui l’esercizio
non conduce alla pace interiore, non si caratterizza come meditazione.

Altri ancora, pensando di meditare, non vanno alla ricerca né del passato né
del futuro, ma si installano in uno stato vago e indefinito, vicino a quel
tipo di ebetudine generata da una grande fatica. La mente dimora in una
indeterminatezza oscura, stato che può sembrare positivo nella misura in cui
procura sin dal primo momento una sensazione di piacevole riposo; ma manca
totalmente di lucidità e non tarda a scivolare nel sonno, a meno che non
sbocchi in un torrente di pensieri incontrollati.

La vera meditazione, evita questi scogli: la mente non preoccupata del
passato, non proiettata sull’avvenire, stabilizzata in un presente lucido,
chiaro e calmo. La notte non permette che una percezione molto offuscata del
mare, mentre il giorno lascia vedere con precisione tutti i dettagli: i
colori, le onde, la schiuma, lgli scogli e il fondale. La nostra mente é
simile al mare. Colui che medita deve essere pienamente consapevole della
situazione interiore, percepita in modo tanto chiaro come le onde in pieno
giorno. Egli, allora, lascia la sua mente distesa e le onde si calmano
naturalmente. E’ la calma interiore, tecnicamente denominata pacificazione
mentale (in tibetano, shiné).

Vengono utilizzati numerosissimi metodi per sviluppare shiné. Un
principiante può, per esempio, visualizzare una piccola sfera di luce bianca
a livello della fronte e concentrarsi al meglio delle sue capacità. Ci si
può pure concentrare sul va-e-vieni della respirazione o, ancora, senza
prendere un particolare oggetto di concentrazione, lasciare la mente priva
di distrazioni. Possiamo utilizzare questi tre metodi e, attraverso di essi,
imparare progressivamente a meditare.
E’ comunque importante abbordare una sessione di meditazione con la mente
molto ampia, molto aperta, senza fissarsi sulla speranza che sia buona o il
timore che non lo sia. La mente deve essere distesa, disponibile e vasta.
Sperare in una buona meditazione o temerne una non buona sono degli ostacoli
da cui occorre svincolarsi.

La meditazione ci dona talvolta delle esperienze di felicità e di pace.
Soddisfatti di noi stessi, ci rallegriamo per aver fatto una buona
meditazione. Talvolta, al contrario, la nostra mente rimane molto
perturbata, durante tutta la sessione, da numerosi pensieri e, con
tristezza, ci giudichiamo dei pessimi meditanti. Rallegrarsi di una buona
meditazione e attaccarsi a delle esperienze gradevoli, così come
rattristarsi per una cattiva meditazione, sono due attitudini sbagliate.
Meditazione buona o cattiva, l’importante é semplicemente il fatto di
meditare.

Alcune persone, fin dal loro esordio, ottengono rapidamente delle buone
esperienze; esse vi si attaccano, aspettano la loro ripetizione costante e,
quando questo non si verifica, abbandonano la meditazione. Nel corso di un
lungo viaggio, noi percorriamo tratti di cammino ora gradevoli e ora
spiacevoli. Se il fascino esercitato da un tratto gradevole ci inducesse a
fermarci per goderne di continuo, oppure le difficoltà di un tratto
spiacevole ci facessero rinunciare a proseguire, non raggiungeremmo mai la
nostra meta. Strada buona o non buona, occorre proseguire. Così pure, sul
cammino della meditazione, occorre perseverare senza preoccuparsi delle
difficoltà o attaccarsi ai momenti piacevoli.

E’ preferibile, per i principianti, limitarsi a delle brevi sessioni di
dieci o quindici minuti. Anche se la meditazione é buona, ci si ferma. In
seguito, se si dispone del tempo necessario, si fa una seconda breve
sessione dopo una pausa. E’ meglio procedere con una successione di sessioni
brevi, piuttosto che impegnarsi in una lunga sessione che, anche se buona
all’inizio, rischia di scivolare nella difficoltà e di sfinire il meditante.

I FRUTTI DELLA MEDITAZIONE

In un primo tempo, la nostra mente non potrà affatto restare stabile e a
riposo per tanto tempo. La perseveranza e la regolarità conducono a
sviluppare progressivamente la calma e la stabilità. Ci sentiamo pure più a
nostro agio sia fisicamente che interiormente. D’altra parte, l’influenza
delle circostanze esterne, felici o difficili, al momento molto forte su di
noi, viene a diminuire e ne siamo meno asserviti. L’approfondimento della
nostra esperienza della vera natura della mente, ha come effetto che il
mondo esteriore perde la sua influenza su di noi e diventa impossibilitato a
nuocerci.

Il frutto ultimo della meditazione, é il conseguimento del Perfetto
Risveglio, lo Stato di Buddha. Si é allora totalmente liberati dal ciclo
delle esistenze condizionate così come dalle sofferenze che ne formano il
tessuto e, nel medesimo tempo in cui abbiamo il potere di aiutare
effettivamente gli altri.
Il cammino della meditazione comporta due fasi: la prima detta shiné (la
pacificazione mentale), che placa gradualmente la nostra agitazione
interiore; la seconda detta lhaktong (la visione superiore), che porta a
sradicare la visione egocentrica, fondamento del ciclo delle esistenze. La
via interiore, ed essa sola, porta al Risveglio; nessuna sostanza nè nessuna
invenzione esterna ne hanno il potere.

CONCLUSIONE

Intraprendere la via della meditazione implica il fatto che se ne conosca la
finalità, i mezzi utilizzati e i risultati ottenuti:

– Riconoscere che la fonte di qualsiasi sofferenza e gioia é la mente stessa
e che, di conseguenza, solo un lavoro sulla mente può eliminare la prima e
rendere stabile la seconda in modo autentico e definitivo.

– Conoscere le condizioni ausiliarie necessarie: il desiderio di meditare,
un istruttore qualificato, un luogo appartato.

– Saper porre la propria mente in meditazione: senza seguire i pensieri del
passato e del futuro, stabilendo nel presente la propria mente aperta,
rilassatoa, lucida, e fissarla sull’oggetto di concentrazione prescelto.

– Sapere quali sono i frutti temporanei e ultimi della meditazione: la
serenità, la libertà di fronte alle circostanze e, infine, lo Stato di
Buddha.

[1](1) La vita di Kalou Rimpoche é stata pubblicata in due fascicoli, testo
e album, dalle edizioni Prajna, Saint-Hugon 73110 Arvillard

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