La Meditazione di Ghesce Tenzin Gompo

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La Meditazione di Ghesce Tenzin Gompo

LA MEDITAZIONE (1)

(tratto da:” Ghesce Tenzin Gompo, Corso di meditazione,
tenutosi presso il Centro DO-IN, in Merate (Lecco) il 12 e 13 marzo 1983″)

La ragione principale per accostarci ad una tecnica di meditazione è quella
per cui con la meditazione è possibile acquisire il controllo della mente e
di conseguenza la pace mentale. Tutti noi siamo alla ricerca della gioia e
nel contempo desideriamo evitare la sofferenza. Con l’acquisizione della
pace mentale arriveremo ad un approccio della vita che soddisferà molto di
più queste nostre esigenze.

Non soltanto gli esseri umani ma tutte le creature, insetti compresi,
cercano in tutti i modi di evitare la sofferenza. L’uomo è l’unica creatura
che, tramite la ragione, può acquisire delle tecniche ed affrontare, con
piena consapevolezza, la ricerca di un controllo mentale. Per poter avere
una vita senza sofferenze dobbiamo tagliare alle radici le cause che ci
provocano le medesime, con l’uso intelligente del nostro intelletto noi
siamo in grado di discriminare tra ciò che è bene e ciò che è male e evitare
tutte le azioni, che essendo non virtuose, creano delle cause i cui effetti
ci verranno poi incontro come sofferenze.

La felicità non viene da sola, possiamo aspettarla per anni ma essa non
arriverà se non quando inizieremo seriamente a seguire un certo modo di
agire. Il giusto modo di agire ci è stato presentato dai grandi Maestri ed
è la base di tutte le religioni.

Gli insegnamenti dati dal Budda e dal Cristo, qualora messi in pratica nella
vita quotidiana, sono in grado di tagliare le radici alla sofferenza, essi
non sono sempre facili ed è necessario avere il controllo mentale per
evitare che la nostra parte istintiva ci accechi con le sue istanze
egoistiche.

Gli insegnamenti dei Maestri sono come un seme. Noi non possiamo assaporare
un frutto se prima non procuriamo di seminare ed accudire alla pianticella
in crescita, finché essa non ci ripagherà del nostro lavoro. Così gli
insegnamenti, se vissuti giorno dopo giorno, non mancheranno, nel tempo
dovuto, di produrre quelle trasformazioni mentali che ci porteranno ad un
agire diverso e questo, di conseguenza, ad evitare le azioni non virtuose, i
cui effetti sono la sofferenza. La trasformazione della nostra mente non
dovrebbe essere fatta al solo scopo di migliorare questa vita ma anche in
considerazione che il giovamento si farà sentire anche nelle prossime
esistenze.

Tra chi segue gli insegnamenti e chi non li segue vi è una notevole
differenza. La prima persona è calma e gentile e sa affrontare le
contrarietà della vita con un approccio calmo e fiducioso mentre la seconda
è irascibile e tempestiva, le sue soluzioni, qualora riescono a sistemare un
problema, ne fanno sorgere, con tutta probabilità, uno di riflesso.

Per meglio chiarire questo ultimo concetto possiamo pensare a chi dopo una
vendetta è soddisfatto di aver fatto del male a colui che lui crede suo
nemico ma non sa che il male che lui ha fatto è scritto sul suo conto di
dare e avere e prima o dopo gli ritornerà addosso come sofferenza o
malattia.

In una discussione, la persona che ha acquisito il controllo mentale, riesce
ad essere obbiettiva ed a valutare anche i propri torti, che di solito non
mancano mai. Questo atteggiamento porta questa persona ad osservare il suo
avversario con comprensione e misericordia, egli ha pazienza e può cercare
di capire le motivazioni dell’altra persona evitando così di agire in modo
tale da creare delle cause i cui effetti si presenteranno più avanti come
sofferenze.

Le religioni, pur essendo diverse nella presentazione della stessa essenza,
sono tutte dirette a fornire dei consigli di vita per mettere in condizione
di saper distinguere tra il vero bene ed il vero male. Senza tale guida il
nostro discernimento ci porta a considerare come vero bene quello che ci
porta beneficio ed un vero male quello che ci porta una sofferenza. Come si
può vedere la mancanza di una guida, che ci illumini nella discriminazione,
farà in modo che la nostra scelta sia dettata dagli istinti animali, sempre
pronti a farsi avanti, o dall’egoismo, sempre presente in quanto risultato
dall’istinto di autosopravvivenza.

L’insegnamento più importante della religione è quello di essere gentili,
comprensivi e misericordiosi con tutte le creature, uomini o piante ed
animali, insetti compresi. Questo modo di agire non è facile e bisogna
acquisirlo con uno sforzo costante, giorno dopo giorno, anno dopo anno.

Vi sono persone che leggono molti libri e ascoltano molte conferenze allo
scopo di trovare la pace mentale e di eliminare la sofferenza. Purtroppo per
loro tutto quello che fanno non porterà a loro nessun giovamento a meno che
non si sforzino di mettere in pratica ciò che hanno imparato a livello
intellettuale. Se consideriamo la legge di causa ed effetto possiamo
comprendere che tutte le sofferenze che ci vengono incontro altro non sono
che “effetti di azioni non virtuose” da noi compiute, in un passato recente
o remoto che sia. Se non cambiamo la nostra condotta saranno le nostre
azioni di oggi a condannarci nel futuro.

Vi sono persone che imputano tutti i loro mali ad azioni cattive da loro
compiute in qualche vita passata ed assumono un atteggiamento passivo
pensando che comunque non è in loro potere il mutare delle circostanze ormai
passate. Questo atteggiamento è assai pericoloso e denota una sfiducia nella
misericordia divina.

Non si deve mai dimenticare che noi possiamo essere infedeli verso Dio ma
Egli non lo sarà mai nei nostri confronti. Nel cosmo esiste la legge
dell’equilibrio ed il bene che noi compiamo può benissimo esaurire
l’eventuale male compiuto in passato. Il bene ed il male non hanno etichette
per cui il male di uno schiaffo dovrà necessariamente essere scontato con
uno schiaffo. Tutto il male produce sofferenza e pertanto tutte le azioni
che portano gioia sono un antidoto per quelle che hanno portato dolore.

La tecnica della meditazione è rivolta a portare la mente sotto il nostro
controllo; da questo controllo nascerà poi la capacità di pensare solo quei
pensieri che sono positivi e costruttivi. Quando nella nostra mente non vi
sarà più spazio per i pensieri negativi e distruttivi avremo raggiunto la
pace mentale.

La tecnica di meditazione che verrà esposta comporta alcuni suggerimenti
riguardo alla posizione da assumere durante la meditazione stessa. La
meditazione va fatta, preferibilmente, stando seduti. Le posizioni Yoga del
loto o del mezzo loto (gambe incrociate) sono suggerite però ciò che conta
non è tanto la posizione fisica quanto la costanza dell’esecuzione ed il
proponimento di imparare a meditare non soltanto per finalità egoistica, ma
perché ciò che abbiamo acquisito possa esserci di aiuto per aiutare altri
fratelli che ne avessero la necessità.

Una cosa importante è la posizione della spina dorsale che dovrebbe essere
tenuta eretta il più possibile. Questa posizione, infatti, permette che
l’aria ed il prana possano circolare liberamente nei vari centri energetici
del corpo.

Le mani vanno poste sul grembo in modo che la sinistra abbracci la destra,
le dita delle mani, pollici esclusi, dovrebbero sovrapporsi mentre i pollici
vanno uniti con le punte formando un cerchio con le mani sovrapposte. Va qui
notato come la mano sinistra è simbolo di saggezza mentre la destra lo è per
il metodo e l’azione, ne consegue che il metodo e l’azione dovrebbero essere
sempre circondati dalla saggezza.

La testa si deve tenere leggermente inclinata sul davanti per evitare che il
sangue vi arrivi facilmente e possa creare dei problemi in quanto l’attività
cerebrale è molto ridotta.

Le spalle vanno tenute aperte, questo è un simbolo di apertura per ciò che
stiamo imparando e per tutti i suggerimenti che la nostra guida interiore ci
vorrà proporre.

La bocca va tenuta chiusa con la lingua che appoggia sui denti superiori,
questo è suggerito perchè in tale posizione si evita che la bocca possa
diventare secca per mancanza di saliva.

Gli occhi meritano un’attenzione particolare. La loro posizione è altamente
soggettiva in quanto vi sono persone che con gli occhi chiusi cedono alla
sonnolenza mentre altre, con gli occhi aperti, sono distratte dalle immagini
che l’ambiente esterno propone loro. Viene suggerito di tenere gli occhi
semiaperti e di guardarsi la punta del naso. Questo dovrebbe evitare gli
inconvenienti citati.

Dopo aver spiegato le modalità della posizione è bene sottolineare, ancora
una volta, che la postura assume una grande importanza per coloro che
meditano, continuamente, per giorni e giorni. Per noi la cosa più importante
è di scegliere una posizione che non arrechi ulteriori disturbi alla mente
che, all’inizio delle esperienze di meditazione, recalcitra come un’animale
selvaggio. Ciò che ci proponiamo è di porre la mente sotto controllo,
evitiamo perciò di crearci ulteriori ostacoli nell’assumere una posizione a
noi non congeniale e che diventerà ulteriore fonte di disturbo mentale.

La meditazione vera e propria consiste nel portare (e mantenere) la nostra
attenzione alla radice del naso e nel contare i cicli della respirazione.
Ogni inspirazione/espirazione vale un ciclo, perciò conteremo uno dopo aver
inspirato/espirato una volta e così di seguito. La respirazione deve essere
normale, ciò che ci proponiamo è di seguirne consapevolmente lo svolgersi,
ciclo dopo ciclo, dobbiamo osservarla non alterarla.

Può essere utile, specialmente i primi tempi, di contare fino a 6 e poi
riprendere da uno. Questo porta una piccola variazione sul tema che
rappresenta un diversivo per la mente che ne è sempre assai desiderosa. Più
avanti si potrà aumentare il conteggio portandolo a 10 o 15 cicli. Il
traguardo da raggiungere nel tempo potrebbe essere di 25 cicli.

Vi sono quattro errori da evitare:

1) inspirazione lunga seguita da espirazione corta
2) respirazione forzata con l’emissione di suoni udibili anche da altre
persone
3) errori nel conteggio
4) disappunto per gli errori commessi, la mente va guidata con calma e
dolcezza, se ci ritroviamo a fare un conteggio sbagliato dobbiamo ripartire
da uno.

Va ricordato che nella meditazione non vi è soltanto la circolazione
dell’aria ma entrano in gioco pure delle sottili energie (prana) che partono
dall’ombelico e salgono attraverso la spina dorsale, fino alla testa. Queste
energie passano da alcuni centri energetici (chakras) e li stimolano
portando una rinnovata vitalità anche sul piano fisico.

Il tempo da dedicare alla meditazione deve essere scelto in modo da non
intralciare il nostro normale modo di vita, così pure la durata è lasciata
al discernimento di ognuno dei partecipanti. Viene comunque suggerito di
praticarla ogni giorno e possibilmente alla stessa ora. Non si dimentichi
che noi siamo creature dell’abitudine; l’abitudine di meditare è difficile
da conseguire ma una volta acquisita sarà mantenuta facilmente perchè sarà
entrata nel nostro normale ordine delle cose.

– Perché meditare? (1) –

Fondamentalmente tutti gli esseri cercano la felicità e nello stesso tempo
fanno di tutto per evitare la sofferenza. Se arriviamo a comprendere che le
nostre sof­ferenze SONO il risultato di azioni non virtuose da noi commesse
in un passato prossimo o remoto, ci risulterà ovvio che per evitare la
sofferenza vi è un solo modo: quello di non commettere azioni non virtuose.
Le religioni, generalmente, offrono una soluzione ai problemi della vita ed
i loro insegnamenti, quando fedelmente seguiti, sono il modo di evitare di
commettere azioni negative che nel tempo ci si ripresenterebbero quali
sofferenze.

La mente dovrebbe essere sempre allerta ed avere sotto il suo controllo il
corpo e gli istinti, i quali, proprio perché rivolti alla sopravvivenza del
corpo fisico, ci propongono delle soluzioni prevalentemente egoistiche.
Quando vediamo un oggetto (o lo immaginiamo) esso viene subito afferrato
dall’interesse o dal rifiuto, non vi è una pacata osservazione in cui la
mente osserva e basta. La mente viene posta al servizio delle passioni e da
ciò nasce il desiderio di ottenere o alla paura di perdere ciò che si
possiede.

Se la mente è stata educata adeguatamente, i sensi non potranno far nulla
per accaparrare la sua attenzione, essa osserverà qualsiasi oggetto e saprà
dargli il valore effettivo, non quello che gli viene attribuito dalla nostra
interiorità. Ogni volta che ci si presenta un oggetto, od una persona, e la
mente non è in grado di discernere il suo valore effettivo, interviene il
desiderio che ci porta a pensare che noi non possiamo vivere senza tale
oggetto. Questa è la causa di ciò che viene definito delusione.

Non è il corpo che ci priva della pace mentale bensì la mente che, non
essendo controllata, è influenzata dalle emozioni e dai sentimenti e ci
porta a degli errati comportamenti. Per una mente non educata la stessa
situazione può divenire oggetto di desiderio o di paura e ciò porterà delle
delusioni. Fondamentalmente l’umanità soffre a causa di tre veleni, essi
sono:

– attaccamento,
– ignoranza della legge di causa ed effetto,
– odio e rancori.

L’attaccamento è il peggiore di tutti e merita qualche delucidazione in
quanto è assai facile che il medesimo venga confuso con l’affetto o l’amore.
E’ facile infatti sentire qualcuno che dice di essere molto attaccato ad una
persona e che la ragione di un tale legame va ricercato nel grande amore
portato alla persona stessa. La prova del fuoco per determinare se ciò che
proviamo è vero amore o semplice attaccamento la possiamo avere analizzando
che cosa porta il legame in oggetto a noi ed all’altra persona. Il vero
amore porta gioia ad entrambi, se ciò non accade non si tratta di vero
amore. Il vero amore non va alla ricerca della sua soddisfazione e della sua
felicità bensì di quella della persona amata.

Disse Paramansa Yogananda: “Quando cesserai di voler riempire la tua coppa
di felicità ed inizierai a riempire quella degli altri, scoprirai, con
meraviglia, che la tua sarà sempre piena”.

L’attaccamento è la causa di tante sofferenze; forse la causa più
importante. Noi lottiamo per ottenere un oggetto (o una persona) e ciò è
causa di sofferenza. Poi, non appena lo abbiamo ottenuto, iniziamo a
preoccuparci per paura di perderlo.

Possiamo essere attaccati anche a delle situazioni o al nostro corpo,
entrambe queste cose sono causa di sofferenza. La paura di morire è causa di
molte sofferenze perché la mente pensa che senza il corpo essa sarà perduta.
Anche qui è in gioco l’attaccamento che però, in questo caso, è coadiuvato
dall’ignoranza della legge della vita. Tutte le brutture del mondo, guerre
comprese, possono portarci a verificare che la loro sorgente primaria va
ricercata nei tre veleni primari: attaccamento, odio e ignoranza.

L’ignoranza della legge di causa ed effetto è quanto di più pericoloso vi
possa essere. Il non conoscere che la nostra sofferenza è nata a causa di
nostre azioni non virtuose non ci permette di prendere la decisione di
cambiare i nostri atteggiamenti con la forza necessaria per farlo davvero.

Specialmente la parola ci è causa di molte sofferenze perché parlare è assai
facile e l’ignoranza della “Legge di causa ed effetto” non ci fa riflettere
e preoccupare per ciò che andiamo dicendo (Gia. 1:19-27, Gia. 3:1-12).

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Domande e risposte

Domanda: “Mi rendo conto che ho parlato male, posso rimediare?”.
Risposta: “Un’azione fatta è fatta, si può però mitigarne l’effetto negativo
con un sincero pentimento e chiedendo scusa a chi, eventualmente, abbiamo
fatto del male.”

Domanda: “Se mangio carne posso evitare il male che scaturisce dal fatto che
l’animale è stato ucciso?”

Risposta: “Se la carne ti è necessaria per dei motivi di salute non hai
colpa alcuna, in caso contrario la colpa esiste e puoi mitigarla cercando di
essere compassionevole verso l’animale che era in vita ed ora ne è privo
anche per causa tua. Un simile atteggiamento ti porterà facilmente al
distacco di un tale nutrimento. Va peraltro considerato che anche gli altri
cibi possono essere causa di azioni non virtuose quando sono mangiati con
avidità o con spirito egoistico. E’ certo in una posizione miglioro il
carnivoro che spartisce la sua bistecca con chi ha fame che non il
vegetariano che si fa un abbondante pasto di cereali, frutta e verdura, e
non si interessa del problema della denutrizione e della fame nel mondo”.

Domanda: “Io considero la mia testa sufficientemente sotto controllo, però
mi capita di fare delle azioni che non vorrei fare” (vedi Rom. 7:14-25).

Risposta: “Per tanto controllo che noi possiamo esercitare sulla nostra
mente cosciente vi è pur sempre qualche momento in cui la mente subconscia,
sede degli istinti, passioni e desideri, riesce a prendere il controllo ed a
farci agire in modo prettamente egoistico. Una tale situazione si può
risolvere con un esame obbiettivo delle nostre azioni negative per
scoprirne ­il movente che ne sta alla base (solitamente orgoglio o egoismo).
Una volta che abbiamo scoperto la causa dobbiamo lavorare per far crescere
in noi le virtù opposte ai difetti che vogliamo eliminare.”

Domanda: “Quando ho fatto la meditazione per un tempo necessario e la mia
mente è sotto controllo in un modo soddisfacente che cosa debbo far­e?”.

Risposta: “Questa tecnica non è una vera tecnica di meditazione ma una
pratica pre­paratoria. Quando la nostra mente è sotto controllo dobbiamo
usare la nostra volontà per applicare la nostra forza mentale contro i tre
veleni: attaccamento, odio ed ignoranza. Dobbiamo bloccarli sul nascere in
modo da non lasciar loro nessuno spazio. In questo modo si elimineranno dai
nostri pensieri (Mat. 12:29-30). Con il tempo potremo iniziare a meditare su
qualche qualità astratta, come l’amore o la bontà”.

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– Conclusione (1) –

Quando la mente è sotto controllo in modo soddisfacente è necessario
cambiare il suo ruolo. Se fino a quel momento essa è stata al servizio dei
tre ve­leni ora non deve più permettere che essi interferiscano con il corso
dei pensieri. Questa non è certamente una battaglia facile. Se vogliamo
uscirne vincitori dobbiamo togliere lo spazio ai tre veleni e coltivare le
virtù che sono antagoniste ai difetti che desideriamo eliminare ln noi
stessi.

E’ anche importante che prima di meditare ci si prepari spiritualmente in
modo da farlo a scopo non egoistico. Non si dovrebbe mai meditare perché si
vuole diventare più bravi o più riconosciuti. Il nostro movente deve essere
altruistico: dovremmo meditare per diventare migliori, per essere in grado
di far vivere meglio chi ci è vicino e di aiutare i nostri simili a
liberarsi dai tre veleni citati più sopra. Se non vi è il desiderio di
meditare a favore di tutti, noi compresi, non potremmo ottenere tutti i
benefici che una tale pratica può portare.

Dobbiamo essere gentili con tutti, amare tutti ed essere contenti di ciò che
abbiamo. Per vivere basta poco e le nostre sofferenze sono spesso causate
più dal superfluo che dal necessario. Il nostro comportamento deve essere di
esempio, in questo modo l’amore si estenderà da noi alla famiglia, da questa
alla società e da questa a tutto il genere umano .

– Imparate a dedicare le vostre azioni (1) –

Per concludere vi consiglio che ogni volta che avete accumulato dei meriti
facendo qualcosa di buono (ad esempio, venire a questo corso piuttosto che
spendere il vostro tempo in svaghi o divertimenti), dedichiate tali meriti
per evitare che vadano perduti. L’idea è di dedicarli a favore di tutti gli
esseri umani: questa grande umanità di cui pure noi siamo parte integrale.
Prendete perciò l’abitudine di dedicare le vostre azioni meritorie a favore
di tutti, come scopo primario, e come stimolo ad essere generosi, come scopo
secondario.

———————

LA PAROLA PARLATA

La più grande creatrice di malcomprensioni è la lingua dell’uomo. Non conta
ciò che diciamo ma come e quando, misura perciò le tue parole con il metro
della cortesia, del sentimento e della gratitudine. Il tatto e la
delicatezza non toglieranno mai l’Ego dal suo piedistallo. L’interesse, in
una conversazione, si basa sul far sentire importante il nostro
interlocutore e rimpiazzando il dire con il chiedere.

Meno cose diciamo e meno dovremo pentirci. La natura sapeva ciò che faceva
quando ci diede due orecchie ed una sola lingua. Una lingua incontrollata,
anche una sola parola sbagliata, può distruggere la felicità di una intera
vita. Per prevenire l’atteggiamento critico, sarcastico o ironico:
– Invita le critiche, dai i meritati riconoscimenti,

– riconosci subito i tuoi errori e non esitare mai a dire: “Mi dispiace”.

Trova un accordo il più presto possibile, ogni momento di ritardo non farà
che aggiungere legna al fuoco della discordia. Per concludere ecco una serie
di regole per fattiva conversazione:

– guarda in faccia il tuo interlocutore,
– sii un buon ascoltatore,
– non interrompere,
– sii comprensivo,
– modula il tono di voce,
– evita sgradevoli riferimenti al passato,
– dai consigli solo quando ti sono richiesti,
– applaudi ciò che gradisci ed ignora ciò che non ti piace,
– custodisci le tue parole e le tue parole custodiranno te.
S. L.
Katzoff

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