La meditazione: prima ed ultima libertà

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La meditazione: prima ed ultima libertà

tratto da: “La meditazione:prima ed ultima libertà”

di Rainesh Osho

1. Cos’è la meditazione?

Essere testimoni: lo spirito della meditazione

La meditazione è avventura, la più grande avventura che la mente umana
possa intraprendere. Meditazione è semplice
esistere, senza far nulla: senza azione, senza pensiero, senza
emozione. Sei semplicemente e vibri di pura letizia. Dove ha
origine questa letizia, visto che non stai facendo nulla? Non ha
un’origine, oppure si sprigiona da tutto. Non ha causa, in
quanto l’esistenza si compone di quella sostanza chiamata gioia. (1)

Quando non fai assolutamente nulla — di fisico, di mentale, o a
qualsiasi altro livello — quando ogni attività si è arrestata e
tu esisti semplicemente, sei e basta, quella è meditazione. Non la
puoi fare, non è una pratica: la devi solo comprendere.
Ogni volta che riesci a trovare il tempo per essere semplicemente,
abbandona ogni azione. Anche il pensiero è un’azione,
anche la concentrazione è un’azione e così pure la contemplazione.

Se anche per un solo istante non fai nulla, e ti trovi nel tuo centro,
assolutamente rilassato, sei in meditazione.
E quando hai capito il trucco, puoi restare in quella dimensione
quanto vuoi, e alla fine ci puoi vivere ventiquattro ore su
ventiquattro.

Quando ti sei reso conto di come il tuo essere può vivere
indisturbato, pian piano puoi iniziare ad agire, stando attento a non
turbare il tuo essere. Questa è la seconda parte della meditazione.
Come prima cosa si impara a essere semplicemente,
quindi si apprendono piccole azioni: pulire il pavimento, farsi la
doccia, restando nel proprio centro. Infine, si possono fare
cose più complesse.

Ad esempio, io vi parlo, ma la mia meditazione non ne è affatto
disturbata. Posso continuare a parlare, ma nel mio centro
più intimo non esiste turbamento alcuno: è semplice silenzio, puro silenzio.

Dunque, la meditazione non si contrappone all’agire. Non si tratta di
fuggire dalla vita. Si limita a insegnarti un nuovo stile
di vita: diventi il centro del ciclone.

-La tua vita continua, di fatto acquista intensità maggiore: è più
allegra, più limpida, più ampia, più creativa; tuttavia, tu resti
distaccato, un osservatore sulle colline, ti limiti a osservare ciò
che accade intorno a te.

Tu non sei colui che agisce, sei l’osservatore.

Questo è il segreto della meditazione: diventare colui che osserva.

L’agire prosegue nella dimensione che gli è propria, non pone
problemi: tagli la legna, prendi l’acqua al pozzo. Puoi fare
cose piccole e grandi; una sola cosa non è permessa: non devi perdere
il tuo centro.

Quella consapevolezza, quell’osservazione, devono restare
assolutamente prive di nubi, libere da qualsiasi perturbazione. (2)
Nell’ebraismo esiste una scuola dei misteri ribelle, chiamata
chassidismo. Il suo fondatore, Baal Shem, era un essere raro.
Nel cuore della notte andava al fiume: era la sua routine, perché di
notte al fiume vi era assoluto silenzio e quiete. E lui
sedeva semplicemente, senza far nulla, si limitava a osservare il
proprio sé, osservava colui che osserva.

Una notte, mentre tornava a casa, passò vicino alla casa di un ricco e
vide il guardiano sulla soglia. Questi era perplesso,
perché ogni notte, esattamente alla stessa ora, lo vedeva tornare a casa.

Quella notte uscì e chiese a Baal Shem: «Perdonami se ti importuno, ma
non riesco più a frenare la mia curiosità. Mi
perseguiti giorno e notte, continuamente. Di cosa ti occupi? Perché
vai al fiume? Molte volte ti ho seguito, e non è accaduto
nulla: sei rimasto seduto per ore e poi, nel cuore della notte, sei
tornato indietro».

Baal Shem rispose: «So che mi hai seguito molte volte, perché la notte
è così silenziosa che io posso sentire i tuoi passi. E
so che ogni giorno ti nascondi dietro quella soglia. Ma non sei il
solo a essere curioso, anch’io voglio sapere di te: cosa fai?»
L’uomo disse: «Il mio lavoro? Sono un semplice guardiano».

E Baal Shem replicò: «Mio Dio, mi hai dato la parola: io faccio il tuo
stesso lavoro!»

E il guardiano: «Ma non capisco. Se sei un guardiano, dovresti stare
di guardia a qualche casa, in un palazzo. Cosa guardi
là, seduto sulla sabbia?»

Baal Shem disse: «Esiste una piccola differenza: tu guardi che
qualcuno dall’esterno non entri in casa; io mi limito a
guardare colui che guarda. Chi è questo guardiano? Questo è lo sforzo
di tutta la mia vita: io guardo me stesso».
Il guardiano chiese: «Mi sembra un lavoro strano. Chi ti paga?»

E Baal Shem disse: «La beatitudine è così squisita, la gioia e la
benedizione sono così grandi, che bastano da sole come
ricompensa. Un solo istante fa impallidire al confronto tutti i tesori
della terra».

Il guardiano disse: «E strano, per tutta la mia vita ho fatto la
guardia. E non ho mai incontrato un’esperienza così bella.
Domani notte verrò con te. Insegnami. Perché io so guardare, sembra
soltanto che sia necessaria una direzione diversa: tu
guardi in una direzione differente».

Esiste un solo passo da compiere: cambiare direzione, dimensione. Si
può mettere a fuoco la sfera esteriore, oppure si
possono chiudere gli occhi al mondo esterno e lasciare che la nostra
intera consapevolezza sia centrata all’interno. E così
saprai, in quanto tu sei colui che conosce, tu sei consapevolezza. Non
l’hai mai perduta. La tua consapevolezza è
semplicemente coinvolta in mille cose. Distogli la tua consapevolezza
da tutto quanto e lascia semplicemente che riposi
dentro di te, e sarai arrivato a casa. (3)

L’essenza, lo spirito della meditazione è imparare a essere un testimone.

Il richiamo di un corvo… tu lo ascolti. Esistono due elementi:
l’oggetto e il soggetto. Ma non riesci a vedere un testimone
che li vede entrambi? Il corvo, colui che ascolta, e in più qualcun
altro che li osserva entrambi: è un fenomeno elementare.
Vedi un albero: ci sei tu, c’è l’albero, ma non riesci a vedere
un’altra cosa? Ci sei tu che stai osservando l’albero, e c’è un
testimone in te che osserva te che vedi l’albero. (4)

L’osservazione è meditazione. Non importa ciò che osservi. Puoi
guardare gli alberi, puoi guardare il fiume, puoi guardare
le nubi, puoi guardare i bambini che giocano. L’osservare è
meditazione. Ciò che osservi non ha importanza; l’oggetto non è
importante.
La qualità dell’osservazione, la qualità del tuo essere cosciente e
all’erta, questo è la meditazione.

Ricorda una cosa: meditazione significa consapevolezza. Qualsiasi cosa
tu faccia con consapevolezza, è meditazione.
L’azione non è importante, ciò che importa è la qualità che tu metti
nel tuo agire. Camminare può essere una meditazione, se
cammini con attenzione. Stare seduto può essere una meditazione, se
siedi con attenzione. Ascoltare il canto degli uccelli
può essere una meditazione, se lo ascolti con presenza attenta. Il
semplice ascolto del chiasso interiore della tua mente può
essere una meditazione, se resti un osservatore attento.

In sostanza, non devi agire nel sonno. Allora, qualsiasi cosa tu
faccia diventa meditazione. (5)

Il primo passo nella sfera della consapevolezza consiste nell’essere
estremamente attenti al proprio corpo. Pian piano, si
diventa attenti a ogni gesto, a ogni movimento. E in questo

processo di consapevolezza inizia ad accadere un miracolo: molte cose
che avevi l’abitudine di fare scompaiono
semplicemente; il tuo corpo diventa più rilassato, la sua armonia
migliora. Perfino nel tuo corpo si sviluppa una profonda
quiete, inizia a vibrare una musica sottile.

A quel punto inizia a essere consapevole dei tuoi pensieri; con i
pensieri si deve fare la stessa cosa. Sono più sottili del
corpo e ovviamente sono anche più pericolosi. E allorché diventi
cosciente dei tuoi pensieri, ti stupirà vedere ciò che accade
dentro di te. Se metti per iscritto ciò che accade in te, in un
qualsiasi istante, rimarrai esterrefatto. Non potrai credere che
tutto ciò stia avvenendo in te.

Dopo dieci minuti, rileggi: vedrai che in te vive una mente folle!
Poiché non ne siamo consapevoli, questa follia continua la
sua corsa subliminale, influenzando tutto ciò che fai e tutto ciò che
non fai: determina ogni cosa. E la tua vita è il risultato
finale di tutto ciò!
Quindi, questo pazzo deve essere trasformato. E il miracolo della
consapevolezza è questo: non devi fare nulla, tranne
diventare consapevole.
Il fenomeno stesso dell’osservazione cambia ogni cosa. Pian piano il
pazzo scompare, pian piano i pensieri entrano in uno
schema; il loro caos scompare, essi diventano un cosmo. A quel punto,
di nuovo sorge una quiete più profonda. E quando il
tuo corpo e la tua mente sono in pace, vedrai che sono anche in
sintonia tra loro, esiste un collegamento: ora non corrono
più in direzioni opposte, non cavalcano due diversi cavalli. Per la
prima volta sono in sintonia, e quella sintonia è di
immenso aiuto per lavorare nella terza fase: diventare consapevoli dei
propri sentimenti, delle proprie emozioni, dei propri
stati d’animo.

Quello è il livello più sottile, ed è il più difficile, ma se riesci a
essere consapevole dei pensieri, sarà solo un passo ulteriore:
un po’ più di intensità nella consapevolezza e rifletterai i tuoi
stati d’animo, le emozioni, i sentimenti.

Quando sei consapevole di tutte e tre le cose, queste si uniscono in
un unico fenomeno. E quando sono una sola entità,
quando funzionano insieme in maniera perfetta, sulla stessa lunghezza
d’onda, potrai sentire la loro musica: sono diventate
un’orchestra. E a quel punto avviene il quarto stadio, che tu non puoi
creare. Accade da solo: è un dono della totalità, è una
ricompensa per quanti hanno compiuto i primi tre passi.

E quel quarto stadio è la consapevolezza suprema che risveglia. Si
diventa consapevoli della propria consapevolezza: quello
è il quarto. E ciò rende un Buddha, il risvegliato.

E solo in quel risveglio si può sapere cosa sia la beatitudine. Il
corpo conosce il piacere, la mente conosce la felicità, il cuore
conosce la gioia, il quarto conosce la beatitudine.

La beatitudine è la meta del sannyas, dell’essere un ricercatore, e la
consapevolezza è il sentiero che vi conduce. (6)
¦ Ciò che importa è osservare con attenzione, non dimenticarsi di
osservare, di essere colui che osserva… che osserva… che
continua a osservare. E pian piano, l’osservatore diventerà più
solido, più stabile, meno titubante, a quel punto avverrà una
trasformazione: le cose che tu osservavi scompaiono.

Per la prima volta, l’osservatore stesso diventa ciò che era
osservato, il guardiano diventa la cosa guardata.

E tu sei arrivato a casa. (7)

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