La meditazione seduta secondo Mindfulness

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La meditazione seduta secondo Mindfulness

di M. Williams, J.Teasdale, J.K.Zinn

Meditazione seduta

Nutrire la sfera dell’essere

All’inizio del corso per la riduzione dello stress, ciascuno viene invitato
a dire che cosa l’ha motivato a parteciparvi e che cosa spera di ottenere
dal corso. La settimana scorsa, Linda ha detto di sentirsi sempre come se
avesse alle calcagna un grosso autotreno che la incalza. Molti di noi si
sono riconosciuti in quella efficace immagine, che ha suscitato sorrisi e
cenni di assenso in tutta la stanza. Io le ho chiesto che cosa fosse per
lei quell’autotreno Lei ha risposto che l’autotreno erano i suoi impulsi,
le sue voglie (Linda tende all’obesità), i suoi desideri; in una parola, la
sua mente. La mente era l’autotreno che la incalzava, che non le dava pace.

Abbiamo già visto che il nostro comportamento e i nostri sentimenti sono
guidati dal gioco di attrazioni e repulsioni della mente. Se ti osservi,
non trovi forse che la tua mente è costantemente occupata dalla ricerca di
soddisfazione, dal tentativo di fare andare le cose come vuoi tu, di
ottenere ciò che desideri e di allontanare ciò che temi?

Un effetto di questa costante preoccupazione della mente è che spesso
riempiamo le nostre giornate di cose da fare e poi corriamo per cercare di
farle tutte, senza particolarmente godercene nessuna, perché abbiamo troppa
fretta, siamo troppo occupati, troppo in ansia. Ci sentiamo schiacciati dai
nostri impegni, dalle nostre responsabilità, dai nostri ruoli, anche quando
quello che facciamo è per noi importante e lo facciamo di nostra iniziativa

Viviamo immersi nel mondo del fare. Raramente entriamo in contatto con
colui che agisce questo fare o, in altre parole, con la sfera dell’essere.

Ritrovare il contatto con la sfera dell’essere non è difficile: basta
ricordarsi di essere consapevoli. I momenti di consapevolezza sono momenti
di pace anche in mezzo a un’attività intensa.

Quando tutta la tua vita è orientata verso il fare, la pratica della
meditazione ti offre un rifugio di stabilità e saggezza in cui puoi trovare
equilibrio e prospettiva. È un modo per arrestare la corrente del fare e
prenderti tempo per ricordarti chi sei, in uno stato di rilassamento e
benessere. La meditazione può darti la forza e l’autoconoscenza necessarie
per ritornare al fare da uno spazio diverso, a partire dal tuo essere.
Allora un certo equilibrio, una certa pazienza, una pace interiore e una
chiarezza si riversano in tutto ciò che fai e la pressione del fare ti
sembra meno pesante o addirittura scompare del tutto.

La meditazione è non-fare. È la sola attività umana, che io sappia, che non
mira a ottenere un risultato, bensì sottolinea semplicemente l’essere ciò
che già sei. Normalmente siamo tanto occupati dal fare, dal cercare di
ottenere, dal pianificare, dal reagire che quando ci fermiamo ad ascoltare
semplicemente noi stessi dapprima la cosa ci sembra molto strana.

Abbiamo bisogno di un po’ di tempo per familiarizzarci con l’esperienza di
stare semplicemente in compagnia della nostra mente. È un po’ come
ritrovare un amico che non abbiamo visto da molti anni: all’inizio può
esserci un po’ di imbarazzo, non sappiamo più chi sia la persona che
abbiamo di fronte, non sappiamo come comportarci. Può volerci un certo
tempo per ritrovare il legame, per familiarizzarci di nuovo l’uno con
l’altro.

L’abitudine a fare costantemente è tanto forte che per ricordare il valore
dell’istante presente dobbiamo ricorrere a misure insolite e in un certo
senso drastiche. Per questo è importante dedicare un periodo di tempo
specifico ogni giorno alla pratica della meditazione. È un modo per fermare
il movimento del fare, per ricordarci di noi stessi e per nutrire la sfera
dell’essere.

Trovare nella tua giornata un intervallo di tempo specifico per essere
semplicemente, per non fare, può sembrarti dapprima un rituale forzato e
artificioso. Finché non entri nel vivo della pratica, ti può sembrare di
aggiungere un ulteriore impegno alla tua agenda già sovraccarica: -Adesso,
oltre a tutti gli impegni e a tutto lo stress che ho addosso, devo anche
trovare il tempo per meditare!- Da un certo punto di vista questo è vero e
non c’è modo di evitarlo.

Ma, una volta che ti rendi conto della vitale importanza di nutrire il tuo
essere, di calmare il tuo cuore e la tua mente, di trovare un equilibrio
interno per affrontare le tempeste della vita, l’impegno e la disciplina
necessari a praticare si sviluppano spontaneamente. Quando veramente ti
rendi conto che la meditazione nutre la parte più profonda di te, non hai
più difficoltà a farle spazio nella tua vita.

Posizione

Il nucleo della pratica della meditazione è la meditazione seduta. Stare
seduti, come respirare, è un’esperienza familiare a tutti, niente di
speciale. Quello che caratterizza la meditazione seduta, come caratterizza
la pratica dell’osservazione del respiro, è naturalmente la consapevolezza.

Per praticare la meditazione seduta, in primo luogo dobbiamo trovare un
tempo e uno spazio speciali da dedicarle, come suggerito nel capitolo ‘I
fondamenti della pratica’. Poi ci sediamo, assumendo una posizione insieme
sveglia e rilassata, che ci permetta di stare a nostro agio senza muoverci
per un certo tempo, e restiamo con calma e accettazione nel momento
presente, senza cercare di riempirlo con nulla. Conosci già questo
atteggiamento per averlo sperimentato nei vari esercizi di osservazione del
respiro.

È utile assumere una posizione eretta e fiera, con la testa, il collo e la
schiena allineati verticalmente. Questa posizione permette al respiro di
scorrere più liberamente ed è inoltre l’espressione esterna di un
atteggiamento di autonomia, accettazione e attenzione che vogliamo
coltivare all’interno.

Di solito ci sediamo su una sedia o sul pavimento. Se usi una sedia, . «
una sedia con lo schienale diritto e con il piano a un’altezza che ti perni
appoggiare le piante dei piedi per terra. Noi suggeriamo ai nostri pazienti
di tenere la schiena un po’ staccata dallo schienale, in modo che la
schiena si sorregga da sé. Ma se hai bisogno di appoggiarti
allo schienale anche questo va bene. Se preferisci stare seduta sul
pavimento, usa un cuscino spesso e non troppo morbido, che tenga le tue
natiche sollevate da terra di una decina di centimetri. Un guanciale
ripiegato in due serve benissimo allo scopo; oppure puoi comperare un
apposito cuscino da meditazione o zafu.

Ci sono diverse posizioni inginocchiate o n gambe incrociate per meditare
seduti sul pavimento. Quella che io uso più spesso è la cosiddetta
posizione birmana’, a gambe incrociate, con un tallone vicino
all’inguine e la seconda gamba ripiegata davanti alla prima. Le ginocchia
arrivano a toccar terra o meno a seconda di quanto sono flessibili le tue
giunture: la posizione è più comoda se le ginocchia toccano terra. Alcuni
preferiscono stare inginocchiati con un cuscino fra le gambe.

Meditare seduti o inginocchiati sul pavimento dà una piacevole sensazione
di contatto con la terra e di autonomia. Ma non è importante stare seduti
sul pavimento piuttosto che su una sedia o sedere a gambe incrociate
piuttosto che in un’altra posizione. Alcuni dei nostri pazienti lo
preferiscono, ma la maggior parte di essi usa una sedia con schienale
diritto. Alla fin fine, nella meditazione ciò che importa non è su cosa
stai seduta, ma la sincerità del tuo impegno. Che tu sieda su una sedia o
per terra, mantenere una posizione corretta è invece molto importante nella
pratica della meditazione. La posizione è un atteggiamento esterno che
aiuta a coltivare un atteggiamento interno di dignità, pazienza e
autoaccettazione. I punti principali da ricordare a proposito della
posizione sono: cerca di tenere la schiena, il collo e la testa allineati
lungo un asse verticale; rilassa le spalle; tieni le mani in una posizione
comoda. Di solito le appoggiamo sulle ginocchia o sulle cosce, come nella
Figura 2, oppure le teniamo in grembo, fon le palme rivolte verso l’alto,
le dita della mano sinistra sovrapposte a quelle della destra e le pi

Irrequietezza

Dopo aver assunto la posizione prescelta, portiamo l’attenzione al respiro.
Lo sentiamo entrare e lo sentiamo uscire. Restiamo presenti, momento per
momento, un respiro dopo l’altro. Sembra semplice e lo è. Prestiamo
completa attenzione all’inspirazione e completa attenzione all’espirazione,
lasciando che il respiro fluisca da sé e sentendo tutte le sensazioni
associate al respiro, dalle più fisiche alle più sottili.

È semplice, ma non è facile. Probabilmente puoi stare seduta davanti alla
televisione o in auto per ore senza nemmeno accorgertene. Ma appena provi a
stare seduta soltanto a osservare il tuo respiro, il tuo corpo e la tua
mente, senza nessuna distrazione e nessuna meta da raggiungere, la prima
cosa che noti è che una parte di te dopo un po’ si ribella.

Dopo un minuto, due, tre o quattro, il corpo o la mente comincia ad averne
abbastanza e a chiedere qualcos’altro: un cambiamento di posizione o
addirittura un’occupazione completamente diversa. Questo è inevitabile.

È proprio a questo punto che il lavoro di auto-osservazione diviene
particolarmente interessante e fruttuoso. Normalmente, non appena la mente
si agita, il corpo la segue. Se la mente è irrequieta, il corpo diventa
irrequieto. Se la mente dice: -Ho sete-, qualche istante dopo il corpo si
trova ad aprire lo sportello del* *frigorifero. Se la mente dice: «Mi sto
annoiando, prima ancora che tu te ne accorga il corpo è in piedi e sta
cercando qualcosa da fare per tenere la mente occupata. Dato che uno dei
tuoi massimi desideri è probabilmente quello di stare in pace e rilassarti,
forse all’inizio ti stupirai che la mente si annoi tanto in fretta stando
con se stessa e che il corpo diventi così facilmente irrequieto. Ti
chiederai che cosa ci sia dietro a questo impulso tanto potente a riempire
ogni momento con qualcosa, dietro al bisogno di occupazione o di
divertimento non appena hai un momento ‘vuoto’. Che cosa induce il corpo e
la mente ad aborrire la quiete? Nella pratica della meditazione non
cerchiamo di rispondere a queste domande. Ci limitiamo semplicemente a
osservare l’impulso ad alzarci o i pensieri che ci passano per la testa. E,
invece di alzarci e fare quello che la mente ha deciso per noi,
garbatamente ma con fermezza riportiamo l’attenzione alla pancia e
semplicemente continuiamo a osservare il respiro, momento per momento.
Possiamo anche chiederci per qualche istante come mai la mente sia fatta in
questo modo; ma fondamentalmente pratichiamo l’accettazione di ogni momento
così com’è, senza reagire al fatto che sia così piuttosto che altrimenti.
Perciò restiamo seduti e continuiamo a seguire il respiro che entra e che
esce.

Istruzioni base per la meditazione

Le istruzioni base per praticare la meditazione seduta sono semplicissime.
Osserviamo il respiro mentre entra ed esce. Concentriamo tutta la nostra
attenzione sulle sensazioni che accompagnano l’inspirazione e
l’espirazione, proprio come abbiamo fatto negli esercizi dei capitoli
precedenti. E, quando ci accorgiamo che la nostra attenzione si è spostata
altrove, dovunque essa sia andata, ci limitiamo a notarlo, a lasciare
andare il nuovo oggetto di attenzione e a riaccompagnare cortesemente
l’attenzione al respiro, al movimento del respiro nella nostra pancia.

Se hai provato a fare gli esercizi suggeriti nei capitoli precedenti,
probabilmente avrai notato che la mente tende a vagare parecchio. Forse ti
sarai riproposta fermamente, più volte, di mantenere l’attenzione
concentrata sul respiro. Ma dopo un po’, inevitabilmente, ti sei accorta
che la mente se n’era andata da un’altra parte, dimenticando completamente
il respiro.

Ogni volta che ti accorgi di questo, semplicemente riporta l’attenzione al
movimento del respiro nella pancia, qualsiasi sia l’oggetto che l’ha
distratta. Se la tua mente si allontana dal respiro cento volte, cento
volte, con calma, non appena ti accorgi della distrazione, la riporti
all’osservazione del respiro.

In questo modo alleni la mente a essere più stabile e meno reattiva. E
nello stesso tempo impari a dar valore a ogni istante, a prendere ogni
istante come viene, senza dar più valore a un istante che a un altro.
Riportando continuamente l’attenzione al respiro, ogni volta che se ne
allontana, coltivi la tua capacità naturale di concentrazione, proprio come
come si coltiva la forza muscolare con l’attività ripetitiva del
sollevamento pesi. Lavorando sistematicamente con le resistenze
della tua mente (non lottando contro di esse) sviluppi una forza
interiore. E contemporaneamente pratichi la pazienza e il non-giudizio.
Senza rimproverarti per il fatto che la tua attenzione si è allontanata dal
respiro, ti limiti, con semplicità e senso pratico, a ricondurla al
respiro, gentilmente ma con fermezza.

Sensazioni fisiche di disagio

Come noterai non appena cominci a praticare la meditazione seduta, ogni
minima cosa basta a distogliere la tua attenzione dal respiro. Una grossa
fonte di distrazione è l’irrequietezza fisica. Dopo un po’ che sei seduta
nella stessa posizione, il corpo comincia a sentirsi intorpidito. Di solito
rispondiamo automaticamente a questi messaggi del corpo cambiando
posizione, senza neppure rendercene conto. Durante la meditazione seduta, è
utile invece resistere ai primi impulsi che ci indurrebbero a muoverci e
dirigere l’attenzione sulle sensazioni di disagio, accogliendole senza
giudicarle.

Perché? Perché non appena si presentano alla consafievolezza, queste
sensazioni entrano a far parte della nostra esperienza, momento per
momento, e quindi diventano un utile oggetto di osservazione e di indagine
in se stesse. Ci permettono di notare l’automatismo delle nostre reazioni,
e di osservare che cosa succede quando la mente perde il filo della
consapevolezza del respiro ed entra in agitazione.

In questo modo il dolore alle ginocchia, l’indolenzimento alla schiena o la
tensione alle spalle, anziché trattarli come distrazioni indesiderabili e
cercare di farli scomparire, puoi includerli nel campo della tua
consapevolezza e semplicemente accettarli.

Questo approccio ti fornisce un nuovo modo di rapportarti al disagio
fisico: per quanto scomode, queste sensazioni corporee diventano per te
potenziali alleate e maestre nel percorso dell’autoconoscenza.

Anziché essere solo degli ostacoli che si frappongono fra te e il tuo scopo
di mantenere l’attenzione concentrata sul respiro, si trasformano in
altrettante occasioni per sviluppare la tua capacità di concentrazione, di
calma e di consapevolezza. Coltivare questa flessibilità, che dà il
benvenuto a qualsiasi cosa si presenti, anziché insistere su una sola
cosa, per esempio l’osservazione del respiro, è una delle caratteristiche
più preziose della via della consapevolezza. In pratica questo significa
che ci sforziamo di restare con le sensazioni di disagio fisico quando si
presentano durante la meditazione, non necessariamente fino al punto in cui
diventano dolorose, ma almeno fino a superare il punto in cui normalmente
reagiremmo cambiando posizione. Le accompagnamo con il respiro, le
accogliamo e cerchiamo di mantenere la continuità della consapevolezza
momento per momento in loro presenza. Poi, se dobbiamo cambiare la
posizione del corpo per ridurre l’indolenzimento, anche questo lo facciamo
con consapevolezza, prestando attenzione a ogni istante e a ogni fase del
movimento.

Tutto questo non vuol dire che nella meditazione non diamo importanza alle
sensazioni di disagio fisico e al dolore. Al contrario, come vedrai in
seguito, scopriamo che possiamo imparare molto da una più profonda
conoscenza del dolore fisico.

Ma il modo per conoscere più a fondo queste sensazioni è accoglierle quando
si presentano, anziché cercare di mandarle via perché non ci piacciono.
Restando presenti con le sensazioni di disagio e accettandole come parte
della nostra esperienza del momento, anche se non ci piacciono, scopriamo
che è possibile rilassarsi nel dolore fisico. È questo uno degli
insegnamenti che le sensazioni di disagio fisico, durante la meditazione,
ci offrono.

A volte, rilassarsi nelle sensazioni di disagio o di dolore riduce
l’intensità del dolore. Più pratichi, più impari a ridurre l’intensità del
dolore o, per lo meno, a renderti trasparente ad esso. E in ogni caso, che
il dolore diminuisca o meno, lavorare deliberatamente sulle tue reazioni al
disagio fisico ti aiuta a sviluppare calma ed equanimità, qualità che ti
saranno utili per affrontare molte altre sfide e situazioni stressanti
della vita.

I pensieri

Oltre alle sensazioni di disagio fisico, molti altri fattori contribuiscono
a distrarre la tua attenzione dal respiro durante la meditazione. La
distrazione principale è costituita dal pensiero stesso. Il solo fatto che
hai deciso di meditare non significa che la tua mente si metta tranquilla e
collabori!

Quando cominciamo a meditare ci accorgiamo di vivere immersi in una
corrente ininterrotta di pensieri, che si presentano indipendentemente
dalla nostra volontà, uno dopo l’altro, in rapida successione. Molti dei
nostri pazienti, quando tornano alla clinica dopo la prima settimana di
pratica a casa, provano grande sollievo scoprendo di non essere i soli i
cui pensieri, durante la meditazione, si precipitavano attraverso la loro
mente come una cascata, al di là di ogni possibile controllo. Si sentono
rassicurati scoprendo che anche gli altri hanno una mente che funziona
nello stesso modo. Di fatto, è semplicemente la natura della mente. Questa
scoperta è per molti una rivelazione. Mette in moto o prepara una
esperienza profonda, che alcuni ritengono l’insegnamento più prezioso del
corso, e cioè la constatazione di non essere i propri pensieri. Questa
disidentifìcazione dà loro la possibilità di rapportarsi (o di non
rapportarsi) ai propri pensieri in molti più modi che in precedenza.

All’inizio della pratica della meditazione seduta, l’attività dei pensieri
distrae continuamente l’attenzione dal compito primario che ti sei
prefissa, e cioè l’osservazione del respiro. Per dare continuità e impulso
alla meditazione dovrai continuare a ricordarti di ritornare al respiro,
quali che siano i pensieri che hanno assorbito la mente in quell’istante.

I pensieri che occupano la tua mente possono essere per te importanti o
meno, ma in ogni caso vivono una sorta di vita propria. Se sei sotto
stress, la mente
tenderà ad essere preoccupata dalla tua situazione, da che cosa dovresti
fare o avresti dovuto fare, da che cosa non dovresti fare o non avresti
dovuto fare. I pensieri, in questo tipo di situazione, hanno spesso una
grossa carica di ansia.

In momenti di minore stress, i pensieri che ti passano per la testa possono
essere meno carichi emotivamente, ma non per questo sono meno efficaci nel
distrarre la tua attenzione. Ti puoi trovare a pensare a un film che hai
visto o a ripetere dentro di te il ritornello di una canzone. Oppure ti
puoi trovare a pensare alla cena, ai figli, ai genitori, alle vacanze, alla
salute, ai conti da pagare o a qualsiasi altra cosa.

I pensieri si susseguono nella tua mente, per lo più al di sotto della
soglia della consapevolezza, fino al momento in cui improvvisamente ti
accorgi che non stai più osservando il respiro e non sai nemmeno da quanto
tempo, né attraverso quale catena di associazioni sei arrivata a pensare a
quello a cui stai pensando in questo momento.

A questo punto .semplicemente ti dici: -Va bene, ora torno a osservare il
respiro e lascio andare i pensieri che ho in questo momento, qualsiasi essi
siano». Controlli la tua posizione e raddrizzi la schiena, se trovi che ti
sei ingobbita, come spesso accade quando perdiamo la consapevolezza.

Nella meditazione trattiamo tutti i pensieri come dotati dello stesso
valore. Cerchiamo di essere consapevoli del loro emergere e riportiamo
l’attenzione al respiro, indipendentemente dal contenuto del pensiero e
dal fatto che esso ci sembri importante e illuminante o noioso e banale.
Osserviamo i pensieri semplicemente come eventi che si presentano nel campo
della nostra consapevolezza e ci rifiutiamo di lasciarci coinvolgere dal
loro contenuto, per quanto emotivamente carichi essi possano essere.
Notiamo il contenuto del pensiero e ne notiamo la carica emotiva, cioè la
forza con cui esso domina la mente in quel momento; poi, per quanto intensa
possa essere tale carica, deliberatamente lo lasciamo andare e riportiamo
l’attenzione al respiro e all’esperienza di essere presenti nel nostro
corpo, seduti in meditazione.

Lasciare andare i pensieri tuttavia non vuol dire reprimerli. È questo un
malinteso frequente: molti comprendono le istruzioni per la meditazione nel
senso che si tratti di reprimere i pensieri o le emozioni. In qualche modo
si convincono che pensare sia ‘male’ e che una buona’ meditazione sia
quella in cui il pensiero è assente o quasi.

Cercare di reprimere i pensieri genera solo una maggiore tensione e un
maggiore senso di frustrazione. Complica i problemi, anziché produrre pace
e chiarezza. Perciò vale la pena di sottolineare il fatto che nella
meditazione il pensiero non è male e neppure indesiderabile. Ciò che
importa è la consapevolezza dei tuoi pensieri e delle tue emozioni, e il
modo in cui rispondi loro.

La consapevolezza non ha nulla a che fare con il reprimere i pensieri o con
il cercare di tenerli a distanza per calmare la mente. Meditando, non
cerchiamo di fermare la cascata dei pensieri. Ci limitiamo a fare loro
spazio, a osservarli e a
lasciarli andare, servendoci del respiro come ancora per l’attenzione o
come base a cui ritornare. In questo modo troverai che meditare è ogni
volta un’esperienza diversa.

A volte ti senti relativamente calma, rilassata e indisturbata da pensieri
o emozioni Altre volte i pensieri e le emozioni sono così forti e
ricorrenti che puoi solo fare del tuo meglio per osservarli, e per restare
con il respiro il più possibile negli intervalli fra un pensiero e
l’altro. Per la meditazione non è importante quanto intensa è
l’attività dei
pensieri, ma piuttosto quanto riesci ad accoglierli nel campo della tua
consapevolezza, momento per momento.

Pensieri e realtà

È incredibile quanto sia liberatorio renderti conto che i tuoi pensieri
sono semplicemente pensieri e non sono ‘te’, né tantomeno la realtà. Per
esempio, se pensi di dover fare certe cose durante la giornata e non lo
riconosci semplicemente come un pensiero, crei con ciò una realtà che ti
può opprimere, costringendoti a fare tutte quelle cose.

Peter, che come abbiamo visto, ha avuto un attacco cardiaco ed è venuto al
corso per cercare di prevenirne un secondo, se ne è accorto una sera in cui
si è ritrovato a lavare la macchina davanti a casa alle dieci passate.
Improvvisamente si è reso conto che* non era necessario* farlo: era solo
l’ultimo atto di una giornata frenetica, passata a cercare di fare tutto
quello che riteneva di dover fare. E, accorgendosi che in questo modo stava
maltrattando se stesso, si è reso conto anche che ciò che gli aveva
impedito di accorgersene prima era la totale identificazione con il
pensiero delle cose da fare.

Anche a te sarà capitato di trovarti in situazioni del genere, e di
sentirti spesso tesa, ansiosa, ossessionata dalle cose da fare. Perciò, se
mentre stai meditando si presenta il pensiero di tutte le cose che hai da
fare oggi, è importante che tu lo riconosca come un pensiero, senza
lasciarti trascinare inconsapevolmente a interrompere la meditazione e a
gettarti in qualche attività. Se riesci a disidentifìcarti da questo
pensiero e a osservarlo con chiarezza, ti risulterà anche molto più facile
organizzare le tue priorità e vedere che cosa è realmente necessario fare.
Saprai quando è il momento di staccare e rimandare il resto al giorno dopo.

Il solo fatto di riconoscere i tuoi pensieri come tali, ti libera dalla
realtà distorta che possono creare e ti consente di gestire la tua vita,
con maggiore fluidità. Questa liberazione dalla tirannia della mente
pensante nasce spontaneamente dalla pratica della meditazione. Dedicando un
certo tempo ogni giorno al non fare e all’osservazione del respiro, della
mente e del corpo, coltiviamo simultaneamente calma, consapevolezza e
distacco. Mano a mano che la mente è meno identificata con il contenuto dei
pensieri, la sua capacità di concentrazione e di calma cresce. Ogni volta
che riconosciamo un pensiero come tale e ritorniamo all’osservazione del
respiro, rafforziamo la consapevolezza. E impariamo a conoscerci e ad
accettarci di più, non come vorremmo essere, ma proprio così come siamo.

Allargare il campo di osservazione

Nel corso per la riduzione dello stress, la meditazione seduta viene
introdotta nella seconda lezione. I partecipanti la praticano per dieci
minuti al giorno, come compito a casa’ durante la seconda settimana,
assieme all’esplorazione del corpo, che incontrerai nel prossimo capitolo.
Più avanti nel corso, aumentiamo gradualmente la durata della pratica fino
a quarantacinque minuti per volta e contemporaneamente allarghiamo la sfera
delle esperienze a cui facciamo attenzione.

Durante le prime settimane osserviamo semplicemente il respiro che entra e
che esce. Potremmo continuare all’infinito con questo tipo di pratica,
senza arrivare mai ad esaurirla. Si approfondisce sempre più. La mente
diventa sempre più rilassata e la consapevolezza sempre più salda.

Nella meditazione le tecniche più semplici, come l’osservazione del
respiro, sono tanto profonde e liberatorie quanto quelle più complesse, che
la gente erroneamente a volte ritiene più avanzate’. Osservare il respiro
non è in alcun modo meno ‘avanzato’ che fare attenzione ad altri aspetti
della propria esperienza interna ed esterna. Ciascuna di queste tecniche ha
una sua funzione nel coltivare la consapevolezza e la saggezza.

Fondamentalmente, sono la sincerità del tuo sforzo e la profondità della
tua attenzione che contano e non tanto la tecnica che usi o su cosa
concentri l’attenzione. Se la tua attenzione è totale, qualsiasi oggetto
diviene una porta per entrare nella consapevolezza di ogni istante.

Con il passare delle settimane allarghiamo gradualmente il campo
dell’attenzione nella meditazione seduta. Oltre al respiro includiamo le
sensazioni in varie parti del corpo, la sensazione del corpo nel suo
insieme, i suoni e infine il processo del pensiero stesso. A volte
concentriamo l’attenzione su una sola di queste cose; altre volte le
osserviamo tutte sequenzialmente nel corso di un’unica seduta, per finire
con l’osservazione di qualsiasi cosa si presenti, senza privilegiare nessun
oggetto di osservazione particolare.

Questo tipo di pratica viene detto, a volte, pratica della consapevolezza
senza scelta’. Essenzialmente consiste in un atteggiamento di ricettività a
tutto quello che emerge momento per momento. Per quanto semplice possa
sembrare, questa pratica richiede una capacità di attenzione molto forte,
che si coltiva più facilmente lavorando su un oggetto particolare di
osservazione, per esempio il respiro. Esso è un’ancora molto efficace per
la consapevolezza meditativa, per mesi o anche per anni.

Per questa ragione spesso è preferibile, negli stadi iniziali della
pratica, limitarsi
all’osservazione del respiro o a quella del corpo nel suo insieme. Per ora
ti suggerirei di praticare come descritto negli esercizi, alla fine di
questo capitolo. Più oltre, nel capitolo Come cominciare’, troverai un
programma completo di otto settimane, simile a quello seguito dai pazienti
della clinica per lo stress, per sviluppare ulteriormente la tua pratica di
meditazione.

Esperienze di integrità

Nel corso, durante le prime sessioni di meditazione seduta, di solito c’è
nella stanza parecchia irrequietezza, un frequente cambiare posizione e
aprire e chiudere gli occhi. Per alcuni stare semplicemente seduti senza
fare niente sembra del tutto impossibile. Dopo alcune settimane, mano a
mano che le persone si abituano al non fare e a rilassarsi nell’essere, il
silenzio e l’immobilità nella stanza diventano impressionanti, malgrado le
sedute durino ormai venti o tren-a minuti per volta.

3en presto molti di loro scoprono che meditare può essere un’esperienza
entusiasmante. A volte, meditando, non sentiamo di compiere alcuno sforzo:
ci rilassiamo solo nella quiete del puro e semplice essere, accettando ogni
momento così come si presenta.

In quei momenti ci sentiamo interi. E quei momenti sono accessibili a
tutti. Da dove vengono? Non vengono da nessuna parte: sono già da sempre
presenti in noi. Ogni volta che ti siedi in posizione eretta e rivolgi
l’attenzione al respiro, anche per breve tempo, puoi ritrovare l’esperienza
della tua integrità, l’equilibrio intrinseco della tua mente e del tuo
corpo, indipendentemente dallo stato particolare che mente e corpo si
trovano ad attraversare. Sederti in meditazione diviene allora rilassarti
nella pace del profondo del tuo essere, sotto le turbolenze superficiali
della mente.

E il segreto è semplicissimo: osservare e lasciare andare, osservare e
lasciare andare, osservare e lasciare andare.

Esercizio 1. Sedere con il respiro

1. Pratica la consapevolezza del respiro, sedendo in posizione comoda ma
eretta, per almeno dieci minuti per volta, almeno una volta al giorno.

2. Ogni qualvolta ti accorgi che la tua attenzione non è più con il
respiro, nota dove è andata. Poi lascia andare l’oggetto che l’ha catturata
e ritorna a osservare il respiro nella pancia.

3- Col tempo, estendi la durata delle sedute fino a che riesci a stare
seduta in meditazione per mezz’ora o più. Ma ricorda: quando sei
completamente nel presente il tempo scompare. Perciò la durata delle
meditazioni non è tanto importante quanto la tua presenza e la tua
disponibilità a fare attenzione, e a lasciare andare, momento per momento.

7. Nota quei pensieri che tendono a configurare un sé che si preoccupa
dell’andamento della tua vita.

8. Nota i pensieri che riguardano il passato e quelli che riguardano il
futuro.

9. Nota i pensieri che hanno una carica di avidità, desiderio o
attaccamento.

10. Nota i pensieri che hanno una carica di avversione, rifiuto, dispiacere
o odio.

11. Nota i tuoi sentimenti e le tue emozioni, osservali emergere e svanire.

12. Nota le associazioni fra le emozioni che emergono e il contenuto dei
tuoi pensieri.

13- Se ti perdi in tutte queste cose, ritorna semplicemente a osservare il
respiro.

Questo esercizio richiede una notevole concentrazione. Nei primi stadi
della pratica è consigliabile farlo solo per brevi periodi, per esempio
per due o tre minuti durante ciascuna seduta.

Esercizio 5 Sedere con la ‘consapevolezza senza scelta’

1. Siedi semplicemente. Non attaccarti a nulla, non cercare nulla. Sii
completamente aperta e ricettiva a qualsiasi cosa si presenti nel campo
della tua consapevolezza, lasciando che ogni cosa venga e vada, osservando,
nell’atteggiamento di testimone silenziosa.

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