La meditazione sul respiro
di Flavio Pelliconi
Che differenza c’è tra concentrarsi su un atto ripetitivo come il respiro e
un atto ripetitivo come un mantra?
Ci sono molte differenze.
La prima è che il respiro è un oggetto interno, mentre il mantra è esterno.
La seconda è che non abbiamo bisogno di imparare a respirare. Il respiro c’è
sempre, che ci stiamo attenti oppure no. E’ una funzione naturale del nostro
corpo che ci accompagna ininterrottamente dalla nascita alla morte.
In terzo luogo non è necessario alcun apparato dottrinario, dogmatico o
teologico. Non c’è bisogno di alcuna conversione né di alcuna spiegazione
esoterica. Il respiro è lo stesso per tutti, uguale per tutti e nello stesso
tempo molto personale. Chiunque può praticare la meditazione sul respiro
senza per questo diventare buddista o quant’altro.
In quarto luogo nella meditazione sul respiro ci si ancora a una sensazione
e non a un pensiero. In questo modo si taglia fuori tout-court il pensiero
discorsivo con il suo corredo di associazioni emotive disturbanti.
In passato, collaborando con i medici, ho insegnato la meditazione sul
respiro a pazienti oncologici come sostegno alle cure chemioterapiche.
Ebbene, un mantra non sarebbe stato ugualmente proponibile in quel contesto.
Infatti, durante le sedute di pratica, che si svolgevano in un ambiente
niente affatto religioso, ma solo ordinariamente confortevole e gradevole,
non si è mai parlato di buddismo né di qualunque altra religione, anche se
nel gruppo, ovviamente, sono passate persone veramente di ogni religione e
di nessuna religione.
Dal punto di vista pratico c’è, a parer mio, un altro vantaggio: cioè che è
molto più chiaro per chi pratica quando si sta attenti e quando no. Un
mantra si può ripetere a pappagallo lasciando che la mente vaghi come le
pare. Col respiro questo è più difficile perché o stai sulla sensazione
(ossia sulla percezione cinestetica) oppure non stai meditando. La
consapevolezza non è un contenuto mentale. E’ un passo indietro nel presente
immediato: via dal pensiero sulla percezione della realtà qui e ora.
Inoltre tramite la meditazione di osservazione del respiro (anapanasati) si
sviluppa quella coscienza dell’osservatore che è la chiave per riuscire
nella pratica dell’introspezione (vipassana). Riuscire a osservare il
proprio respiro senza interferire è già in sé un bel traguardo, che implica
l’apprendimento del mollare il bisogno di controllo.
Da ultimo direi che non è vero che i respiri sono tutti uguali. Chi pratica
sa bene che la percezione del respiro cambia nel corso dello stesso respiro
e da un respiro all’altro.
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