di Anonimo
La meditazione Zen lo chiama ‘satori’, o risveglio della verità
cosmica, “una profonda intuizione spesso folgorante e improvvisa”, lo
definisce un testo buddista. Per noi occidentali, molto più
prosaicamente, è il lampo di genio. Ora una ricerca pubblicata sulla
rivista Psychological Science, cui spiega che il modo migliore per
liberare la genialità dentro ciascuno di noi, è chiudere gli occhi e
sgomberare la mente dai pensieri superflui.
Secondo gli autori dello studio, John Kounios della Drexel University
e Mark Jung-Beeman della Northwestern University, il cervello si
prepara a ‘sfavillare’ concentrando l’attività in alcune zone, le
regioni specifiche dei ragionamenti più complessi, la corteccia
temporale e frontale, limitando invece tutti gli altri pensieri e
attività cerebrali superflui e possibili fonti di distrazione. Quindi,
hanno spiegato i ricercatori, il cervello si può predisporre ad uno
sprazzo di creatività che permette di risolvere in un batter di ciglia
un problema complesso, prima ancora che il problema sia presentato
all’individuo.
L’attività cerebrale che apre la strada al genio creativo è a tal
punto costante, hanno rilevato i due studiosi, che osservando il
funzionamento del cervello si può prevedere se saremo illuminati o
meno da uno sprazzo di intuito e genio creativo di fronte al problema.
Questa scoperta, potrebbe forse portare a capire come mettere le
persone nella situazione mentale ottimale per confrontarsi con
problemi particolarmente complessi.
Finora un mistero gravitava intorno ai motivi per cui certe volte,
magari quando meno ce l’aspettiamo, siamo capaci o meno di lanciare il
famoso ‘Eureka!’, (“Ho trovato!”), che secondo la tradizione fu
gridato dal siracusano Archimede correndo nudo per strada,
un’esplosione improvvisa di creatività e intuito, che invece altre
volte non arriva e ci costringe a lunghi sforzi per trovare una
soluzione che non arriva mai. Ebbene gli esperti hanno capito che per
far accendere la lampadina, il cervello deve eliminare ogni fattore di
disturbo ancora prima che un problema sia posto alla sua attenzione.
Gli studiosi hanno coinvolto un gruppo di persone sottoponendoli a due
diversi esami dell’attività cerebrale prima e durante dei giochi di
ragionamento linguistico. Ai partecipanti venivano date tre parole e
loro dovevano trovarne una quarta ad esse legata, un pò come nel gioco
della ‘ghigliottina’ del famoso quiz “L’eredità” condotto da Amadeus.
Il cervello dei volontari è stato esaminato con
l’elettroencefalogramma e con la risonanza magnetica funzionale per
immagini.
Gli scienziati si sono concentrati sugli istanti prima che il quesito
venisse posto ai partecipanti in attesa di esso. Entrambi gli
strumenti di osservazione dell’attività cerebrale hanno dato risultati
sorprendentemente simili indicando due distinti tipi di attività
nervosa prima che il problema fosse presentato ai partecipanti, uno
cui segue sempre il lampo di genio, l’altro cui invece segue il
tentativo di risolvere metodicamente ed analiticamente il quesito.
In particolare un lampo di genio sembra sempre preceduto da aumento di
attività nel lobo temporale, sede di elaborazioni concettuali
complesse, insieme con alcune aree del lobo frontale sedi invece del
controllo delle funzioni cognitive. Probabilmente queste aree nervose
aiutano l’individuo a liberarsi di pensieri irrilevanti per la
soluzione del quesito con cui egli sta per confrontarsi, quindi lo
aiutano a concentrarsi.
Invece la preparazione a cercare una risposta con metodi analitici e
senza sfoderare l’intuito è caratterizzata dalla messa in moto di aree
nervose legate alla vista, segno che l’individuo non trova la giusta
concentrazione all’interno di sè, ma mantiene un contatto con
l’esterno. “Abbiamo cominciato a capire come il cervello si prepara
all’intuito creativo – hanno concluso gli scienziati – questo potrebbe
portarci a tecniche per facilitarlo”. Un lampo di genio che ad Oriente
qualcuno ha già avuto qualche migliaio d’anni fa e che le filosofie
hanno ben codificato e tramandato.
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